23 La sfida
Con foga appoggio lo zainetto per terra. Ho le braccia incrociate e mi sento una stupida, una emerita sciocca. Mi sudano le mani. Come ho potuto soltanto pensare a me e lui insieme, da soli...
Oddio, che idiota!
Avrei dovuto dannarmi per essere stata così ingenua, ma ormai è fatta, il resto non conta.
Mi guardo avanti.
Di colpo tutt'intorno il silenzio.
Le oche hanno smesso di starnazzare. Tutti gli sguardi convergono su di me, così capisco di essere al centro della loro attenzione. Sono loro, Tamara e la biondina, le ultime persone al mondo che avrei voluto incontrare. La prima alza un sopracciglio squadrandomi dall'alto verso il basso. Sembra "schifata", si può dire?
Mi sento di troppo, fuori luogo, sì, fuoriluogo. Alle loro spalle c'è lui, Piergi, splendido e fiero come un cigno. I lineamenti sottili, gli occhi che mi scrutano da dietro gli occhialetti.
Meraviglioso, non dovrei dirlo...
E mi è impossibile respingere questo pensiero, ma è esattamente così, è come mi appare, è come lo avevo sempre visto, semplicemente lui. Un ragazzo normale, così ordinario eppure così tanto particolare.
Lui che non faceva nulla per farsi notare, lui così vero e spontaneo... ma risaltava proprio per essere semplicemente se stesso: era in ciò che risiedeva la sua singolarità.
Sì, lui era una rarità, decisamente, e come se non lo era.
Generoso, altruista, risoluto, capace.
Mi ero spesso chiesta se anche gli altri avessero potuto vederlo come io lo vedevo, se anche loro trovassero in Piergi ciò che io ammiravo e in cui mi perdevo, o se la sua bellezza avesse stregato solo me...
Ma non avevo mai avuto una risposta.
Intrappolata, ecco cos'ero, e nella sua tana mi ero infilata e non per puro caso. Mi ero fiondata proprio io.
Mi aveva illuso, d'accordo, ci avevo creduto... ed ero finita per trovarmi in quella imbarazzante situazione, ma non potevo fare a meno di giustificarlo.
Io lo avevo già perdonato e probabilmente lo avrei fatto all'infinito se solo me ne fosse stata concessa la possibilità.
E così è difronte a me. Mi guarda divertito e io gli sorrido di rimando. Poi mima un broncio e gli si creano delle dolcissime fossette sulle guance.
Cosa fai, mi provochi?
Sono incantata, questa è la verità, a chi voglio darla a bere?
Poi guardo loro, con le scarpette bianche, la fascia in testa, vestite di tutto punto, e io... con le mie bermude mimetiche. Per fortuna che quest'anno mi calzano perfettamente, è l'unica mia consolazione.
Mi sento inadeguata e inferocita. Mi ha soltanto presa in giro, si è burlato di me. Ogni tanto l'altra me prevarica, quella che non perdona, quella che difficilmente dimentica. Vorrei dirgliene quattro, ma temo finirei soltanto per farmi ridere dietro. E poi dovrei prendermela più con me stessa, forse...
"Vuoi venire con me?"
Se mi sforzo riesco ancora a sentirle le sue parole, ancora, e s'infilano dentro, tra le pieghe del mio cuore straziato.
È come andare sulle montagne russe con lui, l'ho imparato a mie spese. Vado troppo presto su di giri per poi sentirmi di colpo buttata giù, sottoterra. La mia autostima cresce e regredisce a ritmi scoinvolgenti. Non ho più il controllo di me stessa.
E a che gioco stiamo giocando?
Dovrei fermarmi, sento che sono prossima a bruciarmi, ma è più facile, mille volte più semplice, contrastare il pericolo, che porre un fine all'irreparabile. Potrei trovare un rimedio fuggendo, rinunciando alla gita, basterebbe fingere un semplice malessere, ma non saprei mai come sarebbe andata ... e il rimpianto mi consumerebbe per tutta la vita. Devo provarci...
È vero, è tutto nuovo, ma devo provarci.
Così finisce per vincere lei, quella parte di me più arrendevole o semplicemente più romantica.
Rose, c'è sempre una giustificazione, non è sempre come sembra.
Lo so papà! È il light motive della mia vita.
Mi vesto allora di superiorità e, con questa consapevolezza, armata di coraggio, sfido la mantide e la bionda, degnandole a stento di un ciao risentito. Tiro dritto e fingo, non curante, di cercare delle cose nello zaino, e così facendo mi posiziono al suo fianco, vicino a Piergi.
Va bene, non sono alla loro altezza, siamo anni luce distanti - io sportiva e naturale, loro eleganti e sofisticate - ma ho tutto il diritto di stare qui, lo merito, perché lui mi aveva invitata, Piergi mi voleva con sé, e questa volta non lo avevo sognato.
E mentre l'imbarazzo si fa strada in ognuno di noi, mentre risalgo quelle acque macchiate dalla vergogna, quasi prossima a una vittoria, la voce dirompente di Andrej taglia l'aria e io non posso che sentirmi stringere sul petto.
Non c'è mai fine al peggio, è proprio vero.
Andrej che corre verso di noi, Andrej che si sforza a stento di fingere di non essere sorpreso.
Io che vorrei sprofondare...
Perché se potevo contrastare e tenere testa alle due barbie, se riuscivo agevolmente a perdonare Piergi, a comprenderlo e a passarci sopra, non mi comportavo con altrettanta magnanimità con lui, no, proprio non ce la facevo. Mi aveva teso più volte la mano, non spifferando, tenendosi dietro le quinte, in disparte, mi aveva quasi chiesto scusa - o almeno ci aveva provato, a modo suo - ma era più forte di me, io lì non lo volevo.
Non lo reggevo, forse perché ci ricascava sempre, forse perché era sempre in agguato, come un felino...
Lui era pronto per attaccare: poteva sempre pentirsi, ma tutte le volte era sempre fuori tempo massimo, tutte le volte lo faceva troppo tardi.
«E lei che ci fa qua?»
Come non detto, eccolo, ci risiamo.
Piergi non gli risponde, così lui con prepotenza, con la sua solita arroganza, lo trascina lontano. Gesticola, si gira, poi lo guardo attaccare.
E invece Piergi, con la sua maestosa eleganza, lo ascolta, silenzioso, poi inaspettatamente passa al contrattacco, e vince, sì, ha la meglio.
«Glielo dobbiamo, poi loro non sono da meno quanto a imbranataggine. Cosa credi le renda così diverse? Stai esagerando... Ma guardale! Se c'è una in grado di andare là in cima, bhe, quella è proprio Rose.»
E a quelle parole segue il silenzio, che la dice lunga, che tinge l'aria di colori diversi.
Mi secca dirlo, ma avverto come una finzione, come se in fin dei conti avessi scorto in Andrej una arrendevolezza non sua, come se in fin dei conti non gli dispiacesse la mia presenza. Ecco spiegata la vittoria di Piergi, così semplice, così poco combattuta. Certo, mi tocca ammetterlo, non è proprio quello che volevo. Avrei preferito un distacco più netto che accontentarmi... perché vedete, è così che sembra: non un accordo, non un venirsi incontro, ma un desiderio camuffato da concessione. Forse sto fraintendendo, forse sto esagerando, e il suo intento era solo di umiliarmi, di sottolineare la mia inferiorità, ma ci scommetterei che lui, Andrej, mi voleva.
Glielo leggo tra le righe, e non lo avrebbe mai ammesso, mai. Di qui la sceneggiata.
Un perfetto attore, che dire?
Così si gira e mi guarda, come a passarci sopra, come a tollerare la mia vicinanza, lui che invece mi desiderava al suo fianco, lui che anelava la mia presenza.
«È solo che... temo per lei.»
Per uno strano motivo la cosa mi infastidisce e lusinga allo stesso tempo. Le parole che spesso mi riserva e il suo sguardo schiacciante mi creano disordine, mi spiazzano, non lo posso negare, ma è altrettanto vero che mi è impossibile ignorare la sensazione di fastidio che provo quando lui non si cura di me, quando non mi degna di uno sguardo, quando capisco che non mi lascia altra scelta. È enorme, già, proprio così, pari solo alla rabbia che mi monta quando inveisce contro di me, quando mi getta addosso tutto il suo odio e il suo disprezzo.
Ci avviamo, ma io resto indietro con questa sensazione nel petto. Quello sguardo torvo e profondo mi carica di ansia e turbamento.
Devo proprio dirla tutta: ho uno strano presentimento... e per queste cose - forse mi ripeto - ho un maledetto intuito.
Speriamo di sbagliarmi...
Ma adesso non è tempo di perdersi in chiacchiere, ho una missione da affrontare: provare a quel pallone gonfiato e superbo di un ragazzo che io posso farcela. È diventata quasi una sfida con Andrej..
È certo che ci riuscirò, ora più che mai io devo riuscirci, nonostante le mie fobie.
Potete contarci...
Parola Rose.
Spazio autrice
L'amore per Piergi e l'odio per Andrej. Due sentimenti così lontani e nello stesso tempo così vicini.
Che ne pensate?
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