Interesse assilante
Mildred Ratched, fin da bambina, era sempre stata diversa da tutte le altre ragazze. Se vedevate una ragazza migherlina sui quindici anni, con i capelli neri legati in una crocchia scura, le labbra arance e le dita delle mani della stessa colorazione della bocca sottile, potevate intuire che era proprio lei. Sebbene fosse graziosa, Mildred si vergognava terribilmente del suo seno. Era fin troppo prosperoso. Come un cesto di vimini, sporgeva su tutto il petto e deformava i vestiti che indossava ogni giorno. I ragazzi del paesino da cui la nostra eroina proveniva, la guardavano perversamente, immaginando di poter dormire nella sua camera e, nello stesso tempo, di palpare ogni parte dei suoi seni, di poter far entrare in loro la vera essenza della lussuria.
Ma Mildred era completamente conservatrice. Non osava mettere nessun abito scollato, neanche un filo di trucco. Credeva che se lo avesse fatto, sarebbe finita nelle fiamme delle Malebolge. Infatti, il signore e la signora Ratched, erano assai gelosi della loro figlia. Non la facevano mai uscire, eccetto la domenica per la messa. Alla giovane non dispiaceva. Ogni volta che la porta della sua camera veniva chiusa da suo padre, si precipitava verso uno scaffale della sua stanza.
Dimenticavo di descrivere i genitori e la stanza della nostra eroina. La signora Marianne Ratched era una donna di rara bellezza. La sua magrezza era nota in tutto il Texas. Ogni volta che si metteva un nuovo abito in tweed, si vedevano le ossa del suo corpo sporgere dalle braccia e dalle gambe di quest'ultima. Inoltre aveva splendidi capelli biondi, i quali, quasi sempre, ricadevano aggrazziati sulle spalle della donna. Erano mossi e su essi era incastonata quasi sempre la luce del sole del mattino. Gli occhi, ombreggiati da iridi grigio-verdi, osservavano il mondo con uno sguardo tagliente e penetrante. La carnagione d'alabastro, nelle estati afose, non si colorava mai di rame, poiché rimaneva nella fervente convinzione ottocentesca che una donna abbronzata era orribile soltanto a guardarla. Per questo la giovane Mildred non aveva mai sfiorato un grammo di sabbia di una spiaggia, per avere sempre la sua pelle completamente chiara. Lady Ratched aveva mani e piedi minuscoli. Quando camminava sembrava che flutuasse, poiché, in passato, si era dedicata all'arte della danza classica, satura di sudore, tutù, eleganza e scarpine da punta. I passanti, ricordandosi dei suoi leggiadri passi sul palcoscenico illuminato dalle torce soffuse, la salutavano con lo sguardo ma la donna, imperturbabile, proseguiva la sua passeggiata. Era sempre stata una moglie perfetta. Preparava un ottimo tacchino con patate e prugne, non lasciava nessuno strappo sui calzini che rammendava per il marito e ricordava il vecchio metodo dei salassi, il quale veniva spesso usato dalla sottoscritta per curare un membro della famiglia. Come madre di famiglia, nessuno poteva dire che era esecranda da quel compito. Aveva insegnato a Mildred a ricamare, a lavorare a maglia, a suonare il pianoforte, a controllare la propria alimentazione e a cantare come un usignolo. Tutto quello che una donna doveva sapere. Ma era severa. La perfezione assilava la sua mente razionale e il suo inconscio frigido. Colette, la domestica, non doveva lasciare nessun grammo di polvere nella casa. Si occupava assiduamente all'istruzione della figlia. Ogni giorno, faceva in modo che leggesse una poesia al giorno di Baudelaire, che scrivesse un tema e che imparasse a fare conti.
Invece, il signor Arthur Ratched, era scialbo. Ogni tratto della sua persona era sciatta, priva di beltà. Aveva capelli stopposi, scuri e unti a causa dell'umidità asfissiante dell'Ospedale Psichiatrico in cui lavorava. Il viso, costituito da un grosso doppio mento, era grosso quanto una pesca. Gli occhi erano fin troppo distanti gli uni dagli altri, erano acquosi e privi di luce. Aveva la punta delle dita tozze arancioni, proprio come Mildred. Da ogni parte spuntavano ammassi di carne che disegnavano la filosofia di un uomo ingordo e indegno di vedere la meraviglia di prendersi cura di sè. Ma, almeno, aveva un buon cuore. Si, aveva un buon cuore. Portava sempre sigarette provenienti da drogherie celebri in tutta l'America. Erano sigarette grosse, di legno. Sempre lisce e decorate in fondo dalla piccolissima scritta Buon Falco, 1653. Ma la sua bontà si allargava, si arrampicava su altre sfumature della sua anima boriosa. Sopratutto quando regalava a sua figlia altri libri sulla psichiatria e sulla storia della psicologia. Era stato lui a risvegliare in lei l'interesse per il cervello umano. Spesso, studiavano assieme vari teorie sulla psicologia, sulla psicoanalisi e gli effetti positivi delle celle imbottite, delle camicie di forza, delle sanguisughe, delle lobotomie e dei farmaci. In effetti la camera della ragazza, i libri di vari medici della mente, soffocavano gli scaffali alti e delicatamente cesellati, i quali ricoprivano tutte le pareti color lavanda. Il pavimento, a scacchi, era diviso sempre da colori contrastanti, quali il rosso e il blu. Così diversi. Così affascinanti. Per Mildred l'azzurro rappresentava la ragione e il controllo. Il rosso era l'irrazionale, la passione e la follia. La follia che avrebbe studiato per il resto della sua vita. Il letto, a muro, sembrava essere stato scagliato in malo modo, ma si poteva dire che era abbastanza ordinato per i disegni espressivi che punteggiavano le lenzuola bianche. I cuscini, anch'essi, erano privi di macchie e nessuna piuma osava uscire dal tessuto azzurro dei guanciali. Di certo, la camera di Mildred rappresentava il suo essere. Un essere ordinato, preciso, ma attirato dal fascino della follia. Oh, sì, anche se aveva quindici anni, avrebbe studiato la mente delle anime per il resto della sua vita.
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