Parte senza titolo 2


Mi piaceva viaggiare in macchina. In qualche modo riusciva a rilassarmi.
Adoravo guardare il paesaggio scorrere fuori dal finestrino. Le case con i giardini sistemati, i ragazzini che camminava sul marciapiede palleggiando con una palla di basket, la signora anziana a passeggio con il suo cane..
Non potevo fare a meno di chiedermi chi fosse quella gente, cosa facesse nella vita, quali fossero gli ultimi pensieri che assillavano le loro menti prima di dormire..

"Oh, non ti ho chiesto se la musica va bene. Hai preferenze?"
Chiese il signor Bentley all'improvviso svegliandomi dal mio torpore. Strinsi più forte la cintura di sicurezza e mi girai a guardarlo in viso.
Era un uomo di mezza età piuttosto piacente e sicuro di sé. Aveva una folta chioma bianca laccata all'indietro e portava degli occhiali da sole costosi, così come doveva esserlo il suo completo e la sua macchina. Nulla era lasciato al caso. Ogni dettaglio del suo aspetto era curato con estrema precisione.

"Va bene tutto signor Bentley. Non si preoccupi."
Risposi in un sussurro guardandomi le mani. Mi intimidiva stare in macchina da sola con lui. Io non lo conoscevo, non sapevo quasi niente di quell'uomo.

Ci eravamo incontrati altre volte prima.

Mi aveva portata a mangiare un gelato, gusto pistacchio come piaceva a me. Avevamo camminato per il parco. Lui aveva parlato molto e io lo avevo ascoltato.
Era un avvocato. Aveva uno studio legale privato. Sua moglie era morta anni prima e non si era più risposato. Amava viaggiare, le cene in compagnia e fare giardinaggio. Ricordavo ogni singola cosa mi avesse rivelato.

"Quando sarai pronta mi piacerebbe sentire qualcosa di te." Mi aveva detto teneramente. "Senza fretta, sia chiaro. Abbiamo tutto il tempo." Aveva aggiunto alzando le mani come per giustificarsi.

Parlava spesso di suo figlio adottivo, Trevis.
Mi aveva mostrato moltissime cose di lui. Alcuni suoi disegni, alcune fotografie..

Era un'artista, diceva il signor Bentley. Parlava di lui con voce fiera, colma di orgoglio. Alzava la testa in alto quando nominava Trevis e per alcuni istanti mi ero chiesta se gli volesse bene davvero, se fosse possibile una cosa del genere.

"Richard. Sono Richard per te Nina, non c'è bisogno che tu sia formale con me. Mai."
Mi disse con un sorriso affabile riportandomi alla realtà.

Non risposi ma ripresi a guardare fuori dal finestrino. Lo sentii trafficare con qualcosa ma non mi girai a guardare cosa stesse facendo.
"Ecco, si." Disse schiarendosi la voce e iniziando a lasciare un messaggio vocale al figlio.
"Stiamo arrivando Trevis. Pochi minuti e siamo lì."
La voce colma di emozione. Lo sentivo muoversi eccitato sul sedile.
Sembrava felice.

Trattenni i conati di vomito. Avevo fame. Non ero riuscita a dormire quella notte, figuriamoci a fare colazione.
Le due ore di macchina, per lo più passate in silenzio, mi avevano fatto salire la bile in gola.

"Eccoci Nina!" Disse a voce troppo alta posteggiando la vettura in un grande vialetto.
Spalancai la bocca e mi guardai intorno.

"Questa?" Chiesi incerta ma Richard era già uscito dall'automobile sbattendo la portiera e stava già tirando fuori la mia borsa con i quattro stracci che possedevo.

Uscii anche io all'aria aperta e per prima cosa mi accorsi che era leggermente più caldo. Mi scostai i capelli lunghi dal collo e continuai a fissare la casa a bocca aperta. Era grande. Grandissima. Gigantesca.

"Vieni, forza. Ti faccio vedere tutto quanto!"
Richard corse su per i tre gradini che ci separavano dall'ingresso della casa e io lo seguii a passo incerto. Misi il piede su una pozza e l'acqua entrò attraverso le mie scarpe da ginnastica ormai consumate facendomi rabbrividire.

Scossi la testa. Ero così in soggezione.

Richard sembrò accorgersene e il sorriso gli morì sul viso, ma solo per un istante. Quell'uomo era un cumulo di energia e positività.

"Ti mostro prima il giardino sul retro. Vieni."
Mi ordinò partendo in quinta.
Mi girai giusto in tempo per vedere una schiera di vicini affacciati alla finestra per vedere il nuovo fenomeno da baraccone che era appena arrivato.

Sbuffai e corsi sul retro sentendo il signor Bentley chiamarmi di nuovo.

Feci il giro dell'edificio e non potei fare a meno di fare una risatina quando la vidi.
"È uno scherzo Miriam. È un fottuto scherzo."
Sussurrai guardando la grande piscina ormai vuota e coperta che occupava gran parte del giardino.

"Qui facciamo i barbecue d'estate. Avevamo un campo da basket prima ma Travis ha la passione per il nuoto e cosi.."
Mostrò la piscina con le due mani come se fosse uno spettacolo.


Sorrise ma io non riuscii a ricambiare. Non sarei durata due mesi lì dentro.

Richard partì nuovamente e mi passò accanto cercando di prendermi la mano ma mi scostai velocemente rifiutando quel contatto. Non sembrò rimanerci male. Mi fece semplicemente segno di seguirlo in casa.

Mi fermai un istante sulla porta con il dubbio di dover togliere le scarpe per entrare in quella reggia ma lasciai perdere e lo seguii.

"Travis! Scendi!" Urlò Richard a squarciagola iniziando a mostrarmi tutto quanto. Mi passò le chiavi di casa, mi fece vedere cosa c'era nel frigo, come si accendeva la tv in salotto, come si accendeva il camino e come si regolava la poltrona. Poi salimmo al piano di sopra. Mi mostrò lo studio dove lavorava, i bagni, la sauna e poi andò a bussare ad una porta.

"Travis, sei in casa?"
Richard scosse la testa.
"Si sarà dimenticato."
Lo giustificò con un'alzata delle spalle.

Tentai di sorridere per cercare di smorzare tutta quella tensione. Sembrava provarci. Provarci davvero ad essere carino con me.

"Ed ecco a te, il pezzo finale."
Concluse allora saltellando verso l'ennesima porta.

L'aprì e fece un mezzo inchino invitandomi ad entrare.

Restai ferma, immobile, con il cuore che batteva all'impazzata. L'anima si era raggelata e la giornata intera mi era caduta addosso nel preciso istante in cui avevo visto ciò che voleva mostrarmi.

Camera mia.

Una grande, bianca e pulita camera tutta per me.

E non era tutto.
Sul letto, c'erano sistemati dei palloncini e sul muro un grande cartellone.

"Benvenuta Nina."

Abbassai gli occhi guardandomi le scarpe e rimasi in silenzio. Cosa potevo dire? Nessuno aveva mai fatto un gesto simile per me. O per lo meno, nessuno che mi avesse mai presa in affido.
Miriam si. Miriam mi cucinava una torta speciale ad ogni mio compleanno e mi scriveva le lettere a Natale. Mi morsi il labbro quando pensai a lei.
Dovevo resistere, ancora un poco. Uno, due, tre, quattro..

"È stata una lunga giornata. Vai pure a sdraiarti un poco. Ti chiamerò quando è pronta la cena, o quando torna Travis. Va bene Nina?"
Feci un cenno con la testa senza sollevare lo sguardo. Lo sorpassai e mi fermai di nuovo all'ingresso della camera.
"Grazie signor Bentley."
Sussurrai cercando di velare la mia commozione. Non potevo mostrare debolezza. A nessuno. Dovevo tenere la guardia alta.

Lo sentii sospirare e immaginai volesse dirmi tante cose ma fortunatamente si tirò indietro e rimase in silenzio.

Probabilmente era troppo anche per lui.


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