ROTTA

Non capisco come una cosa del genere sia potuta accadere. Tornata a casa da scuola, ho pranzato come sempre, poi sono salita in camera mia e mi sono buttata a peso morto sul letto. Neppure cinque minuti e ho posato il cellulare, poi... nulla. Non sto facendo nulla da chissà quanto tempo. Il mio corpo disteso su queste soffici lenzuola è immobile, non risponde ai comandi del cervello. Vorrei alzarmi, ma non ci riesco. Forse, in fondo, non ne ho voglia, eppure non percepisco neppure un briciolo di questo voler restare ancorata al letto. È una cosa che non dipende da me, non ne ho il minimo controllo.

Eppure, sebbene resti ferma, ho come la sensazione di trovarmi nelle sabbie mobili. Non ho libertà di movimento, mi è stata negata la possibilità di sbracciarmi a più non posso, ma ciò non mi impedisce di cadere. Anzi, il contrario. Più resto ferma a guardare il soffitto più velocemente mi sembra di sprofondare.

Vorrei muovermi. No. Voglio muovermi. Cosa me lo impedisce? Cos'è a tenermi legata qui? Cosa è cambiato nel giro di all'incirca un'ora, sempre ammesso che in questo stato di quasi tranche in cui mi trovo il tempo non scorra in maniera diversa. Magari sono immobile da solo venti minuti, o forse persino da due ore. Se solo riuscissi a sollevare il braccio per prendere il telefono...

Perché mi sta succedendo questo? E soprattutto, cosa mi sta succedendo? Ieri ero un mix di emozioni che tentava di sopravvivere al giorno più brutto dell'anno, mentre oggi il mio corpo è fermo come una roccia. Non è che mi sto trasformando in un pezzo di basalto? In effetti, non sarebbe male. Perlomeno avrei più valore di quanto ne ho adesso. Ricordo che è utilizzato nell'agricoltura biologica, il che significa che a molte persone interessa averlo. A chi importa di me, invece?

Al destino? Bè, senza di me con chi si divertirebbe un mondo? Dovrebbe cercarsi un'altra preda da torturare, magari un ragazzo single, giusto per non fare discriminazioni, il cui numero fortunato è il quattordici, così per San Valentino può gioire del suo dolore ancora di più che negli altri giorni, proprio come ha fatto con me. Che poi, a pensarci bene, sono ancora più stupida di quanto immaginassi. Andiamo, sono stata così ingenua da credere che le trappole in cui sono caduta fossero delle "coincidenze" che mi avrebbero condotta ad un qualcosa di straordinario. E invece di straordinario qui c'è solo l'immenso livello della mia stupidità.

Non dire così.

Wow, allora un barlume di ragione mi è rimasto. Peccato che non serva. Avrei dovuto dare retta alla testa fin dall'inizio, ma la mia ingenuità mi ha condotta sulla strada suggeritami dal cuore. E pensare che ora è un ammasso di cocci che non si incastrano più tra loro. Cosa mi è rimasto? Ho reso la mia vita già segnata dal dolore ancora più difficile. Avrei potuto evitare di innamorarmi, avrei potuto evitare di provare sentimenti così forti. Che senso ha saper amare se a nessuno importa del tuo amore? Perché essere capace di amare se nessuno ti amerà mai?

Dai tempo al tempo.

Sono stanca di aspettare. Quanto ancora dovrò soffrire prima di trovare la persona giusta? Sempre ammesso che ne esista una anche per me.

<E se io non trovassi mai la persona giusta? Se il mio futuro comprendesse solo me?>

<Lisa, certo che accadrà. Vedrai, un giorno troverai la persona giusta, magari non la riconoscerai subito, potrebbe volerci del tempo prima che tu capisca quanto quella persona sia importante per te, ma quando te ne sarai resa conto le cose andranno meglio>

Oh, Daniel, io quella persona credevo di averla trovata, ma a quanto pare mi sono sempre sbagliata. Non sei tu la persona giusta per me, purtroppo. E adesso sono qui a pagare le conseguenze delle mie azioni. Stesa su un letto accogliente, priva di libertà di movimento, sommersa sia interiormente che esteriormente dal dolore, e in lenta discesa verso l'ignoto. Cosa mi aspetterà una volta sprofondata del tutto? Finalmente un pò di pace? Per quanto possa essere illusoria, forse è la cosa migliore.

Elizabeth.

Il silenzio inizia a cullarmi dolcemente. Mi regala un assaggio della tranquillità che da tanto cerco, ma che finora difficilmente sono riuscita a trovare, poiché sempre in fuga. Ma stavolta è diverso. La tranquillità offertami in questo momento non è fugace, non scappa come una preda che ha notato il cacciatore. È divenuta lei stessa quest'ultimo. Un ribaltamento dei ruoli non da poco.

Alzati.

È troppo tardi. Sto scivolando nell'abisso. Si sta davvero bene, te lo consiglio.

Lotta, ti prego.

Perché dovrei? Le forze mi hanno abbandonata, non sono neppure più padrona del mio corpo. Non potrei nemmeno volendo.

E allora spiegami perché lo stai desiderando.

Non capisco.

Fai finta di non capire.

Non desidererei mai qualcosa di irrealizzabile.

Lo hai già fatto in passato.

Si vede che non ho imparato dai miei errori.

Si vede che stavolta è diverso. Stai desiderando con tutta te stessa di mandare a quel paese questa strana pace e mettere piede a terra, ma allora perché non lo fai? Provaci, almeno.

Dammi un buon motivo per farlo.

Meglio aver tentato e fallito che vivere col rimpianto di non averci provato.

Come per magia, riacquisto il controllo del mio corpo. Prima muovo le mani, poi le braccia e infine le gambe. Mi alzo lentamente, impaurita di bloccarmi di nuovo da un momento all'altro. Per fortuna non succede. Tiro un sospiro di sollievo e afferro il cellulare dal comodino accanto al letto.

Sono passati settantatrè minuti. Sono rimasta immobile per poco più di un'ora. La cosa mi spaventa leggermente, anche se mai quanto i messaggi di Olivia. È da ieri mattina che non le rispondo, la giornata "coppie felici, single sfigati" (che potrebbe tranquillamente essere il nome di un reality show) mi ha distratta completamente. Sono stata risucchiata dalla negatività che girovaga nel mio animo e ho finito per dimenticarmi di lei.

All'improvviso, il telefono comincia a vibrare. Mi rendo conto di tenerlo ancora stretto tra le mani e di non essermi mossa di un millimetro. Il nome che compare sul display è quello della mia migliore amica.

Cosa stai aspettando? Rispondi.

Continuo ad osservare lo schermo.

Avanti, trascina quel puntino verde, andiamo.

Non so se è ciò che voglio.

È la tua migliore amica, ci sarà sempre per te.

E se mi abbandonasse? In passato è già capitato.

Elizabeth, smettila di cercare scuse e rispondi. Non puoi paragonare Olivia a tua madre.

Perché? È così che funziona la vita dopotutto: le persone entrano ed escono senza che tu ne abbia il controllo.

Ti sbagli. Non tutti se ne vanno dall'oggi al domani.

Ma a volte sì.

Il telefono smette di vibrare.

So che non è un bel periodo, ma ti prego, non lasciarti sopraffare dal dolore. Torna a vedere le infinite possibilità che ogni azione che compi e ogni scelta che prendi ti donano. Torna la te di prima, ti supplico. Non chiudere gli occhi di fronte alle cose belle, non dimenticare, torna ad essere ottimista.

No.

Perché?

Perché mi ha fatto più male che bene.

Elizabeth...

Qualcuno bussa alla porta. Vado ad aprire e trovo Angie.

<Signorina Elizabeth, di sotto c'è la sua amica Olivia>

Spalanco gli occhi.

<Qualcosa non va? Non dovevo farla entrare? Se vuole le dico di tornare un'altra volta> si preoccupa Angie.

La vedo girarsi per prendere le scale, quindi agito le braccia per fermarla.

<Tranquilla, non ce n'è bisogno, davvero. Sono solo stata presa alla sprovvista, tutto qui> la blocco in tempo.

Angie annuisce. L'ho convinta di aver frainteso la mia reazione, sebbene non sia la verità. Lo stupore centra in minima parte. Più che altro ho paura di confrontarmi con Ol. Conoscendo la mia situazione attuale, non si arrenderà facilmente, vorrà sapere come sto e, come già è accaduto in passato, alla fine cederò. La domanda che però mi sorge spontanea è una: come mai voglio che non sappia nulla? Il mio orgoglio ha ricominciato a farsi sentire e mi sta impedendo di chiedere aiuto? O forse il responsabile è un altro?

Intanto che rifletto su quale sia la causa del mio comportamento scendo le scale che conducono al salotto, dove trovo Olivia intenta ad ispezionare la stanza e quella adiacente.

<Meglio il salotto o la cucina?> rompo il ghiaccio.

Si volta velocemente e mi corre incontro per stringermi in un forte abbraccio.

<Scusa> pronuncio, sentendomi in dovere di scusarmi per essere scomparsa così all'improvviso.

<Zitta, non è questo il momento di parlare. Ora pensa solo a darmi l'abbraccio più affettuoso che puoi> mi rimprovera.

Mi sento terribilmente in colpa. Ultimamente io e Ol ci siamo sentite pochissimo, giusto qualche messaggio la mattina e il pomeriggio, e adesso che ci stiamo rivedendo per la prima volta dopo il mio allontanamento, peraltro super rispettato, da lei non posso fare a meno di darmi dell'egoista.

<Scusa. Non era mia intenzione allontanarti, ma sentivo il bisogno di stare da sola per un pò. Nel farlo, ho pensato esclusivamente a me stessa, fregandomene del tutto di come ti saresti sentita tu> dico mentre il senso di colpa continua a crescere.

<Betty, non devi scusarti per esserti presa del tempo per te stessa. Chiunque ha dei momenti no che desidera trascorrere lontano dagli altri. Io in primis mi sono isolata dopo la fine della mia precedente relazione. A volte capita che abbiamo bisogno di confrontarci con noi stessi, è normale, nessuno può farcene una colpa> mi rassicura Olivia.

<Il problema è che il mio momento no deve ancora terminare> pronuncio spaventata.

<Allora lo affronteremo insieme>

<Se non dovesse bastare? Se durasse per sempre?> domando sempre più impaurita.

<Ne uscirai, tranquilla. Ci sono io adesso, la tua amica super amica Ol ti aiuterà a prendere a calci il nemico> risponde aggiungendo un pizzico di ironia.

<Super amica Ol?>

<È poco?>

<Direi. Come minimo sei la super-ultra-iper amica Ol>

<Bè, come darti torto>

Sciogliamo l'abbraccio e ci accomodiamo sul divano in salotto. Intanto Angie scende le scale e mi informa di aver cambiato le lenzuola del mio letto, dato che a detta sua ho dormito con le stesse per troppi giorni. In realtà non sono poi così tanti, però le rivolgo ugualmente un "grazie" sincero. Spero abbia colto che è anche per aver lasciato spazio a me e Ol.

<Esco a svolgere un paio di commissioni, ci vediamo più tardi> si congeda.

<A dopo> la salutiamo all'unisono io e la mia migliore amica.

Una volta che la porta si richiude, torno a rivolgermi proprio a quest'ultima.

<Allora, da dove iniziamo?> domando impaziente.

Prima finisce questo brutto periodo, prima potrò riacquistare il controllo della mia vita.

<Come stai?> è la domanda che mi viene rivolta.

Come previsto. Solo che non avevo considerato che sarei stata ben disposta a raccontare la verità.

<Male> ammetto con poca fatica.

<Come ti senti?>

Mi prendo qualche secondo per cercare le parole giuste.

<Spezzata... rotta, come i cocci di un vaso> ammetto.

<Pensi che questi cocci abbiano una possibilità di riattaccarsi tra loro?>

L'espressione seria della mia amica è diversa da quella allegra e scherzosa che sono abituata a vedere. Sta prendendo la cosa seriamente, vuole darmi una mano, ed è giusto che io mi lasci aiutare.

<Spero di sì, ma la vedo difficile> faccio spallucce.

<Ok. Ti va di raccontarmi cos'è successo ultimamente, cosa ha influenzato in special modo il tuo stato d'animo?>

Inalo una quantità d'aria sufficiente a riempire i polmoni, poi la ricaccio assieme alle parole.

<Io e Daniel ci siamo baciati>

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