27 Deduzioni

Come siamo finiti in questo modo? Non me lo spiego.
Siamo fusi in unico abbraccio, nello stesso dolore. Vite diverse, sogni diversi, uniti, ora, da una sola certezza. E piango, lo faccio sommessamente, trattenendomi come meglio riesco.
Sono piegata, schiacciata da un tristezza accecante, un dispiacere intenso, e ho paura, tanta paura che sia tutto vero.

E restiamo in questa posizione per un periodo di tempo che sembra interminabile, finché Andrej non si stacca e inizia a piangere, a urlare, imprecare, disperatamente, senza ritegno.
E fa male vederlo così, è struggente.
Lui, quello duro, insensibile...
Lui, ora, così debole, così umano.
Nela si accartoccia, chiedendo conforto a Tamara, mentre Tobias sembra annichilito.

Mi si spezza il cuore.
Vorrei poter riavvolgere il nastro, oh quanto lo vorrei...
Pagherei per farlo.
Andrej sembra una statua. Fa impressione. Ci guarda incredulo, mendicando, inutilmente, negli occhi di ciascuno, qualcosa che vorremmo dargli, ma non possiamo, nostro malgrado non possiamo, perché non è nelle nostre possibilità, perché non ci è concesso.
E cerca, cerca un'ancora, un appiglio a cui aggrapparsi, uno spiraglio...
Poi, senza preavviso, si gira e ci dà le spalle e getta fuori tutto, anche l'anima.

Le sue grida, stridule, sono pugni nello stomaco. Inizia a correre, scalciando, graffiando l'aria, con le sue parole. Tobias lo ferma, cingendogli le spalle, e tenta di bloccarlo. Io faccio altrettanto - ci provo almeno - ma non ci vedo più quando a un tratto si ferma e mi guarda... e con gli occhi pieni di struggimento, si blocca, in una immobilità innaturale.
È un sussurro, quasi una resa la sua, così avanza quell'ipotesi, e la rende vera, con le sue parole, con le sue deduzioni, senza un briciolo di delicatezza, senza fronzoli, senza mezzi termini.

«È morto, morto.»
Sembra un dato di fatto, una verità inconfutabile, una realtà che suona falsa come una bugia perché non posso accettarla.
E così, senza accorgermene, è un attimo, un lungo interminabile attimo che mi basta per rivedere in lui quegli occhi, dolci, infinitamente dolci, e le sue fossette.
Rivedo Piergi, il mio Piergi.
Mi torna in mente il suo coraggio, quello di cui avremmo bisogno in questo momento, quello che lui avrebbe avuto per Pavel, per ognuno di noi, quello che mi aveva strappato al più orrendo dei destini.

Lo rammento, sì, e capisco che è tutto uno sbaglio, che noi siamo uno sbaglio, perché non dovremmo rassegnarci a un destino così crudele, non senza aver tentato, perché Piergi lo avrebbe fatto con me, così come mi aveva difesa da David, e io avevo il dovere di provarci, di tentare l'impossibile. Glielo dovevo, perché lui non si sarebbe dato per vinto tanto facilmente. Non si era arreso allora e non aveva mollato neanche con Pavel, quando tutto sembrava finito, quando il fiume di fumo sembrava averlo inghiottito. Lui non aveva desistito allora dal provarci e non lo avrebbe fatto adesso, se si fosse trovato nella nostra medesima situazione. Lui c'era sempre stato, sempre, e io non avrei potuto non fare ciò che lui avrebbe fatto per me: lottare e non non arrendermi mai.

E allora succede, per l'ennesima volta io lo schiaffeggio, avete capito bene, io schiaffeggio Andrej e provo una grossa liberazione, grande, e nessun pentimento. Avverto sciogliersi tutte le tensioni e le energie compresse che scivolano via.
E avrei continuato a schiaffeggiarlo se Tobias non mi avesse fermato, sì, avrei continuato, se lui non si fosse smosso da quel torpore, perché era troppo arrendevole e non mi piaceva vederlo così, spento, talmente inerte da non reagire nemmeno alle mia offese.

Aveva gettato la spugna, già, e non lottava più.
È c'è voluto tanto lavoro su me stessa per non crollare, per controllarmi.
Inizio a correre, disperatamente avanti e indietro. Potevo trovarlo, dovevo. Finché non odo un rumore, intermittente, provenire dal basso.
«Lo sentite, lo sentite anche voi?»

E come una piccola fiammella si accende nel buio, debole, così si era accesa in me una minuscola speranza, esigua, ma pur sempre una speranza. E più quel rumore continuava, più si faceva viva la possibilità che non tutto fosse perduto.
Così faccio l'unica cosa che mi rimane, nonostante il bruciore in gola, nonostante l'arsura. Grido, ci provo, e non sono l'unica ad avere quei problemi, perché anche Nela, che mi imita, fa fatica a urlare. Lo chiamiamo, all'unisono, tutti.

Eppure noi avevamo bevuto, tentando di spegnere il bruciore nelle narici e negli occhi...
Eppure Piergi non lo aveva fatto...
Come poteva d'altronde? La sua borsa era qui, la stringo ancora adesso.
Ed è così che intuisco, ho l'illuminazione...
Ed è in questo modo che mi aggrappo a quell'unica chance.
Piergi non poteva parlare, e ci stava chiamando.
«Zitti, zitti lo sentite, lo sentite?» tiro fuori a fatica.

«Cosa, cosa Rose?» chiede Tamara.
«Piergi non riesce a parlare, per la polvere, o forse è ferito» ipotizza Tobias, come illuminato.
«Già, ma dov'è, dov'è?»
«Silenzio, fate piano. Pier, se ci senti batti due colpi, più forti, più forti», dice Andrej con un filo di fiducia.

E seguono, seguono, quelli si succedono e io, noi, siamo invasi da una gioia infinita. Gioia e commozione, gioia e preoccupazione. Ancora increduli, siamo intenti a captare con gli occhi attenti, le orecchie tese, quei segnali che nella quiete, insolita, appaiono come fuochi d'artificio nei nostri cuori, e quelle esplosioni le avverto forti, dentro di me, e ho i brividi, perché non voglio illudermi.

Poi la deduzione di Tobias, che si sporge, ed è così che avviene quella scoperta, inaspettata, immediata e agghiacciante.
Piergi c'è ed era sempre stato lì, a un passo da noi, attaccato alla vita, a un passo dal cadere, abbarbicato alla montagna come l'edera a un muro. Lui, a più di mille metri di altezza, giaceva lì in piedi, e vomitava, sputava veleno, e respirava ancora mentre noi lo davamo quasi per perso. E fa impressione vederlo stretto in quella lingua di roccia, che si staglia sull'abisso. Incute timore vederlo così, immobile, a un passo dal precipizio, ma è al contempo meraviglioso. Lui non si era arreso mai.

Sono ammutolita dal terrore. Contenta e spaventata...
Lui c'era e c'è sempre stato, d'accordo, ma per quanto tempo ancora avrebbe potuto resistere?
Il caldo, la stanchezza...
Non voglio pensarci.
Solo cose positive, Rose!

Era girato, rivolto col viso alla roccia, è così che l'avevo intravisto qualche minuto prima, affacciandomi un istante su quel dirupo.
Ma non credo di riuscire di nuovo...
Non credo lo farò ancora. È troppo dura vederlo lì.
«Puoi parlare?» prendo coraggio.

Ed è chiaro a tutti che non possa farlo, perché a quella mia richiesta non segue una sola parola, perché se avesse potuto ci avrebbe chiamati prima...
Andrej si tira i capelli indietro, spaventato.
«Vuoi dell'acqua?» grida Tobias pensieroso.
«Se vuoi batti un colpo», continua poi.
«Datemi la borraccia, forza!» implora.
Sembra il più concentrato. Ed effettivamente lo è. Si asciuga la fronte con la maglietta e tira via gli occhiali mezzi rotti e l'apparecchio che è sporco di sangue. Poi recupera l'acqua dal suo grosso zaino. Visto così, al naturale, pare un altro ragazzo.

«Piergi, ascoltami bene. Non ti butterò giù una borraccia, potrebbe essere pericoloso. Non voglio che tu ti sporga inutilmente. Ti lancerò dell'acqua in testa, per idratarti. Sta' tranquillo, ti tireremo fuori subito. È una promessa, ok?»
Ci guardiamo io e Andrej.
Lui sembra fidarsi dell'amico, e anche io voglio farlo. D'altronde non ci rimane che questo...

Poi, Tobias, mentre aiuta Andrej a sistemare delle corde e degli attrezzi, armeggiando con quel suo coltellino, mi si avvicina e mi chiede di parlare a Piergi, di tranquillizzarlo. Come fosse facile! Lo vedo allontanarsi alzando in mano l'arnese. Aveva ragione: in montagna non sai mai che ti capita, e lui era stato previdente.
Vorrei tanto poter esaudire questa su richiesta, tanto. Ma sono provata, profondamente segnata dalla stanchezza, dalla fatica... e devo averlo scritto in faccia, devo portarne i segni impressi nel volto, perché vedo Tamara venirmi incontro e fare ciò che non mi sarei mai aspettata, ciò di cui non sarei mai stata capace, almeno adesso...

E lo fa in maniera avveduta, sicura. Sono stupita!
E indossa bene quei panni, non c'è che dire. Intrattiene Piergi modulando la voce dolcemente, infondendo quella serenità che a tutti manca, condizione fondamentale per raggiungere il nostro obiettivo, perché dobbiamo crederci, e siamo a un passo dal raggiungimento... anche se - mi rendo conto - solo un miracolo potrà salvare Piergi, soltanto un miracolo.

Spazio autrice

Ve lo aspettavate? Che mi dite del capitolo? Nella vita basta poco per cambiare, e le persone non sono mai come sembrano.
Spero vi sia piaciuto. Fatemi sapere.

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