37 Rivalutazioni.

«Dove cavolo eravate? Dove?» Le spalle larghe, la mascella contratta. Andrej mi appare enorme in tutto il suo metro e ottanta di altezza.
«Stai bene? Dimmi! Avanti!»
È in affanno, sudato, preoccupato.

Se prima era uno stolker, ora non saprei definirlo. Ossessionato? Apprensivo? Resto basita. Neanche mia madre sarebbe in grado di piazzare una simile scenata. «Lui ti ha fatto, tu...» mi bisbiglia spaventato. Il suo tono indagatore mi sovrasta.
Riesco soltanto a scuotere il capo. Chi mai avrebbe dovuto farmi qualcosa? Piergi?
«Non sapevo dove fossi finita, ti ho cercato dappertutto.»
«Perché?» domando stupita.

«Perché forse il lupo cattivo poteva mangiarti?» dice Piergi, incattivito.
Non capisco perché fa così. Non sono abituata a questo. Lo desidero e lo temo al contempo. Ultimamente passa dalla preoccupazione, dall'essere gentile, all'essere così astioso, ma non con me, ovvio. Sento che c'è qualcosa tra lui e Andrej, qualcosa di irrisolto, e quel qualcosa di sicuro non sono io, forse è Nela, ma l'essere incostante di Piergi un po' mi turba, mentre invece non capisco proprio Andrej.

Ma so che non è normale, lui non è così, Piergi non è così, sarà un momento particolare, e io non voglio intromettermi tra loro.
Poi continua a parlare, stuzzicando il fratello, che all'ennesima provocazione gli si scaglia contro e gli sussurra delle parole che non capisco, ma che non mi sembrano affatto gentili!
Vedo Piergi alzare le braccia e girarsi contrariato.
Poi, d'un tratto, Andrej sembra tranquillizzarsi.
Si toglie la canotta e la scaglia in terra.
«Dannazione!»

Cosa gli succede?
È incredibilmente bello e ridicolo. Cosa poteva accadere? Se con indosso la canotta s'intravedeva la forza, il vigore, a torso nudo è un'esplosione di sensualità.
Mi vergogno dei miei pensieri e delle mie debolezze, dato il momento tragicomico, ma visto così, con i bicipiti gonfi, le gambe lunghe e definite, è una vera bomba. Le labbra sottili, la pelle chiara, i tratti delicati ma spigolosi.
Andrej che mi abbraccia, Andrej che affronta David, Andrej che si preoccupa.

Sto cominciando a apprezzarlo maggiormente e ammetto mi piacerebbe sapere più di lui, sono curiosa.
Non di lui, non fraintendete, ma di ciò che gli passa per la testa.

Ci avviamo verso casa in silenzio. Guardo i miei fratellastri. Sono davvero diversi, e non solo nell'aspetto. E sono fiera di loro, perché ognuno, a suo modo, mi manifesta il proprio affetto. Anche se per Piergi provo di più, naturalmente. E mentre pochi metri mi dividono da lui, perché Andrej è tra di noi, come sempre, vedo Piergi lanciarmi delle occhiate furtive.

Sono stata troppo dura con lui, lo confesso, e in fondo quello che Piergi ha detto di Karolina e del suo modo di agire non è che la verità, non posso dargli torto: lei, la mia amica, non è una persona affidabile, ma credo sia il suo modo di chiedere aiuto, perché Karolina è così, non è una ragazza diretta, non lo è mai stata. E poi, diciamola tutta, è difficile essere obiettivi con un'amica, giudicare quando ci tieni a una persona, e io per lei ho un debole.
Tuttavia mi va di mantenere il broncio, perché doveva starne fuori, non intromettersi tanto come ha fatto.
Così, indispettita, mantengo il cipiglio, per non risultare contraddittoria.

Ok, ok, Piergi mi ha protetto, ma ha spaccato il naso a quel ragazzo! E poi nessuno mi aveva chiamata principessina fino a ora, non con quell'intento, di ferirmi, e mi sento offesa, un pochino.
Arriviamo a casa. Me ne sto dentro la mia stanza, a riflettere. Ho voglia di restare sola. Per cena metto qualche boccone sotto i denti. Non sono in vena di chiacchierare con nessuno, tantomeno con Maxim, quand'anche cerchi in tutti i modi di convolgerci raccontando la sua giornata. È tenero, lo è sempre... con quel suo modo di fare attento, ma proprio non riesco a essere felice. Nonna non è scesa, ha già cenato prima. La piccola Nina oggi non c'è, è da sua madre. Ritorno in camera a leggere un libro che mi stava prendendo particolarmente. Parla di psicologia e amore. Poi sfoglio una rivista, ovviamente datata, che Pavel è riuscito a recuperare qualche mese fa. Non è tardi, ma questa giornata mi ha sfiancato. Sono sdraiata sul letto e sto quasi per addormentarmi, quando sento una melodia. Non saprei. È così lontana, ma in fatto di udito non mi batte nessuno, così scendo tentando di non perdere il contatto. Sembra venga da fuori, ma ormai è quasi buio. Poi il nulla. Eppure non mi pare di averla immaginata. Perciò apro la porta e mi dirigo proprio nella direzione da dove credo provenisse quel suono. Ma niente, mi sbagliavo. Allora resto a fissare il cielo e a riempire i polmoni di quell'odore sublime, che sa di erba, fieno, campagna. Ma proprio quando sto per andar via sento un fruscio. Terrorizzata, mi nascondo. Poi riparte quella musica, è ancora lontana ma ne distinguo bene il suono. Ormai abituata all'oscuritá capisco che si tratta di Andrej. Me ne accorgo da come è seduto. Ha un modo tutto suo di farlo. Ha in mano una chitarra e suona una musica fantastica, che non avevo mai sentito. Non voglio che smetta, così me ne sto zitta zitta per non farmi notare. Poi lo sento cantare a bassa voce, e annotare delle parole su un taccuino. Così capisco che è una sua composizione. Parla di amore, diverso, di terre lontane. È talmente speciale.

Sì, noi non sapevamo, noi
Sì, ma già ci amavamo, noi
Difficile comprendere, difficile dare un nome a ciò che c'è

È così bravo, e per uno strano motivo ho le lacrime agli occhi. È come aver toccato il suo animo, credetemi, è come aver esplorato un oceano sconosciuto,e per ragioni ancora a me incomprensibili mi rendo conto che sono di troppo. Non voglio invadere il suo mondo, non voglio restare un minuto di più, perché mi sembrerebbe di fare irruzione nel suo angolo di paradiso, senza preavviso, senza un perché. È difficile spiegarlo. Allora mi allontano, ma tutto a un tratto la musica cessa.

«Rose!»
Ho un fremito al cuore.
«So che sei tu!»
Mi sento una caccolina. Vorrei essere invisibile.
«Non volevo darti fastidio, io... Non volevo spiarti.»
Ride di gusto, ma non lo capisco.
«Siediti qui, accanto a me.»
Lo faccio, ma sono in enorme imbarazzo.

«Sei bravissimo, io ho ascoltato, ma non volevo, ti giuro io...»
«Tranquilla, non è successo nulla.» La voce bassa, così profonda. Mi stringe la mano per un attimo. Poi si stacca, all'improvviso, come a temere questa volta di essere lui ad andare oltre, a spingersi troppo avanti. Ed effettivamente non me lo aspettavo. Ancora una volta mi sorprende.
È un marziano, questo non è Andrej. Fino a qualche mese fa avrebbe ringhiato, ora invece lui mi permette di entrare... e non è poco.
Se prima ero a disagio, ora sono spiazzata, scioccata.
Non so come proseguire, così dico la cosa più idiota del mondo, proprio quella che non avrei dovuto dire.
«È per una ragazza?»
Ma ti senti, ma che te ne frega?

«Cosa?»
Si tocca i capelli con un gesto fluido, portandosi il ciuffo all'indietro.
«Ah, la canzone? Sì, per una donna», ribatte secco, affondando i suoi occhi dentro i miei.
«Una persona molto speciale.»
Aiutooo.

Sono così a disagio che mi volto, d'istinto, allora lo sento andar via.
«Notte Rose.»
«Notte.»
Deglutisco, ho lo a salivazione a zero e lo vedo allontanarsi e con la coda degli occhi capisco che ancora mi sta guardando, nonostante il buio, nonostante le mie perplessità.
Sono inchiodata al suolo. Non so perché, ma è così bello qui che, se fosse possibile, dormirei sdraiata su un' amaca, ma non voglio che vada, non voglio che Andrej si allontani, lasciandomi così.
Non so bene cosa dire, ma lo chiamo.
«Andrej!»

«Sì?»
«Il fatto che tu ti sia preoccupato oggi, per me, l'ho apprezzato...»
Non risponde, accenna un sorriso.
«È che non sono abituata a questo. Voglio dire che fino a qualche tempo fa noi eravamo...»
«Non preoccuparti, Rose, non devi giustificarti, non hai fatto nulla di male.»
«Aspetta, lascia che finisca, perché poi non ne troverei il coraggio. Io... non ho fatto nulla, hai ragione tu, ma proprio nulla, quando invece avrei dovuto almeno ringraziarti.»
Si mette le mani in tasca, stringendosi nelle spalle. Guarda in basso, imbarazzato, e se non lo conoscessi come lo conosco, direi che non è la persona dura che ho sempre frequentato.
Allora trovo la forza e continuo.
«Mi spiace se reagisco in questo modo alle cose, se vi creo problemi, se mi sono comportata così oggi, ma lasciare nonna, per me non è facile.»
«Già, non lo è mai, per tutti Rose, per tutti. Quando devi allontanarti da una persona cara, quando è in gioco il tuo avvenire, quando devi fare delle scelte...»

«Buonanotte, Rose.»
In questo modo lo vedo andar via, anche se percepisco di aver trascurato qualcosa, un dettaglio, un particolare, che però ancora mi sfugge.
Resto ancora un po' a contemplare il cielo, che è inchiostro su di me, e appare così misterioso. È una notte stupenda, di quelle che non si dimenticano, una delle poche che mi restano qui in Cecoslovacchia. Poi mi avvio, ma dalla finestra della cucina sento mamma e Maxim parlare. Parlano a volume talmente basso che mi incuriosisco.
Lo so, non dovrei farlo, ma ormai è andata e mi scopro a origliare... ma sono felice di averlo fatto, sebbene quello che sento mi lascia perplessa e rattristata. Come avevo potuto tralasciare una cosa del genere, come? Ancora una volta avevo trascurato gli altri, ignorando i loro sentimenti e pensando solo a me, soltanto a me stessa.

Angolo scrittrice

Non si finisce mai di conoscere le persone, o forse siamo pronti,  spesso, a dare dei giudizi affrettati.
Avete già un'idea di cosa abbia trascurato Rose?
Cosa sta succedendo tra Piergi e Andrej.

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