Tu non ci lascerai mai, vero?
Dieci anni prima...
Donato aveva sistemato la sua sorellina nel seggiolino del carrello della spesa, aveva il foglio con la lista della spesa in mano e Francesco e Daniele scorazzavano attorno a lui tra i reparti del supermercato.
«Allora» disse Donato leggendo la lista che aveva davanti. «Dobbiamo prendere...»
«La pasta?» chiese Daniele urlando.
«No, non ci serve la pasta.»
«Pomodoro?» chiese Francesco prendendo tra le mani un barattolo di pelati.
«Francesco posa...» Donato stava per dire al fratello di posare il barattolo di pomodoro, quando dando uno sguardo alla lista si accorse che effettivamente serviva. «Sì, il pomodoro sì. Prendi due barattoli, fai attenzione però» gli disse.
Sotto la supervisione attenta di Donato, Francesco prese due barattoli di pelati e li mise nel carrello, Martina osservava curiosa la scena attorno a sé.
«Donato, prendiamo questo?» disse Daniele indicando un barattolo di vetro. Donato focalizzò lo sguardo per capire bene cosa fosse. Un sorriso gli si parò sul volto. «Non sai nemmeno cos'è.»
«Cos'è?» chiese lui girando la testa di lato.
«Cipolle grigliate»
«Bleah» commentò Daniele accompagnando il tutto da un'espressione disgustata.
«Già, non credo possano piacerti.»
«Allora prendiamo questo!» disse Daniele indicando un barattolo di cetriolini sottaceto.
«Daniele, smettila di indicare cose a caso, dobbiamo prendere solo quello che è nella lista.»
Donato indicò a Daniele la lista che aveva in mano, lui sbuffò e per un po' smise di chiedere al fratello di comprare cose di cui non avevano bisogno.
Donato ritornò a guardare la sua lista, alzò gli occhi da essa solo per vedere suo fratello Francesco mettere nel carrello il tonno. Lo ammonì con lo sguardo, ma subito Francesco si difese: «C'è scritto qui, guarda, "tonno".»
Donato ritornò a guardare il foglio e si lasciò scappare un'espressione sorpresa, almeno Francesco non stava provando a comprare cose a caso.
Donato annuì facendo l'occhiolino al fratello e proseguirono nella loro spesa. Andarono nel reparto frigo e a quel punto Martina volle scendere dal seggiolino perché troppo stanca di stare lì dentro. Donato allora la prese in braccio e la mise a terra. «Stammi vicina» si raccomandò.
Donato diede la mano a Martina per assicurarsi che non andasse troppo lontano, non era semplice controllare tre dei suoi fratelli contemporaneamente. Riguardò il foglio e vide che serviva il latte, ne prese un bel po', ma quando alzò la testa si accorse che Daniele stava camminando troppo lontano da lui.
«Daniele!» lo richiamò. «Non ti allontanare.»
«Posso andare di là?» disse Daniele indicando il reparto dolci.
«No, non ci puoi andare, vieni qui.»
Daniele abbassò il capo farfugliando qualcosa rabbiosamente e a grandi passi ritornò accanto al fratello maggiore.
«Hai detto qualcosa?» gli chiese Donato.
Daniele scosse la testa e incrociò le braccia al petto. Donato sospirò alzando gli occhi al cielo.
Continuarono a fare la spesa e Donato dovette costringere i suoi fratelli a superare il reparto dolci/caramelle/cioccolata. Andando più avanti si imbatterono nei restati fratelli, che erano andati a fare rifornimento di detersivi; per una questione tempista si erano divisi.
«Trovato tutto?» chiese Donato a Simone.
«Pare di sì per ora, manca ancora qualcosa.»
«D'accordo, allora ci vediamo alle casse.»
«Perfetto.» Simone sorpassò con il suo carrello quello di Donato, si fermò un attimo e si guardò intorno. «Sbaglio, o hai perso un pezzo?»
«Come?» chiese Donato guardandosi intorno. Si rese conto che Daniele non era più a distanza di sicurezza. «Cazzo! Daniele!» esclamò.
Senza un attimo di esitazione ritornò, sempre con Martina e Francesco alle calcagna, nel reparto dolci, sapeva che lo avrebbe trovato lì, e infatti Daniele era seduto lì a terra, e attorno a sé aveva delle buste di caramelle; una signora ben vestita si era abbassata sulle ginocchia per parlare con lui.
«Daniele!» esclamò Donato in tono di rimprovero. Quando però Daniele si girò per guardarlo, Donato si accorse che il fratello stava piangendo. A Donato si strinse il cuore a vederlo in quello stato, lo prese subito in braccio e provò a consolarlo.
«Mi dispiace, io gli ho solo chiesto se si era perso» disse la signora con cui Daniele stava parlando.
«Non-non si preoccupi» la rassicurò Donato.
Daniele rifugiò la testa nel collo del fratello maggiore continuando a singhiozzare. «Sh» gli disse Donato. «Calma, Daniele, che è successo?»
«Mamma...» farfugliò lui.
«Cosa?» chiese Donato mettendo a terra Daniele per guardarlo meglio in viso.
«Mi manca» farfugliò ancora per poi mettersi le mani davanti al viso.
Dopo varie domande, Donato riuscì a farsi dire da Daniele che la signora gli aveva chiesto dove fossero i suoi genitori, e lui era scoppiato in un pianto isterico, pensando a loro.
Nel giro di pochi minuti Donato si trovò circondato da tre bambini frignanti, perché anche Francesco e Martina scoppiarono a piangere sentendo quello che aveva detto Daniele.
«Vi prego, ragazzi, basta» provò a calmarli Donato. «Se smettete di piangere vi compro le caramelle» promise, anche se se ne pentì immediatamente.
Quella promessa, però, fece attenuare i loro singhiozzi. «Davvero?» sussurrò Martina.
Donato annuì.
Per fortuna Donato riuscì a farli calmare e comprò loro le caramelle gommose.
Le misero raggianti nel carrello e poi proseguirono con la spesa.
Mentre erano nel reparto frutta Daniele si avvicinò alla gamba di Donato, gli tirò il pantalone per farlo abbassare alla sua altezza.
«Donato?»
«Sì?»
«Tu non ci lascerai mai, vero?» chiese.
Donato restò spiazzato da quella domanda. Aprì la bocca e poi la richiuse non sapendo esattamente cosa rispondere. Anche Martina e Francesco erano in attesa di una risposta.
«No, non vi lascerò mai» disse alla fine.
***
«Come fai a non capire?» urlò Donato e noi tutti sobbalzammo.
Era da più di un'ora che lui e Mirko si erano chiusi nella stanza di Donato per discutere della proposta di Mirko di andare a vivere con lui, non stava andando per niente bene, non stavano facendo altro che urlarsi contro.
Erano andati a parlare nella stanza di Donato per avere un po' di privacy, ma praticamente dal salone riuscivamo a sentire tutto.
«Cosa? Cosa c'è da capire?» urlò a sua volta Mirko. «Capisco che qui hai delle responsabilità, ma ti ho anche già detto che se il problema è la tutela di Martina, può benissimo venire a vivere con noi, la adoro, lo sai!»
«Non si tratta solo di questo!»
«E allora di cosa? Me lo vuoi spiegare? Spiegalo perché francamente stiamo parlando da un'infinità di tempo e non ho capito ancora qual è il problema.»
«Il problema è che non posso lasciarli soli.»
«Soli? Stai scherzando? Senza te sono sette!»
«Non è questo il punto, potrebbero anche essere diciannove, non sono in grado di cavarsela da soli, e lo sai bene anche tu.»
«Prima o poi dovranno impararlo, non vivrai per sempre.»
«Okay, basta così!» disse Daniele alzandosi dal divano.
In casa, a parte Mirko e Donato che si stavano scannando, c'eravamo solo io, Daniele e Francesco.
«Usciamo» disse Daniele rivolgendosi a me e a Francesco.
«E dove andiamo?» chiese Francesco.
Daniele si mosse a prendere i nostri cappotti e ce li lanciò addosso. «Dimostriamo a Donato che sappiamo cavarcela anche da soli, sono stufo di stare qui e ascoltare queste stronzate.»
Io e Francesco ci alzammo dal divano e guardammo Daniele titubanti. «In che modo uscendo dimostriamo questo a Donato?» chiesi.
Non mi sembrava una grande idea quella di Daniele, pensavo solo che fosse offeso di quello che stava dicendo Donato, del fatto che ancora una volta ci stava trattando come dei bambini.
«Andiamo?» chiese ancora Daniele mettendosi il cappotto.
«Okay,» disse Francesco, «ma dove?»
Daniele sbuffò e prendendo le chiavi di casa e della macchina uscì, io e Francesco lo seguimmo di corsa.
Ovviamente, essendo l'unico patentato, guidava Francesco, ma, siccome Daniele non aveva idea di dove andare, per un po' girammo a vuoto; poi iniziò a farsi buio e noi iniziammo ad avere fame, così decidemmo di andare a mangiare qualcosa.
Non avevamo tanti soldi con noi, così ci fermammo a mangiare un kebab veloce. Dopo un paio di ore Donato cominciò a tartassarci di telefonate, ma Daniele ci impedì di rispondergli. Ancora non riuscivo a capire in che modo uscire di casa senza avvisare avrebbe potuto far capire a Donato che potevamo cavarcela da soli, secondo me stavamo solo facendo preoccupare inutilmente nostro fratello, e ci saremmo trovati nei guai.
«Torniamo a casa?» dissi vedendo che si stava facendo tardi, erano quasi le undici di sera ed era un giorno in settimana, di solito non ci era permesso uscire.
«No, non voglio tornare a casa, stiamo in giro un altro po'» insisté Daniele.
Le chiamate continuarono ad aumentare, così come i messaggi, anche da parte degli altri fratelli.
«Li stiamo facendo solo preoccupare inutilmente, dai torniamo a casa» continuai.
«Un altro po'.»
«No!» scattai. «Torniamo a casa, non mi va di finire nei guai.»
«Daniele, Martina ha ragione, è meglio se torniamo a casa.»
Daniele sbuffò. «Va bene, rompipalle.»
***
Non ci diedero nemmeno il tempo di aprire la porta che ci trovammo di fronte Donato e Corrado arrabbiatissimi.
«Dove siete stati?» ci chiese subito Donato, la sua voce non sembrava arrabbiata, sembrava quasi che stesse per piangere.
Eravamo ancora sul ciglio della porta e io mi nascosi dietro Francesco per non farmi vedere, sapevo che eravamo in grossi guai.
«A fare un giro» disse semplicemente Daniele per poi entrare in casa con nonchalance. Io e Francesco ci limitammo a seguirlo e Corrado chiuse la porta alle nostre spalle.
«A fare un giro dove? Siete stati fuori per ore senza avvertire!» scattò Corrado.
«Fuori» disse Daniele alzando le spalle.
«Siamo andati a mangiare qualcosa» farfugliai io.
«E perché non avete risposto al cellulare?» chiese Giovanni.
Mi girai a guardarlo, era arrabbiato anche lui con noi? Bene!
«Non l'abbiamo sentito» disse Francesco.
«Tutti e tre?» chiese Corrado alzando un sopracciglio sospettoso.
Annuimmo.
«Ci avete fatti preoccupare» disse Donato, poi si andò a sedere sulla sedia del tavolo da pranzo, sospirò e si portò le mani sul volto.
«Chiamo Simone» disse Giovanni.
«Lui e Andrea erano andati a cercarvi» ci informò Corrado.
Mi sentivo sempre più di merda per quello che avevamo fatto, avevamo fatto passare ore di inferno ai nostri fratelli per un capriccio di Daniele.
Mi avvicinai a Donato e, senza pensarci due volte, lo abbracciai da dietro, lo strinsi a me e gli chiesi scusa sussurrando.
Donato aveva ancora la stessa bassa e sono sicura che stesse piangendo, anche se non riuscivo e non volevo vederlo. Dopo poco anche Daniele e Francesco si avvicinarono chiedendo scusa a Donato; ci riunimmo tutti e quattro in un abbraccio che mi portò alla mente vecchi ricordi. Ricordi di quando eravamo bambini.
Eravamo tanto cresciuti da allora, continuavamo certo a combinare sempre enormi guai, ma, anche se non eravamo ancora più bambini, avevamo ancora un gran bisogno di lui.
Lui era tutto per noi, per tutti noi. Era la nostra cima, il nostro appiglio, la nostra forza. Non saremmo sopravvissuti un solo giorno senza di lui.
Eppure, nella vita, come lui mi ha sempre insegnato, non si può essere sempre egoisti, pensare sempre a se stessi non porta mai a niente di buono.
Nonostante avessimo ancora bisogno di lui, non potevamo permettere che mettesse la sua vita da parte, non potevo permetterlo.
Perciò, in quel momento, presi una decisione che mi ha cambiato la vita: «Donato, voglio che tu vada a vivere con Mirko e io verrò con voi.»
Eccolo! Il tanto atteso capitolo! Come al solito: spero vi piaccia, al prossimo giovedì!
Mary <3
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