Parte 1 senza titolo


Alzai il dito sopra la mia testa e seguii la sagoma di una nuvola.
"Un pinguino." Sussurrai con un sorriso. Riuscivo proprio a vederne il becco e l'andatura goffa, un pancione prorompente mentre l'immagine si trasformava e diventava altro.
Trattenni il respiro. Aguzzai gli occhi e mi concentrai per poter individuare altro. Scoppiai a ridere.
"Un bruco!"


Sospirai quando sentii chiamare il mio nome per l'ennesima volta. Mi misi a sedere e alzai un braccio per mostrare a Miriam dove mi trovassi.
"Nina! Cosa fai lì sdraiata? Ha piovuto tutta la notte e fa freddo! Vieni, alzati in piedi!"
Tuonò la donna mettendosi le mani sui fianchi e avvicinandosi velocemente. Non potei fare a meno di sorridere.

Picchiettai con una mano sul telo sul quale ero sdraiata e mi feci più in là per farle un poco di spazio.

La donna sospirò di nuovo ma poi si sedette accanto a me.

L'erba era umida e aveva quel tipico odore che mi faceva rilassare. L'odore di terra bagnata.
Guardai in alto, verso le nuvole e attesi in silenzio che lei dicesse qualcosa.

Mi stava studiando profondamente in cerca di qualcosa, di una mia mossa o di un mio cedimento, lo percepivo anche se fingevo di non vederla.

"Potrebbe essere l'ultima volta.."
Le ricordai con un filo di voce spronandola a fare quella cosa intima e segreta che facevamo insieme.
La sentii trattenere il respiro per alcuni secondi e mi parve che volesse quasi dire qualcosa ma poi cambiò idea. Spostò gli occhi dal mio viso al cielo e si lasciò cadere indietro. La imitai stendendomi al suo fianco.

Rimasi in attesa. I muscoli rilassati e un groppo in gola che non voleva scendere. Fu il mio turno di girarmi leggermente e guardare quel viso segnato dalle rughe e la folta chioma rossa che lo incorniciava come un quadro pregiato.

Miriam era entrata nella mia vita solo cinque anni prima ma era stata in grado di darmi ciò che nessun altro era stato capace. Mi aveva regalato un po' di fiducia nel genere umano e non potevo che esserle grata per questo.

"Un albero da frutta. Pieno di mele." Disse all'improvviso facendomi scoppiare a ridere.
Allungò la mano come per raccoglierne una.
"Sembrano belle mature."
Aggiunse con la sua voce di scherno.

Incrociai le gambe e rimasi in ascolto, il suo respiro che si faceva sempre più lento e profondo come se stesse cercando di regolarizzarsi in maniera meccanica. Faceva male, lo sentiva anche lei questo dolore dilaniante che ti stritolava le ossa. La malinconia era componente costante della mia vita. Un'amica fidata che mi veniva in visita giornalmente e io l'attendevo sempre impaziente. Ero abituata ormai ai groppi in gola, agli occhi lucidi e a allo stomaco che si mescolava come un calderone pieno di zuppa, ma quel dolore.. Quel dolore speravo di non sentirlo mai più.

Il dolore della separazione, di sentirmi portare via di nuovo quel fragile equilibrio che mi ero costruita lottando con le unghie e con i denti e poi la paura. La paura di finire di nuovo nella tana del lupo e io, stupido agnello, dovermi difendere di nuovo da sola con quel poco che avevo.

"Verrò a trovarti tra meno di due mesi. Il tempo che tu ti sia sistemata.."
Il tempo della legge, pensai senza osare dirlo. Perché per quelli come me era la legge a decidere chi poteva starci accanto e chi no, chi poteva darci dell'affetto e chi no. Non ero nelle mani del destino ma bensì nelle mani di essa.

"Fra un mese sarò di nuovo qui e noi saremo di nuovo insieme, lo sai questo."
Le feci notare tirando un sospiro di sollievo. Quando ero una bambina, sognavo solo di potermene andare dagli istituti. Di trovare una famiglia stabile, di essere portata via e ricominciare tutto da zero. Ma ora era tutto diverso. Ora che ero al foyer, non riuscivo proprio a separarmi da lei. Non era mai successo da quando l'avevo incontrata, da quando..

La sua mano si fece largo verso di me e afferrò la mia in un gesto sincero, di quelli che facevano vibrare il cuore e che facevano ricominciare al sangue a scorrere nel corpo. Mi voltai a guardarla. Aveva gli occhi pieni di lacrime.

Socchiusi i miei. Faceva male vederla così. Vederla così per me.

"Il signor Bentley sembra davvero una persona per bene. L'altro ragazzo che ha adottato legalmente ha deciso di restare con lui ben oltre la maggiore età. Sono nove anni ora che sono insieme ormai. Nina.. Dai una possibilità a te stessa. Prova a fidarti ancora.."

Scossi la testa mettendomi a sedere e mi strinsi le ginocchia al petto. Era tutto così maledettamente difficile.

"Me lo avevi promesso. Lo avevi promesso dopo che.."
Smisi di parlare quando sentii le lacrime giungermi amare agli occhi. Non volevo ricordare. Non volevo più sentire nulla.

"Ti ho promesso che non ti avrei più messa nelle mani di persone senza cuore. Ti ho promesso di proteggerti ma anche di darti un'occasione. Di lasciarti libera di volare. Libera, come la tua anima Nina. Sono due anni che mi sento con il signor Bentley. Non si è scoraggiato quando ha letto la tua cartella, non si è scoraggiato quando ha scoperto che avevi quasi vent' anni e nemmeno quando hai rifiutato di incontrarlo le prime volte. Anzi, è sempre stato più risoluto a volerti prendere in affido. Ha preso a cuore la tua storia Nina.. Promettimi di provarci. Solo questo.."

Feci un sorriso tirato per cercare di calmare Miriam. Sentivo dalla sua voce che si incrinava sotto il peso della paura. Paura di mandarmi incontro all'ennesimo fallimento, di dover raccogliere i cocci di me stessa e rimetterli insieme con un poco di fragile colla. Paura di fare una cazzata a mandarmi lì e probabilmente, un poco di paura che fossi io stessa a mandare tutto all'aria.

Ero stanca di provarci. Ero stanca di ricevere delusioni su delusioni, coltellate sui fianchi, pugni sul cuore.
Volevo solo il silenzio, la pace.
Volevo stare al foyer con Miriam. Ma la capivo. Miriam era mamma di troppi ragazzi difficili. Eravamo dodicii solo nel foyer senza pensare a tutti i casi che seguiva anche al di fuori.
Non poteva dividersi in mille piccoli pezzi. Non ce ne era abbastanza per tutti noi e anche se in cuor mio, da sempre, avessi sperato di essere preziosa per lei, di essere così importante da farla scegliere di non lasciarmi andare, oggi quel giorno era arrivato.

Mandai giù quel boccone amaro. Quello faceva più male di tutto il resto. Tagliava la gola facendomi sentire me stessa, quella dalla quale scappavo da una vita intera. Invisibile e insignificante.

"Certo. Ci proverò."
Sussurrai tenendo per me quei pensieri.
L'ennesimo calcio nello stomaco. Abbandonata di nuovo. Sballottolata come una bambola di pezza. Mi grattai la testa. Quando sarebbe finito tutto ciò? Mi chiesi sentendo l'ansia mordermi il fegato.
Mai. Per quelli come me non c'era via d'uscita.

Sarei stata maggiorenne entro poco più di un anno. Questo significava non essere più costretta a vivere in istituto, o peggio, a venire passata come una palla di famiglia in famiglia. Ma non avevo un soldo, dovevo iniziare a frequentare il primo anno di università con un buon ritardo rispetto alla media e questo significava continuare a dipendere da qualcuno.

Non sarei mai stata libera. Ero prigioniera di me stessa, di quella vita nella quale ero finita incastrata e Miriam era sicura che il signor Bentley sarebbe riuscito a darmi un poco di sollievo in mezzo a quel campo minato. Ma in che modo?

In che modo potevo fidarmi di nuovo di qualcuno?

"Andiamo. Credo che sia arrivato ormai. Ti accompagno alla macchina tesoro."
Miriam si alzò in piedi e fece altrettanto con uno scatto.
Per un istante pensai di gettarmi ai suoi piedi. Di pregarla, di supplicarla di non lasciarmi anche lei.
Poi però lei si mise a darmi dei buffetti con la mano per sistemarmi i vestiti troppo larghi e mi tirò una ciocca di capelli dietro alle orecchie.

"Chiudi gli occhi."
Mi disse allora facendomi tremare le viscere.
Obbedii alla sua richiesta e lei mi prese una mano.
Iniziai a contare.
Uno, due, tre, quattro..

Sentii Miriam singhiozzare e poi più nulla. Non sentii più nulla.

Solo freddo e paura.


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