40 Il nostro posto del cuore
Il weekend è passato presto, troppo presto. Gli adempimenti da compiere sono stati tantissimi e io sono esausta di sbracciarmi, di adoperarmi in mille mansioni . Ma di cosa mi lamento? Del resto tra non molto partiremo e non può che essere così!
L'altra notte, la nostra notte, è stata per me indimenticabile, e negli ultimi giorni io e Piergi ci siamo incontrati spesso lì, nel nostro rifugio.
Dio, se è bello! Ogni sera sgattaiolo dal letto in silenzio, rigoroso silenzio, per incontrarlo. Restiamo lì a osservare il cielo. E ci baciamo, e come se non lo facciamo, ma devo far leva su tutte le mie forze, devo costringermi a essere razionale, perché con lui vicino nulla lo è, perché non voglio, sento che non è ancora giunto quel momento, anche se mi piacerebbe abbandonarmi al peccato insieme a lui.
Ma - come si dice? - ogni cosa a suo tempo.
E Piergi è smanioso, ma mi rispetta, e io mi fido delle mie sensazioni, perché è diverso, Piergi è una persona speciale e credo che non farebbe nulla per nuocermi.
E così sono ancora qui, dinanzi al ricovero, ad aspettarlo, perché oggi sarà l'ultima volta di noi, l'ultima in cui staremo insieme nel nostro posto, il luogo dove tutto si può dire che é iniziato e chissà se mai vi ritorneremo.
Cosa penso?
Che nonostante tutto mi attendono giorni difficili, ma sarò al sicuro, perché con lui lo sono sempre e mi dico che ci sarà un altro spazio nel mondo per noi. Deve esserci, ne sono convinta, non può non essere così.
Ed eccolo arrivare. È trafelato, mi appare diverso. Scostante, sì, questo è l'aggettivo giusto. Inclino la testa per capirne il motivo. Ormai lo conosco, meglio di me stessa. Poi mi lancia un'occhiata e, in tutta risposta, mi fa volteggiare. Ma lo so, è per distrarmi, per cambiare discorso, per camuffare, ma io non ci casco.
E resta lì, fermo. C'è un silenzio mostruoso attorno a noi e il buio è sovrano.
«Non entriamo?» chiedo impaziente.
La sola idea di essere vista qui, da sola, con lui, mi manda letteralmente in tilt.
«Certo, certo», risponde, ma non mi sbagliavo, è altrove.
«Tutto bene?» chiedo insicura.
«Sí», fa cenno con il capo.
«Questo sarà il saluto alla nostra patria. Domani ci sarà la festa, e poi... Poi non so cosa succederà...»
Mi scruta, in silenzio.
«Ma di una cosa sono sicura», dico continuando.
«Ah sì?» domanda lui, catturato, questa volta, dalla mia affermazione.
Sento che adesso è più concentrato.
«Quando ritornerò voglio andare in cima!»
«Uhm. E sentiamo un po', chi ti accompagnerà? Perché vedi, io non so se magari sarò impegnato o avrò altre incombenze quel giorno.»
Mima un broncio che mi fa praticamente impazzire. Cavolo, se lo adoro! Lo osservò in viso, nonostante la scarsa visibilità. È tutto così surreale, e magico. Noi due, da soli, qui fuori. E guarda in alto, come alla ricerca di una risposta. Un vero attore, che dire!
«Aspetta, aspetta, non dirmelo. È una richiesta questa?»
«Che intendi?» domando divertita.
«Penso che tu voglia chiedermi qualcosa...»
Adoro quando esce da quel mondo tutto suo, fatto di silenzi, perché amo tutto di lui, persino questo suo lato giocoso.
«No, ti sbagli. Perché? Cosa dovrei pretendere mai?»
«Ah, non so. Vediamo, vediamo... Magari essere accompagnata su in cima perchè c'è il lupo cattivo?»
«Noooo», avanzo scioccata, «non dopo i patemi che mi hai fatto provare l'ultima volta. Voglio andarci da sola.»
«Non ci riuscirai mai», ribatte in tono di sfida.
«Sì», insisto, «e ti dimostrerò che saprò farlo, anche senza di te, anche a costo di farmi male, e supererò i miei timori, e come se non lo farò, perché è ora che io cresca, perché sono paure infondate.»
Lo dico con enorme consapevolezza e con una punta di tristezza, perché è duro rinunciare quando ci tieni, è duro limitarsi contro ogni ragionevole volontà, perché io amo stare in mezzo alla natura, lo avevo sempre adorato, era un po' come ritornare bambina, era sentirmi più vicina a mio padre, ma una forza inspiegabile, un male più grande, mi tratteneva ormai dal farlo.
«No, non ti manderei mai lì, senza la mia compagnia. Potrebbe succederti di tutto. E poi... poi ci sono gli orsi, e altre belve feroci.»
Non ci credo. Lui lo sta facendo. E non è un volermi curare, no. Lui si sta comportando come tutti gli altri.
A quelle parole segue un incomprensibile senso di vuoto.
«Scusa, scusa, non volevo. Scusami Rose, io non...» mi tende la mano, stringendomela.
Mi curvo su me stessa. Sto male, malissimo.
«Basta!», gli urlo addosso, spingendolo lontano da me. Non so cosa mi sia preso, ma detesto ogni forma di apprensione ingiustificata.
Capisco di essermi comportata male, e probabilmente ne pagherò le conseguenze, perché ho sbagliato a trattarlo così, ma è più forte di me e non ci posso fare nulla. E continuo a sentirmi oppressa, ho bisogno del mio inalatore. Sono dispiaciuta, tuttavia ci sono cose che ancora non afferro, e forse non comprenderò mai, che mi portano, mio malgrado, a essere irrazionale, e tirano fuori il peggio di me: divento un'altra. Io sono in preda al panico, letteralmente fuori controllo.
Ma lui se ne accorge, lo fa sempre, forse dal mio respiro affannato o dalla mia inquietudine, e va oltre, non mi sembra astioso, e allora andiamo fuori e mi riprendo: io riesco a respirare.
«Coraggio Rose», mi dice. E resta lì, vicino a me, inspiegabilmente è accanto a me, finché non è finito tutto, finché riesco a domare me stessa.
«Accipicchia», confessa, «mi hai fatto prendere un colpo.»
Mi guarda, ancora piegato, con le braccia sulle ginocchia.
Poi mi sorride apertamente. Dio se è magnifico!
«Non puoi farmi di questi scherzi, lo sai?» annuncia pacato, tirandomi un dolce buffetto sul naso. Un gesto insignificante, è vero, ma che cionondimeno mi scuote il cuore. Ho il mondo nello stomaco e sono sempre più sicura che lui sappia del mio male, del mio dolore, ma mi rifiuto di rovinare questa serata, perché è nostra, io la pretendo, così lo tiro a me e lo ringrazio, per dare un taglio a questo piccolo attimo di fragilità, perché è così che appare, una piccola parentesi isolata, e stona in questo momento di dolcezza tra noi.
Ma ecco, lo rivedo. Io percepisco quella urgenza di allontanarsi o di fuggire. Non saprei...
Un'occhiata fugace all'orologio, il toccarsi continuamente il ciuffo. Forse è questo che mi spinge a crederlo, ma c'è di più, io ne sono convinta, e mi dispiace.
«Rose, io non vorrei, lo giuro. Desidererei rimanere ancora un po', ma vedi...»
A quanto pare non mi sbagliavo.
«Dimmi! Sai che puoi fidarti», affermo perplessa.
«Devo risolvere prima una cosa» rivela secco, senza mezzi termini.
«Adesso?» chiedo stupita per l'ora.
«Sì, in questo istante.»
Percepisco come un turbamento.
Lui mi teneva fuori, lui voleva lasciarmi all'oscuro.
«E io non posso aiutarti?»
«No, non puoi.»
Per un motivo a me ignoto, Piergi non mi voleva con sé, forse per proteggermi, probabilmente desiderava soltanto questo, o era soltanto uno stupido fraintendimento, e io come al solito ci ricamavo sopra.
«Riguarda noi? Ti prego, dimmelo!»
«Rose!»
«Ti scongiuro. Poi non...»
«Devo incontrare una persona, non posso dirti nient'altro.»
Ma non facciamo a tempo a terminare, che un rumore sordo ci distrae da quella conversazione. Allora entriamo dentro, silenziosamente, proprio quando si apprestava a salutarmi, proprio quando sarei riuscita a ricavare qualcosa, chissà, una piccola confessione. Piergi mi sfiora con una carezza che mi fa perdere il fiato, e mi bacia sulla guancia.
«Vedrai, non sarà nulla. La notte amplifica i rumori.»
«Forse hai ragione, ma mi sono spaventata. Mi è sembrato di sentire dei passi. Anche ora. Li senti?» sussurro intimorita.
«Adesso sì, nasconditi. Dietro quel mucchio di paglia.»
Lo ascolto e mi precipito, ma solo dopo aver spento le luci e nascosto il nostro giaciglio.
Così, a spezzare quella serenità ritrovata, arriva lui, Andrej, nonostante le parentesi romantiche, nonostante tutti gli avvicinamenti e i chiarimenti. Ho come l'impressione che mi tormenti. La sua presenza è come una costante. Sia che voglia proteggerermi, sia che voglia torturarmi, lui è sempre tra noi, tra me e Piergi. Ha una torcia in mano, il viso per metà illuminato.
Cosa mi sono perso? sembra dire. E quell'interogativo lo leggo nei suoi occhi, così guardinghi, così indagatori.
«Ho interrotto qualcosa?» afferma Andrej.
«Cosa avresti dovuto interrompere?»
È sprezzante. Avverto la sua ira irragionevole, e imminente. Ho la sensazione che non sia lì per caso.
«Cosa ci fai qui? Non erano questi gli accordi.»
Accordi? Quali accordi. È con lui che doveva incontrarsi. Che senso ha?! Non potevano parlare in un orario più decente.
«Potrei dire la stessa cosa di te!»
«Mi è sembrato di sentirti parlare con lei, proprio con mia...»
Si affaccia all'entrata, ispezionando ovunque. Per fortuna non illumina il tetto. Potrebbe accorgersi delle lucine. Resto col fiato sospeso. Mi sembra di morire; sarebbe troppo imbarazzante. Ma la mia curiosità si fa strada sempre più, nella mia mente, e scava solchi profondi.
Piergi farfuglia qualcosa, per giustificarsi.
Poi deve esserci riuscito, perché Andrej si arrende e chiude la porta.
Accidenti, sono bloccata qui! Accidenti, accidenti!
Sono basita.
Tento di forzarla, cercando di non fare rumore. Passano i minuti e il panico prende il sopravvento.
Non posso restare qui.
Cerco di riflettere, ma non mi viene in mente nulla.
Ed è allora che riappare.
La porta si apre.
«Piergi, sei tu?»
Mi bacia, con prepotenza.
«Va' su, ora.»
«Ma io...»
«Niente ma. Vedrai, dopo questa sera tutto tornerà normale. Devo soltanto chiarire.»
Non riesco a guardarlo negli occhi, è troppo buio, ma dalla sua voce trapela una certa emozione. Mi cinge il busto, con un'intimità nuova.
Tutto tornerà normale.
Ma per me già lo era. Cosa c'era da chiarire e da sistemare? Andrej c'entrava qualcosa?
Mi dirigo in cucina, e dalla finestra li vedo prendere la bici.
Parlano, discutono, ma non odo nulla. Non una sola parola. Posso però, in compenso, guardare l'espressione dei loro volti. Sono proprio di fronte al lampione, dall'altro lato della casa. Andrej è furioso. Gesticola, si gira, poi gli punta il dito. Piergi si tocca continuamente la fronte. Sembra sul punto di piangere. Senz'altro è sulla difensiva. Si sfiora più volte la nuca.
Che ti succede, amore mio!
Credevo che Andrej fosse cambiato, che si fosse addolcito. Ed effettivamente è diverso.
Eppure le parole che riserva a Piergi sono durissime. Mi accerto di avere ancora l'inalatore con me e quando partono in bici, salto dalla finestra e mi precipito.
Non voglio disobbedire a Piergi, tuttavia non posso non pensare al suo sguardo dimesso. Devo aiutarlo, ma soprattutto devo scoprire cosa mai gli succede. L'unico modo per farlo è seguirli: io devo seguirli. Sento che mi sto mettendo nei guai, lo so, ma non mi resta altra scelta.
Capisco che sono la solita impulsiva, tuttavia mi rendo conto di essere vicino alla verità. Ed è questo ciò che conta, almeno ora.
Io scoprirò la verità.
E poi, andiamo, non si dice che il fine giustifica i mezzi?
Spazio autrice
Cosa nasconderá Piergi?
È così trasparente come sembra?
Ma soprattutto ha sbagliato Rose? Voi lo avreste seguito?
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