SORELLONA

Sto tornando a casa. Dirò ad Angie che ho marinato la scuola. Si arrabbierà, però tempo due minuti e vedrà il lato positivo della situazione, ovvero il mio essere stata sincera.

Cavolo, ma che sto facendo? Lo dirà a papà, così poi dovrò sorbirmi non una ma ben due ramanzine.

Come se non bastasse, Daniel continua ad insistere. Il mio telefono segna ben sette messaggi e due chiamate perse. Neppure stessimo insieme...

Sono stata tentata più volte di rispondergli, ma in fondo perché dovrei? Se cerca qualcuna da importunare che vada da Vanessa, frequenta la nostra stessa scuola. So che hanno un corso in comune, ecco, ne approfittassero per sbaciucchiarsi a più non posso fino alla fine dell'ora.

E sì, sono gelosa, nonostante io non abbia la minima voglia di esserlo. Essere gelosi richiede un enorme quantità di energie, ed io voglio conservare le poche di cui dispongo al momento. La chiacchierata con Mark ha prosciugato quasi tutte le mie forze, non che ne abbia chissà quante di prima mattina, quindi se possibile vorrei conservare ciò che è rimasto per il discorsetto che Angie mi farà a breve.

Il cellulare squilla di nuovo. È ancora lui.

Va bene, vuoi parlare, allora parliamo.

Butto la mia intenzione di conservare le forze giù dal dirupo e rispondo all'ennesima chiamata di Daniel.

<Lisa?> domanda preoccupato.

Ricaccio indietro il fiume di parole scontrose pronto ad abbattersi su di lui. Lo mando giù in una volta sola, giusto il tempo necessario a sentir nuovamente pronunciare il mio nome dalla sua voce dolce e melodiosa.

<Dimmi> rispondo in tono gentile.

Accidenti, Elizabeth, dov'è finita la guerriera pronta a dirgliene di tutti i colori?

<Scusa l'insistenza, ma non hai risposto ai miei messaggi. Volevo chiederti se saresti arrivata in ritardo, poi la prima ora è terminata e ho capito che la mia era stata una speranza vana>

Emetto una leggera risatina.

<Troppo smielato?> chiede Daniel.

No, è solo che io sono la regina delle speranze inutili.

<No, anzi, mi fa piacere che tu ci abbia sperato, vuol dire che ho un posto nella tua vita> rispondo sorridendo.

<Non è mica una novità>

<Lascia stare, non puoi capire> chiudo qui il discorso, altrimenti dovrei descrivergli quanta felicità mi regala il sapere che ho un posto tra i suoi pensieri.

<Come mai non sei qui?> domanda con un accenno di tristezza nella voce.

A scuola o con te?

Scaccio immediatamente l'assurdo pensiero balenatomi in mente e formulo una risposta che abbia senso.

<Oggi non sono in forma, stamattina mi sono svegliata con un forte dolore allo stomaco> recito il copione appena scritto dal mio cervello.

Tuttavia, la mia bugia mi si ritorce parzialmente contro. La mia mente ripensa alla dolorosa nottata passata qualche settimana fa e io sono costretta a rivedere la scena che ha cambiato tutto. Dopo quel maledetto bacio ho sofferto non solo emotivamente, bensì anche fisicamente. La pancia mi faceva talmente male che avevo l'impressione che qualcuno la stesse prendendo a pugni dall'interno.

<Mi dispiace, spero ti passi presto> è il sincero augurio che ricevo in risposta.

<Daniel> pronuncio in un sussurro il suo nome.

<Si?>

Mi manchi.

<Nulla> mento mentre scuoto la testa.

Le poche energie di cui dispongo sono insufficienti per combattere la mia parte sentimentale, è meglio terminare qui la telefonata prima che dica qualcosa di cui possa pentirmi.

<Fammi sapere appena ti sarai ripresa>

<Sarai la prima persona a cui lo dirò, puoi starne certo>

<Ci conto>

<A presto> lo saluto.

<A presto, Lisa>

Ah, l'amore, quanto sa essere bello e brutto allo stesso tempo!

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<Come sarebbe a dire che non le andava di andare a scuola?> domanda sorpresa Angie.

<Mi scocciavo?> pronuncio come una domanda quella che sarebbe dovuta essere un'affermazione.

<Non ci posso credere, non è da lei commettere un'azione simile, signorina Lewis, cosa le è preso? E poi dove è stata fino ad ora? Può darmi delle spiegazioni?>

Scuoto la testa.

Mi spiace Angie, ma non posso raccontarti la verità.

Angie continua a fissarmi. Chissà a cosa starà pensando, non riesco a decifrare completamente il suo sguardo, è passato da 'cosa devo fare con te?' a 'per stavolta forse te la faccio passare liscia' in meno di un secondo. Intanto però è tornato lo sguardo iniziale, quello che dice 'chiamo tuo padre e deciderà lui'.

<Ho deciso> annuncia infine.

Incrocio le dita e spero che abbia scelto di essere clemente.

<È la prima volta che salta scuola, quindi oggi chiuderò un occhio, ma sappia che se accadrà un'altra volta eseguirò gli ordini impartitimi e avvertirò immediatamente suo padre> è la decisione presa da Angie.

La ringrazio con un abbraccio, poi le rivolgo uno dei miei migliori sorrisi, al quale risponde sorridendo a sua volta, e salgo le scale per raggiungere la mia camera.

Angie è fatta così: è sempre dolce e gentile, ma quando si tratta di questioni importanti sa far primeggiare il lato severo su quello tenero. Alla fine, però, torna la Angie super dolce di tutti i giorni. Papà non avrebbe potuto assumere governante migliore.

<Pronto?> sento domandare ormai davanti alla porta della mia stanza.

Faccio un passo indietro e raggiungo la ringhiera che affaccia sul salotto.

<Oh cielo, come sta?>

Il tono allarmato di Angie non promette affatto bene. Mi precipito di sotto e la raggiungo. È in piedi accanto al divano.

<Arrivo subito>

<Cos'è successo?> chiedo un pò in ansia.

<Hanno chiamato dalla scuola di suo fratello. Hanno detto che ha colpito un suo compagno di classe durante il cambio dell'ora e quest'ultimo ha reagito. Si sono aggiunti altri ragazzi ed è scoppiata una rissa in cui il piccolo Ben è stato spinto a terra e ha battuto la testa contro il pavimento. Dicono che ha solo un minuscolo bernoccolo dietro la testa, ma per fortuna sta bene> mi racconta velocemente Angie.

La notizia l'ha scossa parecchio, lo si capisce dalla velocità con cui agita le braccia e dal tono afflitto della sua voce.

<Tranquilla, ci penso io, l'ho accompagnato tutti i giorni a scuola in prima media, di sicuro qualcuno mi riconoscerà e non mi prenderà per un'estranea ruba-bambini>

Ok, so che Ben ha tredici anni, ma definirlo 'ragazzino' sarebbe eccessivo vista la sua immaturità.

<No, devo andare io> si ostina Angie.

<Sei troppo scioccata, ci penso io, pensa solo a tranquillizzarti>

Angie annuisce. Vado verso la porta e la apro. Prima di uscire rivolgo un'ultima occhiata alla nostra governante e mi domando il perché di una reazione tanto eccessiva. Se non avessi saputo cosa è accaduto e mi fossi dovuta basare esclusivamente su come ha reagito avrei detto che era capitato qualcosa dieci volte peggiore.

Col mio goffo passo spedito mi incammino verso la scuola di Ben. Nel frattempo, preparo il discorsetto da fargli.

Incoerente.

Eccola, devo ammettere che non mi era mancata minimamente. La mia cara e vecchia amica ragione, compagna di tante sventure. Cominciavo a domandarmi se si fosse presa qualche giorno di ferie.

Aspetta e spera.

Che simpatica (aggiungete una faccina sorridente capovolta).

Comunque, mi tocca dire che, come sempre, ha ragione (non è una battuta credetemi). Intendo fare una ramanzina a mio fratello più piccolo dopo aver marinato la scuola per un giorno, a chi voglio darla a bere. Però resta comunque il fatto che lui ha compiuto un'azione decisamente più grave della mia, quindi bisogna quantomeno capire perché si è comportato così. Se saltare scuola non è da me non è da lui invece prendere a pugni qualcuno.

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Arrivo finalmente a destinazione. Attraverso l'entrata principale della scuola frequentata da Ben e chiedo al primo bidello che incontro se sa dove si trova al momento.

<In infermeria, l'ultima stanza in fondo al corridoio a destra>

<Grazie mille>

Percorro il corridoio indicatomi e, una volta giunta di fronte alla porta dell'infermeria, busso due volte, dopodiché spalanco la porta senza attendere alcuna risposta. L'importante in fondo è avvisare prima, no?

Trovo Ben seduto sul lettino che si mantiene una sacca di ghiaccio poggiata dietro la testa.

<Cosa ti è venuto in mente?> lo interrogo in realtà disinteressata alla risposta, almeno momentaneamente.

Quello che mi importa adesso è sapere come sta, poi gli chiederò gentilmente delle spiegazioni.

Lo stringo forte a me, forse un pò troppo.

<El, mi fai male> si lamenta infatti.

Mi allontano da lui e focalizzo la mia attenzione sul suo viso.

<Scusa, Angie mi ha trasmessa parte della sua ansia. La tua faccia è integra, dov'è il bernoccolo?> domando voltandomi verso la dottoressa.

<Dietro la testa>

Mi metto una mano sulla fronte.

<Giusto, mi ero confusa, sa com'è, lo stress della situazione>

Ben mi stringe una mano.

<El, calmati, sto bene> pronuncia lentamente.

<Dove sono le tue cose?> domando dopo aver inspirato una sufficente quantità d'aria.

Ben indica con la testa la sedia vicino la scrivania davanti a lui. Afferro il suo zaino e ringrazio l'infermiera.

<Andiamo>

Ben mi segue. Voglio aspettare di uscire da qui prima di domandargli cosa gli è preso, non vorrei ne facesse un dramma e attirasse l'attenzione dell'intero personale scolastico e degli altri alunni. Sapete, è un tipo suscettibile.

Appena usciamo una signora mi passa accanto di corsa ed oltrepassa l'ingresso. Per poco non mi prendeva in pieno!

<Puoi raccontarmi cos'è successo?> domando, come mi ero ripromessa, in tono gentile.

<No> è la risposta secca di Ben.

<Ascolta, se ci tieni a non far gonfiare il bernoccolo che hai dietro la testa dimmi cos'è successo, oppure giuro che mi prendo la tua sacca del ghiaccio e ti terrò lontano dai cubetti d'acqua che abbiamo in casa> lo minaccio sorridendo.

Perdonatemi, ma sono una ragazza che perde fin troppo facilmente la calma.

Ben alza gli occhi al cielo.

<Un compagno di classe mi ha preso in giro> rivela.

<Perché?> è la mia ovvia domanda.

Ben non risponde, abbassa lo sguardo e lo punta verso un punto indefinito accanto ai suoi piedi.

Mi inginocchio di fronte a lui e gli sollevo la testa tenendolo per il mento. Lo guardo negli occhi e capisco che non si è trattato affatto di un gioco finito male, come invece avevo pensato all'inizio.

<Ben, sai che di me puoi fidarti, sono la tua sorellona, ci sarò sempre per te. Avanti, dimmi cos'è accaduto, ti prometto che a quel ragazzino ci penserò io, lo abbrustolirò per bene prima di darlo in pasto al cane che non abbiamo>

Ben ride. La sua risata è come un toccasana per me. Se lui sta male sto male anch'io.

<Mi ha preso in giro perché... perché non ho più una mamma>

Le parole pronunciate da mio fratello fanno perdere un battito al mio cuore.

Giuro che chiunque sia stato non ci arriva a domani.

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