IL BENE PIÙ PREZIOSO
<Papà, mi manca l'aria>
Guardo mio padre preoccupata, non mi era mai successo di non avere il controllo sul mio respiro. Mi porto una mano al collo. È come se qualcuno stesse premendo con forza, però non c'è niente.
<Cerca di stare calma, piccola mia. Papà è qui con te, vedrai che andrà tutto bene> dice prendendomi per mano, si inginocchia per arrivare alla mia altezza.
Tenta di mascherare la preoccupazione ma riesco a vedere la paura celata nei suoi occhi.
<Respira profondamente, così>
Simula l'azione, lo imito. L'aria entra ed esce, la mia attenzione è focalizzata sul mio respiro.
<Brava, piccola mia. Ora pensa a qualcosa che ti fa stare bene>
<Se mi distraggo smetterò di respirare> dico terrorizzata.
<Stà tranquilla, non succederà. Il tuo vecchio non permetterà che accada, prenderò a calci chiunque tenti di rubarti il respiro>
La sua sicurezza mi infonde coraggio. Nonostante la paura si sta facendo forza per aiutarmi. Adoro il mio papà, è il migliore.
<Chiudi gli occhi e pensa a un luogo che ti piace, un posto in cui ti diverti>
Penso a casa nostra.
<Posso immaginare anche delle persone?>
<Ma certo, piccola mia>
La porta si apre. Papà poggia la giacca sull'appendiabiti all'ingresso, la mamma corre ad abbracciarlo. Io e Ben fingiamo disgusto per il loro bacio, è bello vederli riuniti dopo un'intera giornata passata lontani. Si amano così tanto che mi viene da pensare che anche qualora un giorno lo desiderassi, non troverai mai una persona in grado di amarmi quanto papà ama la mamma.
<Sta funzionando> dico continuando a respirare intensamente.
Ci mettiamo tutti a tavola. Papà racconta delle nuove barzellette, io e Ben ridiamo di gusto. Mamma maschera la sua risata, papà si difende dicendo che le sue battute non sono tanto male. In effetti sono pessime, però i suoi continui tentativi ci strappano sempre un sorriso.
<Brava, piccola mia, il tuo papà è fiero di te>
La sera è il momento della giornata in cui ci riuniamo per cenare, il momento in cui siamo finalmente tutti insieme. Ci prendiamo in giro, parliamo delle nostre giornate e ci complimentiamo per i traguardi raggiunti. Mamma ci tiene a celebrare anche il più piccolo, se proviamo ad opporci ci tiene il broncio finché non molliamo e la lasciamo fare. La nostra è una famiglia unita, spero lo sia per sempre.
<Visto, bastava poco>
Apro gli occhi. La paura è passata, il fiato è tornato regolare. Abbraccio il mio papà.
<Ci sarò sempre per te, piccola mia>
------------------
Ho paura. A breve l'autobus si fermerà, manca poco all'arrivo. Angie mi sta già aspettando da dieci minuti, mi ha inviato un messaggio per farmelo sapere. Come potrò nasconderle il mio stato d'animo? Sono frantumata da capo a piedi, da quando ho detto addio al ragazzo che amo non ho più sorriso neppure mezza volta. Ho un cuore rotto e non intenzione di rimettere assieme i cocci. Sono stanca di aggiustare qualcosa che è destinato a rompersi. Che senso ha sforzarsi, metterci tutta me stessa, se poi lui non intende collaborare? Vuole restare rotto? Bene, che resti rotto.
Elizabeth...
Sono stanca, basta. Voglio solo piangere, mostrare al mondo quanto sono distrutta. Voglio che il fato mi osservi e mi dica in faccia che è felice di avermi fatto questo.
Il bus si ferma. Siamo giunti al capolinea. La professoressa Miller ci prega di scendere in fila indiana, senza accalcarci l'uno all'altro. Una volta giù, prendo la mia valigia e saluto frettolosamente Olivia e Mark. Ho chiesto loro di darmi spazio, i loro sguardi preoccupati e le loro parole dolci mi fanno sentire in colpa. Gli racconterò cos'è successo quando sarò pronta, ho bisogno di tempo per metabolizzare l'accaduto. Sono successe un sacco di cose di recente, mi serve tempo per mettere ordine nella mia testa, affollata da una valanga di pensieri.
Mi dirigo verso Angie. Non forzo alcun sorriso, le permetto di vedermi per come sono davvero: a pezzi. La caduta ha fatto parecchio male, credevo sul serio di poter riuscire in qualcosa al di fuori della mia portata. Sarò anche un'ottima attrice e una grande ballerina, ma di certo non sono un'equilibrista.
<Signorina Elizabeth> pronuncia dispiaciuta Angie.
Mi stringe forte. Ricambio, la mia stretta è priva di affetto. In me al momento non c'è amore da donare, non ho affetto da trasmettere. È stato cristallizzato, non ho idea di quando la gabbia di ghiaccio si scioglierà.
Angie non dice altro. Senza che io glielo chieda, mi lascia i miei spazi, consapevole che pur volendo non potrebbe forzarmi a parlare. Vorrei sorridere per darle un segno di quanto ciò mi faccia piacere, ma non ci riesco. Sono attualmente incapace di mostrare qualcosa differente dal dolore.
-----------------
Ben corre ad abbracciarmi. Succede come poco fa, ricambio senza alcun sentimento.
È tuo fratello, andiamo, Elizabeth, per lui saresti disposta a tutto.
Lo so, per questo mi sento ancora più in colpa. Ho sempre cercato di dargli l'affetto di cui aveva bisogno, eppure ora sto fallendo. Si aspettava che gli dimostrassi quanto mi è mancato, che gli facessi capire che anch'io ho sentito la sua mancanza. E invece anziché dimostrargli affetto sembro un'apatica, invece di guardarlo come ho sempre fatto fisso il vuoto perché non veda i miei occhi.
<El, tutto bene?>
Commetto un grave errore: abbasso lo sguardo. Il sorriso del mio fratellino si trasforma in un'espressione di profondo dispiacere.
<Mi dispiace, non volevo mi vedessi in questo stato>
Gli accarezzo la testa. Neppure stavolta sono riuscita a fingere un sorriso, le mie labbra si muovono solo per parlare.
La porta di casa si apre.
<Bentornata, Elizabeth> esordisce Richard Lewis.
Fa il suo ingresso in giacca e cravatta. Dietro di lui una figura femminile mette piede in casa.
<Lei è Ava, la mia collega di cui vi ho parlato> la presenta, puntando la sua attenzione completamente su di lei, piuttosto che sulla figlia appena rientrata a casa.
Rimango di sasso. Dubitavo di poter avere alcun tipo di reazione, ma vederla mi lascia a bocca aperta.
È la sua copia.
<Piacere, voi dovete essere Elizabeth e Ben, giusto?>
Ava mi porge la mano. Sta aspettando che gliela stringa. Sta aspettando invano.
<Sai che c'è papà? Sei riuscito nel tuo intento, hai distrutto questa famiglia. Ma non ora, lo hai fatto tanto tempo fa>
Niente odio nelle mie parole, solo un forte senso di vergogna per l'uomo che ho di fronte.
<Se volete scusarmi>
Varco la soglia di casa con una calma che non mi appartiene. Più che infiammare l'atmosfera direi che l'ho appena congelata.
Cammino con una meta in testa. C'è solo un posto in cui posso sperare di stare bene.
-------------------
Era da tanto che non tornavo qui. Inspiro l'aria pulita di questo luogo. Mi tornano in mente le parole di mia madre.
"L'aria qui è pulitissima, nulla a che vedere con quella inquinata che si respira in città. La campagna è sempre stata il mio posto preferito, mette in contatto l'uomo con la natura. A mio parere, ogni tanto dovremmo abbandonare il caos cittadino per godere della pace che solo la natura può donarci"
Venivamo sempre qui quando avevamo delle giornate storte, ci stendevamo in un punto di questa immensa distesa erbosa e ascoltavamo i suoni della natura. Prima eravamo io e lei, adesso sono solo io. O almeno, il mio corpo è l'unico ad essere qui. Avverto la presenza della mamma. Mi sembra di sentire ancora la sua voce, di inspirare il profumo dei suoi capelli, di vederla passeggiare spensierata.
<Perché te ne sei andata?>
Il vento porta via la mia domanda. Mi stendo sul prato. Poggio le mani sulla pancia, avverto una fitta tremenda.
Sta per uscire.
Lacrima dopo lacrima, il passato torna a galla. Non riesco a fermarlo. Non voglio fermarlo. La mia paura più grande è dimenticarla, ricordare significa che ancora non è successo. Mi fa male lo stomaco, mi bruciano gli occhi. Un incessante fiume di acqua salata bagna la soffice erba sotto di me.
<Non succederà>
Spalanco le palpebre. Alzo la schiena, mi metto seduta. Mi porto le gambe al petto, le tengo strette più che posso. Papà si siede al mio fianco. Rimaniamo in silenzio ad osservare l'orizzonte, manca poco al calare del sole.
<Sapevo che eri qui, io e Jasmine ci venivamo sempre quando sentivamo di dover staccare la spina. Doveva avertelo fatto conoscere per forza, era il suo posto preferito. Erano almeno quindici anni che non ci venivo> dice guardandosi intorno.
Contempla la bellezza del paesaggio, poi torna a concentrarsi su di me.
<Conosco quello sguardo. Tranquilla, non succederà, non la dimenticherai> ripete.
Sta forse cercando di consolarmi? Possibile?
<Le persone che ami resteranno sempre nel tuo cuore, piccola mia>
Piccola mia?
Ricordo il mio primo attacco di panico. La recita scolastica stava per cominciare, cinque minuti e saremmo andati in scena. Affacciandomi dall'enorme telo rosso vidi che c'era un sacco di gente, la sala era al completo. Indietreggiai. Iniziai ad ansimare, all'improvviso non avevo più il controllo sul mio respiro. Era diventato troppo veloce. La paura mi assalì. Papà mi raggiunse dietro le quinte, facendosi strada tra gli altri bambini e le maestre. Nessuno si era accorto di cosa mi stava capitando, apparte lui. Aveva incrociato il mio sguardo un attimo primo che chiudessi la fessura, aveva visto che qualcosa non andava.
In quell'occasione, mi chiamò per la prima volta "piccola mia", attribuendo a queste due parole un significato molto importante. Da allora, infatti, le ha sempre utilizzate nei miei momenti di difficoltà, quando si accorgeva che da sola non riuscivo ad affrontare le ansie improvvise che mi assalivano senza alcun preavviso. Bastava trovarmi in mezzo a tanta gente e mi si destabilizzava il respiro. Talvolta persino un suono improvviso risvegliava il mio assalitore invisibile, obbligandomi a fermarmi e sperare per l'ennesima volta che non durasse a lungo. Papà mi è stato vicina, nel corso degli anni ha imparato ad affrontare insieme a me questi momenti. Crescendo per fortuna sono diminuiti, ma purtroppo non mi hanno abbandonata. Sono una cosa che porterò sempre con me, vivranno nel mio corpo in attesa di scatenarsi di nuovo, fino al mio ultimo respiro.
<Allora tu non la amavi> lo attacco.
Dirlo mi contorce lo stomaco. Mi rendo conto della stupidità appena detta, ma la logica mi ha condotta a pensarla e il mio animo addolorato a dirla.
<Io amo tua madre>
L'incrinatura nella sua voce mi è nuova. Da dove esce fuori il dolore che avverto?
<La amo così tanto che dubito di arrivare ad utilizzare il passato un giorno. Io la amo ancora. La amerò per sempre>
Il freddo Richard Lewis versa una lacrima. Non sembra appena fabbricata, da quanto la tratteneva dentro di sé?
<Jasmine è stata la prima donna che ho amato, ma non è stata l'ultima>
Papà si gira verso di me.
<Il giorno in cui sei nata ho capito che io già ti amavo da tempo, Elizabeth, da quando tua madre mi aveva detto di essere incinta>
Resto felicemente sorpresa. Il sorriso che mi compare sul volto è la prima espressione di gioia che mostro oggi.
<Non pensare mai più che io non abbia amato tua madre, nemmeno per scherzo. Te l'ho detto, continuo ad amarla, così come continuo ad amare te e Ben. Siete tutto ciò che mi resta di lei e del nostro amore. Nessun oggetto, nessun posto è in grado di ricordarmela quanto voi, per questo mi sono allontanato, non ero forte abbastanza da sopportare il dolore. Ma se credi che per me non contate nulla ti sbagli di grosso. Tu e Ben siete il frutto del nostro amore, un amore che va ben al di là della morte. Io e Jasmine ci siamo promessi una cosa: niente e nessuno ci avrebbero mai separati. Apparterremo sempre l'uno all'altra, in qualsiasi vita>
Le parole di papà mi commuovono. La sincerità del suo discorso traspare dai suoi occhi colmi di lacrime, cariche di un dolore che non può essere alleggerito senza l'affetto dei propri cari.
<Ava allora non è un rimpiazzo?>
Papà scuote la testa.
<Certo che no, nessuna sarà mai come lei. La mia debolezza mi ha portato ad aggrapparmi a qualcuno, da solo non sono in grado di andare avanti. La morte di Jasmine ha rappresentato anche la mia, in un certo senso. Non sono più lo stesso e non tornerò mai ad esserlo>
<Puoi aggrapparti ai tuoi figli, io e Ben saremo felici di sostenerti, ci daremo forza a vicenda, tutti e tre>
Il dolore che un tempo ci ha divisi ora ci sta riunendo. La scomparsa della mamma ha segnato un punto di svolta nella storia della nostra famiglia. Temevo che ormai forse destinata a spaccarsi completamente, ma ho commesso un grosso errore. La crepa nata tre anni fa può ancora essere aggiustata. Ci vorrà tempo, ma possiamo farcela.
<L'unica cosa che mi interessa è riavere un padre. Diamine, ne ho bisogno> pronuncio il mio desiderio.
<Oh, piccola mia>
Ci abbracciamo, per la prima volta dopo un sacco di tempo. Torno a conoscere il calore che solo un genitore può dare, ne sono stata privata a lungo, ma l'assenza è finalmente finita. Ora ho di nuovo un padre.
--------------------
<La cena è servita> annuncia Angie, poi si accomoda con noi a tavola.
<Vorrei fare un annuncio> esordisce papà.
Lo fissiamo allarmati, l'ultima volta non è finita affatto bene.
<D'ora in poi niente più viaggi di lavoro se non strettamente necessario. Lavorerò da casa, così da poter trascorrere più tempo con i miei figli, che come qualcuno ha sottolineato in più di un'occasione ho trascurato eccessivamente negli ultimi anni> dice guardando me.
<Sono brava ad accusare gli altri, che ci vuoi fare> faccio spallucce.
<Quindi voi due avete fatto pace?> domanda Ben, perplesso.
<Sì> lo rincuoro.
Sono trascorsi tre giorni, io e papà ci siamo raccontati quanto accaduto in questi anni che siamo stati lontani. Gli ho detto anche di Daniel, ovviamente mi ha risposto con un sacco di frasi motivazionali da genitore, che a dire la verità sono servite. Si è scusato per tutto il dolore che mi porto dentro, era suo compito darmi una mano. Gli ho detto che può sempre farlo adesso. Riscoprire il forte legame che ci ha sempre uniti mi fa bene al cuore e mi dona speranza per il futuro.
<So che non si può tornare indietro, ma mi piacerebbe che riusciste a perdonarmi. Ho commesso un mucchio di sbagli, a cui voglio rimediare con tutto me stesso. Perciò, se avrete bisogno di me sappiate che io ci sono. Sono di nuovo qui con voi, non vi renderò la vita facile, mi farò gli affari vostri a qualsiasi costo>
Io, Ben ed Angie ridiamo di gusto.
<Davvero, sono felice di essere tornato. Siete la mia famiglia, il bene più prezioso che ho>
Papà afferra me e Ben per mano. Io faccio lo stesso con Angie. Finalmente siamo di nuovo una famiglia compatta.
Hey luxers, come va?
Il posto preferito di Lisa ha aiutato lei e il padre a riconciliarsi, ora la famiglia è finalmente riunita.
Fatemi sapere nei commenti se la storia vi sta piacendo, e anche qual è il vostro bene più prezioso. Ci vediamo al prossimo capitolo, la conclusione si avvicina sempre di più. E ricordate: always shine!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top