41 Inseguimenti

Fa freddissimo. Sento l'aria scivolarmi sul viso. Eppure è una notte calda e piena di stelle...
Non un rumore, solo il sussurrare del vento.
Tuttavia ho come un languore, lo stomaco in subbuglio.
So che sto commettendo un errore - andiamo, questo è sleale, addirittura seguirli, spiarli... - però nessuno vuole parlarmi, e sono stanca di brancolare nel buio, di dimenarmi in questa oscurità. Ho bisogno di vederci chiaro, troppe cose mi hanno distratto in questo periodo dal farlo. Scoprire cosa mi lega alle gemelle, capire cosa tormenta Piergi e soprattutto cosa stia succedendo tra lui e il fratello, è un mio sacrosanto dovere. Insomma, ne ho diritto: dopotutto stiamo parlando di me, di noi. E Piergi è entrato a far parte della mia vita: ho bisogno di aiutarlo, è come una necessità impellente, forse l'unico modo che mi condurrà indirettamente alla verità.
Domani ci sarà la festa, e rischio di arrivarci stanca e sbattuta - non era quello che volevo - ma non importa, non è ciò che conta. È altro a cui miro.

Magicamente, senza accorgermene, siamo arrivati. La sensazione di freddo è sparita. È stato un bene riflettere; i pensieri mi hanno distratta e non ho dovuto, neanche per un attimo, ricorrere all'inalatore.
Ma un momento, dove siamo?
Appoggio in terra la bici, facendo molta attenzione a non farmi notare. Mi guardo intorno e riconosco il posto, siamo al pub di cui parlava Tobias. In mezzo c'è il niente, intorno qualche bici e qualche motorino.
Il pub sembra chiuso, ma le luci soffuse all'interno mi suggeriscono il contrario. Questa calma piatta mi fa venire i brividi. Ed eccolo spuntare, Tobias, seguito da un gruppetto di ragazzotti. In testa c'è David, lo riconosco dal ghigno malefico. E poi quell'essere insulso, l'amichetto di Karolina.

Dunque si conoscono, David e quell'essere spregevole?
D'altronde di che mi meraviglio? Non sono forse fatti della stessa pasta?
Le parole non sono nitidissime, perlomeno quelle di Piergi, ma odo con chiarezza quelle di David. Il suo tono baritonale mi scava dentro, lasciando ferite profonde, insanabili. Avverto una certa umidità risalire, ma non sto parlando della notte o dell'atmosfera... no.
È una sensazione che mi bagna l'anima, e mi accade sempre quando c'è qualcosa che mi sconvolge: la reazione del mio subconscio alla vaga percezione che le cose si stiano mettendo male.

«Ah ecco, ti sei portato anche lui» dice David.
«Certo. Chi meglio di lui potrà chiarire? Del resto è di lui che dobbiamo parlare, no?» continua.

Di lui chi? mi chiedo. Non capisco se le domande siano rivolte a Piergi o a Andrej.

«Mia cugina mi ha detto che...»
«Tua cugina ultimamente ha la lingua troppo lunga», avanza Andrej.

Cugina, mi chiedo?

È vero, David e Karolina sono parenti alla lontana. Come ho fatto a dimenticare.
Ma sono costretta a ritornare sui miei passi, perché un gruppo di ragazzi, uscendo dal locale, si sta dirigendo proprio verso di me. Allora mi fiondo sulla bici e mi precipito a ritornare a casa. Ma una cosa mi rimane impressa: Piergi, e il suo atteggiamento... così freddo e distaccato, che sa di rinuncia. Non sembra neanche lui. Poi è un attimo, un'ultima spinta sul pedale e vedo lui, Andrej, con la mano appoggiato al fratello.
Ma non riesco a guardare. Mi fa male vederlo così arrendevole, perché è come mi appare. Ho come delle fitte che mi travolgono il petto. E allora ci rinuncio, a capire, a risolvere.
Parcheggio la bici sotto la finestra, e con un salto entro dentro. È buio, cerco di fare piano.

«Dove sei stata?»
«Maxim!»
Stento a riconoscere la voce. Accende la luce che mi acceca, e poi noto lui, così diverso. Lo guardo, non è in sé. Ha una cera pessima e uno strano luccichio negli occhi. Mi fa paura.
«Io... so che non avrei dovuto, ma è successo che...»
«Tua madre non ne sarebbe contenta.»
«Sì, lo so. Scusa.»
«Taci. Fila in camera!» ordina, dopo aver ingurgitato dell'alcool. Sento il rumore del vetro sbattere sul tavolo. Sussulto e corro via, ma non prima di essermi fermata a guardarlo ancora, un'ultima volta. Così, di spalle, sembra distrutto.
Cosa ti prende, Maxim?!
Quel rumore si è bloccato dentro, e mi fa male. Vorrei tanto mio padre, qui vicino.

***

Ho fatto fatica ad addormentarmi e ho riposato poco, ma profondamente. Perciò sono rimasta a lungo sotto le lenzuola ed è tardissimo. Resto per la maggior parte del tempo a letto e dico a nonna che non ho voglia di scendere giù a pranzare. Pertanto ci pensa lei a preparare qualcosa da mettere sotto i denti, e lo fa per tutti.
Oggi è il grande giorno. Il grande giorno prima della partenza. Forse per questo Maxim era così giù.
Arriva nonna a scuotermi e a chiedermi di venire di sotto.

«Te lo ricordi ancora il tuo primo amore?»
«Come dici tesoro? Il mio primo amore? Perbacco se non lo ricordo ancora. La prima volta ci baciammo per un ora e per poco non gli cavai un occhio» mi dice scherzando, posando il pranzo sul comodino. Mi metto a gambe incrociate sul letto, pronta ad accogliere ogni sua rivelazione, e di tanto in tanto spilucchio qualcosa dal vassoio. Nonna mi pare pensierosa. Tutti lo siamo.
«Fu il mio primo bacio e quel piccolo mandrillo mi tastò i seni, senza il mio consenso. In compenso ricevette un sonoro ceffone. Ma la verità è che, per quanto ritenessi disdicevole il gesto, non mi dispiacque affatto.»
«Nonna!»
«Che c'è? È la verità! Ma con tuo nonno fu tutta un'altra storia.»

Ecco che ci risiamo. Tento di nascondere l'imbarazzo e di cambiare discorso, ma per fortuna lei per prima si rende conto di aver esagerato - almeno spero - e passa ad altro, non senza prima aver provato a estorcermi qualche confessione amorosa. Mentre termino il mio pranzo velocemente, mamma giunge a salutarmi con un bacio, stupendosi del fatto che io sia ancora a letto. Poi è la volta di Maxim, che sembra essere ritornato normale, quand'anche appaia malinconico. C'è un insolito movimento in casa, tutto trascorre velocemente. Nonna mi racconta qualche aneddoto, ma facendo finta di essere tranquilla.
Tuttavia so bene che non lo è: non lo sono anch'io. Chi potrebbe mai esserlo? Passiamo l'intero pomeriggio così, a parlare, ridere e scherzare.
Arriva l'ora fatidica.
«Su, su. Prendi il vestito. Inizia a infilarlo, io porto questo di sotto.»
Le corro incontro e l'abbraccio forte, ma lei sembra non volersi sciogliere, forse per paura di cedere. Ne approfitto per fare una veloce doccia e indosso l'abitino. Sembra fatto apposta per me. Mi scivola addosso evidenziando le forme. Sono ancora acerba ma tutto sommato...
«Tutto sommato sei bellissima», afferma nonna.
Alle volte mi chiedo se sono così trasparente da non essere per nulla interessante. Niente è un segreto per gli altri: tutti sanno sempre ciò che penso.

Nonna mi fa una mezza treccia. Poi alza i capelli, lasciandoli morbidi. L'effetto che ottiene è meraviglioso.
Poi allunga la mano e tira fuori un monile.
«Cos'è?»
«Un regalo di tuo nonno.»
Senza che possa avere il tempo di dire qualcosa, qualsiasi cosa, nonna mi sposta qualche ciocca dal collo e mi mette la collana. La pietra si intona perfettamente con il vestito, essendo dello stesso colore, anche se di una tonalità più scura, e paradossalmente si sposa benissimo col mio incarnato rosso. Nonna mi accarezza la guancia e vedo brillare i suoi occhi più del solito. Immagino mi abbia guardato così quando sono nata. Poi arriva qualcuno a bussare la porta. Sono un po' in ansia.
È Andrej.
Mi guarda sorridendo. Sembra imbarazzato.
«Andiamo!»
«Così, piombi in questo modo senza dir nulla! Che screanzato!», dice nonna tra il serio e il faceto.
«Che dovrei dire?» obietta Andrej.
«Che magari sta bene!»
«Certo, sta benissimo», mi dice, con lo sguardo basso, concentrato su me e le mie scarpe.
Non vedo Piergi, però.
«Piergi è andato a prendere altre bibite che Pavel è riuscito a procurarsi. In più ha iniziato a portare i biscotti e la torta che nonna ha fatto. Un po' di frutta e sarà tutto perfetto.»
Arriva Nina con dei festoni. Sono bellissimi.
«Questi sono per voi!»

Sono stati ritagliati con cura, anche se qualche lato non è perfettamente colorato.
«Ma sei stata bravissima!» affermo, accovacciandomi vicino a lei, per guardarla dritta negli occhi.
«E tu sei meravigliosa!» mi dice, avvicinandosi timidamente al mio corpo. Si dondola, mentre lo dice, roteando il busto a ritmo.
Saluto nonna e mi avvio, anche se mi fa male andar via senza Piergi, perché un po' sono dispiaciuta, che non mi abbia parlato, che mi nasconda qualcosa.
La vicina, mentre scendiamo, ci dona dei dolcetti.
«Li ho fatti ieri per voi.»
Ringraziamo, e queste piccole attenzioni, ahimè, rendono più reale la partenza.
Noi andremo via!
Così mi viene un magone indescrivibile, e guardo Andrej negli occhi, per avere sostegno, e forse per vedere se anche lui sta provando quello che sto provando anch'io in questo momento.

Ma forse lui non verrà in Italia. Non so ancora cosa abbia deciso, né ho il coraggio di chiederglielo.
In questo modo e con questo strano stato d'animo proseguiamo.
E la strada mi sembra lunga, lunghissima...
E ripenso a quella scena, a lui, con di fronte suo fratello. Vedo David e Karolina. Vorrei tanto chiedere...
Eppure, a volte, la realtà è più semplice di quanto si possa pensare. Con questo ottimismo, mi avvio speranzosa.
Certo, andrà così, sarà Piergi a parlarmene, già, sarà lui, perché lui mi dice sempre tutto, e non vi sarà alcuna verità da scoprire, perché non ci sono segreti, perché come sempre starò fraintendendo tutto, proprio tutto.

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