17 Il valore dell'amicizia
Mi sento fredda e accaldata allo stesso tempo. Non so che mi sia preso. Forse ho esagerato. Certo è che ho provato tanta vergogna e un bisogno disperato di scappare, di sottrarmi a quel confronto. È che le altre hanno tanto più di me e io così poco. Sono quasi una bambina...
A essere sincera non mi sono mai sentita attraente o cose di questo genere, e poi la maglietta e tutto il resto... hanno fatto la loro parte e non ho retto il paragone. "Rose, piccola Rose."
Non voglio più, non sono più la piccola Rose. Mi guardo allo specchio. Ho una maglia di due misure più grandi di me, il seno piccolo, un pantaloncino largo. Sono l'antifemminilità, la negazione dell'essere donna.
Così penso alla grazia, alla delicatezza della bionda e ancora alla sinuosità di Tamara, alla sua voce suadente e profonda, che mi dà sui nervi, e alla bellezza senza eguali di Karolina. Rivedo Tamara, le sue gambe lunghe e slanciate, la sua pelle liscia e setosa, le sue labbra così femminili. Bussano alla porta. Non faccio in tempo a rispondere che vedo Piergi entrare. È stranissimo guardarlo lì, sull'uscio della mia camera: insomma, sono quasi quattro anni che viviamo insieme, o forse un po' meno, e non é mai accaduto prima d'ora. Permettetemi di essere quantomeno stupita, ne avrò il diritto?!
Mi vergogno.
La mia stanza è un vero caos.
Non che di solito sia superordinata, ma questo è troppo. Mi precipito a conservare il reggiseno, se così si può chiamare visto il suo ruolo indegno, e le mutande e i calzini gettati all'aria qua e là. Apro la finestra e mi siedo sul letto. È impacciato, si tocca la nuca e gli occhialetti; un immagine diversa dal ragazzo forte e deciso che mi ha salvata, eppure il vederlo così, in questa nuova versione, mi fa una strana tenerezza. Gli occhi tondi e sinceri, arricciati in uno sguardo esitante, ma così dolce.
«Io, ero venuto ad accertarmi che stessi bene, insomma dopo la maglietta ...io...» dice arrossendo.
Mi guardo e mi accorgo di essere ancora in quello stato...
Allora, con le gote in fiamme, mi fiondo a coprirmi con un cuscino.
«Non che mi dia fastidio, cioè...»
Non ci credo, lo sta dicendo davvero?
Ma capisco che è in difficoltà e la situazione, questa situazione, lo rende impedito. È buffo e sono divertita. Lui non è Andrej. Lo so e basta. Non è un pervertito come lui perché so anche questo. Andiamo! Uno che cambia partner ogni secondo... o ha problemi o è un maniaco...
È Piergi non lo è. Punto.
Andrej invece sì, do per buona l'ultima; decisamente non ha problemi sessuali o di questo tipo, almeno lo spero per lui. Forse sono troppo cattiva...
Sarà che io lo detesto.
«Spero di non averti disturbata. Probabilmente non dovevo venire...» aggiunge.
«Sto bene, grazie», mi affrettò a rispondere, «è che mi sono sentita talmente misera rispetto a loro che sono tanta roba...» continuo, consapevole di essere più impacciata di lui.
Non so perché gli sto raccontando queste cose. Devo essere impazzita!
«Lascia perdere, è un momento mio», sibilo, tentando di aggiustare l'irreparabile.
«Io trovo che tu non abbia nulla di cui vergognarti - a parte la maglietta, intesi -cioè...»
Sono sorpresa. È come sentirsi spogliata delle proprie emozioni e dei propri pensieri. O sono troppo prevedibile... oppure lui sa leggere nei miei pensieri.
Resto a bocca aperta.
«Non hai niente da invidiare a quelle...» e mentre lo dice noto una punta di polemica nei confronti di tutte, tranne che per me. Piergi che ha un pensiero gentile per me?!
Non dovrei stupirmene, non dopo l'episodio con David, eppure non riesco ancora ad abituarmi a questa nuova situazione e questo commento mi lascia spiazzata...
Una riflessione, quella di Piergi, che non deve essere sfuggita neanche a Karolina, mentre varca la soglia. Lo guarda timida e triste. Decisamente troppo timida. Ha un espressione che non le ho mai visto e continua a restare dinanzi all'uscio, senza fare e dire nulla.
Non è lei!
Cioè, la Karolina di un tempo, quella che io conosco, avrebbe reagito, avrebbe fatto del sarcasmo, di certo non se la sarebbe presa come sembra essersela presa adesso. Ma forse non ha sentito nulla.
Che strano! Che ti succede?
Si appoggia con la schiena sul muro con gli occhi fissi, persi nel vuoto. Il labbro superiore increspato in una smorfia che non lascia intravedere nulla se non la sua contrarietà a qualcosa che non riesco bene a decifrare, almeno non ancora. Si respira una certa aria tesa nella stanza e c'è qualcuno di troppo, lo avverto, ma quel qualcuno di sicuro non sono io. Avere un'amica come Karolina è una benedizione, ma può essere una sciagura allo stesso tempo. Voglio dire che tutto va bene finché si fa quel che dice lei, ma quando ciò non succede, quando ha la luna storta o non le aggrada qualcosa, quando è sbronza, perché accade anche questo talvolta - cosa che ovviamente non approvo - beh , in questi casi, c'è poco di cui essere fiera ad averla accanto e la sua amicizia può trasformarsi in una vera maledizione. Resta il fatto che per me, per quanto sia difficile talora esserle vicina, è come una sorella, nonostante tutto, nonostante i suoi alti e bassi, anche se con lei c'è sempre qualcosa di irrisolto, di misterioso, come l'identità del papà della creatura che si porta in grembo, come le ragioni che hanno spinto suo padre ad abbandonare la madre. Non ne ha mai voluto far cenno. Ma Karolina è anche questo: spontaneità e chiusura, calma e urgenza, un mistero praticamente.
Piergi va via: decide di abbandonare il campo e di lasciarci sole. Scelta saggia che denota tanta sensibilità. Lo vedo aggrottare la fronte e allontanarsi, dopo avermi lanciato un'occhiata di smarrimento. Socchiude la porta lasciandomi intendere che forse è lui a essere di troppo. Si è creata una strana empatia tra di noi, che devo ammettere continua a stupirmi. Difficile da spiegare, ma mi fa bene all'anima e mi sconvolge. Avevo bisogno di avere qualcuno, una sorta di alleato in questa casa, un amico, e mai avrei creduto di trovarlo in lui. Mi spiace sia andato via.
Adesso, che sono sola con la mia amica, intravedo una strana luce in lei. Mi squadra.
«E da quando in qua siete diventati così intimi? Non eri tu che ti lamentavi di rapporti inesistenti con i due ometti di casa?» domanda pungente.
Poi ancora insiste sul fatto che avrei dovuto aggiornarla, sui miei progressi, su queste nuove relazioni...
Ma dico, stiamo scherzando? Parla lei che è andata via, inspiegabilmente, senza accennare minimamente alla mia partenza? Come se la cosa non le importasse affatto...
È adesso mi fa pure la paternale?
E in questo momento, in questo preciso istante, che capisco, mio malgrado, che qualcosa sta cambiando tra di noi e che forse la nostra amicizia non sarà più la stessa. E dire che la nostra unione sembrava inossidabile, e dire che, per quanto fossimo diverse, avevamo trovato un punto d'incontro, uno strano equilibrio che ci teneva unite, rendendoci uniche. L'una aggiustava l'altra. Eravamo due cocci rotti, riparati da uno strano collante. Lei, con la sua pazzia, con le sue iniziative ma soprattutto con il suo entusiasmo, mi rendeva viva, io, con la mia saggezza tenevo a freno la sua indole un po' matta, che mi piaceva tanto quando non sforava, quando si conteneva.
E ora? Cosa saremmo diventate? Il ricordo di qualcosa che era stato? Non poteva finire così...
Da dove nasceva questo astio o invidia o qualunque cosa fosse?
«Ti ricordo che sei tu che non mi hai permesso di entrare...» le dico.
La osservo muoversi con un fare strafottente. Vuole cambiare discorso, per andare lì, dove le preme, senza importarsi dei miei sentimenti.
«Sei tu che parti, non io!»
Sembra inutile. Non c'è più sordo di chi non voglia sentire e una cosa è certa, oh sì che lo è, e come: io non conto più nulla per lei.
Anni di amicizia buttati al vento. Sono esterrefatta, sconvolta, distrutta. Ho il morale a pezzi.
«Cosa sei venuta a fare allora?» le chiedo.
Me ne pento, ma ormai è fatta: l'ho detto.
Sembra voler cercare un senso a quella visita, senza trovarlo.
Si gira e mi dà le spalle.
Poi d'un tratto, spiazzandomi, mi squadra e dice: «E copriti!»
E io la lascio andare, senza provare a dialogare, senza trovare un perché. Ho il cuore accartocciato.
La mia amica...
Resto senza fiato. Mi sento stupida ad averci creduto... che noi fossimo indistruttibili e che sempre lo saremmo state.
Così, mentre sono alla finestra e la osservo, mentre si avvicina a Tamara, mentre la bionda - non so ancora il suo nome - è lì che liscia Piergi, dopo un attimo di esitazione, mi cambio in fretta e furia la maglietta e corro, corro, giù per le scale, corro per il giardino, mentre lei si accinge a salire sul motorino di Tamara.
Corro incurante e completamente indifferente alle ultime parole che ho udito, perché ci sono cose che non si possono spiegare, perché l'amicizia è un valore importante, perché ho bisogno di Karolina e non posso credere che tutto possa finire così, dopo gli anni trascorsi insieme, dopo le risate e i dolori condivisi, perché, dopotutto, è una mia amica e non posso negare l'affetto che provo per lei.
Così, mostrandomi debole, rasento il ridicolo parlandole della festa.
Così, ancora una volta, sono io a cercarla, ma davvero.
Perché non basta presentarsi qui fisicamente, perché non servono le apparenze, ci vogliono i fatti, ci vuole ben altro.
Lei scuote il capo, senza fiatare.
Sembra un sì e mi accorgo involontariamente di avere avuto già due assensi, e me ne rendo conto perché Tamara è euforica.
«Certo che verremo. Non potremmo mai perderci questa festa, e Andrej e Piergi... insomma. Tu che dici Karolina? Che sciocca! Ma certo che sei d'accordo.»
E così ho già due partecipanti. Senza quasi accorgermene ho già due invitati.
Eppure io Tamara non la conosco affatto, eppure io Tamara non volevo invitarla.
Spazio autrice
Karolina. Finalmente ricompare. Che ne pensate?
Ha fatto bene Piergi a recarsi da Rose?
Attendo vostri commenti. Ciao
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