38 Una sorpresa indimenticabile

Per l'ennesima volta avevo pensato a me, soltanto a me, tralasciando un piccolo, stupidissimo particolare, che però avrebbe fatto la differenza. Non sarei stato l'unica a soffrire. Già, proprio così. Piergi, Andrej, anche loro avrebbero fatto delle scelte e delle rinunce. Anche loro...
E io cosa avevo fatto? Mi ero solo lagnata, trascurando i sentimenti altrui. Forse aveva ragione Karolina quando affermava che avrei dovuto soffermarmi più sugli altri...

Eppure per loro sarebbe stato molto difficile, mille volte di più, perché se io mi apprestavo a lasciare mia nonna, se io mi sarei dovuta rassegnare a questo infame destino, loro avrebbero dovuto affrontare un dramma peggiore: distaccarsi dalla loro madre. Eppure i miei fratellastri avevano affrontato il tutto con dignità, con compostezza, quella che io non avevo avuto. E se era tutto vero quello che aveva detto Tamara, se realmente Andrej ci teneva a Nela, avrebbe dovuto staccarsi anche da lei.


Allora mi sento sciocca e triste. Rivedo ogni singolo comportamento, e mai come adesso ogni cosa mi sembra esagerata. E cosa ne sarebbe stato della piccola Nina? Sarebbe venuta con noi? Avevo dato per scontato troppe cose. Mi ero concentrata soltanto sulla mia persona e il risultato era stato questo: puro egoismo.

Così mi piego sulle ginocchia, perché le sento scricchiolare; ogni cosa perde forma e contenuto.
Resto ferma dinanzi alla finestra, col fiato sospeso, aspettando che Maxim e mamma continuino la conversazione. Ma niente, non aggiungono altro, se non che per Andrej sarà molto difficile. Mi domando perché non accennino a Piergi e a Nina. Non sono forse umani?

Ho troppi interrogativi in testa.
«Così ora sai!»
Era lì, affianco a me, e io non lo avevo sentito avvicinarsi. E ora che è così vicino, ora che siamo l'uno di fronte all'altro, avverto un enorme imbarazzo.
«Oh Andrej, non è come pensi. Io non volevo ascoltare, mi sono trovata qui per caso.»
«Rose, lo so, non essere sempre sulla difensiva, ti conosco abbastanza bene ormai per capire...»
«Io sono rammaricata, non ho parole.»
«Già.»
«È per questo che sei triste, per tua madre?»
In realtà avevo pensato, per un attimo, alla bionda o addirittura a me. Ma che mi era saltato in mente?
«Anche per questo, Rose, anche per questo.»
Capisco che vorrebbe dirmi dell'altro, lo percepisco, ma è come trattenuto.
«Vorrei tanto poterti aiutare, ma non saprei come...»
«Lo vorrei tanto anch'io. Vedi, non è semplice e per me è ancora più difficile di come possa sembrare. Abbandonare mia madre, lei che è qui da sola... È talmente dura... Lei conta su di me, non ha altri, e tutto dipende da quello che farò, perché sono maggiorenne e toccherà a me scegliere. E io le sono talmente grata per tutto quello che ha fatto.»
Resto in silenzio, perché non ho una soluzione, e ascolto, ma non posso fare a meno di essere stupita. Essere grato?
È normale che un genitore ami il proprio figlio e non riesco a seguire del tutto il suo discorso.
«Vorrei restare con lei, ma poi penso che...»
Tentenna, incerto, indugiando oltremodo. Ha uno sguardo tristissimo. Mi prende le mani, inaspettatamente. E poi mi abbraccia forte. Una stretta carica di emozioni, un contatto che racconta cose che ancora non so, e forse non saprò mai.
Ma non porta a termine il dialogo, perché avvertiamo un rumore che ci fa sussultare. Così ci distacchiamo e quel discorso rimane sospeso.

È impacciato, lo vedo da come poggia le braccia sui fianchi.
«Credo sia stato un fagiano», conclude, per cambiare scena, per focalizzarsi su altro.
«Sì», riesco a ribattere, e con fatica.
Ed è in questo modo che ci salutiamo, e vorrei aggiungere altro, ma ogni cosa appare superflua.
E mentre sto osservando questa notte così bella, mentre ammiro questo cielo stellato, non faccio a tempo a girarmi che qualcuno mi fa sobbalzare.

Le sue mani su di me sono bollenti. Mi copre il viso ma lo riconoscerei tra milioni di persone. Un profumo intenso si sprigiona dalla sua pelle, e s'insinua potente, facendosi spazio nella mia anima. Lo sento sorridere e lo assecondo. Con le dita tocco le sue mani e poi passo agli avambracci, ma indugio prima di dire qualcosa, qualsiasi cosa, perché il momento è magico. Mi soffermo sui suoi polsi, accarezzandoli.
«Voglio farti una sorpresa», mi sussurra nell'orecchio.
«Non potevo più aspettare.» E io lo ascolto, senza parlare. Il suo fiato, caldo, sul collo, mi procura scariche indescrivibili. Poi mi libera e io mi giro. Nel buio i suoi occhi sono due pozze senza fondo e io ne vedo l'infinito. Le ciglie lunghe, gli occhi grandi, di un nero intenso. Stranamente non indossa gli occhiali. E io in quelli mi immergo e mi perdo. Le linee dei suoi tratti sono marcate ma delicate. Le sopracciglia folte, lo sguardo curioso e divertito.

Resto a fissarlo, persa nei miei pensieri, ma poi un rumore, un altro ancora, mi riporta alla realtà. È Maxim che chiude le imposte. A stento trattengo un gridolino e Piergi con uno scatto fulmineo mi butta sul prato. Sono esterrefatta e eccitata. Sembra un gioco e non so ancora come andrà a finire. Mi stringe, ma forte. Le mie spalle contro il suo petto. È tutto così dolce e nuovo per me. Non ero mai stata così vicino a una persona e invece con Piergi era stato diverso. Certo avevamo faticato a riconoscerci, ma alla fine gli avevo aperto le porte del mio cuore ancor prima che me ne accorgessi, e la cosa mi era sfuggita di mano.
Siamo qui, sul prato, accovacciati e in attesa, in questa posizione così intima, e sono così felice che vorrei che tutto questo non finisse mai.
Poi ci alziamo e io ricordo il princpessina e tutto il resto, e vorrei tenergli il muso, ma evidentemente non sono tanto brava a celare i miei sentimenti. Così Piergi mi chiude le mani portandole dritte al suo petto, bisbigliandomi qualcosa che non comprendo, ma che non tardo a intuire. E arriva dritto lì, riempendomi di immensa pace e gioia.
«Scusa», mi dice, tempestando di piccoli baci le mie dita. Mi sento amata, coccolata, agitata. Invasa da mille emozioni che non riesco a reggere e a controllare. E sono lusingata da tanto amore - ma che dico?- inebriata. Ma è come un angelo seduttore. Così, mi stacco da lui incrociando le braccia e aspettando dell'altro, perché devo ammettere che tutte queste attenzioni mi piacciono, e come se non mi piacciono, ma il mio è solo un gioco per prendere tempo, perché adoro stare con lui, ma ho bisogno di pensare, perché ho paura, tanta paura di ciò che provo, e non vorrei scottarmi.
«Non vuoi venire?» mi chiede. Rimango a bocca aperta, quando lo vedo scrollare le spalle e voltarsi per andare.
Ma come?
«Ehi, come sarebbe a dire?» Lo tiro a me obbligandolo a girarsi.
«È che io non voglio costringere nessuno.»
«Non puoi farmi questo, dirmi della sorpresa e poi...»
«Su, andiamo, smettila di fare la sciocchina»
Mi tira a sé e mi da un bacio così intimo da lasciarmi senza fiato.
Ma io non facevo la sciocchina.
Sento le gambe sciogliersi e intorno a me il vuoto. Non esiste più nulla: il viaggio, la nonna, i problemi, sono tutti andati via, dimenticati, sepolti. Solo io e lui.
Allora mi appassiono e ricambio con ardore. Ancora e ancora un altro.

«Adesso vieni, però.»
E mi rendo conto di aver finalmente scelto, di essermi arresa, perché si può combattere, ma non si può essere sopraffatti dall'amore senza volerlo, e io lo volevo, l'avevo sempre voluto, inutile negarlo, e non mi importava più.
Mi tira e io soffro, perché ne vorrei altri, di baci, di carezze.
Poi si gira e con un candore indescrivibile, mi dice «Ehi, Rose, ti hanno mai detto che quando baci sei ancora più bella?»
Mi soffia sul ciuffo ribelle e poi mi stringe la mano, grande e calda.
Cammina con passo furtivo e io lo seguo. D'improvviso svoltiamo verso la rimessa.

Lo guardo, ansiosa e desiderosa di conoscere.
«Sei pronta?» mi chiede.
Annuisco.
Ma forse non lo ero. Perché non era una semplice notte. Era il sogno che attendevo da sempre, era il sogno che ogni ragazza avrebbe voluto. E io lo stavo facendo. Cedevo... ed ero così contenta, ma avevo timore.

«Chiudi gli occhi adesso, e non aprirli finché non te lo dico.»
Deglutisco.
Così sono in ansia, tremendamente in ansia. Una sorpresa. Nessuno aveva mai fatto niente per me, al di fuori dei miei familiari.
Avanzo titubante, bendata da un fazzoletto. Stringo forte la sua mano.
Poi l'inaspettato, la meraviglia.
Lo sguardo carico di stupore, l'oro negli occhi.
Centinaia di rami piovono dal tetto illuminati soltanto dal candore della luna che, magnifica, si fa spazio con la sua luce tra le fessure delle travi. E milioni di lucine, come piccole lucciole, illuminano il tetto.

Nell'angolo, un piccolo giaciglio, così segreto, così nostro.
«Rose, vorrei che questo possa cancellare i tuoi cattivi ricordi, vorrei che tu provassi a superare le tue paure.»
Perciò mi è tutto chiaro. Lui aveva provato a portare lì una piccola parte di quel mondo che tanto amavo, ma che restava per me insicuro.
Aveva provato a trasformare lo sconcerto, il terrore, in bellezza e incanto. Lui voleva guarirmi.
«Puoi venirci quando vuoi, quando ti senti triste, quando hai paura. Sarà il nostro rifugio, se lo vorrai, sarà il tuo posto nascosto dove potrai dire basta, e prendere fiato.»
Forse non sarebbe servito, probabilmente non sarebbe riuscito nell'intento, ma non lo avrei mai dimenticato, non avrei mai cancellato quell'episodio, perché sarebbe restato scolpito nel profondo, per sempre, intrappolato dentro di me.
E non lo avrei lasciato sfuggire, perché era mio, soltanto mio.

Spazio autrice

Tutto sembra andare per il verso giusto. Rose pare aver trovato la serenità, ma soprattutto il coraggio di seguire il suo cuore, nonostante la singolarità del caso. Sarà così?

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