SENTIMENTI

La macchina si ferma. Ci troviamo in un parcheggio che non mi è nuovo.

<Un momento, la festa è in spiaggia?> domando realizzando che non mi era minimamente passato per la testa di chiedere a Daniel dove avremmo trascorso la serata.

<Indovinato> risponde lui.

Sul suo viso è presente il sorriso tipico di chi è riuscito a fare una sorpresa a qualcuno.

<Quindi posso togliermi questi fastidiosissimi tacchi> penso a voce alta.

Daniel emette una leggera risatina.

<Che c'è?> chiedo ruotando la testa verso di lui.

<Niente. È che è divertente sentire che ti lamenti per un paio di scarpe con i tacchi dopo averle usate soltanto per arrivare fino alla macchina>

<Tu scherzi, ma fanno un male assurdo. I miei poveri piedi mi stavano implorando di liberarli dalla loro prigionia e camminare scalza> gli punto teatralmente un dito contro.

<Allora adesso saranno felici>

<Puoi giurarci, sono già pronti a sparare i botti>

Scendiamo dall'auto. Daniel si avvicina e mi prende per mano. Un brivido attraversa rapido la mia colonna vertebrale.

<Sei sicuro?> domando rivolgendo lo sguardo alla sua mano stretta nella mia.

<Sicurissimo. Ho promesso che non ti abbandonerò ed è quello che intendo fare. Stasera non ti lascerò sola neppure se dovesse cadere un meteorite dal cielo>

<Staremo a vedere> dico invece certa della sua promessa.

Stai ripetendo lo stesso errore del passato.

No, lui non lo farà. Daniel non mi abbandonerà. L'ha promesso e intendo dargli fiducia.

Povera ingenua.

Mi fido di lui.

Dopo aver attraversato la passerella in mezzo alla spiaggia mi tolgo finalmente i tacchi e lascio che i miei piedi nudi affondino nella sabbia.

È così soffice! Un altro lato positivo della sabbia è che ti toglie qualche centimetro di altezza. Da piccola quando i miei si fermavano a parlare con i loro amici spostavo i piedi a destra e a sinistra per consentire a quell'insieme di piccoli granellini di nascondermi il più possibile. Era il mio modo per calmare la timidezza generata dall'accerchiamento intorno a me di estranei. Più sprofondavo nella sabbia e diminuiva la mia altezza meno i loro occhi erano capaci di notarmi.

<Amico, ti stavamo aspettando, non vedevamo l'ora che arrivassi> esulta un ragazzo avvicinandosi a Daniel.

Si salutano con una possente stretta di mano. Noto che indossa un jeans scuro e una semplice maglietta nera.

Come cavolo fa a non congelarsi?

Devo assolutamente ricordarmi di controllare quanti gradi ci sono più tardi, giusto per capire se il ragazzo di fronte a me è solo un pazzo oppure ha un'elevata resistenza al freddo.

<Vedo che hai portato un'amica. Come ti chiami?> si rivolge a me Paul.

Spero non si ricordi del giorno in cui io e Daniel ci siamo scontrati, o almeno che non colleghi quella ragazza a me.

<Elizabeth> rivelo il mio nome sperando che la divinità al mio fianco gli abbia perlomeno accennato della mia esistenza.

Sarebbe l'ennesima prova a favore della mia tesi. Se ha parlato di me al suo amico allora le probabilità che io gli piaccia aumentano.

<Quella Elizabeth?> chiede Paul spostando lo sguardo sul dio greco che mi sta tenendo per mano.

Bingo.

<Sì. Lisa, ti presento Paul, il mio migliore amico, un tipo testardo come una roccia ma su cui puoi sempre fare affidamento>

<Troppo gentile, però è la verità> fa il finto modesto Paul, poi ci fa cenno di seguirlo.

Arriviamo in una zona dove ci sono dei piccoli tavolini rotondi argentati, quelli che si trovano in alcuni bar con un singolo asse centrale a reggere la circonferenza superiore.

<Immagino sia tutto alcolico> mormoro avvicinando le mie labbra all'orecchio di Daniel mentre con lo sguardo indico le bottiglie sopra i tavolini.

<Brillante deduzione, Watson. Ti va un bicchiere?> mi prende in giro con tono scherzoso.

<Posso sapere di cosa state parlando?> sussurra Paul girandosi verso di noi.

<Affari alcolici> risponde Daniel tornando a un tono di voce standard.

<Daniel, che bello vederti, pensavo che all'ultimo minuto avessi deciso di non presentarti>

Una ragazza dai lunghi capelli rossi con indosso un abito rosa che le arriva poco sopra le ginocchia saluta il mio cavaliere con un guancia a guancia per me fin troppo fastidioso.

Credi di farmi paura? Ne ho già affrontata una, rossa numero due.

Il mio cervello mi ricorda del giorno passato in palestra assieme alla divinità al mio fianco e del mio essere riuscita a tenere a bada l'antipatica Anna.

Sorrido al pensiero di tale ricordo e la nuova arrivata se ne accorge. Non le sfugge neppure che Daniel mi sta tenendo per mano.

<Tu saresti...?> domanda con un tono che sembra dire "bella, vedi di smammare, che qui l'unica a poter stare con Daniel sono io, capito?".

<Elizabeth> rispondo con una tonalità di voce che dice "cara mia, vedi di andarti a fare un giro da un'altra parte".

<Lei è Vanessa> mi presenta la mia nuova avversaria Daniel.

<Ci beviamo qualcosa?> propone la rossa.

L'invito però non è rivolto anche a me e Paul, i suoi occhi parlano chiaro. Il ricevente è soltanto uno.

<Certo> accetto la proposta.

Lo sguardo di Vanessa si posa su di me. Sta dicendo "tu tornatene da dove sei venuta". I miei occhi replicano "trovati un altro manzo, Daniel è mio".

Straordinario quanto può dire un singolo sguardo, non trovate? È dieci volte meglio rispetto al parlare. È più veloce e, cosa che mi piace un sacco, non tutti quelli intorno a te possono sapere cosa stai dicendo.

<Bella idea, ci sto pure io> si aggiunge a me Paul.

<D'accordo, andiamo tutti e quattro allora> conclude lo scontro visivo Daniel.

Ora che lui ha parlato il primo round è ufficialmente terminato. La vincitrice naturalmente sono io.

Giungiamo ad uno dei tavolini rotondi. Accanto alle bottiglie c'è una torre di bicchieri di plastica. Vanessa ne prende quattro e li riempie con non so che cosa. Non sono un'esperta d'alcool.

<Questo è per te> mi porge un bicchiere.

<Cos'è?> domando cercando invano di farmi un'idea dall'odore.

<Bevi, vedrai che ti piacerà> dice Vanessa.

Il suo sembra più un obbligo unito ad una beffa, del tipo "bevi, povera ingenua, non sai quante risate mi farò quando l'alcool comincerà a fare effetto".

Pensi di potermi ingannare così facilmente?

Avvicino il bicchiere alla bocca, tenendo la presa poco salda, poi faccio finta che mi stia sfuggendo di mano.

Non sono mica nata ieri, sai?

Lascio cadere il bicchiere a terra. Mi dispiace per l'innocente pezzo di sabbia che è stato colpito, ma almeno sono momentaneamente al sicuro.

<Ops> dico guardando falsamente afflitta la mia avversaria.

<Tranquilla, sono cose che capitano. Ti riempio subito un altro...>

<Meglio di no, non vorrei che capitasse ancora. Preferisco evitare, mi sentirei terribilmente in colpa se dovessi sprecare dell'altro alcool. Che poi, ad essere sincera, non ne sono una grande amante, quindi per stasera posso anche farne a meno> continuo la mia recita.

<Se preferisci così allora non insisto> persiste nella farsa della finta gentile la mia avversaria.

Tutto d'un tratto, sento partire una canzone. La conosco, è una delle tipiche hit estive che vanno di moda da giugno a settembre. Ascoltarla adesso che siamo a gennaio mi sembra una cosa deprimente. Mancano ancora cinque mesi all'estate e certe canzoni mi mettono una nostalgia pazzesca.

<Andiamo a ballare?> sferra la sua seconda mossa l'astuta rossa.

Coglie ogni occasione al volo, non se ne fa sfuggire una.

<Ovvio, ho voglia di scatenarmi> esulta Paul.

<Io resterò qui, non mi piace ballare> dico invece io.

<Va bene, nessuno ti obbliga> replica Vanessa.

Lei e Paul si dirigono verso il centro della spiaggia, dove intanto si sta formando un enorme assembramento di ragazzi.

<Daniel, ti unisci a noi?> chiede la ragazza dai capelli rossi poggiando la mano sul braccio del mio cavaliere.

<Sì, voi andate, poi vi raggiungo>

"Capelli rossi" si allontana con un mezzo sorriso in viso. Per il momento il round è ancora aperto, il verdetto spetta a Daniel. Andrà a ballare oppure resterà insieme a me?

<Ora che se ne sono andati puoi dirmi perché non ti piace ballare?> chiede prendendomi per mano.

<Sono una frana come ballerina. Una volta ho persino calpestato il piede del mio partner. Poverino, chissà quanto ha soffer->

<Lisa> mi interrompe Daniel.

<Che c'è?> domando ignorando il suo sguardo.

<Non riesci a lasciarti andare neppure quando balli?>

Leggo che conosce già la risposta alla sua domanda, ma questo non gli basta. Vuole che sia io stessa a pronunciarla.

Scuoto la testa.

<Speravo che la tua timidezza decidesse di spassarsela un pò per una volta tanto>

<Sarebbe bello> mormoro immaginando una me non più schiava della sua timidezza.

<Andiamo> dice Daniel cominciando a camminare.

Contro ogni pronostico, mi trascina con sé fino al centro della spiaggia. Ci troviamo tra tanti ragazzi, troppi.

La divinità di fronte a me riduce la distanza tra i nostri corpi. Chiudo automaticamente gli occhi e inclino la testa verso il basso.

<Ti prego, lasciami fuggire> sussurro in preda all'ansia.

<Stai calma, ci sono io qui con te> dice sottovoce Daniel accostando le sue labbra al mio orecchio.

Il mio corpo vibra, scosso dal brivido provocatomi dalla vicinanza con questo splendore di dio greco e dalla sua voce così gentile. Sta cercando di aiutarmi, ci riuscirà?

<Però non sei l'unico, siamo circondati da decine di altri ragazzi e non so se te lo ricordi, ma qualche giorno fa è successa la stessa cosa. Per caso ti diverti a vedermi in questo stato?> parlo veloce pensando che prima lo convinco prima sarò libera.

<È proprio perché ho visto come hai reagito in mensa che ora ci troviamo tra tutta questa gente> risponde Daniel.

<Quindi mi hai invitata ad una stupidissima festa per farmi stare di nuovo male?> chiedo incapace di unire i tasselli del puzzle.

Dove vuole arrivare?

<Lisa, guardami negli occhi> sussurra posando un dito sotto il mio mento.

Mi solleva lentamente il volto, poi mi accarezza delicatemente una guancia. Il calore che la sua mano sta infondendo al mio viso è piacevole e rilassante. Sento l'agitazione cominciare a placarsi.

<Apri gli occhi, ti prego> chiede con voce gentile.

Faccio come richiesto. Davanti a me compare dal nulla un infinito mare blu, ma stavolta ricordo come fare per tenermi a galla.

<Lisa, voglio aiutarti ad uscire dal guscio in cui sei rinchiusa> pronuncia sottovoce.

<No> è la mia replica immediata.

Non posso dipendere da qualcuno.

<Devo cavarmela da sola>

<Non c'è alcun bisogno di essere orgogliosa>

Ed è proprio qui che ti sbagli.

<Torno al tavolino> dico trovando la forza per fare dietrofront, ma Daniel non mi concede l'opportunità di voltarmi.

<Concedimi un solo un tentativo>

Le sue parole mi bloccano. Tutta questa ostinazione significa forse che gli piaccio? Probabile, altrimenti non si spiega il perché del suo comportamento. Vuole aiutarmi in modo concreto, e dubito fortemente che la scusa dell'essere amici regga sino a tal punto. Anche perché se questa sua maniera di comportarsi con me non significa che gli piaccio allora non immagino cosa potrebbe arrivare a fare per amore.

E tu, Elizabeth, fin dove ti spingeresti per amore?

Che domanda assurda e inappropriata, la mia parte sentimentale è proprio una spina nel fianco. Adesso cosa c'entro io? Non sono innamorata, quindi che accidenti ne so di quali follie farei per amore.

<D'accordo>

Lascio che il mio cavaliere abbia l'occasione di aiutarmi. In fondo, che male c'è nel farsi dare una mano di tanto in tanto?

Come se chissà dove ci fosse qualcuno con lo sguardo rivolto verso di noi, succede una cosa che potrei definire una gran bella coincidenza. La hit estiva è stata sostituita da una musica perfetta per un lento.

Daniel posa la mano destra nella mia sinistra e la sua sinistra sulla mia schiena. Inutile dire che stavolta il brivido che percorre il mio corpo è più intenso del precedente.

<Guidi tu?> chiedo a bassa voce.

Non ho mai ballato un lento in vita mia, però conosco i passi, li ho visti una marea di volte nelle serie tv.

<Lasciati andare> è il canto ammaliante pronunciato da Daniel.

Come vuoi.

Concedo ai miei occhi di perdersi nel meraviglioso mare racchiuso dalla divinità con cui sto ballando.

Sto ballando con Daniel Moore.

È tutto così incredibile. Questo che sto vivendo è un momento magico che intendo godermi fino in fondo. L'immensa distesa marina in cui sono adesso mi permette di cancellare tutte le persone intorno. Restiamo solo io e Daniel.

Il battito del mio cuore accelera, ho l'impressione che tra poco uscirà dalla gabbia toracica in cui è custodito. Il mio respiro invece rallenta. Si ferma per un istante, poi riprende. Sono rimasta senza fiato e senza possibilità di riempire nuovamente i miei polmoni d'aria per un intero secondo, che mi è sembrato molto più duraturo del normale.

Cosa sta succedendo?

Sento il cuore continuare nel suo percorso di battiti accelerati, il fiato mancarmi una seconda volta, poi una terza.

Dovrei spaventarmi?

<Scusa, non ce la faccio, ho bisogno di un pò d'aria> dico annullando qualsiasi contatto con il mio dio greco preferito.

Nello sguardo di Daniel leggo tristezza, ma forse mi sbaglio. Dovrei esaminarlo più attentamente, però non ho tempo. Devo allontanarmi subito da qui. Devo allontanarmi immediatamente da lui.

Mi accorgo che mi sta seguendo, quindi allungo un braccio verso di lui e apro la mano. Il mio palmo dice chiaramente "stop", mentre le mie labbra scandiscono bene "voglio stare da sola".

Una parte di me spera che Daniel non sappia leggere il labiale, ma appena lo vedo fare un passo indietro sento un forte dolore al petto.

Io voglio te.

Ma non posso stare con lui al momento. La cosa sarebbe andata troppo oltre, sfuggendo così al mio controllo, anche se a giudicare dal dolore che ho appena percepito direi che il controllo probabilmente ho già cominciato a perderlo da un bel pò.

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È da venti minuti che passeggio sulla riva in cerca di una risposta che non arriva. Se soltanto lui mi raggiungesse... No, sono stata io a pregarlo di darmi del tempo, è ovvio che adesso non si avvicini.

Ma il desiderio che ho di lui mi spinge a voltarmi ugualmente. E come previsto l'esito è quello che la me razionale si aspettava. Ormai dentro di me prevalgono due parti, quella razionale e quella sentimentale. La prima non sa che fare, è in preda a mille paranoie che non sa come allontanare. Ne è ormai succube, però mi resta la parte sentimentale, che al contrario sa bene cosa fare.

Vai da lui e parlagli.

Questi venti minuti mi sono bastati per fare chiarezza sui miei sentimenti, ho finalmente capito quale nome dare a ciò che provo per Daniel Moore, manzo di prima classe, futuro capitano della squadra di football della scuola e... mio unico amico.
La sua descrizione ha subito un piccolo cambiamento, lo avete notato?

Il problema è che ho paura che lui non provi lo stesso. Provando per un attimo a ricorrere all'incasinata parte razionale, perché dovrei piacergli? Come potrebbe mai un ragazzo come Daniel provare qualcosa per me? Ok i libri e le serie tv, ma qui stiamo parlando della vita reale. La vicenda non si svolge nell'arco di novanta minuti, né tanto meno di trecento pagine. La vita vera è scandita dai secondi, dai minuti, dalle ore, dai giorni, dalle settimane, dai mesi, dagli anni.

Però, ipotizzando per un singolo istante che tutto questo faccia parte di un lungometraggio già pianificato che non superi le due ore oppure di un insieme di fogli di carta scritti e revisionati, allora magari questo è il mio momento. Forse è giunta anche per me l'ora di sapere cosa si prova a dare il primo bacio, ad avere una relazione, ad essere fidanzati, a dire e sentirsi dire il primo "ti amo", e un sacco di altre cose che mi stanno invadendo la testa.

Per una volta, anziché pensare "perché sì?", voglio domandarmi "perché no?".

Faccio dietrofront e a passo spedito mi dirigo in direzione dell'unica persona che abbia mai suscitato in me un sentimento così potente. Per fortuna ho camminato lenta come una lumaca, quindi non mi ci vorrà molto prima di giungere a destinazione.

Perché no?

Daniel, sto arrivando.

Perché no?

Ti dirò cosa provo.

Perché no?

Abbasserò tutte le mie difese solamente per te.

Perché no?

L'unica cosa che ti chiedo è di non...

Il mio corpo si immobilizza. Sento la terra sotto i miei piedi disgregarsi, ho l'impressione di stare per cadere. Il fiato mi rimane bloccato in gola. Gli occhi si spalancano increduli di fronte alla scena a cui sto assistendo. Il mio povero cuore perde un battito, o forse due.

A pochi metri da me, nel bel mezzo della folla, Daniel e Vanessa si stanno baciando. Uno spiraglio gigantesco mi consente di assistere a questo spettacolo, del quale non posso fare altro che essere spettatrice passiva.

Le loro labb...

Persino la mia mente non riesce a formulare pensieri, eccetto per una vocina che mi sconsiglia di fuggire.

Resta a guardare e imprimi questa scena nella tua memoria, fissala bene affinché dimenticarla non possa mai e poi mai risultarti possibile.

La foga con cui le loro bocche si cercano e trovano mi devasta. I loro non sono baci puri, sono completamente differenti da quelli dei personaggi delle serie tv e dei film che ho visto. I loro... i loro...

Sono baci intrisi di passione.

Maledetta vocina! Perché godi così tanto nel farmi star male?

Perché il tuo dolore è reale, a differenza delle fantasie che ti sei fatta.

La terra sotto di me scompare.

Sto sprofondando.

Un'enorme voragine mi sta accogliendo al suo interno ed io non ho la più pallida idea di come uscirne.

Ho mosso anche l'altro piede sul filo e pago le conseguenze di questa dolorosa azione.

Le labbra incriminate finalmente si separano. Capisco che devo darmi una mossa, se Daniel mi dovesse vedere adesso non ci metterebbe tanto a fare uno più uno. Ma lui non si merita di sapere ciò che provo per lui.

Raggiungo frettolosamente il tavolino di prima e recupero le scarpe lasciate fino ad ora sulla sabbia.

<Lisa> sento una voce che mi chiama.

È lui. Con un passo più spedito di quello che ho usato per arrivare nel momento sbagliato, o forse giusto, mi appresto a raggiungere il parcheggio.

<Lisa> la voce di Daniel si fa più vicina.

Corri, Elizabeth, corri.

Obbedisco all'ordine del mio cuore sofferente. Sta perdendo sangue e devo arginare il prima possibile le ferite. Se solo riuscissi a liberarmi del ragazzo che le ha causate...

Daniel è dietro di me.

Perché non mi lasci stare?

Aumento il passo, sento un male assurdo ai piedi scalzi, ma non rallento. Il dolore maggiore lo sto sentendo nell'animo, quello fisico non è minimamente paragonabile ad esso.

Finalmente raggiungo il parcheggio. Un'ancora di salvezza arriva in mio soccorso, pronta a salvare il mio povero cuore dall'andare in pezzi.

Daniel Moore, tu non meriti di sapere che io ti amo.



Hey luxers, come state?
Lisa a quanto pare sta male, ma spero che almeno voi stiate bene. Soffrire per amore è una delle cose più dolorose di questo mondo, e allo stesso tempo una delle più frequenti. A voi è mai capitato?

Fatemi sapere cosa ne pensate della storia finora, io intanto vi dico che le lacrime hanno appena iniziato a scendere, e il tragitto non è affetto breve.

Detto ciò, vi saluto, ma solo temporaneamente. E ricordate: always shine!

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