Una nuova vita
Andai ad aprire la porta di casa per fare entrare la mia migliore amica.
«Ehi bella bionda!» mi disse circondandomi con il suo abbraccio appena le aprii la porta.
«Ciao Lucy!» risposi stringendola forte a me.
«Allora» disse lei eccitata. «Dov'è questa meravigliosa stanza?»
Le sorrisi e le feci cenno di seguirmi.
Era più di una settimana che io e Donato ci eravamo trasferiti a casa di Mirko, Mirko era stato meraviglioso con me: mi aveva riservato una camera e non solo l'aveva arredata magnificamente, ma finalmente avevo una stanza perfetta per me.
Condussi Lucia fino alla mia stanza, aspettai qualche secondo prima di aprire la porta: volevo creare un po' di suspense. Aprii lentamente la porta per farle scorgere un po' della stanza, lei seguì con gli occhi l'apertura della porta finché non vide tutta la stanza.
Vidi sul suo volto un'espressione di meraviglia.
«Ma è bellissima!» esclamò saltellando fino al centro della stanza.
«Vero?» le dissi io.
La stanza non era molto grande, tuttavia c'era entrato un letto a una piazza e mezzo, una scrivania, una libreria e un grande armadio. L'armadio indubbiamente era la parte più bella di tutto l'arredamento. Su di esso, infatti, Mirko aveva fatto mettere una stampa di me che ballavo con un tutù bianco durante l'ultimo saggio di danza classica.
Mirko si era davvero sforzato di rendere perfetta la mia stanza, e io gli ero infinitamente grata.
«Non è solo bella,» disse Lucia guardandosi ancora attorno estasiata, «è tua. Cioè, voglio dire, ti rispecchia in pieno. È semplice, ci sei tu, c'è la danza, ci sono i tuoi fratelli... è meravigliosa.»
Le sorrisi, non potevo che darle ragione, sentivo finalmente di avere una stanza mia. Dividere la stanza con Daniele e Francesco non mi aveva mai permesso di arredarla come avrei voluto, figuriamoci se avessero acconsentito a farmi mettere qualche foto nostra, o un colore delle pareti più femminile.
Devo ammettere che mi ero davvero sbizzarrita nell'arredarla, la parte che preferivo però era l'angolo delle foto, avevo messo le più belle. Anche Lucia fu incantata da quella parete.
«Questa foto è fantastica» disse indicando una in cui c'eravamo tutti: io e i miei fratelli.
L'avevamo scattata qualche anno prima. Era stato complicatissimo farla e, infatti, non era il tentativo finale, ma era una delle infinite prove di scatti non riusciti. Io, però, la preferivo perché eravamo spontanei. Io ero seduta in braccio a Simone, ridevo guardando Giovanni alla mia destra; alla mia sinistra Donato guardava sopra di sé, dove Daniele e Francesco gli stavano dicendo qualcosa in piedi sul divano; alla destra di Simone, Giovanni guardava Andrea e Corrado era contrariato nel fissare Francesco e Daniele che, come al solito, stavano dicendo qualche cazzata.
Era semplicemente bellissima. Eravamo noi.
«Lo penso anch'io» dissi per rispondere a Lucia.
Continuai a farle fare il tour per la stanza: le feci provare il mio grandissimo e comodissimo letto.
«È a una piazza e mezza,» le dissi raggiante, «perfetta per ospitare una seconda persona.»
«Beh, ne sarà felice David» mi fece notare.
La guardai aggrottando la fronte, poi scoppiammo a ridere. «Non intendevo questo» le dissi tra le risate. «Intendevo per i nostri pigiama party! Che hai capito?»
«Oh, certo, i pigiama party!» rispose lei ammiccando.
Ridemmo ancora come due sceme fin quando il campanello della porta non ci fece ridestare.
«Donato?» urlai sperando che andasse lui ad aprire; doveva essere Mirko.
Drizzai l'orecchio in attesa di una sua risposta, che non ottenni. Bussarono di nuovo, allora mi alzai dal letto e corsi ad aprire la porta.
Mi resi conto che Donato probabilmente era sotto la doccia.
Aprii la porta e mi ritrovai di fronte Daniele con in mano tre cartoni con dentro la pizza, dietro di lui c'erano Francesco e Giovanni.
«Ciao!» esclamarono salutandomi. «Abbiamo portato la pizza.»
«Oh» commentai confusa, mentre mi sorpassavano per entrare. Non li aspettavamo per cena, anche se da quando ci eravamo trasferiti si erano praticamente auto invitati tutte le sere. A me non dispiaceva affatto, solo che mi sentivo un peso da quando mi ero trasferita con Donato e il suo fidanzato, e una di quelle sere avrei voluto lasciarli soli, magari andare a mangiare da Lucia, o dai miei fratelli, ma loro riuscivano sempre ad anticiparmi. «Donato!» urlai ancora. «Ci sono i ragazzi!»
Dopo poco Donato uscì dalla sua stanza ancora con i capelli bagnati. «Oh, siete qui» disse.
Mi venne da ridere, probabilmente neanche lui apprezzava tanto l'invadenza dei miei fratelli.
«Ciao Lucia, non ti avevo vista» disse Giovanni.
«Ciao, io stavo per andare via» rispose lei.
«Cosa? Perché?» dissi cercando di destreggiarmi tra il guardare lei e i miei fratelli che si impadronivano della cucina.
«Beh, voi dovete cenare e anche i miei genitori mi aspettano per cena...»
«No, dai, resta» le dissi. «Penso che...»
Fui interrotta di nuovo dal suono del campanello, aprii la porta per accogliere i restanti fratelli Leonardi.
«Ciao sorellina» mi salutò Simone abbracciandomi. «Ciao» risposi ridacchiando.
«Ciao,» mi disse Andrea con in mano altri cartoni con le pizze, «dove le metto?»
«I ragazzi sono di là» risposi indicando la cucina.
«Perfetto» disse lui. «Ciao Lucia» concluse prima di andare a sua volta in cucina.
«C-ciao» balbettò lei arrossendo leggermente.
«Devi davvero andare via?» le chiesi sapendo già la risposta.
Lei alzo le spalle guardando Andrea che sistemava i cartoni delle pizze sull'angolo della cucina. «Posso sempre chiamare i miei genitori e restare a mangiare qui, visto che insisti tanto...»
Scossi la testa ridacchiando ancora.
***
Dopo aver mangiato come dei maiali, ci eravamo sistemati in salone sui divani. La casa di Mirko non era grande come la nostra, ma abbastanza da accoglierci tutti.
Mi chiedevo se Mirko avesse fatto i conti con il fatto che stare con Donato significava sopportare la sua ingombrante famiglia.
Lo guardai: sorrideva mentre Daniele bisticciava con Giovanni sul programma da mettere in TV. Forse, in fondo, non gli dispiaceva averci con lui.
«Che ore sono?» chiese Corrado.
«Le undici» rispose Simone. «Dobbiamo andare.»
«Nooo» si lamentarono Daniele e Francesco. «Restiamo un altro po'.»
Erano così dolci quando si lamentavano come due bambini.
Mi rannicchiai ancora un po' su Giovanni, «Dai, restate un altro po'» dissi. Mi mancava davvero tanto non averli tutto il giorno con me.
«Dobbiamo andare» ripeté Simone alzandosi dal divano, anche Corrado lo seguì.
«Su, forza, ragazzi, alzatevi» disse Corrado.
«Nooo, daiii» si lamentò ancora Francesco.
«Perché non restiamo a dormire qui?» propose Daniele, poi urlò insieme a Francesco: «Possiamo?»
«Donato, ti prego, possiamo dormire qui?»
Donato guardò Mirko leggermente imbarazzato: non era più solo lui a dover decidere se avere ospiti oppure no. «Per me va bene» acconsentì Mirko.
I miei fratelli si girarono a guardare Donato speranzosi. «Va bene, potete restare se volete, ma solo perché domani non avete scuola.»
«Sì!» esclamarono contenti.
«Lucia, tu vuoi restare?» chiese Mirko alla nipote. «Chiamo io tua madre se è un problema.»
Lucia alzò la testa sentendosi un po' imbarazzata per tutte quelle persone che la stavano guardando. «Va bene, resto» disse e io non potei esserne più felice, avrei fatto il mio primo pigiama party nella mia nuova casa!
***
La mattina seguente mi alzai mentre Lucia ancora dormiva al mio fianco, lei ovviamente era venuta a dormire in camera con me, mentre Andrea, Francesco e Daniele si erano sistemati in salone, nel divano letto.
Cercai di non fare rumore e non svegliare Lucia mentre mi muovevo per andare in bagno.
Passando davanti al salone sentii Mirko e Donato bisbigliare.
«Sono così carini quando dormono» disse Mirko. «Hai fatto un buon lavoro con loro.»
«Ho fatto quello che ho potuto» replicò Donato.
«Sei troppo duro con te stesso, tuo padre sarebbe fiero di te.»
Non riuscii a sentire la risposta di Donato perché un rumore mi costrinse a muovermi dalla mia posizione per andare davvero in bagno e smetterla di origliare, sapevo che prima o poi quel vizio mi sarebbe costato caro.
Dopo il bagno ritornai nel salone, salutai sussurrando Donato e Mirko e poi mi girai a guardare i miei fratelli.
Mi venne da ridere, avevo dimenticato che Francesco russava e, in quel momento, non averlo più in camera e sentirlo dormire mi faceva strano, quel suo difetto non mi aveva mai dato fastidio, in quel momento un tantino lo era.
Francesco dormiva al centro tra Daniele, che era alla sua sinistra, e Andrea, che era alla sua destra. Non si erano addormentati molto vicini: c'era un po' di spazio tra Francesco e Andrea, così decisi di tuffarmi dentro. Molto lentamente mi infilai di nuovo sotto le coperte con loro, Andrea probabilmente sembrò accorgersi della mia presenza, si mosse ma senza svegliarsi. Mi accucciai sotto il suo busto e chiusi gli occhi. Quando mi svegliai ero sola nel letto, ed erano tutti svegli a fare colazione in cucina.
«Buongiorno» mi disse Daniele.
Sorrisi senza rispondere mentre mi stiracchiavo ancora un po' assonnata.
«Ti faccio il latte?» mi chiese Mirko.
Annuii.
Mi stiracchiai ancora un po' e poi andai a sedermi a tavola, sentivo i miei fratelli ridacchiare e sinceramente non ne capivo il motivo, eppure erano abituati a vedermi appena sveglia.
«Che c'è?» chiesi.
«Ciao» dissero alle mie spalle.
«David!» esclamai appena focalizzai l'immagine del mio fidanzato, poi mi alzai e lo abbracciai. «Che ci fai qui?»
«L'ho chiamato io, pensavo ti avrebbe fatto piacere» mi disse Donato.
Gli sorrisi. Certo che ero contenta di averlo lì, ero contenta di avere tutti lì. Dopo poco arrivarono anche gli altri a fare colazione con noi; Mirko fece i pancake e Giovanni non la smetteva di dire che Donato doveva decidersi al più presto a chiedere la sua mano.
Ridemmo quando Donato arrossì fino alla punta delle orecchie quando Mirko disse apertamente di aver chiesto la mano a Donato, ma che lui aveva rifiutato perché voleva una proposta con l'anello.
Nonostante non vivessi più con i miei fratelli, mi sentivo lo stesso a casa.
***
Il lunedì mattina, però, a scuola qualcosa andò storto: qualcuno rovinò quell'idillio che stavo vivendo. Per tutto il giorno nei corridoi, o fuori in cortile, al mio passaggio avevo sentito bisbigliare delle cose fastidiose sul mio conto e sul fatto che fossi andata a vivere con Donato e il suo fidanzato. Pensai in un primo momento di essermi immaginata tutto, ma poi...
«È vero che stai vivendo con una coppia gay?» mi chiese una delle mie compagne di classe.
Fu durante l'intervallo, mentre aspettavamo che la professoressa di Italiano entrasse. Si avvicinarono in tre al mio banco, ma solo una, Claudia, parlò. Sul suo volto era dipinta un'espressione divertita, la stessa espressione che vedevo quando le ragazze della scuola di danza facevano qualche battutina per infastidirmi. Perciò pensai che anche quella domanda era rivolta a offendermi.
«Sono solo andata a vivere con mio fratello e il suo fidanzato» risposi cercando di non dare loro soddisfazioni.
«Ma allora è vero!» urlò Claudia per poi girarsi verso le amiche e ridere.
Mi alzai dal banco sentendo la rabbia ribollire sempre di più dentro di me, cosa c'era da ridere? Ma, soprattutto, cosa c'era da prendere in giro? Cavolo, ancora con questi pregiudizi?
Stavo per rispondere quando la professoressa mi richiamò.
«Leonardi!» urlò e io mi girai verso di lei. «Puoi uscire un attimo?»
La guardai pensierosa: cosa aveva da dirmi? Non aveva certo assistito alla conversazione?
Uscii con lei che mi seguiva e, quando fummo fuori, mi pose davanti agli occhi la sua agenda.
«Questo è il numero del tuo tutore legale?» chiese.
Focalizzai bene il numero prima di rispondere.
«Sì, è il numero di mio fratello Donato, perché?»
«Ho bisogno di parlare con lui» disse chiudendo l'agenda.
Deglutii.
«E posso sapere perché?» azzardai a chiedere.
La prof. scosse la testa. «No, non puoi.»
Quella frase mi lasciò di stucco e con molti interrogativi che mi accompagnarono per tutta la giornata. Che cosa aveva da dire la prof. a Donato? Delle voci che giravano a scuola? O avevo fatto qualcosa e non lo ricordavo?
Cavolo.
***
Passai davvero una giornata di inferno, fin quando, alla scuola di danza, mentre ero dietro la scrivania a fare i compiti, il cellulare di Donato squillò. Era un numero che Donato non aveva segnato in rubrica, probabilmente era della professoressa.
Guardai il cellulare di Donato e poi mi guardai intorno, fui tentata dallo staccare la chiamata, ma alla fine decisi solo di mandarla in muto, così che non sentisse il suo cellulare squillare.
La professoressa provò altre tre volte, alla quarta, però, Donato riuscì a rispondere.
«Pronto?» disse. «Sì, sono io.» Si girò a guardarmi. «No, non lo sapevo» disse ancora.
Donato ascoltava in silenzio annuendo di tanto in tanto a ciò che gli stava dicendo la professoressa, dentro di me stavo morendo: volevo sapere cosa gli stava dicendo.
«Sì, d'accordo, a presto» rispose prima di riagganciare.
Lo vidi armeggiare con il telefono, forse stava segnando il numero in rubrica, poi alzò lo sguardo su di me.
«Stasera andiamo a mangiare dai ragazzi, se vuoi dormire con loro non ci sono problemi» disse velocemente per poi girarsi per andarsene.
«No, Donato, aspetta!» urlai per fermarlo.
Era chiaro che la professoressa gli aveva riferito i pettegolezzi che giravano a scuola, ma io non avevo nessun problema, non volevo tornare a vivere con i miei fratelli.
«Non voglio tornare a vivere con loro, non mi interessa cosa dicono gli altri.»
«Cosa?» chiese Donato aggrottando la fronte, perplesso. «Cosa vuoi dire?»
«La professoressa ti ha detto cosa dicono.»
«Cosa dice chi? Ma di che stai parlando, Martina? E come facevi a sapere che era la tua professoressa?»
Mi fermai un attimo a riflettere: Donato sembrava davvero confuso e mi morsi il labbro pentendomi di aver detto quella frase.
«Martina,» disse Donato avvicinandosi a me, «per cosa pensi che la scuola mi abbia chiamato?»
«Non ha importanza» risposi io.
«Sì, ce l'ha.»
«Cosa ti ha detto la professoressa?» chiesi ancora.
«Che Francesco probabilmente anche quest'anno perderà l'anno, per questo ho detto che stasera andiamo da loro, perché ho bisogno di rimettere in riga tuo fratello.»
«Oh.»
Non avevo proprio messo in conto che la professoressa potesse chiamare per un altro dei miei fratelli e non per me.
«Cosa dicono gli altri?» mi chiese ancora Donato.
Scossi la testa mordendomi il labbro, non volevo dirglielo, non lo meritava.
«Non ha importanza» ripetei
«Martina...» disse Donato con uno sbuffo. «Ti prego, dimmelo.»
«Parlano di noi: di me, di te e del fatto che sono venuta a vivere con te e Mirko.»
«Cosa dicono?»
Guardai Donato titubante. «Lascia stare,» mi anticipò scuotendo la testa, «posso immaginare; è una domanda stupida.»
«Donato, mi dispiace» gli dissi quasi sul punto di piangere, non volevo che lo sapesse.
«Non devi dispiacerti, a te sta bene?»
Annuii. «Sì, sul serio, sono felice. Non mi interessa cosa dicono gli altri, avevo solo paura che potesse dispiacere te.»
«Sarebbe una bugia se ti dicessi che ci sono abituato, probabilmente non mi abituerò mai, ma fin quando riguarda solo me o Mirko, non ha importanza. Se ci vai anche tu di mezzo o gli altri, allora quello mi fa stare male.»
«Io sto bene» lo rassicurai ancora un po'.
«Lo vedo» rispose sorridendo.
«Però mi piacerebbe dormire con loro stanotte, magari solo per consolare Francesco dopo le botte che gli darai» dissi ironicamente.
Donato si passò una mano sul viso. «Ti prego, non mi ci far pensare.» Risi e lui rise con me. Ci fissammo per qualche secondo, poi mi disse che andava a prepararsi per andare via e io continuai a fare i miei compiti.
Eccoci! Come ogni giovedì il vostro capitolo online!
Spero vi piaccia! Al prossimo giovedì! :D
Mary <3
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