44 Ipnosi
Il buio enfatizza i rumori, anche quelli più impercettibili. È una strana notte, magica. Piergi ha il viso stanco, ma gli occhi paradossalmente più vivi. Splendono. Quant'emozioni! Gli avevo permesso di entrare, finalmente...
Ma non era soltanto un fatto fisico, no, non lo era stato. Era accaduto molto di più. Io mi ero fidata, e gli avevo mostrato il mio animo, interamente. Avevo abbatuto tutte le barriere, anche quelle psicologiche. E lui si era palesato, in tutto il suo essere, possente e romantico. Ci eravamo concessi e avevamo abbassato la guardia. Ma non me ne sarei mai pentita; lo avrei fatto ancora, e poi ancora. La realtà era che avevo ceduto, a lui, a noi. Non avrei potuto fare altrimenti, non sarei più potuta tornare indietro, ma ne ero contenta, tanto.
Mi stringe la mano, caldissima. Oramai non sento più nulla. Il dolore, il bruciore ha lasciato il posto al piacere, alla gioia, alla consapevolezza.
Torno a cercare le sue labbra per un ultimo bacio, mentre lui, chiudendo gli occhi, mi disegna col pollice dei cerchi sulla fronte, concentrici, e via via più piccoli. Minuscoli movimenti circolari, costanti, delicati.
«Ti è piaciuto?»
«Sì, tanto», ammetto imbarazzata.
I suoi gesti sono lenti e controllati, quasi mi ammaliano. Non ricordo più niente o perlomeno faccio fatica a tenere gli occhi aperti. Il sesso è dolce e appagante, ma sa essere talmente stancante e ha su di me un effetto soporifero.
«Dobbiamo andare», concludo.
Ciononostante mi sento elettrizzata e avverto ancora il suo sapore e il suo odore su di me.
Lo osservo nuovamente, dimenticando per un attimo la festa e tutto il resto. Poi la rivelazione...
«Finalmente adesso ti ho scopata», sussurra.
«Cosa?»
«Cosa c'è, Rose?»
«Tu, hai detto... tu.»
Lo scruto, incerta e spaventata.
«Sei sicura di sentirti bene?»
«Sì», rispondo, mentre la mia attenzione viene calamitata dalla luce di alcune fiaccole in lontananza. Ma non ne faccio menzione.
«Sembri strana!» afferma fissandomi. Scuote il viso, perplesso.
«Io strana? E tu smettila di guardarmi così!»
«Rose, andiamo, ho solo preso quello che mi spettava. E tu sei stata formidabile, una vera bomba a letto. Sei così morbida.»
Non riesco a credere alle mie orecchie. Sono come inotizzata dal suo sguardo magnetico e dalle sue labbra. Sembra, quasi, parli a rallentatore.
«Mi fai paura: dacci un taglio! Non sei divertente.»
Sono terrorizzata. Mi vesto velocemente, tentando con una salvietta di togliere l'odore. Intanto quelle luci sono sempre più piccole e circondano la casa. Poi si espandono, diventando più flebili.
«Non puoi andartene così», sbotta, afferrandomi con impeto.
«Io...»
Si sofferma incredulo sul mio viso. Gli occhi due fessure.
«Guardami, Rose, tu hai le pupille dilatate. C'era David che trafficava tra le bibite. Perché è venuto? Ma, sopratutto, lo ha fatto anche con te? Dì? Io devo saperlo.»
Capisco che qualcosa non va.
«Cosa avrebbe dovuto fare?» mi difendo, cercando di non alzare troppo il tono della voce. Ma suona come una sfida, lo ammetto.
Sono agitata, io stessa faccio fatica a riconoscermi.
«O mio Dio, guardati! Come ho fatto a non accorgermene? Hai le mani fredde.»
Mi rimetto seduta sul carretto. L'ultima cosa che vorrei è rovinare questa bellissima serata. Si riscuoterebbe inevitabilmente su di noi. Ma leggo preoccupazione nel volto di Piergi...e io effettivamente sto sudando. Sento il sangue fluire alla testa e la gola serrarsi.
«Ho bevuto qualcosa e mi gira tutto.»
«Rispondimi, non tergiversare! C'era David? È lui che ti ha offerto da bere?» insiste, strattonandomi.
«E che importanza ha?»
«Lo ha, eccome!»
Resta immobile dinanzi a me. Posso vedere l'odio che divampa e una rabbia inaudita che fluisce, lenta, lasciando spazio a un'espressione di disgusto, misto a incredulità e impotenza.
«No, no. Nessuno mi ha offerto da bere, se vuoi saperlo», confesso sottraendomi alla sua presa. «Ho rubato io un sorso a Tobias, o forse no, non lo ricordo, e ora, io, ora...» butto fuori con un ghigno che non sento nemmeno appartenermi.
«E ora cosa?»
Piergi è leggermente fuori di sé, torna a muoversi sul carretto, poi scende, camminando avanti e dietro. Con un movimento fluido inforca gli occhiali, per andare a fondo alla faccenda, e mi punta fisso negli occhi.
Ma il suo sguardo non è minaccioso, anzi, è molto preoccupato, e si posa dolcemente su di me, in segno di comprensione. Per un attimo si sofferma, dando tregua all'infinità di pensieri e di emozioni che lo tormentano.
Mi tiene la mano, invitandomi a parlare.
«Vedo persino delle strane luci, lì, diamine!» continuo.
«O cavolo!»
Si volta, proprio in quella direzione. S'infila le mani tra i capelli, sempre più scompigliati. Si tira su gli occhiali e mi accorgo che anche lui sta sudando.
«Che succede?» chiedo, tentando di restare aggrappata all'ultimo sprazzo di lucidità. Respiro, ci provo almeno, ma ho lasciato l'inalatore dentro, e mi sento soffocare. Il cuore batte nelle tempia e le mani mi tremano.
«Qualcuno deve aver fatto una soffiata, cazzo», sbotta, gettando in terra la prima cosa che gli capita tra le mani.
Avverto un senso di mancamento.
«No, non può essere...»
«E invece sì... E magari è lo stesso che ti ha messo...»
«Ma dimmi, le luci ci sono sul serio?» domando.
«Non lo so, accidenti! » riprende sempre più in preda al panico. Mi tocca la fronte, prendendomi i polsi.
«Ascolta, facciamo così, lì c'è Andrej, io non posso permettere che gli succeda qualcosa...»
«Ok», annuisco, attendendo di capire dove voglia andare a parare.
«Perciò adesso io mi allontanerò, d'accordo?»
Penso che abbia ragione e sono contenta che forse lui e Andrej abbiano superato i loro dissapori, almeno lo spero, ma qualcosa mi sta più a cuore al momento, e così lo interrompo, perché devo sapere.
«E allora tu mi hai detto davvero quelle cose orrende?»
«Quali cose orribili, Rose? Quali cose avrei potuto dire se non che gli ultimi momenti passati con te sono stati i più belli e i più eccitanti della mia vita?»
«Oh, io...»
«Sì, mettitelo bene in testa: la mia vita. E io ci sarò sempre per te, anche nei momenti più bui, quando tutto potrà sembrarti assurdo, triste. Io ci sarò sempre per te, perché ti amo, ma adesso...»
Non mi rendo conto del perché mi dica tutte queste cose. E i suoi ragionamenti? Cielo, se sono fuori posto! - perché dovrebbe capitarmi di non capirlo? Ma è di nuovo lontano, con la mente.
«E non mi hai detto nulla di brutto prima, tu non hai pronunciato quelle atroci parole?»
«No, no. Nessuna parola. Come puoi pensarlo?» sussurra prendendomi il viso tra le mani e concentrandosi di nuovo sulla mia persona.
«Girano allucinogeni in queste feste. C'è sempre qualche idiota che ne fa uso.»
«E mi farà male?» chiedo spaesata e spaventata. Ho l'impressione che le pupille stiano per uscire dalle orbite, anche se non sono più su di giri come prima.
«No, vedrai, passerà subito, subito.»
«Perché io ho paura di perderti, e tu sei tutto per me, e se siamo stati insieme, noi, questa sera, è perché tu per me...»
«Rose, non c'è bisogno di spiegazioni.»
Avverto le lacrime scendermi inesorabilmente e piango senza una ragione: la mia emotività è alle stelle. Piergi mi abbraccia, forte. So che gli sto sottraendo del tempo, probabilmente prezioso, ma non posso farne a meno, perché ho bisogno di capire.
«Tu sei stato la mia prima volta, è importante per me, e spero che anche per te, che anche io...»
«Rose!»
Mi guarda con compassione, con un sentimento che non gli ho mai visto prima, e il suo dolce sorriso si affievolisce, lasciando il campo a un'espressione triste.
Mi prende le mani e le bacia, cercando d'infondermi tranquillità. Ma la avverto la sua urgenza, tutta.
«Va', va' pure», gli dico, ma non posso negare l'ansia, quel sentimento infimo che si arrampica.
Ho paura per lui, per me, non voglio che mi lasci qui, proprio quando sembriamo ritrovarci, quando pare ritornare un minuscolo frammento di serenità tra noi, perché sto riprendendo il controllo...
Ma un rumore stonato, secco e forte, tradisce il silenzio, e le intenzioni, frapponendosi tra noi e questa notte, una notte meravigliosa.
Poi un fruscio, a cui segue un applauso deciso e ironico.
Non mi ci vuole molto: lo riconosco subito, dal timbro. È David. Come dimenticare la sua voce? Ha una fiaccola in mano.
«Ma guarda guarda che bella scena romantica.»
Sono spiazzata, paralizzata dal terrore. Ciononostante faccio affidamento sugli ultimi frammenti di coraggio, perché mi sento svilita e rotta. Mi trascino dall'altra parte del carretto, infilandomi le scarpe, e osservo il vile, sbigottita.
Non è solo, mi dico.
«Due piccioncini che amoreggiano», continua.
«È come è stato? Dolce?»
Sento i brividi risalire lungo tutto il corpo. Lui, quell'essere, renderebbe melma tutto ciò che tocca, perché è viscido e disgustoso.
«Come è stato?» sbotta con più veemenza.
Sobbalzo, ma noto che Piergi è immobile, come incatenato. Stringe forte la paglia tra le dita.
Provo del ribrezzo per lui, per David, perché è un essere insulso.
«E se questo non è amore, cos'è?» interroga quel tipo, il ragazzo di Karolina, anche lui con una fiaccola.
«Ma l'amore ha bisogno di certezze. Sì. E di tanta verità. Perché l'amore è lealtà! Non è così?»
Dovrei vergognarmi, perché questa doveva essere una cosa nostra, la nostra serata, perché ora altri sanno, ma non provo nulla, se non disprezzo e nausea. Mi avvicino a Piergi, ed entrambi scendiamo dal carretto. Lui mi spinge dietro di sé, per proteggermi, ma io non ci sto, e mi faccio avanti, e se non lo colpisco, se non mi getto su quel lurido insetto, è perché non voglio che la cosa degeneri tra lui e il mio amore.
«Cosa vuoi? Vattene!» oso impavida. Ma la mia è tutta una finzione, una misera recitazione.
E intanto il pazzo al suo fianco sghignazza. È euforico, completamente andato.
«Il sesso ti rende più bella, sai?» ribatte.
Così dicendo, mi prende il mento tra le mani, costringendomi a indietreggiare. Sento l'odore della sua pelle, talmente aspro, penetrante, e in me riaffiora un dolore lontano, famigliare.
«Se la tocchi di nuovo ti farò pentire amaramente di essere nato.»
«Oh, quanta rabbia!» Sorride beffardo. «E quanta tenerezza» continua bisbigliando. «Sono quasi commosso!» grida inaspettatamente.
Osservo Piergi chiudere gli occhi. Le vene del collo gonfie, le labbra tirate.
«Fossi in te non mi scalderei tanto, sai? Perché presto sarà lei, forse, a non voler avere più a che fare con te.»
«E allora perché tanto astio?» continua. «Non siamo forse amici? Non abbiamo, dunque, a cuore le stesse cose?» afferma, alzando il bordo della camicia, rivelando una fasciatura ancora fresca, e intrisa di sangue.
«Ma io non porto rancori, no, verso te, tuo fratello. Non è nel mio stile» ringhia, nonostante voglia far credere altro di sé.
Cammina, con una corda in mano. E punta la fiaccola su di lui, su Piergi. Posso vederne le ombre sul suo viso, in un gioco spaventoso di colori. Ardono, le emozioni bruciano, e, riflettendosi, rigettano odio, disprezzo, ma in una strana danza di luci. Vedo il fuoco nei suoi occhi, tutto l'odio di Piergi.
«E così te la sei sbattuta! Bene, bene, molto bene», gli chiede illuminandogli ancora il viso.
La pelle ambrata, tirata, come tesi sono i suoi lineamenti, in un'espressione dura, incontenibile, una guerra di sguardi e di parole non dette.
«E le hai parlato di lui, di'? Glielo hai detto?»
Piergi non risponde. È sempre più immobile.
«Coraggio! Andiamo! Non vorrai che lo faccia io?!» brontola irritato, minaccioso, mostrando i denti, grigi, storti.
«Cosa, cosa dovrei sapere?» intervengo supplichevole.
«Cosa?» avanzo con uno strano nodo in gola, perché sono atterrita, ho uno strano presentimento.
«Sta' zitta, Rose, te ne prego!» butta fuori lui, vigliacco.
Ha cambiato tono e anche aspetto. Il mio amore sembra un animale in gabbia, è agghiacciante.
«Come sta' zitta, che succede?» lo interrogo. Ma lui non reagisce e non mi guarda in volto. Non si gira, sembra non riconoscermi.
«Che scena triste, Rose, andiamo! Dovresti essere più comprensiva. In fondo è nei momenti più belli che la memoria gioca brutti scherzi. E noi non vogliamo rovinarli, vero?
«Nooo» urla indignato.
«Quanto mi piace quando sei così accondiscendente» dichiara il viscido.
«Lurido bastardo!» grida ancora Piergi, braccato, senza scampo.
Sono confusa. Continuo a leggerlo il timore. Piergi è in difficoltà, e non lo nasconde.
«Allora gli dici di lui o vuoi che ti aiuti io? In fondo gli amici a cosa servono? A starti vicino... E io voglio farlo, eccome se non lo desidero, perché sono molto riconoscente, e tu dovresti saperlo. Ma abbiamo fatto un patto, noi due, ricordi? E se vuoi, so rispettarlo.»
Avverto un formicolio alle labbra, e un'insana voglia di picchiare David. E di scuotere Piergi, naturalmente.
«Vedo che non è facile, proprio non riesci... Allora lo farò io, ma a modo mio.»
«Noo, aspetta. Voglio essere io. Lo farò io» sbotta Piergi, completamente allarmato.
«Ah, ottimo. Finalmente inizi a capire. E io so essere molto grato con chi collabora con noi.»
«Taci» ruggisce Piergi.
«OK, ok, ok. È giusto che sia così. È un momento particolare... e io vi lascerò tutta la riservatezza del caso», sorride alzando un sopracciglio.
E quando rientro nella sua visuale, quando Piergi riprende a considerarmi, odo il demente, il tipo di Karolina, emettere degli stupidi versi, striduli, iniziando a saltellare.
Una prepotente inquietudine si fa spazio nell'intimo, e s'infila lenta, dentro le ossa, l' avverto strisciare piano e insidiosa, come un serpente, mentre una nota di allarme si accende nei suoi occhi, che lampeggiano sorpresi, quanto i miei.
Mi paralizza, tutto questo mi paralizza.
«Vedi, Rose, è capitato un fatto...»
E la sapete una cosa? Nonostante le mie convinzioni sono sconvolta. Già, sconvolta. Pare quasi stia per esplodere una bomba. Ma a tutto c'è un rimedio, quando ci si ama c'è sempre una soluzione. Sì, ne sono certa. Non è, forse, così? Giusto?
Nota autrice
La poesia sta per essere spezzata o sarà solo un inutile tentativo di David?
Reggerà quest'amore alle intemperie?
Avete delle ipotesi?
Vi aspetto. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia incuriosito. Non è così?
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