LOOK

<Driiin, driiin, driiin>
Il suono tutt'altro che dolce della sveglia mi porta a dire  per l'ennesima giornata 'ciao' al sonno. Non dico che vorrei svegliarmi tutte le mattine con il soave canto dell'antica musa romana Calliope (cosa che comunque sarebbe bene accetta), ma questo fastidioso rumore non mi va proprio a genio. Le mie orecchie vengono urtate in questo modo da anni oramai, da quando è cominciata una delle cose più orribili che l'umanità potesse mai inventare, il terrore più grande per ogni adolescente: la scuola.

<Prima ci obbligano ad andare a scuola e poi ci insegnano che non dobbiamo mai fare nulla contro la nostra volontà> protesta mio fratello minore, Ben, mentre facciamo colazione.

Sono uscita in fretta e furia dalla stanza e stavo quasi per cadere dalle scale talmente andavo veloce per mangiare le mie quotidiane fette biscottate con la marmellata, non di certo per sorbirmi il consueto monologo di inizio giornata di mio fratello.
Ripete sempre che la scuola è un carcere e cose così. Insomma, le classiche lamentele di un teenager che si rispetti.

<Se non la smetti di parlare giuro che prendo due fette di pane, le avvicino alle tue guance e ti mangio la faccia> lo guardo storta, ma purtroppo non abbastanza da incutergli timore.

<Andiamo, El, dovresti capirmi. Anche tu frequenti ancora la scuola, diglielo che è una tortura> mi fa gli occhi dolci Ben.

Sposto lo sguardo su Angie, la nostra governante, una donna paffutella alta quanto me, ovvero quasi un metro e settanta.

<Sì, Angie, Ben ha ragione. Carcere, tortura e bla, bla, bla> fingo di enfatizzare quelle parole.

In cambio ricevo un calcio alla gamba sotto il tavolo da parte di mio fratello.

<Ahi, ma sei scemo?>

<Signorino Ben, non è questo il modo di comportarsi con sua sorella> lo ammonisce Angie.

Come risposta ricevo un'antipatica linguaccia, poi Ben riprende a gustarsi i suoi tanto amati toast con prosciutto e scamorza.

<Sei sempre il solito> sbuffo prima di tornare anch'io a concentrarmi sul buon cibo che ho davanti.

Terminato il primo pasto della giornata ringrazio Angie per aver preparato la colazione e raggiungo la mia camera per sostituire il pigiama che ho addosso con degli abiti adatti al mondo esterno.

Fosse per me starei h24 con indosso il mio tenero pigiamino blu, ma sfortunatamente non mi è consentito, quindi comincio a cercare nell'armadio qualcosa da mettere.

Le uniche volte in cui ero già pronta nell'arco di quindici minuti dal mio risveglio è stato quando papà ha dato il posto di governante a Angie. Ero così imbarazzata anche solo all'idea di farmi vedere in pigiama da un'estranea che appena fuori dal letto iniziavo la missione giornaliera "trova i vestiti che dovrai indossare fino a quando non torni a casa". La situazione è andata avanti così per due mesi, il tempo necessario a Angie per farmi sentire completamente a mio agio con lei.

<Questo no, questo no, questo.... forse... come non detto> continua la mia caccia al look perfetto.

È assurdo quanto tempo ci impieghi adesso per trovare qualcosa da indossare che mi piaccia. Perché in verità mi piace tutto, ogni capo d'abbigliamento che ho nell'armadio è stato scelto dalla me del passato in base a dei criteri ben precisi.

Primo, se si tratta di una felpa deve essere di almeno due taglie sopra la mia.
Secondo, no a colori troppo accesi. Se possibile prendere sempre qualcosa di nero.
Terzo, non pensare neppure per un istante di dare un'occhiata al reparto minigonne. Quelle è meglio lasciarle alle ragazze strafiche capaci di ammaliare un ragazzo con un solo sguardo.
Quarto, per i tacchi vedere il criterio numero tre.
Quinto, la regola delle minigonne vale anche per le gonne.
Sesto, sicuramente avrai già perso fin troppo tempo, quindi ora smettila di ricapitolare queste regole e torna alla realtà.

<Questo può andare> riesco finalmente a trovare una maglia e un pantalone che soddisfino il mio senso di alta moda giornaliero.

In realtà è una cosa abbastanza recente. Fino a tre mesi fa indossavo, come detto poco fa, la prima cosa che trovavo. Ho cominciato a farmi problemi sul look quando ho capito che c'è una persona della quale mi importa l'opinione che ha di me.

Sto parlando di Daniel Moore, mio compagno di classe nelle ore di letteratura, nuovo probabile capitano della squadra di football (come ogni ragazzo inarrivabile che si rispetti) e, aspetto più importante di tutti, manzo di prima classe.

Non me ne vogliano Chris Evans e Chris Hemsworth, ma per un bacio di Daniel rifiuterei un'uscita con entrambi seguita poi da una nottata di svago.

Ricordo di una volta in cui ho passato un intero pomeriggio a vedere foto di manzi su Instagram e non ne ho giudicato carino neppure uno. All'inizio ho pensato di non stare bene, credevo seriamente di avere una qualche malattia che avesse sterminato i miei ormoni. Mi sono spaventata e la paura non ha fatto altro che crescere fino a quando ho scoperto la causa della mia neutralità davanti a degli angeli caduti dal cielo.
Scorrendo tra i vari post me ne è alla fine capitato uno di Daniel e in quel momento i miei cari amici ormoni hanno ripreso a funzionare meglio di prima.

Qualcuna qui si è presa proprio una bella cotta.

Ecco il primo pensiero formulato dalla mia mente. 

Ammetto di essermi accorta già qualche giorno prima di fissare troppo spesso Daniel, ma questo in fondo non doveva significare obbligatoriamente che mi piacesse. La bellezza è fatta per essere ammirata e gli occhi sono fatti per guardare, d'altronde.

Ora probabilmente vi starete domandando perché io non dica al ragazzo che per me è il dio greco per eccellenza, meglio conosciuto come Daniel Moore da chiunque lo conosca, compreso l'addetto che l'ha registrato all'anagrafe, che mi piace.

Beh, la risposta è semplice.
Come ogni classico manzo esistente su questo pianeta non si è accorto della mia esistenza fino al momento in cui ci siamo scontrati.

Era un caldo venerdì di fine settembre e mentre stavo camminando per la mensa alla ricerca di un tavolo lontano dal mondo dove accomodarmi mi sono accorta di un gruppo di ragazzi a pochi metri da me che si stava dirigendo verso il "tavolo dei fighi" (dove ovviamente non poteva non sedere anche Daniel). Allora ho accelerato il passo per evitare di dover aspettare il passaggio del treno delle celebrità della scuola, però non sono stata abbastanza veloce e io e Daniel ci siamo scontrati, proprio come due rette perpendicolari, destinate prima o poi ad incontrarsi.

I nostri vassoi sono rimasti integri, invece le mie gambe era come se si stessero sciogliendo. In quel momento desideravo essere il più bassa possibile, così da uscire dal campo visivo delle celebrità scolastiche.
Chissà come mi avrebbero insultata.

<Tutto bene?> mi ha invece domandato Daniel, portando l'imbarazzo ad avere la meglio sulla vergogna.

Mi sono girata verso di lui e la prima cosa che ho visto sono stati i suoi grandi occhi blu. Ho avuto l'impressione di stare affogando in quel mare ignoto, la mia gola era preda dello sguardo puntato su di me. Per un istante non ho neppure fatto caso agli altri occhi che avevo addosso. La pressione esercitata su di me da quelli di Daniel era sufficiente a mandarmi in tilt.

<Ehi, ci sei?> ha continuato il mio dio greco preferito siccome non davo segni di vita.

<S-s-sto a-af> ho balbettato per qualche secondo.

Andiamo, Elizabeth, scappa.

Le mie gambe si stavano facendo forza per tenermi ancora in piedi, ma non ne avevo il pieno controllo.

<Andiamo, amico, lasciala perdere> ha detto uno dei ragazzi accanto a Daniel.

<Zitto, Paul . Stai...> gli ha risposto Daniel senza staccare i suoi occhi dai miei.

<S-sto a-affogando> è stato tutto ciò ho detto prima di ripulire il vassoio ed uscire dalla mensa.

L'imbarazzo ha avuto la meglio sull'immobilità delle mie gambe un pò troppo tardi, ma almeno mi ha risparmiato di dare delle spiegazioni riguardo l'idiozia appena sganciata.

Non si può mica affogare per un paio di begli occhi.

E invece sì.

Quello che la mia coscienza intende dire è che letteralmente parlando è impossibile una cosa del genere, invece se esaminiamo la frase sotto un punto di vista metaforico, beh, allora è possibile.

Per mia fortuna Daniel non è mai tornato sulle parole dette prima della mia fuga quel giorno in mensa. L'ora dopo la pausa pranzo è stato il primo ad entrare in classe dopo di me, però si è limitato a sedersi al suo posto, che tra l'altro è accanto al mio, e scrivere sul cellulare.

Chissà con chi starà messaggiando? Forse con la sua ragazza? Non mi stupirebbe scoprire che ne ha una, anzi, semmai il contrario. Pensare che uno come lui non abbia qualcuna da coccolare con le sue possenti braccia mi sembra fantascienza. Però, in effetti, se ho ragione e sta chattando con la sua ragazza, questo vuol dire che lei non è di questa scuola, altrimenti si vedrebbero dal vivo. La pausa pranzo non è ancora terminata, avrebbero tutto il tempo per sbaciucchiarsi come se non ci fosse un domani.

Da questo punto in poi la mia mente si è stancata di funzionare per tali inutili congetture ed ha ufficialmente detto "adios mes amigas", lasciandomi un vasto spazio per uno dei film mentali per cui mi sono impegnata di più fino ad oggi.

No, aspetta. E se fosse... No, non può essere. Ti prego, dimmi che non è così. Ok, calma Elizabeth, fai un respiro profondo. Magari oltre i ragazzi gli piacciono anche le ragazze. In questo caso avresti ancora un'occasione. Però se sta con un ragazzo è off limits, no? A meno che la loro non sia una relazione aperta. E se ci fosse già una terza persona nella loro relazione? E se ce ne fosse persino una quarta? E se...

Ok, arrivati fino a qui, per farvela breve, ho continuato in questa maniera fino ad ipotizzare una relazione composta da una decina di persone. A salvarmi dall'andare avanti nella conta degli "amori infiniti" ci ha pensato il suono della campanella.

Il giorno seguente ho preferito evitare di mettere piede nella mensa scolastica.

All'improvviso, mentre stavo dando un altro morso al panino che mi ero portata da casa, ho sentito bussare alla porta.

<È permesso?> ha domandato una voce maschile.

Indovinate chi era?

<Daniel> ho esclamato cercando di non strozzarmi col panino. Mi ha stupito vederlo lì.

<Che guardi?> ha chiesto avvicinandosi alla finestra dell'aula.

<Il cielo> ho risposto in automatico.

<C'è qualche nuvola oggi oppure è una mia impressione?>

<Secondo le previsioni verrà a piovere nel pomeriggio>

<E secondo te?> ha domandato girandosi nella mia direzione.

Ha davvero appena chiesto una mia opinione?

<Probabile> ho alzato le spalle.

<Comunque scusa, non volevo interrompere il tuo momento privato con lui> ha poi detto Daniel indicando il panino che tenevo stretto tra le dita.

<Scherzi? Tu, disturbare?> ho risposto goffamente.

Se solo sapessi cosa ti farei in un ipotetico nostro momento privato.

<Nostro> ho ripetuto con sguardo sognante, stavolta a voce alta.

<Hmm?> mi ha interrogata Daniel.

Sono improvvisamente diventata tutta rossa. Lo so perché il sorriso sul volto del dio greco davanti ai miei occhi è stato più che sufficiente a farmelo comprendere.

<No, niente. Stavo riflettendo> ho usato come scusa.

Un altro sorriso è comparso sul viso di Daniel e io mi stavo già perdendo una seconda volta nell'infinito mare nascosto nei suoi occhi.

<Non sono mai riuscita a mantenere un contatto visivo con qualcuno per più di dieci secondi> ho rivelato senza volerlo continuando a fissarlo.

<È perché sei molto timida>

<Tu come fai a saperlo? Hai scoperto che abito anche io su questo pianeta all'incirca ventiquattro ore fa>

<Una ragazza che indossa maglie di due taglie più grandi si nota molto più di quello che pensi>

In quel frangente ho realizzato che Daniel mi ha sempre vista. Anche quando pensavo di essere al sicuro coperta da una felpa extra large lui si è accorto di me. E pensare che sono stati proprio i vestiti cercati con tanta fatica per risultare invisibile a far sapere della mia esistenza al più figo della scuola mi ha scombussolata.

E mi ha portata a sorridere.

<Può andare> pronuncio guardandomi allo specchio in camera mia.

Felpa nera della taglia giusta e jeans blu non troppo aderenti sono la mia scelta per questa mattina.

Afferro lo zaino e scendo le scale, poi saluto velocemente Angie, intenta a ripulire il tavolo della colazione, e Ben, il quale si gode gli ultimi minuti prima di andare a cambiarsi anche lui per andare a scuola, ed esco di casa.

Faccio un respiro profondo e imposto sul navigatore nella mia mente la persona da raggiungere.

Daniel Moore.

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