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Quel weekend arrivò troppo in fretta.
Michy non aveva voglia di dividere le mura con sua zia, ma doveva rassegnarsi all'idea. Quando tornò a casa dal lavoro, verso le otto e mezza di sera, sentì Laila ridere in cucina e la voce della zia raccontare di quando Nico da piccolino aveva mangiato di nascosto tre quarti dei pomodori che la donna aveva messo sul balcone per fare la polpa per l'inverno.
Michy odiava quella storia. E che la gente ridesse mentre la sentiva raccontare. Per gli altri era divertente immaginare Nico piccolino tutto sporco di pomodori.
Per Michela, invece, era impensabile che sua zia avesse lasciato un bambino così piccolo da solo sul balcone, senza sapere cosa stesse facendo.
"Ciao a tutti!" esclamò Michy raggiungendo ciò che le era rimasto della sua famiglia in cucina, fingendo un sorriso.
"UHHH ma sei sempre più bella tesorooo!" urlò la zia di Michy, correndo verso di lei.
Quando la donna l'abbracciò, Michy guardò incazzata Nico, che la stava prendendo in giro facendole le boccacce.
"Sei sempre più uguale a tua mamma! Anche se lei non aveva la faccia tutta bucata con quegli aggeggi di metallo!"
Nico, come ogni volta che c'era la zia nei paraggi, cercò di stemperare la tensione di Michy. "Bè, dai, zia. Cosa vuoi che sia. Ha solo un piercing al sopracciglio, uno al naso uno al labbro e uno dietro il collo! Suvvia!"
La zia rise e Michy gli lanciò uno sguardo divertito.
La cena fu un disastro. La zia parlò tutto il tempo e Michy non riuscì a mangiare quasi niente. Era incazzata con lei.
Era incazzata, perchè quando era stata a casa sua, l'aveva trattata di merda. Non le dava dimostrazioni d'affetto, se non quando c'erano amici di famiglia o l'assistente sociale nei paraggi. "Cucciola della zia, piccola mia, tesorino!"
Quando erano da sole, invece, sembrava sempre nervosa. Era nervosa con lo zio, con il quale litigava spesso, ed era nervosa con lei. Appena Michy aveva compiuto la maggiore età, andò a lavorare nel bar di suo cugino e aveva pagato i primi mesi d'affitto con una parte dei soldi che sua mamma e suo papà avevano investito per lei e Nico.
Non era abituata a sentire litigare, Michela. I suoi genitori andavano molto d'accordo e non alzavano mai la voce davanti ai figli. Non sapeva se non litigassero mai o se aspettassero di essere da soli per farlo, ma in ogni modo non li aveva mai sentiti. Ed andare in una casa dove invece i litigi erano quotidiani, fu per lei un modo per aumentare esponenzialmente la sua sofferenza.
La goccia che fece traboccare l'animo irrequieto di Michy fu quando, una sera a cena , la zia disse al marito "TI VORREI VEDERE SOTTO TERRA!"
"Me ne voglio andare al più presto da qui, Nico!" aveva detto piangendo al fratello. Gliel'aveva detto troppe volte, talmente tante che lui non poteva più far finta di niente. Contattò il loro cugino, e nel giro di un mese dal diciottesimo compleanno di Michela le fece avere già un lavoro e un appartamento piccolo, ma carino.
"Dio, Laila,la sai di quella volta che Nico, a Natale, ha rotto il lampadario della cucina con il tappo dello champagne?"
Michy non alzò lo sguardo dal piatto.
"Ti prego zia!" la implorò.
"Perchè, gioia? E' tanto divertente!"
Michy scaraventò il piatto e tutto ciò che conteneva in terra, lasciando a bocca aperta tutti quanti.
"Perchè quello è stato l'ultimo Natale di mia madre e di mio padre, porca puttana!"
Si alzò dal tavolo e si chiuse in camera.
Come faceva troppe volte, si mise una felpa larga ed uscì di casa senza proferir parola.
Nico la raggiunse "Ti prego Michy. Fino a domani. Solo fino a domani."
Michy lo guardò, poi guardò la porta del loro appartamento.
"Mi spiace Nico, ma con lei vicino mi sento proprio soffocare!"
"Ok, ok! Ma non fare cazzate! E tieni il cellulare acceso!"
Nico sapeva che chiederle dove avesse idea di andare era inutile. Probabilmente non lo sapeva neppure lei.
Ma l'unica cosa che poteva sperare era che non spegnesse il cellulare, e non si cacciasse nei guai.
"Ciao Nico, non aspettatemi svegli!"
"Ma se ti chiamo rispondimi!"
"OK"
Michy vagò per mezz'ora. In quel tempo si chiese se era giusto ogni volta scappare dalle difficoltà. L'aveva sempre fatto, Michela, ma quando Alex l'aveva fatto con lei l'aveva fatta soffrire moltissimo.
Questo era uno dei lati deboli del suo carattere, pensò.
Invece di affrontare le cose di petto, si girava e se ne andava.
Ma era fatta così, e chi la conosceva bene sapeva che era inutile provare a fermarla.
Quando arrivò sotto casa di Titto e Manu suonò al citofono.
"Sali tesoro!"urlò Manu dal poggiolo, quando si affacciò per vedere chi era che suonava a quell'ora di sera.
Appena Michy entrò in casa un fumo denso la accolse. "Vedo che vi state divertendo!" rise Michy, riconoscendo in quel fumo odore di erba.
"Diciamo che stasera non abbiamo di meglio da fare!" le rispose Manu, accompagnandola in sala.
Sul divano c'erano Titto e Gian che giocavano ai videogiochi e quando la videro la salutarono distogliendo subito lo sguardo da lei. Erano troppo intenti a guardare immagini flashanti sullo schermo di quel grande televisore piatto.
"Gradisci qualcosa da bere?"
MIchy si guardò intorno, e notò sul piccolo tavolino in cucina cinque bottiglie di birra vuote.
"Sono arrivata in tempo per una birra?"
"Ma certo, Michy. Lo sai che ne abbiamo un arsenale!" disse Manu dirigendosi verso il frigo.
Le birre che Michy bevve quella sera furono sei, e alla settima Titto la fermò.
"Non penso che domani saremo ancora vivi con tuo fratello, se ne bevi un'altra!"
Michy lo guardò cercando qualcosa per ribattere, ma in fin dei conti aveva ragione. Si sentiva già male. Aveva lo stomaco in subbuglio e la testa che girava vorticosamente, ma troppi erano stati i casini in quei lunghi mesi, e non aveva voglia di pensare a niente.
Barcollò verso il bagno e quando vide il suo volto nello specchio, rabbrividì.
Non assomigliava a sua mamma. In niente. Sua mamma era così bella, così angelica, lei invece aveva tutti quei piercing che marcavano un carattere del cazzo a differenza di sua mamma, che invece era dolce sempre con tutti.
Non assomigliava a sua mamma nemmeno nel fisico. Sua madre era statuaria, con un fisico da modella, Michy aveva le maniglie dell'amore e la pancetta.
Si appoggiò al lavandino per non cadere e sussultò, non appena sentì il trillo del cellulare provenire dalla tasca dei suoi jeans attillati.
COME STAI PICCOLA?
Come vuoi che stia, pensò Michy.
"Una merda. mi manchi terribilmente, sto cercando di cacciarti nell'angolo più buio del mio cuore, sto cercando di risalire, di concentrarmi su me stessa più che su di te. Ho bisogno di fare l'amore con te ma tu non ci sei. Ho voglia di prenderti a schiaffi, ma non posso! Mi sento una merda perchè quella bastarda di mia zia se ne esce sempre con le sue cazzate, e sono ubriaca fradicia nel cesso a casa dei miei due amici drogati, insieme al tipo con cui ho scopato ma al quale ho detto che oltre quello non ci sarà mai nulla. Ti amo, ma tu non sei con me. Tutto ciò basta per dirti che mi sento uno schifo."
Prima di inviare il messaggio, un barlume di lucidità comparì.
Cancellò il testo, mise il cellulare nei jeans e riuscì ad arrivare al gabinetto appena in tempo prima di vomitare tutto ciò che aveva in corpo, compresa la sofferenza di aver bisogno di Alex, ma averlo così lontano.
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