47 Quello che eravamo stati

Ogni cosa è ferma intorno a me. Non odo alcun rumore.
È come se il tempo avesse smesso di correre e io con lui. Il vento soffia, e punge il viso. Un cielo corvino incombe sulle nostre teste.
Il segno che anche l'aria stava cambiando, anche l'aria, non solo noi.
David è sorpreso, sbigottito quanto me, dal mio gesto. Si ferma a guardarmi, schiude le labbra e ricambia. Le sue mani sui miei fianchi, tra i capelli. Mi prende con foga, sembra godere. Secondi che diventano infiniti, istanti lunghissimi.

Sento il suo corpo avvinghiato al mio, la sua mascolinità spingermi contro il ventre. Mi giro e fisso Piergi negli occhi.
Perciò mi prendo quello che voglio con prepotenza: la mia rivincita, i miei sogni... ogni cosa, pur di ferirlo...
Anche se avrei voluto altro, non David, non la sua bocca...
Avrei desiderato lui, le sue labbra, perché lui era il mio tutto, Piergi, e i suoi baci erano dolci, delicati, lenti. E ora?
Cosa ne sarebbe stato di noi? E cosa avrebbe rapresentato ancora per me quel ragazzo?
Niente, meno che niente.
Così lo vedo osservarmi. I pugni stretti, la furia negli occhi. Vorrei piangere, sì, perché questa non sono io, io non mi riconosco.
E mi costa tanto quello che sto facendo...
Ma io devo... lo devo a me stessa.

Le mie mani si aggrappano ancor di più al vile. Percepisco le sue dita sui glutei. Un colpo al cuore, lo ammetto, e il disgusto. Ma mi costringo a rimanere ferma, immobile, perché ho bisogno di concentrarmi. Lacrime e sangue. Già. Deve provare ciò che ho provato io. E spilli negli occhi.
Mi aveva tradito e, in un battito di ciglie, non avevo più nulla: l'amicizia, l'amore, la famiglia. Nulla.
Ma ce la metto tutta per impegnarmi al massimo, perché mi viene il voltastomaco. David è ruvido, carnale, esperto, e sa baciare, e non me ne meraviglio, e ricambio, mio malgrado, lo faccio. Forse mi pentirò di questo gesto, anzi, quasi sicuramente, ma è più forte il desiderio di punire che l'istinto di scappare e mollare tutto. E faccio appello a tutte le mie forze, per non cedere, per far convergere sulle sue labbra tutta la mia rabbia, il mio dolore. Ma non è il mio amore, lui non lo era, e forse nessuno lo sarebbe stato. E il mio corpo? Il mio corpo rispondeva solo a lui, soltanto alla sua pelle e al calore della sua anima.
È una convinzione, che si fa strada piano piano, e si aggrappa alla pelle, nonostante voglia negarla.
Mentre ora?
Non una sola sensazione, non una risposta, perché il mio essere è congelato e non provo nulla.

Così rivolgo tutta la mia attenzione a David e assaporo il suo palato, che sa di fumo e Dio solo sa di cos'altro. Mi spinge la lingua... ma è troppo, troppo per una come me. Allora mi stacco da lui con veemenza, e mi controllo, e tanto, perché è difficile resistere alla voglia di pulirmi, di togliere da me quel sapore, e di cancellare per sempre dalla memoria questo gesto stupido e insensato di cui mi sto macchiando.

Per questo corro, dietro un cespuglio, sotto gli occhi increduli di tutti, e vomito, vomito tutta me stessa e questa vita che mi ha voltato le spalle. I conati mi sconquassano lo stomaco e arrivano forti, al cervello, alle ossa. Sono sopraffatta.
Piergi mi guarda, attonito, un ombra di devastazione sul suo volto. E siamo tutti sconvolti, io per prima. David, Karolina...
Restiamo fissi, inchiodati al suolo, come immobilizzati.
E Piergi mi studia, quasi impotente, nel tentativo di capire il motivo dell'insano gesto. Eppure digrigna i denti con così tanta forza, che mi pare di sentire la tensione della sua mascella...
Eppure sto soffrendo insieme a lui. Andrej lo prende per le spalle, cercando di trattenerlo.
Ma non m'importa, non proferisco una sola parola, perché non merita alcuna considerazione. Perché sono stata tradita ben due volte. Ha preso tutto da me. Gli ho dato ciò che di più importante avevo: il mio amore e la mia fiducia, per aver in cambio cosa?

Bugie e silenzio.

La verità è che non ho più niente. Un futuro con lui, un passato. E quanto a mia madre? E a nonna?
Tu sei il meglio di loro, il meglio.
Così si era espressa un giorno. E io che ci avevo creduto...

E cosa ho di mio padre? E perchè era successo tutto questo? Lui, il russo, non mi aveva voluto?
Ero un rejetto della società, senza un nome, una storia, una patria. Non ero più nessuno, e probabilmente non ero mai esistita.

E a questo punto non mi resta che ingoiare e buttar giù questo boccone amaro, perché non ho più uno scopo, né la dignità...

Ero stata con il peggiore degli esseri. Avevo baciato proprio colui che aveva tentato di stuprarmi. Avevo fallito e mi ero ridotta alla stregua di Karolina. Ero diventata come lei, come quella parte di quella ragazza che tanto odiavo.
E allora sputo e calpesto il suolo. E vorrei gridare, strapparmi i capelli e cavarmi gli occhi.
Tanto varrebbe farla finita...
Perché è una consapevolezza nuova, ed è difficile conviverci, è arduo accettare il fallimento, lo sbaglio...
Ma una cosa desidero fare, sí, a una cosa vorrei dar seguito, prima di andare, di scomparire per sempre, già, per sempre.
Recarmi da Pavel, per un ultimo saluto.
Glielo devo, eccome.

Perché se tutti si erano presi gioco di me, se tutti avevano riso alle mie spalle, lui no, non lo aveva mai fatto, mai. E aveva avuto ogni volta un pensiero buono e gentile per Rose, la sua piccola Rose.
Allora sarei corsa da lui, perché niente aveva più un senso.
Sedotta e figlia di nessuno.
E mi viene da ridere, già, da sbellicarmi, se penso a quanto sono stata stupida.
E non mi trattengo...
Una risata sgradevole sgorga, mio malgrado.
E lo faccio sguaiatamente, rido a questa vita, senza contenermi, senza alcun ritegno.
Tanto non sono nessuno.
Sono solo un fantasma.
E le mie grida non porteranno a niente.

Ma mentre faccio questi pensieri sconnessi, Piergi mi afferra il viso con entrambe le mani.
«Rose!»
Le sue iridi agganciate alle mie, per un'istante.
«Sistemeremo tutto, te lo prometto. Io ti racconterò, vedrai...» mi singhiozza sulla spalla, palesando tutto il suo tormento.
Ma sono solo frasi al vento, promesse vane, perché non succede nulla di concreto.
«Fallo!» lo incalza Karolina.
Non segue nulla.
Nulla.

E noto Karolina scacciare David mentre cerca di avvicinarsi.
E ci riesce, per un attimo mi tocca, eccome, e il vile avrebbe continuato se Piergi non lo avesse respinto in malo modo.
«Ehi, amico, volevo dire soltanto che mi è piaciuto molto. Non c'è bisogno di scaldarsi. Proprio così. La bambolina ci sa fare, e fosse per me le darei volentieri un'altra ripassata.»
Ma le parole di David non infrangono la profondità della nostra conversazione. Anzi...
Io e Piergi lo ignoriamo, e non do più peso a nulla, perché ho la testa vuota.
Pertanto mi lascio trascinare dietro un albero. Avete capito bene, Piergi mi strattona dietro un albero, mentre gli altri sembrano andar via. Qualcuno almeno.
«Non mi importa di ciò che ho visto, perché io lo so quello che provi», continua.
Mi accarezza i capelli, la nuca, sollevandomi il mento. Ma io non avverto più nulla. Arida come un deserto.
Sorrido, amaramente, e fisso un punto imprecisato dell'infinito, perché voglio fatti, concretezza, nient'altro che la verità. Ma non segue nulla...
«Tu chi sei, dimmi, chi sei?»
Alzo fiera il mento.

Il suo sguardo s'increspa. Indietreggia, staccandosi da me, ma non una sola frase, non un cenno. Il segno che l'ho colpito in pieno, ferito, annientato.
«Mi hai insegnato a respirare, e ora mi togli l'aria», rivelo.
E lo faccio con il cuore, perché in fondo lo sto spronando a parlare. Lo allontano, ma vorrei tanto avvicinarmi a lui.
Ha il buio negli occhi, e l'assenza di una risposta ha l'effetto di un uragano su di me, perché il silenzio dice più di mille parole.
«Non fare così, amore mio, non fare così» afferma in un soffio, supplicandomi.

«Guardami, Rose, guardami!»
Ogni suo gesto sembra studiato e accorato, ma io no. Sono fuori controllo.
«E falla finita, non vedi che non ti ascolta più. Sei morto per lei, ti avevo avvisato...» ribatte serio David, ancora non soddisfatto.
E cosa dovrei fare, per voi, ah? Sentiamo! Dio solo sa cosa sto provando. Perché non mi rimane un solo pezzo della mia vecchia vita, e non ho più nulla da perdere, non una sola cosa.
Il cuore martella, le vene prosciugate.
E le salviette scivolano, tra le dita, perché ho perso la padronanza del mio corpo.
Le braccia penzoloni lungo i fianchi, il fiato rotto.
«Voglio andare da Pavel!» dichiaro a un tratto piangendo.
E lo confesso a me stessa, perché non può esserci alcun dialogo, ne potrebbe mai avvenire, perché non c'è peggior sordo di chi è intento ad ascoltare solo se stesso.

Così mi prende la mano, ci prova almeno, ma io lo respingo gridando, e con tutto il coraggio che mi resta.
Troppo facile, sbagliare e poi pentirsi. Troppo comodo.
«Lasciamiii! Non mi devi più toccare... Lo capisci?»
Lo vedo fare un passo indietro, accecato dal dolore e il sangue defluire e prosciugare il suo volto. Inciampa sui suoi stessi passi e la sua pelle pare bruciare al mio tocco, dal momento che lo spingo, e con tutta la mia forza.
«Andiamo Piergi, lasciala stare», dice Andrej.

«Ma io voglio dirle tutto, tutto.»
Resto immobile a studiare la scena.
Piergi che cammina avanti e indietro indicandomi, passandosi la mano tra i capelli e pulendosi nervosamente gli occhiali.
Piergi che osserva il fratello.
Ed è chiaro che tra loro c'è grande complicità...
Ma sono nauseata da questi segreti e da questa pantomima.

«Non ora, non ora», dice Andrej più disperato di lui.
«Io devo.»
«Non le farebbe bene. Non è il momento giusto.»
E mi stupisce che Andrej lo faccia, che dica queste cose in mia presenza, come se io non fossi lì, come se fossi altrove. E mi delude sapere che sono ancora in attesa, di un miracolo, di un risvolto.
Oh, come siamo assurde noi donne. E quanto possiamo essere patetiche!
Lo avevo dimenticato? E se non era così, mi sarei mai liberata di lui? Ne avrei mai avuto la forza? Perché qualcosa mi diceva che era innocente.
Udite udite, il mio cuore gridava e scalpitava.
Ma non bastava a cancellare il male, no, non bastava. Non contavano le sensazioni. Ci voleva ben altro.

L'aria sembra crepitare.

I pugni serrati e i muscoli tirati per la tensione. Alto e longilineo, Piergi mi sovrasta, e con lui il suo profumo. Si avvicina e mi guarda le labbra.
Odo come un rombo nelle orecchie. La pressione pompa e mi gira tutto.
E allora mi accorgo del vuoto intorno a noi.
Gli altri sono andati via, solo silenzio e miseria.

Ancora un altro passo, pochi centimetri da me. Tento di trovare la forza di sfuggirgli e correre via lontano, ma quello che percepisco sono le mie speranze e il calore della sua pelle. E avanza, lento.
Parlerà, e sarà tutto un incubo. Uno spiacevole incubo.
E contro ogni logica, permetto a me stessa di dimenticare gli ultimi minuti, e di accantonare tutto l'orrore.
E dal suo corpo s'irradia quel calore...
Quello che mi aveva sempre avvolto quando ero con lui, che mi faceva sentire al sicuro, quello di cui mi ero innamorata.

«Fallo», lo incalza Karolina, sotto lo sguardo minaccioso di David.
Ma le nuvole oscurano la luna, e uno strano venticello, gettando in terra le foglie, crea un' atmosfera lugubre. La polvere si alza in alto formando un mulinello.
E sta succedendo, lui parlerà...
Così mi sembra.
Ma questa non è la realtà, non più, fatta di luce, amore, speranza.
Questa è la vita vera.
Piergi aveva smesso di bussare al mio cuore. Si era forse arreso?
«Non posso, Rose, farti questo» bisbiglia.
Ma forse l'avevo immaginato. Certo. Cosa non poteva farmi?
«Mi spiace, Rose, mi spiace.»
Le uniche parole che volano... e con esse tutto il mio amore.

E in quel vortice i miei pensieri si perdono, e salgono in aria, lontano, in un'altra dimensione, dove il cielo è azzurro, dove la bellezza pare essere eterna, duratura...
Perché non è così che vorremmo tutti che fosse? Che le cose belle restassero per sempre, come i petali di una rosa, come le stelle cadenti, come l'amore che ci fa brillare e ci riempie il cuore?
Ma forse non è così... non lo è sempre, almeno.

E io avrei dovuto correre e non voltarmi, e dire a me stessa: Non voltarti, Rose, non ancora.
E avrei dovuto iniziare, in un'altra terra, distante da qui, distante da te, senza farmi domande.
E avrei dovuto dimenticare...

Tutto e niente, tutto e niente, questo siamo stati.

Perché l'amore non esiste.
L'amore non esiste, perché le cose belle non durano a lungo.
Facile da pensare, giusto? E invece anche tu ti sbagliavi, Pier.
L'amore non esiste, è vero, ma il ricordo di noi, quello, esisterà per sempre.
E allora chiudo gli occhi cercando di buttare giù il groppo che mi si è formato in gola, e cerco di scacciare queste maledette lacrime che mi solcano il viso.
L'amore non esiste, ma ci sono certe storie che vanno oltre il tempo, e meritano di essere raccontate.
E io avrei trovato un'altra strada per tornare da te...
È una promessa, la mia promessa. Ti avrei trovato nei miei sogni...
E avrei parlato del mio Piergi, di quello che siamo stati, sopra i miei amati monti. Sarei tornata lì, tra le bianche nuvole e il manto immacolato, fosse pure soltanto col pensiero, ma sarei ritornata. E non mi sarei arresa a questa tremenda bugia, mai.
Perché non si possono cancellare certe sensazioni, no, sono indelebili.
E mi sarei nutrita di questa immagine, il nostro amore, finché qualcuno non avrebbe preso il tuo posto.
Perché l'amore, in fondo, non è che questo: sentirsi amati.
E io lo ero stata, eccome.

Ed è impossible stare lontano dall'amore...perché è una droga, la più potente che ci sia. E io voglio perdere di nuovo la testa, proprio così.
Baci di rugiada e sorrisi nel cuore.

Il mio cuore aveva fatto mille capriole, ma era finita davvero?

Per uno strano motivo mi aveva tagliato fuori. Piergi mi aveva cancellato dalla sua vita, e per un istante, uno stupido attimo, le mie ginocchie avevano ceduto, e avevo vacillato.
Ma la vita non è che questo, cadere e rialzarsi, cadere e rialzarsi.
Ed io ero fragile come una porcellana, me ne rendevo conto, ma pur sempre intatta.
E c'era molto altro...
L'amicizia, la vita.
Così, barcollante, m'incammino verso il bosco.
E vedo Karolina: che pena!
Le stringo la mano e me la porto al cuore.
Non era stata che una vittima, anche lei. Una povera vittima.

Andrej mi raggiunge, mettendomi una mano intorno alle spalle.
E mentre cammino, sono una maschera di dolore.
I nostri volti sono illuminati solo dal bagliore della luna. Segno che qualcosa di grande stava per iniziare?
A tutto c'è sempre una spiegazione!
Anche a questo, papà? A questa valanga di bugie, a questo tremendo finale?
Andrej mi asciuga una lacrima, mentre io volto le spalle al mio passato.
Un passato doloroso e un futuro incerto. E ho una paura pazzesca di ciò che ancora mi aspetta. E sono come una diga, un fiume in piena, ma cerco di scacciare i suoni che danno voce al mio tormento, e soffoco in queste mie lacrime.

«Rose, dannazione Rose, se tu non mi ascolti io non partirò, perché c'è qualcosa che devi sapere...»
Ma di una cosa sono certa, non ritornerò sui miei passi, non un'altra volta. A tutto c'è una spiegazione, è vero papà, ma non lascerò di nuovo che gli altri abbiano il sopravvento su di me. Perché se ho sbagliato una volta, ora ho capito e non ci cascheró più. Perché anche io ho una dignità. E avrei ascoltato un giorno, e perdonato? Chi può dirlo!
Cadere e rialzarsi, e io ci stavo provando. E non avrei ma ceduto, mai.

E baci di rugiada e sorrisi nel cuore.
Perché non posso farci niente questa sono io. E non mi sarei mai arresa, mai. Su questo avevate dubbi? E invece potete scommetterci.
Oh sì che potete contarci.
Parola di Rose.

Spazio autrice.

E stato un bellissimo viaggio, bellissimo.
E Rose mi resterà sempre nel cuore, con la sua forza, la sua bontà. Mi ha insegnato tanto, tanto.
Ed è triste lasciarla andare così, disillusa, sconfitta.
Perché troppi sono i perdenti...
Voi che ne pensate?

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