Vendetta

Donato aveva in mano le mie scarpette, le teneva per i lunghi nastri rosa e gli penzolavano davanti al viso arrabbiato.

Ero rimasta immobile, paralizzata davanti alla porta d'ingresso.

Dietro di me sentivo la presenza di Corrado e di Daniele, qualcuno di loro mi spinse e io entrai più dentro casa, trovandomi così più vicina al volto rabbioso di Donato.

Indietreggiai quando incontrai i suoi occhi, che mi fulminavano in attesa di una risposta che non gli avevo ancora dato.

«Allora?» chiese urlando.

«Donato, che succede?» chiese entrando nella stanza Francesco, seguito da Giovanni, Andrea e David.

«Cos'è sta' storia?» chiese dietro di me Corrado.

«Avevi detto di averle perse!» esclamò Donato.

Guardai in giro per la stanza: non sapevo a chi rispondere, avevano parlato quasi contemporaneamente. Sentivo gli occhi di tutti puntati addosso e l'ansia e la paura crescevano sempre di più dentro di me.

«Ci hai mentito!» continuò Donato. Le mie punte erano strette nella sua mano, che si muoveva minacciosa davanti a me. «Ci avevi detto di averle perse, che non le trovavi più, invece le ho trovate nella tua borsa, ed erano ben visibili, perciò non provare a dire che non le avevi viste perché è impossibile e non ci credo!» sbraitò ancora.

«Perché ci hai detto una bugia? Cos'è? Volevi delle punte nuove?» aggiunse Corrado.

Scossi debolmente la testa in segno di diniego abbassando lo sguardo.

«E allora cosa? Parla, dannazione, o ti punirò come non ho mai fatto finora!» mi minacciò Donato.

Alzai lo sguardo su di lui: era arrabbiatissimo, come potevo dargli torto? Gli avevo mentito, avevo mentito a tutti loro. Ma la motivazione era semplice: quelle punte erano inutilizzabili, a causa di ragazze che mi facevano dispetti e scherzi ormai da anni. Come potevo riassumere loro tutto quello avevo tenuto per me per così tanti anni? Nemmeno David ne era a conoscenza.

Fu proprio quando incontrai il suo sguardo che decisi di parlare.

«Guardale.» dissi solo, a Donato.

Farglielo vedere starebbe stato più semplice che spiegarlo.

Donato mi guardò confuso battendo piano le ciglia, poi guardò le punte che aveva tra le mani.

«Non ci trovo niente di strano.» disse.

Mi avvicinai a lui e gli tolsi le scarpette dalle mani, le girai così che potesse guardare cosa c'era scritto sulla suola.

Donato riprese le punte dalle mie mani e fissò per un po' quella parola, a lui si avvicinarono anche Corrado e Giovanni. Fissarono tutti e tre la suola delle punte e poi alzarono il viso verso di me. Avevano tutti e tre un'espressione perplessa.

«Ovviamente non l'ho scritto io.» mi difesi subito.

«Chi è stato?» chiese Donato porgendo le scarpette a Giovanni, che le fece vedere anche agli altri.

«Non lo so.» Abbassai lo sguardo sulle mie scarpe.

«Dimmelo, Martina, chi è stato?» insistè Donato.

Alzai le spalle. «Davvero, non lo so, qualche ragazza della scuola di danza, ma non so chi, mi odiano tutte.»

«Questo è assurdo!» esclamò Giovanni.

Già. Anche io lo trovavo assurdo, eppure era così.

«Martina, se è vero quello che ci hai detto, devo sapere chi è il colpevole, non può passarla liscia.» mi disse con molta più calma di prima, Donato.

Annuii, avrei voluto saperlo anch'io chi era il colpevole.

«Lo vorrei sapere anch'io, ma davvero non lo so.» ammisi.

«Va bene, allora domani farò un bel discorsetto a tutte loro.»

Cosa avrebbe detto? Mi sentivo molto sollevata di aver detto tutta la verità ai miei fratelli, ma al tempo stesso temevo che, se Donato le avesse punite, sarebbe stato ancora peggio, a quel punto mi avrebbero odiato con una ragione: ero stata una spiona.

Donato riprese le punte dalle mani di Giovanni e lasciò la stanza.

***

Il giorno seguente eravamo in aula a riscaldarci in attesa della lezione di Donato. Ero attaccata alla sbarra, con una gamba su di essa, quando Donato spalancò la porta della sala seguito da Simone, Corrado e Giovanni.

Erano venuti tutti e quattro, cavolo. Era davvero seria per loro la situazione.

Ci fermammo tutti da quello che stavamo facendo e vidi gli altri guardare i miei fratelli con una leggera preoccupazione, ma nessuno osava chiedere perché erano entrati tutti e quattro.

«Sedetevi, tutti.» ci ordinò Donato.

Immediatamente ci sedemmo tutti a terra sul parquet, il tono di Donato non ammetteva obiezioni.

Solo da quella posizione mi resi conto che Donato aveva in mano le mie punte. Nella mia mente non potei fare a meno di ritornare al giorno prima, quando nella stessa posizione sbraitava contro di me, mi chiesi cosa avrebbe detto a quelle megere.

«Cosa succede, maestro?» osò chiedere Laura, sorridendo a Giovanni.

Giovanni la guardò serio: non ricambiò il suo sorriso. «Adesso sentite.» rispose, poi distolse lo sguardo da Laura.

Laura sembrò confusa.

«È successo un avvenimento davvero spiacevole in questa scuola.» cominciò Donato e io sentii il mio cuore iniziare a battere più forte. Non sapevo nemmeno io il perché, ma iniziai ad agitarmi. «Le punte di una di voi sono state imbrattate con una parola oscena che non ripeterò, cosa che l'ha costretta a comprarne di nuove.»

Arrossii violentemente quando tutte nell'aula mi guardarono. Sapevano bene che Donato si stava riferendo a me, quello che non sapevo io era chi di loro era stata.

«Adesso io voglio, anzi, pretendo di sapere chi di voi ragazze è stata.»

«Come fa a sapere che è stata una ragazza?» chiese Nicole.

«Lo so perché le punte erano nello spogliatoio femminile, nel quale di certo non entrano i ragazzi.»

«Beh, non sempre.» bisbigliò Laura dietro di me per poi ridacchiare. Anche le altre attorno a lei risero.

«La situazione vi diverte?» urlò Donato guardandole ferocemente.

Smisero di ridere all'istante e abbassarono la testa.

«Allora? Chi è stata?» chiese Simone.

I miei fratelli aspettarono in silenzio per qualche secondo, mentre le ragazze si guardavano tra di loro, ma nessuna sembrava intenzionata a rispondere.

«Ho intenzione di chiamare i vostri genitori, tutti, se non esce fuori il colpevole.» le minacciò ancora Donato.

Nemmeno questo sembrava spaventarle; nessuna di loro parlò.

«Come volete.» disse Donato. «Finita la lezione chiamo i vostri genitori e li informo sull'accaduto, nel frattempo preparatevi alla lezione più dura che avete mai fatto.» 

E così fu, per tutto il tempo Donato fu veramente molto severo con le altre ragazze che, ovviamente, non potevano replicare.

All'inizio avevo temuto la loro reazione, ma quando nello spogliatoio le vidi stanche e silenziose, non riuscii a fare a meno di sorridere: avevo avuto la mia vendetta. 


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