Capitolo 26 - Io sono questa

Quello che accadde dopo, be', mi distrusse...

Vidi una donna passare davanti alla panchina ov'era seduta Jiu: era chiaramente europea, alta, bionda e...più che benestante (di solito non mi piace giudicare un libro dalla copertina ma, sì, era decisamente ricca): indossava un tubino color porpora ornato di "qualche" svaroski all'altezza del petto, portava una borsa firmata con dei ricami probabilmente fatti a mano e aveva un'acconciatura piuttosto elegante chiusa con una spilla anch'essa piena di pietre preziose.
Anche Jiu l'aveva notata, poi si girò verso un uomo: era alto e camminava in modo sospetto verso la donna vestita di porpora.
Jiu avvertì cosa stava per succedere e si lanciò verso la donna per avvertirla, ma l'uomo le aveva già sottratto la borsa e le stava sfilando la spilla dai capelli.
"EHI!" esclamò Jiu "Lasciala stare!!"
La donna strillava e il malvivente non ne voleva sapere di andarsene senza il gioiello, aprii il suo borsone...

"JIU!" gridai.
Un rumore assordante. Un tonfo.
L'uomo corse via con la spilla; io mi fiondai lì dove la bruna era stesa.
Urlai, gridai aiuto, la donna chiamò l'ambulanza che arrivò dopo una decina di minuti. Non capivo niente, tutto intorno a me era nullo, vedevo solo il sangue che usciva dalla sua pancia, sotto la mia mano che cercava di fermare il flusso.
Ci portarono in ospedale, i medici continuavano a farmi domande sull'accaduto; io cercavo di rispondere, ma alcune parole non mi uscivano; portarono Jiu in sala operatoria e io rimasi sola a piangere. Si unì anche la madre di Jiu, che era stata avvisata dall'ospedale; ci guardavamo senza fiatare, ma solo bagnando di lacrime tutt'intorno.

A un certo punto non ce la feci più, presi il telefono:
"Jennie...?"
"Ti prego vieni subito."
La mia migliore amica arrivò non molto tempo dopo, mi strinse subito in un abbraccio, ma poi cominciò anche lei a farmi molte domande, ma io non riuscivo, non volevo rispondere!
Era troppo doloroso.

Vidi del movimento in corridoio, allora mi alzai in piedi cercando invano di capire i discorsi dei medici.
Poco dopo uno di loro uscì dalla sala operatoria, con una cartella in mano, e si diresse verso la madre di Jiu, io lo seguii.
"No." disse lei, vedendolo.
"Signora..."
"NO!"
"Mi dispiace. Sua figlia ci ha provato, ma...non ce l'ha fatta."

"No!" gridai "Non è possibile! Non può essere vero" le lacrime uscivano dai miei occhi come niente.
La tristezza, la rabbia, la disperazione erano ciò che rimaneva di me.
Niente avrebbe avuto più senso.
"Vieni Jennie, andiamo" mi intimò Jisoo, con voce strozzata.
"No, n-non può essere vero. NON PUÒ!"

Jisoo mi accompagnò a casa, piansi silenziosamente tutto il viaggio e a casa, mia madre tentò inutilmente di farmi mangiare qualcosa o di consolarmi in qualche modo.
La mia migliore amica decise di rimanere con me quella notte. Non opposi resistenza alla cosa, non mi importava...non più.

Le 3.00, nessuna delle due aveva chiuso occhio.
"È colpa mia." dissi d'un tratto mettendomi seduta.
Jisoo mi guardò scuotendo la testa, chiaramente un po' stupita, visto che non parlavo dall'ospedale.
"Non dire cavolate."
"Se fossi arrivata prima...se avessi-"
"Ehi, basta." si sedette anche lei avvicinandosi a me.
Un'altra lacrima scivolò sulla mia guancia e Jisoo la asciugò con un dito, poi scostò i capelli dal mio viso.
"Ti prego, non dire niente." disse, e mi baciò.

Non feci nulla, anche se avrei dovuto, ma il mio dolore era troppo grande in quel momento che sentii il bisogno di quel bacio, di quell'affetto: sentivo il bisogno di amore.

Jisoo si avvicinò di più e giocherellò con la mia vestaglia, poi mi accarezzò la coscia delicatamente, sempre baciandomi.
Nonostante i brividi sulla schiena, riuscii a staccarmi.
"C-cosa stai facendo?"
"Jennie, io..." prese un breve respiro. "Io non ce la faccio più, è questa la verità! S-sono cambiata e...non capisco niente di questi fottutissimi sentimenti! So solo che devo seguire i miei istinti, anche se ne ho timore, e che non devo...vergognarmi..."
"Jisoo..."
"Tu mi vedi forte, come un punto di riferimento, ma io non lo sono, non sono forte per niente! Io piango spesso per cavolate, cerco invano di convincermi che non sono cambiata ma è così: io non sono più io!"
"Ma tu...tu mi hai rifiutato e-e hai una relazione..." dissi confusa.
"Non significa niente per me, sono solo modi per deviare...questo. Ma ora l'ho capito, forse riuscirò a non aver paura di me stessa, perché...io sono questa!"
La baciai senza pensarci, e poco dopo ero sopra di lei, che le sbottonavo delicatamente la maglia del pigiama, spinta da quelle forti emozioni.

Tra amore e dolore, si concluse quel difficile giorno, si concluse forse quell'amicizia per lasciar spazio...a qualcos'altro; ma soprattutto, si concluse quella storia.

Fine.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top