4 Una bella lezione
Così sono giunta...
Sistemo in fretta e furia la bicicletta nel retro della tavola calda; ho troppa voglia di dare sfogo ai miei propositi.
Certa gente dovrebbe stare al suo posto.
Certe persone dovrebbero imparare a vivere e a rispettare gli altri.
La bici cade e mi guardo in uno specchio gettato lì in terra, mezzo rotto. Sono rossa dalla rabbia. Le lentiggini quasi scompaiono e il mio incarnato ben s'intona con il colore acceso, biondo ramato dei miei capelli. Tutt'a un tratto non mi riconosco più. È ritornata quella bambina che odiava tutto, che ce l'aveva col mondo intero.
"Devi contare fino a dieci prima di agire e di parlare, Rose!"
Facile a dirsi!
Una frase che mi ripeteva sempre Maxim.
Alcune cose non si capiscono finché non si provano. I traumi, quelli che ti sconvolgono la vita, te li porti dentro e a volte riaffiorano, inevitabilmente, nonostante tu non lo voglia.
Ancora lo rivedo piegato dinanzi a me a ripetermi quelle parole.
Quanta pazienza, Maxim! Ma dopo la morte del babbo è stato tutto così difficile...
Cerco di calmarmi. Forse sto facendo una cavolata.
Ma è troppo tardi per cambiare idea. Senza rendermene conto sono già dentro.
Per un attimo il profumo delle pietanze invade le mie narici, distogliedomi dai miei cattivi propositi...
È sempre bello questo posto, è rimasto tutto uguale ed è proprio come lo ricordavo. Le luci basse, soffuse, il pavimento in pietra, i colori tenui, la volta a cupola e il tovagliato delicato... è tutto perfetto.
In piccole nicchie sono disposte delle anfore che ben s'intonano con l'ambiente circostante donandogli un aspetto elegante.
Sembra che tutto sia rimasto intatto, come se non fosse trascorso del tempo...
Invece era da tanto che non vi entravo, forse da quando Andrej, il mio fratellastro, ha iniziato a lavorarci.
Già, da quando tutto è cambiato...
Da quando lui è entrato a far parte del mio quotidiano.
Ecco, lui è l'unico aspetto della mia vita che cambierei. Non andiamo molto d'accordo io e lui, si è capito?
Anzi, per dirla tutta, pur vivendo sotto lo stesso tetto, non ci calcoliamo per niente: a fatica ci salutiamo la mattina a colazione, quando capita di vederci, cioè molto di rado. Sento che nutre del rancore verso di me, come se la responsabile di tutti i suoi guai fossi io. Eppure io non c'entro niente con i suoi, con la loro separazione, con la sua infelicità. Non è colpa mia se suo padre si è risposato con mia madre. Lui di me non si cura e probabilmente non mi conosce affatto. In compenso io so tutto di lui. A Svit, dove abitiamo, tutti ne parlano, e non mi meraviglierebbe se si sapesse anche a Poprad, distante soltanto pochi chilometri da casa mia, che cambia ragazza ogni mese o quasi. Ed eccolo che serve ai tavoli. Ed eccolo puntare lo sguardo su di me.
Mi osserva come se fossi un fantasma. Sono qui per lui e probabilmente l'ha capito. Avverto tutta la sua smania di disimpegnarsi per venire da me. Mi guarda con quegli occhi strafottenti e tirati: non sa ancora, poveretto, che sarò io a dargli il ben servito.
Sento il mio respiro divenire più veloce. Ho il cuore a mille e le mani mi tremano.
Lo vedo venirmi incontro, con quel bel grembiulino che ha allacciato alla vita, con ancora un vassoio tra le mani.
A un suo cenno non rispondo, ma anzi prendo uno di quei calici di birra e la butto giù tutta d'un fiato, per prendere coraggio forse. Il mio gesto lo confonde.
«Allora?» mi chiede spazientito.
Non riesco a parlare, le mie labbra sono appiccicate, come incollate, e non mi permettono di proferire parola alcuna. Ho il cervello in subbuglio. La lucidità mentale e il buon senso sono andati a farsi benedire.
I nostri occhi s'incontrano, forse per la prima volta, e restiamo a fissarci... fino a quando lui non pronuncia delle parole che non avrebbe mai dovuto proferire, non almeno con me.
«Ma che problemi hai?» mi chiede. Non me lo faccio ripetere.
Non resisto e lo spingo indietro facendogli cadere rovinosamente tutto il carico, finché non mi accorgo che siamo in un luogo affollato e che ormai sono diventata l'attrattiva dei presenti.
Andrej è esterrefatto, mi guarda perplesso, ma non ne ho abbastanza.
Vorrei picchiarlo, ma da imbranata quale sono scivolo sulla birra versata in terra, facendomi male a un occhio.
«Ma sei impazzita, che ti prende?» biascica tenendosi il polso che, a giudicare dalle smorfie che fa, deve duolergli parecchio.
Si scrolla i capelli e li spinge all'indietro, ma poi, inaspettatamente, vedendomi in difficoltà, mi aiuta ad alzarmi.
Percepisco tutti gli sguardi addosso.
La mamma di Andrej, proprietaria del locale, sopraggiunge con un po' di ghiaccio, ma non c'è tempo di fare domande e chiedere delucidazioni: la gente, impaziente, è furiosa e attende di essere accolta e riverita. Per fortuna mi evito delle spiegazioni imbarazzanti.
Andrej continua a scrutarmi, accarezzandosi il polso, poi con l'altra mano, quella rimasta indenne, cerca di raccogliere ciò che è stato versato in terra. Mi chino insieme a lui e lo aiuto; dopotutto ho combinato io quel caos.
«Cosa diavolo ti è preso?» ringhia inferocito, come se davvero non riuscisse a capire il motivo della mia piazzata.
«A me, cosa è preso? Ti dice niente il nome Karolina?» chiedo, anche se adesso ho l'occhio che pulsa, un dolore insopportabile.
«Non mi dice un bel niente, se non che è una storia vecchia.»
«Una delle tante», ribatto.
Ho troppo male e lui, passati gli ultimi cocci rotti alla madre, si avvicina pericolosamente a me toccandomi il braccio.
«Cosa c'è, hai finito di essere impassibile? Da quando in qua ti preoccupi delle persone, visto che di solito non te ne frega niente della vita degli altri?» sputo fuori con una punta di rancore.
«Dai qua, fai vedere! Smettila di dire stupidaggini», obietta, non tenendo per niente in conto la mia ultima affermazione. La cosa mi lascia alquanto perplessa. Parla in un modo, usa un tono che sembra davvero affettuoso, quasi preoccupato. In tanti anni è l'unica volta che ricevo delle attenzioni da lui. Mi squadra... e nei suoi occhi c'è una luce indecifrabile.
È quasi umano. Cosa vorrà? Che si sia accorto di me, che esisto anch'io?
Mi studia l'occhio e fa una smorfia che non mi tranquillizza.
Sento che sta per dirmi qualcosa.
E in effetti esordisce...
«Sapevo che eri strana, ma non fino a questo punto...»
Strana io? Ma come si permette?
Sto per dirgliene quattro, quando sento una mano toccarmi la spalla.
«Rose, che hai fatto, perché sei china in terra?»
È Karolina, che evidentemente mi ha raggiunta fin qui. Guardandomi, si porta le mani alla bocca.
«Fa' vedere, Rose! Cosa è stato?»
Cosa è stato? E me lo domandi pure?
Io sarò imbranata ma tu, cara amica mia, quanto a intuito, sei davvero
troppo indietro.
«Diciamo che io e Andrej abbiamo avuto uno scambio di vedute. Giusto?» recito, chiedendo conferma.
Lo vedo andar via scuotendo il capo.
Decido allora di raggiungerlo prendendolo per il braccio.
«Io e te abbiamo appena iniziato...» sibilo.
«Lascia che te lo dica: sei tutta matta. Non ho niente da dire», risponde.
Un bambino non è niente?
È stato in quel frangente che ho perso il controllo. La freddezza, la noncuranza della gente...
Lo schiaffo è stato così "sonoro", mamma mia se lo è stato!
«Rose!»
Karolina mi porta via, di peso, mentre vedo ancora Andrej con la mano sulla guancia offesa.
Ho ancora impresso nella mente il suo sguardo. Ha avuto il buon senso di non rispondere a ciò che probabilmente avrà ritenuto un torto, dato il suo modo di ragionare.
«Rose, che diavolo hai combinato?»
«Gli ho soltanto dato una lezione. È quello che si meritava, no? Non credi?»
«Nooo, no» controbatte esterrefatta e divertita. Divertita?
Poi, così, senza un motivo mi abbraccia forte.
«Non hai capito nulla, amica mia. Ma grazie lo stesso. L'ho apprezzato comunque...»
Non ho capito nulla? E cosa c'era da capire, se non che lui è un grande...
Mi lascio trascinare fino al retro, ma vi giuro. Adesso sì che sono confusa!
Spazio autrice
Piano piano iniziamo a entrare nel mondo di Rose. Ed ecco Maxim, Andrej. Ed ecco Karolina. Personaggi che ruotano intorno alla sua vita e che ci servono per capire ancora di più la protagonista, il suo modo di pensare e le sue paure.
Così, lentamente, iniziamo a conoscerla...
E sarà una scoperta continua. Spero possa piacervi.
Un bacio e buona lettura.
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