34 Nonna

«Alla fine gli Hrc hanno venduto la loro casa» afferma Maxim, aggiungendosi un'altra fetta di torta.
«Proprio buona, Rose, hai fatto un bel lavoro ieri.»
«Grazie», dico timidamente, evitando di incontrare gli occhi di Piergi.
Non voglio guardarlo ancora, ho paura di arrossire.
«Non credo l'abbiano venduta, sono soltanto andati via», aggiunge mamma stizzita.
«Ah», replica Maxim sbalordito.
«E dove sarebbero andati?»
«Via da questo... schifo, schifo», dice mamma a denti stretti, abbandonando il tavolo.

Cosa sta succedendo? Non ho mai visto mia madre in questo stato.
Maxim la segue a ruota, dopo essersi pulito con il tovagliolo. Lo fa sempre quando deve affrontare un discorso importante.
Vanno via dalla cucina e li sento discutere.
Andrej è nervoso: è la prima volta che lo incontro da quando siamo ritornati dalla montagna. Doveva lavorare, anche il giorno del compleanno di suo padre. Era necessario? Certe volte non lo capisco proprio.
«Hai detto loro la novità?» chiede Maxim a voce bassa. Ha uno strano tono malinconico. Sembra quasi rassegnato.
«Non ancora, io... non me la sono sentita» risponde mamma.

Andrej mi fissa. Sembra voglia parlare.
Sento mamma piangere, è dinanzi all'uscio della porta.
«Cosa sta accadendo, per favore?»
Ho una brutta sensazione.
«Entriamo in guerra, che succede?» imploro, terrorizzata.
«No tesoro mio, no.» Vedo mamma venire verso di me. Si china e mi accarezza.
Maxim si tocca la nuca. Mamma lo guarda.
«Qualcuno vuole spiegarmi?»
Non avendo risposta, insisto imperterrita.
«E allora?»
«Allora te lo dico io una volta per tutte: partiamo» afferma Andrej.
Non mi pare una news. Non vedo perché agitarsi tanto.
«Ma non è una bella notizia? È quello che volevamo. Andare in Italia! Non è così?» puntualizzo.
«Certo, amore mio, certo.»
Mamma abbassa lo sguardo e poi mi osserva, ma non è me che sta fissando. I sui occhi sono persi nel vuoto.

«Quindi?»
Si avvicina anche Maxim, e si piega in ginocchio. Avevo ragione a pensarlo: sta per succedermi qualcosa di brutto.
«Guarda, cara, abbiamo ottenuto il visto.»
«E ciò che cercavamo!»
«Sì, ma non è stato semplice e tutto, a questo mondo, ha un costo.»
«Lo dico io» dice mamma, fermando Maxim.
«Voglio parlare io a mia figlia»
Maxim si allontana, non senza una punta di risentimento. Ma lui è sempre comprensivo.
Tuttavia ho pena per lui. Mamma non lo ha mai tagliato fuori, non fino a ora.

Così prende tempo. Sembra cercare le parole adatte, ma non saranno quelle a rendermi la notizia meno grave.
«Se è per i soldi rinuncerò a tutto. Noi tutti rinunceremo...Vero Andrej? Faremo dei sacrifici.»
«Non è questo, Rose!»
«Vedi», interviene di nuovo Maxim, «raramente viene concesso a tutta la famiglia.»
«Ma noi siamo delle brave persone, non siamo dei dissidenti. E poi voi avete la tessera del partito. Perché il governo dovrebbe farci questo? Avrete frainteso.»
«È vero, hai ragione, ma gli zii sono emigrati regolarmente.»
Parla degli zii andati in Italia, ma che c'entrano con noi? Non ne capisco il nesso.
«E questo che vuol dire? È una cosa positiva. Hanno fatto tutto legalmente» avanzo, sempre più convinta di quello che dico, perché ho ragione.
«Rose», interviene Andrej, crudo come al solito «tua nonna non verrà. Il governo limita gli spostamenti all'intera famiglia!»
«Cosa? Non è vero, non sai quel che dici!»

«È vero, Rose» sottolinea impavido.
«Ma noi siamo tesserati!»
«Non vuol dire nulla. Tutti siamo potenzialmente spie. Nessuno si salva ai loro occhi. E il fatto di avere dei parenti all'estero per loro non è una cosa positiva, anzi, rappresenta una minaccia. Siamo soggetti da tenere sotto osservazione, a maggior ragione. Per quale motivo credi che la nostra posta sia sotto controllo? Te lo sei mai chiesto? Non escludo che lo siano anche le telefonate.»
«Ma se hanno tanta paura di noi, perché darci il permesso? A questo punto potrebbe venire anche nonna. Non ha senso... Il costringerla qui non farebbe la differenza.»
«E invece sì», ribatte il mio fratellastro.

«Nonna non ha il visto, amore», risponde mamma, più comprensiva.
«Aspettiamo che lo abbia! Qual è il problema? Abbiamo rimandato la partenza, possiamo farlo ancora.»
«Probabilmente non lo avrà mai. È il loro ricatto. Temono che possiamo fuggire, ma non con nonna qui...»
«Ma noi non fuggiremo, non con nonna qui, appunto. Non è così?»
«Grandi cambiamenti sono in corso, e noi vogliamo sfruttarli. Tua nonna ci raggiungerà presto, o forse sarà tutto finito quando...»
«Cosa stai dicendo? Vuoi abbandonare nonna qui? E se le cose non dovessero cambiare? Chi si occuperà di lei?»
«Non sarà sola. C'è Pavel. Appena possibile ci raggiungeranno, quando le acque saranno più calme. E poi abbiamo tanti amici.»
«Ma non ci saremo noi. Non sarà la stessa cosa. Se non viene nonna, io non vado da nessuna parte, da nessuna.»
«E invece sì», irrompe nonna, con voce perentoria. Si affretta a dire, ma ha un fuoco negli occhi, una fiamma che non le avevo mai visto.

«Tu partirai. Tutti voi partirete. Sono solo una povera vecchia. Voi avete tutto davanti. A me che rimane?» parla commossa.
«Nonna!»
La stringo forte a me.
«Tu sapevi e non mi hai detto nulla?» chiedo piangendo.
Penso a quando è andata via dalla stanza, senza un cenno, una sola parola. Ora capisco ogni cosa.
Come hai potuto, nonna, farmi questo. Nascondermi la verità?
«Ti prometto che ci vedremo presto. E poi io non posso, non voglio andar via di qui. Troppi ricordi. Questa è la mia patria, è tutto ciò che mi rimane. Qui c'è tuo nonno, in questa terra è sepolto il pilastro della nostra famiglia. Io non ce la faccio ad abbandonarlo.»

Non posso biasimarla, ma è troppo difficile accettare.
«E preferisci lasciare noi? È questo che vuoi?»
«No piccina, è solo un rimandare a tempi migliori. Voglio per te, ora, solo cose belle. E non sprecare il tuo tempo così, a piangere. Solo cose belle. Rendimi felice. Non potrei restare qui sapendoti triste. Fallo per me!» mi chiede supplichevole.
Ma io non sono in grado, nonna... No, è più forte di me. Mi sento tradita. Ho una tempesta nel cuore.

«Quando farete la festa?» chiede Maxim.
«Tra cinque giorni, il tempo di spargere la voce» risponde Piergi sommessamente. Mi studia per vedere la mia reazione, ma io non ci riesco a fingere, non a rassegnarmi.
Allora fuggo.
«Rose, ti ordino di venir qua!» grida mia madre.
Ma io non voglio. Ho bisogno di fuggire. Prendo la bici e vado via. Non so dove andrò. Di certo non voglio restare un minuto di più in quella casa. E mentre pedalo, veloce, sento Piergi corrermi dietro. Le sue urla mi arrivano, ma non mi convincono a rimanere, perché ho bisogno di elaborare, perché è troppo per me, perché sono sempre la solita, imperfetta, quella che non riesce a restare ferma, e allora volo, volo, lontano da tutti, lontano dai problemi, lì dove il cuore possa ricucirsi un po', per cercare un po' di pace, lì dove ho sempre ritrovato me stessa e una risposta a ogni problema. Fuori dal mondo, dove nessuno potrà trovarmi, dove ci sarò solo io e i miei pensieri. Io e i miei problemi. Perché deve esserci un altro posto dove possa rifugiarmi, una dimensione parallela che non mi costringa ad affrontare la realtà, dove trovare rifugio...
Vero papà?

Angolo autrice

È così è arrivato questo momento, doloroso, dolorosissimo. E pensate che non è finzione. Gli slovacchi che avevano parenti emigrati all'estero venivano sorvegliati, perché il pericolo di fuga era altissimo. Ho voluto raccontare questa storia perché si sappia ciò che queste persone hanno passato. Molti di loro, come Rose, non hanno capito, non hanno colto il calore delle restrizioni, perché quando vivi nel tuo micromondo e non conosci dell'altro, quando non sai cosa c'è fuori, nelle altre parti del mondo, non puoi fare le differenze. Ma se i bambini erano felici, lo erano anche gli adulti?
Ovviamente ho cercato e sto cercando di narrare il tutto il meno pesantemente possibile, ma per non gravare troppo sulla narrazione. Aspetto vostri commenti. Ciao. La vostra Free.

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