5 Chiarimenti
E così, prima che io possa chiedere ulteriori spiegazioni, vedo Karolina voltarsi verso di me e guardarmi con un' aria...
Continua a suonarmi tutto talmente strano. C'è qualcosa che mi sfugge. Mi ringrazia, ma dice che non ho capito nulla.
«Quindi? Spiegami. Ho diritto a dei chiarimenti, non credi?»
Su, dai, parlami! Perché continui a tenermi sulle spine!
Sembra quasi che non sia presente, come se con la mente fosse altrove. Lo capisco da me che sta pensando e non riesce a concentrarsi sulla mia persona. Forse non lo vuole questo figlio...
Per fortuna, quando ero con Andrej, non ho fatto alcun cenno al bambino.
«Scusami, Karolina. Probabilmente non avrei dovuto impicciarmi in questa storia, in fondo sono cose tue, personali. Ma vedi, io ci tengo molto a te, e il fatto che mio fratello - non proprio fratello - insomma il fatto che Andrej abbia potuto e possa ancora prendersi gioco di te mi fa star male. Viviamo sotto lo stesso tetto... e un po' mi sento responsabile. Credimi che ti voglio tanto bene... e... io...»
Percepisco che finalmente ho tutta la sua attenzione. I suoi occhi si spalancano, poi si mette le mani sul volto e mi dà le spalle.
Sento che l'ho combinata grossa, io e la mia voglia matta di farmi giustizia da sola.
Avrei dovuto restare al posto mio, ma, all'improvviso, si gira e mi squadra. Con compassione, con commiserazione? Chi può dirlo!
Noto solo che sgrana gli occhi e scoppia in una risata fragorosa, quasi isterica. Si sbellica, additandomi.
È impazzita! Lo sarei anch'io, completamente persa, se fossi al suo posto.
«Non fare così Karolina, ti prego! A tutto c'è un rimedio. Ci sono io al tuo fianco.»
Le mie parole non la toccano e il suo atteggiamento è così coinvolgente da condizionarmi. Adesso anch'io sono presa da questa euforia. Rido con lei, e di gusto. Forse per solidarietà.
E mentre siamo piegate in due da questa allegria travolgente, Andrej, che ha appena terminato il turno, ci passa davanti con un fare spento e allo stesso tempo sprezzante. Non ci degna d'uno sguardo, ma vedo che ci osserva di sottecchi, portando dietro la schiena la mano che aveva ancora sulla guancia dolente.
Non vai a piangere dalla mammina?
Di punto in bianco Karolina non ride più.
E quando vede Andrej prelevare la sua bici, prima lo saluta, lasciandomi chiaramente stupita, poi, rivolgendosi verso di me, con aria candida mi suggerisce: «Forse gli dovresti delle scuse!»
Lascio il ghiaccio in terra. Mi guardo nello specchio e noto che il mio gonfiore non accenna ad attenuarsi.
«Rose, mi hai sentito?»
«Ricevuto forte e chiaro, ma non ho alcuna intenzione di dare seguito alle tue indicazioni. Non ne vedrei il motivo, in fondo lui...»
«Rose, ascoltami, sei palesemente nel torto. Da' retta a me, va' a parlargli.»
Improvvisamente si è fatta seria.
Mi si raggela il sangue. Non vorrei mai che... che insomma mi abbia fatto uno dei suoi soliti scherzi. Sarebbe troppo grave.
«Non è un gioco, Rose! Lui non c'entra nulla con me.»
«Ma come non c'entra nulla? Che significa che non c'entra nulla? Non mi avrai mica detto...»
«Non mi sono burlata di te. È tutto vero del mio ciclo, del bambino e tutto il resto.»
«E allora cos'è che non avrei capito. C'è dell'altro? Insomma questo bambino non sarà mica sbucato sotto un cavolo, diamine!»
«Hai toppato. Non è suo, insomma...»
«Come sarebbe a dire che non è suo? E poi perché non mi hai fermato? Perché? Vuoi dire che io ho fatto quel che ho fatto, umiliandomi e rischiando di fare quasi a botte con Andrej, e lui non è responsabile di nulla?»
«Ho provato a chiamarti, ma tu era già fuggita.»
«Dannazione! Potevi dirmelo. Potevi...»
«Rose, ormai è andata...»
Ed è stato anche bello forte, mi dico pensando allo schiaffo.
«La fai facile tu! "Ormai è andata" ...» le ripeto sarcastica.
Sono furiosa. La vedo di fronte a me, indifesa. Eppure mi provoca un'ira indescrivibile. Dovrò affrontare mia madre e spiegarle dell'occhio, di Andrej. Dovrò discutere con Maxim, anche se lui è l'ultimo dei miei pensieri - è sempre così buono e accondiscendente con me - e non ultimo sostenere lo sguardo di Andrej che, anche se mi secca ammetterlo, si è comportato da vero signore; io al suo posto non so come avrei reagito...
Di certo non sarei stata così tollerante come lo è stato lui con me. Gli ho pur sempre dato uno schiaffo.
Sono davvero preoccupata.
«Guarda, Karolina, non farti più vedere da me. Vattene! Va' via!»
«Perché? Voglio dire... perché reagisci in questo modo?»
«E mi chiedi anche il perché? Hai la minima idea delle conseguenze che avranno le mie azioni? E tutto per colpa tua.»
«Sei ingiusta... Ti preoccupi solo di te, soltanto di te. Da quando è morto tuo padre...»
«Cosa c'entra mio padre ora?» le grido con una voce che non sembra più neanche la mia. Io stessa mi stupisco del mio tono. Fortunatamente nel locale c'è così tanta gente che difficilmente si accorgeranno di me, di noi, insomma, e delle nostre discussioni qui fuori.
«Sì che ha a che fare con te, con tutto quello che fai. Quando qualcuno è indifferente, tu reagisci così. Sono sicura che l'hai fatto per me; andare da Andrej, discutere, l'ho apprezzato. Capisco che ancora adesso ti fa male pensare che se la gente si fosse accorta di tuo padre e lo avesse soccorso per tempo, forse non saremmo qui a parlarne, non almeno in questi termini. Ma non puoi recuperare: devi lasciarlo andare. Dimentica Rose, e buttati alle spalle tutto.»
«Tu non puoi capire quello che provo se penso...» confesso, con le lacrime agli occhi.
«Sì che posso.»
«No, tu non puoi sentire quello che io...»
«Io, io, sei sempre tu al centro delle attenzioni. Tu ti sei fatta giustizia da te, perché ti piace crogiolarti nel dolore e fare in modo che i problemi degli altri diventino tuoi, ma ti sei mai domandata realmente in queste due ore cosa io possa provare? Di', lo hai mai fatto?»
«Ma se sono venuta fin qui per...»
«Per te, Rose, sei venuta per te, perché credi di poter cambiare il mondo, anzi tu ce la stai mettendo tutta per farlo, ma poi degli altri? I tuoi ideali sono troppo alti e finisci per pensare solo a te, mentre io... sono io, fino a prova contraria, quella che si trova incastrata in questo pasticcio.»
«Sei cattiva... quando fai così sei scorretta.»
«Tu hai una bella famiglia, che ti vuole bene. Una famiglia allargata, sì, ma pur sempre una vera famiglia. Maxim è un uomo così dolce - è stata fortunata tua madre - ti perdonerà e tu saprai spiegarti, ma io cosa farò di questo bambino? Siamo solo in due noi, e io un padre... non ho un padre e non so neanche cosa stia facendo adesso e se ha una nuova compagna o dei figli...»
Forse ha ragione Karolina, non su tutta la linea però, ma non posso che essere d'accordo con lei. Il mio senso di giustizia ha avuto la meglio su tutto. Volevo cambiare le persone... e così, anche questa volta, ho finito col dimenticarmi della questione principale, della mia migliore amica e della brutta faccenda in cui si è cacciata, finendo col mettere prima me dinanzi al resto. Tutta la mia vita ne è stata condizionata...
Ma io ci tengo davvero tanto a lei, anzi, le voglio un bene dell'anima. Probabilmente non sbagliava dicendo che avrei dovuto lasciare andare mio padre, i cattivi ricordi, e liberarmi di quello stato d'ansia che mi assale quando penso a lui. Era destino e probabilmente doveva andare così, ma rassegnarmi e accettarlo... beh, questo è ben altro, e forse è troppo per me.
Mi accorgo che sta piangendo e io... mi sento inutile e sciocca; ho combinato quel caos senza giungere a nessuna soluzione.
Devo farmi perdonare e dopo... dopo penserò a tutto il resto. Per un attimo metto da parte il mio orgoglio.
Mi vergogno un po' dello scompiglio che ho creato, però questa cosa va fatta: devo recuperare con Karolina.
Mi avvicino a lei. Vista così, sembra una bambina, eppure è una donna fatta. Quanta invidia! É così maledettamente bella. I suoi capelli, biondissimi, sembrano seta sotto le mie mani. É stata da sempre la più ricercata tra i ragazzi, la più ambita. La ricordo così: frizzante, spigliata...
Riusciva a catturare l'attenzione di tutti - non io che sono timida - e questo sin da piccola: una capacità innata, di fare amicizia, di darsi agli altri, di essere così spontanea. Guardo i suoi occhi a mandorla, grandissimi, talmente espressivi. Non un filo di mascara o di ombretto, ciononostante pare truccata. La situazione si è ribaltata. Dovevo essere io inferocita con lei, ma su di me ha questo strano potere. Insomma, finisce sempre così...
Le sposto timidamente le ciocche per parlare e guardarla dritto in volto. In quell'istante s'inginocchia, e io con lei.
«Voglio aiutarti, davvero, dammi una possibilità. Hai la mia parola.»
Piange e ride Karolina, allo stesso tempo.
«Cos'è? Non mi credi?»
«Ma come faccio a prenderti sul serio con quell'occhio lì?!» parla indicandolo.
Per poco, concentrata su quello che dovevo dire, non avevo avvertito più il dolore, che ora invece torna prepotente.
«Sarà meglio che tu vada a farti vedere da qualcuno, ma da qualcuno davvero bravo, se non vuoi che la situazione precipiti irrimediabilmente. E poi, lascia che te lo dica, conciata così non sei per niente affascinante.»
Mi abbraccia sorridendo, aiutandomi a prendere la bici. Non ho risolto un bel nulla con il solito atteggiamento, con le mie trovate dell'ultimo minuto, ma almeno sono riuscita a riappacificarmi con la mia amica.
Un dubbio tuttavia mi attanaglia: se non è Andrej il futuro padre del bambino di Karolina, chi devo pensare che sia? Non l'ho mai vista uscire con nessuno fuorché con quel pallone gonfiato di mio fratello. Cosa c'è sotto? Lo avrei scoperto in fretta, in fretta. Potete starne certi. Parola di Rose.
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