AMORE E DOLORE

<Angie, abbiamo un problema col rubinetto della cucina>

<Sì, è da ieri sera che scorre poca acqua. Ho immediatamente avvisato il signor Lewis e ha detto che ci avrebbe pensato lui>

Riporto indietro il mio piatto e lo lascio sul tavolo.

<Quali pensieri le frullano in testa, signorina Lewis?> chiede ad un tratto Angie.

Non posso evitare la sua domanda, sa che quando sono molto pensierosa è mia abitudine darle una mano in cucina, proprio come stamattina. Volevo rendermi utile lavando i piatti, ma a quanto pare non riuscirò a pulire neppure il mio.

<Sono agitata per oggi, c'è il test di biologia e una vocina nella mia testa continua a ripetere che dovevo impegnarmi di più e studiare altre tre ore ieri> racconto parzialmente la verità.

Il compito in classe non è l'unica cosa a turbarmi, visto che stasera mi aspetta una serata cinema insieme a Olivia, Mark e un amico di quest'ultimo. Ci è voluta una settimana ma alla fine Ol ha convinto il fratello ad unirsi a noi per andare a vedere un film uscito da poco di cui tutti parlano molto bene. Come scusa si è inventata una cotta immaginaria per Trent, il migliore amico di Mark, e quale migliore occasione di conoscersi di un'uscita a quattro?

L'ansia mi sta assalendo da ieri sera, infatti mi sono addormentata all'incirca verso l'una, quindi speriamo che quantomeno sia valsa la pena perdere qualche preziosa ora di sonno.

<Lei pretende sempre il massimo da se stessa, provi a rilassarsi di tanto in tanto. Ottenere buoni risultati è importante, ma lo è altrettanto prendersi cura della propria persona. Ricordi di impegnarsi sempre duramente, ma anche che dopo deve concedersi un momento di relax. Saper bilanciare il dovere e il piacere è una sfida, però io la conosco molto bene, signorina Lewis, e sono certa che troverà il giusto compromesso tra le due cose> è la fondamentale lezione di Angie.

Non so come faccia, ma trova ogni volta le parole giuste. Comincio a pensare che in realtà sia un'aliena e che questo sia il suo superpotere.

<Grazie, sai sempre cosa dire. Ora vado, a dopo> la ringrazio prima di raccogliere lo zaino dal divano ed uscire di casa.

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Faccio un respiro profondo, dopodiché prendo coraggio ed entro nell'aula di biologia. Siamo solo alla seconda ora di lezione ma sento già di non poterne più. Tra sessanta minuti potrò esultare per aver affrontato l'ennesimo test, ma poi mi aspetterà un'impresa ben più ardua.

È da sette giorni che non faccio altro che evitare Daniel. Ho inventato un sacco di scuse stupide, talvolta addirittura inverosimili, il che mi porta ad avere paura che ormai abbia capito cosa provo per lui. Se davvero così fosse, però, perché non mi lascia in pace? Magari non si rende conto della dolorosità della situazione?

Comunque stiano le cose, una cosa è certa: devo assolutamente ridurre al minimo le nostre interazioni. Nonostante ogni qualvolta lo faccia è come se stessi prendendo a pugni il mio cuore, so che più tempo passiamo assieme e peggio è.

Sento come il bisogno di averlo sempre accanto, di passare ore a stare abbracciati oppure a tenerci per mano mentre i nostri occhi si scambiano infinite parole d'amore. Ma quello che voglio è ben altro. A differenza dei bisogni ciò che ci si vuole lo si può decidere da soli con la propria ragione. Al mio bisogno di lui si contrappone la mia voglia di stargli lontana. Vorrei...

Il suono della campanella interrompe i miei pensieri.

Andiamo, Elizabeth, hai superato di peggio. Un compito in classe non potrà mai farti più male del vedere il ragazzo che ami baciare un'altra.

Ragione, muta. Giuro che se oggi intervieni ancora dicendo anche solo 'a' sbatto la testa contro il muro.

Nessuna risposta, quindi deduco che il messaggio sia arrivato forte e chiaro.

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Esco dalla mensa scolastica tentando di mantenere un'andatura costante. Sono passata accanto al tavolo dove erano seduti Daniel e Vanessa, dunque immaginare quanta forza mi sia servita per fingere indifferenza non è affatto difficile. Non bastava sedersi da soli, lontani dai loro amici, dovevano anche accomodarsi ad un tavolo che non può essere evitato, ossia uno dei più vicini all'uscita.

Mi sono dovuta trattenere dal puntare gli occhi verso i due piccioncini, perché se poi quelli di Vanessa avessero incontrato i miei avrei potuto sì atteggiarmi da diva e farle vedere che non me ne importava un fico secco che Daniel non avesse scelto me, ma allo stesso tempo la mia farsa avrebbe avuto vita breve, stroncata dallo sguardo vittorioso di lei, ben consapevole del potere nelle sue mani. Perché adesso Vanessa può ferirmi ogni volta che le va. Conosce il mio punto debole e dubito si farà problemi a sfruttarlo per schiacciare ancora di più una rivale sconfitta in partenza.

<Lisa> qualcuno chiama il mio nome.

Perché?

Mi volto, contro ogni buon senso, e Daniel entra nel mio campo visivo.

<Daniel> pronuncio velocemente, impaurita che la mia voce possa svelare il sentimento che provo per lui.

<Ti ho vista uscire dalla mensa e ho pensato di salutarti, è da un pò che non ci vediamo> dice titubante, forse per esaminare il mio comportamento.

Quattro giorni.

Zitto, cuore.

I miei piedi vorrebbero fare dietro front ed andarsene prima che la terra sotto di essi si sgretoli di nuovo, le mie mani invece sentono la necessità di mettersi incrociate e proteggere il mio petto dell'ennesima spada che Daniel potrebbe utilizzare per attaccare il mio cuore e farlo sanguinare.

Io sono la preda e lui il predatore, sta a lui decidere se ferirmi oppure lasciarmi andare senza gravi conseguenze.

Non posso dire 'sana e salva' perché non esco mai indenne dalle nostre interazioni, siano esse fatte di soli sguardi o anche di parole. Pure la più piccola azione di Daniel, se mi coinvolge, ha ripercussioni su di me.

<L'altro giorno non ti sei presentato a letteratura, altrimenti ci saremmo visti> dico con tono neutrale.

Vorrei che la mia voce fosse risuonata accusatoria, del tipo 'non è colpa mia se non sei venuto a lezione', ma mi risulta praticamente impossibile compiere azioni che abbiano persino l'un per cento di probabilità di ferirlo.

<Lo so, ma a causa di un impegno non sono potuto venire a scuola> risponde con aria quasi imbarazzata.

Il suo trovarsi in difficoltà mi scioglie il cuore, ma poi penso che il suo 'impegno' includa una persona ben precisa.

<Vanessa?> domando titubante.

Ho paura della risposta, però voglio che mi ferisca. Magari così il mio cuore la smetterà di illudersi e se ne farà una ragione. Dubito continuerà a sperare dopo aver sentito la verità direttamente dalle stesse labbra che le mie desiderano assaggiare.

<Sì> è la conferma che cercavo.

<Vi ho visti alla festa in spiaggia, sembravate molto... affini> rivelo intanto che il mio stomaco si contorce dal dolore.

<Nonostante ci conosciamo da anni, abbiamo scoperto solo di recente di avere un bel pò di cose in comune, e abbiamo deciso di fare un tentativo, ma per il momento non è nulla di serio> svela con leggero imbarazzo.

Accidenti!

Ho appena scoperto che Daniel si imbarazza quando parla della sua vita sentimentale, il che è l'esatto opposto di ciò che mi aspettavo da uno come lui. Di solito i ragazzi più fighi della scuola parlano delle loro conquiste con fierezza, quasi paragonando le ragazze a medaglie di cui il loro ego si nutre in modo a dir poco spaventoso. Ma Daniel non è come loro. Lui si imbarazza, ed io sono già innamorata di questo aspetto del suo carattere. Comincio a pensare che niente di lui possa far scemare ciò che provo, forse scoprire ogni parte del suo carattere mi porterebbe solamente ad amarlo ancor di più.

Allora devo stargli alla larga più di prima.

<Proprio adesso dovevate conoscervi meglio?> mormoro amareggiata.

Dato che non risponde, deduco che Daniel non abbia sentito quanto appena detto. Per fortuna.

<A proposito della festa in spiaggia, non ho mai avuto modo di chiedertelo a causa dei tuoi numerosi impegni, perché sei fuggita?> mi chiede chiamando in causa le bugie che gli ho raccontato.

Attenta, Elizabeth, se commetti un passo falso scoprirà la verità.

<Non sono fuggita, ho soltanto camminato a passo veloce> inizio a dargli spiegazioni.

Un attimo, spiegazioni? Perché mai dovrei dargli spiegazioni?

<Non è quello che ho visto io. Appena ti sei accorta che ti stavo per raggiungere hai cominciato a correre>

Ecco perché.

<Non me ne ero resa conto> mento.

<Posso sapere perché sei scappata?> domanda con voce calma e quasi supplichevole.

Perché ti amo.

Scuoto la testa.

<Ho pensato che sarebbe stato meglio lasciare te e Vanessa da soli. Il vostro bacio mi ha fatta sentire di troppo in quel momento> rispondo ritrovandomi di fronte a quella dannata scena per l'ennesima volta.

<Non avrei dovuto abbandonarti, l'avevo persino promesso> mormora piano Daniel.

Si ricorda della promessa.

<Non farlo, non accusarti per una colpa che non hai. Sono stata io a staccarmi da te> intervengo affinché il suo senso di colpa ceda sotto il peso delle mie parole.

Non voglio che Daniel stia male. Preferirei inglobare i suoi problemi per rendergli la vita meno incasinata e soffrire anche per lui piuttosto che vederlo triste ed affranto.

<Ma-> Daniel cerca di aggiungere qualcosa, però Vanessa, sbucata dal nulla, poggia le sue mani sul suo viso e lo bacia.

Senza pensarci due volte, faccio immediatamente dietrofront e mi allontano il più possibile dai due piccioncini.

Sono una stupida.

Sì, sono proprio una stupida. Una stupida che si è innamorata del ragazzo sbagliato, un ragazzo che nonostante la ferisca così tanto riesce a far emergere in lei la parte più buona del suo animo.

Mi viene da pensare una cosa. E se l'intensità di un sentimento la si potesse capire davvero esclusivamente tramite il dolore?

Cerco di spiegarmi meglio. Forse all'amore vero corrisponde un dolore altrettanto intenso, che una volta provato ci permette di capire quanto amiamo una persona. Se così fosse, allora potremmo dire di amare veramente qualcuno soltanto dopo aver sofferto per lui. L'amore e il dolore, in parole povere, sarebbero le due facce della stessa medaglia.

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<Pronta per stasera?>

Spero che l'entusiasmo di Olivia sia talmente forte da contagiarmi attraverso il cellulare.

<No, affatto> ammetto agitata.

Chissà quando l'entusiasmo inizierà a fare effetto.

<Pessimismo portami via> ironizza Ol.

<Tu scherzi ma la mia ansia non fa che crescere. Cosa dovrei mettermi? E se a tuo fratello non piacesse? E se nemmeno si presentasse?> la tartasso di domande.

<Cerca di stare calma. Abbiamo già discusso sia del look sia del fatto che Mark ed io partiremo insieme da casa, quindi il rischio che non si presenti è del tutto inesistente>

<E se la serata andasse male? Se il film non piacesse a
nessuno?>

<Betty, sai cosa dice sempre mia nonna? Se qualcosa deve andare storto andrà storto> è il vano tentativo della mia amica per calmarmi.

<Rassicurante> dico sarcastica.

<Significa che puoi esaminare tutti gli aspetti che vuoi e porti tutte le domande che ti pare, ma alla fine se qualcosa deve andare male andrà male in un modo o nell'altro, indipendentemente dalle precauzioni prese> spiega Ol.

<Un giorno devi farmi conoscere tua nonna. Scommetto che lei ed Angie insieme formulerebbero una nuova invincibile filosofia>

<Probabile. Ora devo lasciarti, ci vediamo dopo>

<A stasera> la saluto.

Mi butto sul divano a peso morto e lascio che il mio corpo venga risucchiato della sua immensa morbidezza.

Il campanello della villa però suona, ponendo fine al mio breve momento di relax. Purtroppo sono solo io in casa, quindi spetta a me andare a vedere chi osa dare fastidio a quest'ora della giornata. Chi è lo stolto o la stolta con così tanto coraggio da disturbare una diciassettenne in ansia per l'uscita col ragazzo che potrebbe aiutarla a dimenticare il bonazzo amato dal suo cuore?

Mi alzo dalla comoda postazione che mi ha accolta per più o meno trenta secondi e mi avvicino alla porta per controllare sul display incastonato nel muro chi ha suonato. Clicco sul pulsante di accensione, ma non succede nulla. Al secondo tentativo capisco che il rubinetto della cucina non è l'unica cosa che bisogna aggiustare in questa casa. Passo dunque alla seconda alternativa, ovvero chiedere 'chi è?'.

<L'idraulico> risponde una voce distorta.

Perfetto, anche l'audio fa i capricci adesso.

Schiaccio il pulsante sul display che apre la porticina all'ingresso della villa.

<Si ricordi di chiudere la porta> dico per evitare che lo sconosciuto la lasci aperta.

Una volta un cane randagio è entrato a causa della distrazione del corriere e ci è voluta un'ora e mezza per farlo uscire.

Torno a prendere il telefono, lasciato sul divano, e calcolo il tempo massimo che l'idraulico può impiegare per aggiustare il rubinetto. Tra esattamente cinquantadue minuti dovrò andare a prepararmi, quindi spero che risolva il problema in meno di un'ora.

Il campanello mi informa dell'arrivo dello sconosciuto. Apro la porta e...

<Daniel?>

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