26 L' inaspettato
Sento il sangue pompare nelle vene e il bisogno improvviso di fuggire, di respirare aria nuova, come quando si è chiusi da troppe ore in una stanza.
Ma io non ho un tetto sopra la testa, non sono a casa mia, non ho bisogno d'ossigeno, mi appresto semplicemente a scalare la montagna, mi preparo a raggiungere la cima, il polmone del mondo, e lì di ossigeno ne avrei avuto a bizzeffe.
Eppure quel presentimento, come un macigno sul petto, mi comprime il torace, lasciando pezzi di me ovunque, gettandomi nello sconforto più totale e risucchiando ogni mio respiro.
Era il riflesso alle emozioni di Tobias? Era la risposta, la mia reazione, agli sguardi perplessi di Piergi e Andrej? Era la conseguenza alla confusione di Tamara e Nela?
Sì, ero letteralmente sgomenta.
Una sensazione di perdita e smarrimento, che leggevo negli occhi di Tobias, maledettamente sorpresi, tristemente impauriti e che continuo a vedere nello sguardo di Andrej.
Vorrei relegare, per un attimo, questi pensieri oscuri, come presagi, nei posti più remoti della mia mente...
Vorrei poterli cacciare via, sì, tutti, ma hanno il sapore dell'amaro in bocca e sanno di paura, perché è la cruda realtà e io ci sono dentro.
E allora, a ogni saltello forsennato di Tobias, a ogni sua considerazione dannatamente vera, il mio cuore perde un battito, e l'arcobaleno che avevo visto specchiandomi negli occhi di Piergi scompare, cedendo il posto a colori tetri, neri, e il rosso si espande come il colore del sangue sul manto di quel gregge.
Impazzito, corre impazzito.
Ogni singolo animale è in preda al panico più totale. C'è qualcosa di vagamente simbolico che mi rimanda al peccato e alla purezza in quelle immagini. Non saprei spiegarlo.
Penso da principio a una bestia, una grossa bestia feroce...
Ma può una sola belva provocare tutto questo? Mi balenano nella mente mille ipotesi e nessuna, mai nessuna di queste, rimanda a un epilogo felice. Solo dopo pochi istanti avverto un rumore sordo, seguito da una cascata di pietre, come una sciame, proprio dopo l'ennesima considerazione di Tobias, l'istante dopo il latrato dei cani, un attimo dopo il buio. È in una frazione di secondi, una manciata di interminabili secondi, che capisco quello che sta succedendo. Ma forse è già troppo tardi...
La natura, così dolce, così bella da togliere il fiato, ci sta mostrando la parte peggiore di sé e si riversa contro di noi con tutta la sua forza brutale. Massi e pietre contro, e lo scalpitio feroce e violento di quelle bestie ci viene addosso senza pietà.
Io, io non credo ai miei occhi.
La velocità, l'estrema rapidità in cui tutto accade...
La caduta verticale verso il basso di quella gigantesca massa...
Non ho neanche il tempo di pensare di essere spacciata...
È così violento l'impatto, giù, davanti a noi... e poi il rotolamento di quell'enorme, smisurato blocco... che io non ho il tempo di riflettere.
Non c'è più il fruscio del vento tra le fronde degli alberi, i bei suoni della vita, il canto degli uccelli che permette al mondo di fluirmi dentro, quasi a purificarmi, ma solo il crepitio, un rumore lungo e continuo simile alla grandine quando viene giù.
Il terreno mi manca sotto i piedi e assume l'aspetto di un fluido, viscoso.
Non ho più il controllo del mio corpo, scivolo, e non ho alcuna presa perché il mondo ci sta crollando addosso, ed è fango, polvere negli occhi, nelle narici.
Il gelo nella gola, secca arida, e il calore di Piergi tra le dita. Mi prende la mano, mi strattona, poi il nulla.
Uno strappo forte alla caviglia e il buio.
Non so quanto tempo sia passato. Apro gli occhi sul sentiero informe che sembra scintillare alla luce del sole. Metto a fuoco il metallo colorato che si muove. Poi allargo l'immagine e dai denti passo al naso, alle lentiggini e ai capelli. È Tobias! Vedo su di me, storti, i volti sorridenti e sporchi delle bionde. Poi compare Andrej, con la fronte sanguinante, e mi tocca, muove le labbra, ma non riesco a udire alcuna voce.
Non sento nulla e mi brucia la gola. Lo vedo dannarsi. Dannazione e felicità. Mi bagna il collo... e i polsi.
Riesco a bere e poi avverto come uno schiocco violento nella gola e nell'orecchio e il rumore... di colpo ritorna il rumore, prorompente, e riempie i vuoti che si erano creati dentro di me. Tossisco e sento... io vedo e capisco che quel mondo che stava per ingoiarmi, mi ha risparmiato e sono viva.
Io sono viva. Il gregge è ormai giù, o parte di esso. Vedo gli occhi, spezzati alla vita, di una capra... e in essi il terrore. Sono distrutta.
Ricompongo il puzzle, siamo tutti sani e salvi... ma un momento.
Dov'è Piergi?
«Dov'è tuo fratello?»
Andrej si stacca da me e inizia a camminare avanti e dietro, come impazzito.
Siamo tutti scossi, Andrej più di tutti, solo Tobias appare eccitato.
«È stata forte. Ci pensate? Noi siamo proprio nella zona di accumulo. Il distacco deve essere avvenuto lì. E questo è niente rispetto a ciò che la natura può fare. È stata piccola, una piccola minuscola frana...»
Ma nessuno gli dà retta.
Mi tende la mano e mi aiuta ad alzarmi.
«Hai visto Rose? Sei stata fortunata. Prima esplorazione e hai già visto tutto questo!»
Sono stata fortunata? A salvarmi o cosa?
Mi libero da lui e vado oltre, per raggiungere Andrej. Effettivamente è stata una piccola frana, il masso che è caduto giù, ora, sembra piccola cosa rispetto a tutto, a queste rocce, a questa montagna. Sebbene qui non mi senta più al sicuro e vorrei fuggire, non vedo Piergi...
Sono turbata e trattengo le lacrime. Faccio fatica, ma le trattengo. Vorrei chiamarlo, ma sento che non ci riuscirei. Mi limito a seguire Andrej, mentre vedo Tamara piangere e abbracciare Nela.
«Che dici?» mi domanda mentre ascolto Andrej chiamare Piergi.
«Dico che hai rotto il cazzo!» irrompe Andrej.
«Aspetta, aspettate» mi frappongo tra loro ancora tremante.
Andrej è sconvolto e non riesce a trattenere le emozioni.
«Manteniamo la calma, magari Tobias non si è accorto di Piergi...»
«Scusate, non mi ero reso conto... io, per me insomma, che studio geologia...»
«È tutto ok, non importa, non è successo nulla», mi precipito a puntualizzare.
C'è un enorme tensione e Andrej è come impazzito. Io stessa lo sono.
Continuiamo a cercarlo, ma niente, Piergi non c'è, da nessuna parte. Trovo il suo zainetto aperto, in prossimità del precipizio, e barcollo. Mi sento quasi mancare. Tra le mani ho il moschettone che avevamo aggiustato la sera prima. Lo stringo, forte, tra le mie dita.
Le bionde vengono verso di noi e Nela mi abbraccia. Tamara fa la stessa cosa. Sono stordita. Poi Andrej mi rivolge un'occhiata che come sempre non so decifrare. Gli mostro lo zainetto...e il moschettone, senza riuscire a proferire parola. Non ci sono rancori tra noi, né muri...
Improvvisamente non c'è nulla più a dividerci.
Inaspettatamente mi tocca la spalla e poi, così, senza preavviso, come dal nulla, mi ritrovo abbracciata a lui.
«Scusa... sono contento che tu stia bene, perdonami, per tutto», mi dice all'orecchio con un fil di voce, l'odore di polvere misto alla sua pelle. Mi guarda negli occhi, di un azzurro intenso. Eppure non l'ho mai visto così indifeso, eppure non ho mai scorto così tanto buio in quelle iridi che sembrano grigie, prive di luce. Il suo viso nascosto dentro al mio. Spalanco gli occhi con un singulto e mi sento osservata da tutti, ma non mi importa.
Andrej mi è completamente addosso e mi sta stritolando, in una morsa stretta ma così morbida, talmente rassicurante. Nessuno mi ha mai abbracciata così, nessuno mi ha toccato così tanto intimamente e con cotanta urgenza.
Se questo significa perdonare, dimenticare, avrei voluto un altro momento per noi, un altro, per ricominciare, per cancellare ogni divergenza.
Una carezza che sembra in questo momento uno schiaffo, duro, agghiacciante.
Sento il suo petto alzarsi e abbassarsi sul mio... e il suo dolore dirompente, che non trattiene più.
Dimentico tutto, il mondo, il resto, gli altri, e chiudo gli occhi, io chiudo gli occhi, avvolta da quel tepore, con il respiro sul collo, caldo, con le sue lacrime che mi bagnano il volto, come stille argentee che ora sono le mie, le nostre, e si appiccicano all'anima, inevitabilmente.
Sono confusa, disorientata, talmente spaventata... ma so soltanto che non vorrei essere in nessun altro posto che qui, tra le sue braccia, e sto talmente bene da non volermi staccare, perché ho paura di sapere cosa ci sarà fuori, fuori da tutto questo, e di sapere cosa non troverò.
E non siamo più soli. Sopra di noi Tobias e le bionde, in una partecipazione intensa, unica, che ahimè ha un solo significato e porta dritto a una sola conclusione, terribile, inaccettabile, la sola disponibile, quella che non si vorrebbe mai sentire.
Proprio così, quella che non si vorrebbe mai sentire.
Spazio autrice
Rose che presagisce ciò che sta per avvenire attraverso le sensazioni degli amici, dei fratelli.
Rose che intuisce.
Una interpretazione dei loro movimenti, delle loro reazioni, che non vuole accettare, perché qualcosa di brutto sta per accadere - lo legge negli occhi di tutti - perché non può e non deve succedere, non a lei che sta vivendo un momento magnifico.
Vi è mai capitato di avere dei presentimenti? Perché è quello che accade alla protagonista.
Eppure c'è chi non di scompone...
Che ne dite del capitolo? Piaciuto?
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