Ti prego non mandarlo via

«No!» urlai io alzandomi dal divano. Le mie parole furono seguite da altre esclamazioni, alcune di disapprovazione alcune di consenso. Nel giro di pochi secondi in casa nostra si era creata una disputa tra chi era d'accordo con Donato e chi era in disaccordo.

Le voci dei miei fratelli si sovrapponevano in un groviglio di urla, esclamazioni, battute.

Francesco discuteva animatamente con Corrado: se fino a quel momento era stato zitto era evidente che stava prendendo le parti di David. Simone dava man forte a Corrado, Andrea rispondeva a Daniele che era dietro di me che, ancora arrabbiato, era d'accordo con Donato.

«È esagerato!»

«Non puoi farlo!»

«Abbiamo fatto anche più di quanto potessimo.»

«Se lo merita.»

È questo quello che riuscii a sentire nel casino di quelle urla.

«Ragazzi...» provò a zittirli Donato, ma nessuno però gli diede retta. «Ragazzi!» ripeté urlando. «Basta!»

«Non puoi mandarlo in Russia.» esplose Giovanni.

«Certo che posso e lo farò. Ho promesso a Ilian che avrei ospitato David per un po', almeno fin quando non avrebbe creato problemi, adesso non posso più mantenere la promessa che gli ho fatto. Mi dispiace, ma è così.»

Le parole di Donato erano ferme e imperiose. Non potevo credere che stesse succedendo davvero. Avevo immaginato tante volte nella mia testa le loro reazioni, ma non avrei mai immaginato che Donato avrebbe reagito così. Non poteva farmi questo, non poteva mandare David da Ilian, stavo male già solo al pensiero.

«Andiamo, Donato, non ti ricordi com'è avere sedici anni?» gli chiese Giovanni cercando di fargli cambiare idea.

Donato cacciò fuori l'aria dal naso quando sentì quelle parole, come un toro pronto ad attaccare. «Mi chiedi se mi ricordo com'è avere sedici anni? Certo che me lo ricordo!» esclamò avvicinandosi di più a Giovanni che era di fronte a lui. «Ricordo com'è perdere i genitori a sedici anni e doversi rimboccare le maniche per crescere sette fratelli!»

«Donato io non...» cercò di dire con la testa bassa Giovanni.

«Non intendevi questo? Beh, mi hai chiesto di ricordare com'è avere sedici anni, e l'ho fatto! Adesso è meglio se stai zitto.»

Donato aveva rinunciato praticamente a tutto per crescere noi: alla sua adolescenza, alla sua carriera da ballerino, all'amore. Tutti avevamo fatto dei sacrifici da quando erano morti i nostri genitori, ma Donato più di tutti. Era la prima volta, però, che gli sentivo farlo presente.

«Donato, quello che vuole dire Giovanni è che sono giovani, è il loro primo amore, non fanno male a nessuno.» intervenne Andrea.

Sorrisi a mio fratello, parlava poco ma quando lo faceva erano sempre le parole giuste.

«David non può più vivere in casa con noi, proprio perché è il loro primo amore si dimenticheranno in fretta.» disse Donato.

Per quanto potessero farlo ragionare i miei fratelli, Donato restava della sua opinione: David doveva andare in Russia, noi dovevamo essere puniti per quello che avevamo fatto. O almeno, era questo quello che pensavo riguardo la decisione di mio fratello, non sapendo che in realtà ci fosse dell'altro sotto.

Mi sentivo così in colpa per quello che avevo fatto, non per la relazione con David, ma per averlo tenuto nascosto. Non avrei mai pensato di creare tutto quel casino, dei disaccordi tra i miei fratelli.

Non sapevo cosa dire, cosa fare per convincere Donato a desistere sulla sua idea, ma non potevo lasciarlo fare.

«Ti prego, non mandarlo via.» dissi semplicemente. Avevo quasi bisbigliato quelle parole, ma al suono della mia voce tutti i miei fratelli si erano zittiti e avevano rivolto i loro sguardi su di me e su Donato.

Tra me e Donato c'era un rapporto speciale, un rapporto che andava ben oltre quello tra fratello e sorella; Donato per me era un padre, era l'uomo che mi aveva cresciuta. Lo temevo, lo rispettavo, ma soprattutto gli volevo bene e sapevo che lui ne voleva a me.

Restammo a guardarci per qualche minuto, non sapevo se il suo sguardo era di rabbia, o di disapprovazione o di pietà, sapevo solo che avrebbe letto nel mio la richiesta più sincera che gli avessi mai fatto.

Donato guardò altrove, focalizzando lo sguardo su un punto non proprio preciso.

«Stasera David dorme in camera con Giovanni, Corrado e Andrea. Quando saranno guarite le ferite se ne andrà.» disse prima di lasciare la stanza.

Le mie gambe cedettero, e per poco non caddi: David mi prese giusto in tempo. Mi rannicchiai nel suo abbraccio e insieme ci lasciammo andare ad un pianto disperato. Ci avrebbero diviso. Per sempre.

***

Donato aveva mantenuto la promessa: le ferite di David erano guarite e lui era pronto a mandarlo via da me.

Avevo pianto da quella sera, tutte le sere, in silenzio nel mio letto. Nella stanza a fianco, David faceva lo stesso. Parlavamo solo per SMS: non avevamo nemmeno più il coraggio di parlarci davanti ai miei fratelli.

"Mi mancherai" mi scrisse una mattina mentre eravamo in cucina. Lui era seduto al tavolo da pranzo e io sul divano. Non solo non parlavamo, ma ci tenevamo anche a debita distanza in loro presenza.

"Non possiamo arrenderci così" scrissi io.

"Non possiamo fare niente, Donato non cambia idea, e non ha tutti i torti: ho tradito la loro fiducia".

"Non c'è nulla di male in quello che abbiamo fatto, mi pento solo di amarti così tanto da sapere che quando andrai via non riuscirò più a stare bene come lo sono stata ultimamente".

"Ti prego non dire così, troveremo il modo, ci sentiremo tutti i giorni, ti chiamerò appena potrò, verrò in Italia e tu verrai in Russia".

"Ragiona, David! Donato ti sta mandando via da me, non mi permetterà di venire da te!"

Posai il telefono e abbassai gli occhi, stavo per esplodere, di nuovo, quante lacrime avevo ancora da versare?

Mi misi le mani sul volto per nascondere il viso. Mi sentii tirare per il braccio e poi qualcuno che mi teneva stretta nel suo caldo abbraccio.

«Sh.» mi tranquillizzò.

Non potei fermarle e alcune lacrime bagnarono la maglia di Giovanni. In tutta quella storia, Giovanni era stato l'unico a prendere le nostre parti pienamente. Lo strinsi più forte e lui mi accarezzò la schiena per calmarmi ancora. Mi diede un bacio sulla fronte e mi disse di andarmi a lavare il viso per calmarmi ancora un po'.

Lasciai la stanza evitando di guardare David che teneva anche lui la testa bassa, non potevo saperlo, ma forse stava piangendo anche lui. Non volevo vederlo.

Entrai in bagno e mi guardai allo specchio: avevo gli occhi rossi di pianto e segnati da due occhiaie profonde e nere. Erano stati giorni difficili, avevo dormito pochissimo.

Sbuffai sentendomi impotente di fronte alla mia immagine riflessa. Mi sciacquai il viso con abbondante acqua e poi ritornai in salone. Seduto al tavolo della cucina con davanti il PC c'era Donato.

Mi avvicinai a lui incuriosita e, quando vidi il viso di Ilian dall'altra parte dello schermo, il mio cuore cominciò a battere all'impazzata.

Donato stava tenendo una conversazione su Skype con Ilian, era l'unico seduto al tavolo, tutti gli altri erano in piedi e osservavano la scena in silenzio.

Era giunto il momento: Donato stava per dire tutto a Ilian.

«Ilian, ho bisogno di parlarti.» cominciò «Si tratta di David.»

Vidi il volto di Ilian, fino a quel momento sereno e sorridente, spegnersi in un'espressione truce.

«Che cosa ha fatto?» tuonò.

Donato mi dava le spalle, ma mi parve di vederlo sobbalzare alle parole di Ilian.

«Lui, lui ha...»

«Donato, se ti sta creando problemi lo vengo a riprendere immediatamente.» disse Ilian. Donato non rispose subito, così Ilian parlò ancora. «Cosa ha fatto?» chiese.

Il mio cuore batteva sempre più veloce: Donato lo stava per fare, la fine era vicina.

Vidi Donato guardare ad uno ad uno i miei fratelli: ognuno di loro aveva un'espressione diversa, nessuno però gli stava dando man forte. In fine Donato guardò David, il quale non abbassò lo sguardo, ma lo sostenne quasi come se lo stesse sfidando.

«Donato?» lo richiamò Ilian da dietro lo schermo.

«Sì, scusami, la connessione fa i capricci.» mentì. «David ha fatto a botte con un ragazzo alla scuola di danza.» disse, alla fine.

Corrugai la fronte perplessa. Perché Donato stava raccontando la rissa tra Paolo e David? Non stava partendo da troppo lontano?

«Che cosa?» scattò Ilian. «E perché?»

«Oh, lo sai come sono fatti i ragazzi, una parola di troppo...» Una parola di troppo? Ma cosa...

«Ti prego, fammi parlare con lui.» gli disse Ilian.

«Oh, certo.»

Donato fece segno a David di andare a parlare col fratello, il quale restò per un attimo paralizzato, poi si fece forza e andò a parlare con Ilian.

Appena si sedette davanti al PC, fu investito da una serie di insulti in russo. Provò a reagire, ma Ilian lo zittì e quello che si limitò a dire di tanto in tanto fu "da", "si" in russo.

Il discorso continuò ancora per un po', nel mentre David teneva la testa bassa e annuiva. Noi tutti eravamo col fiato sospeso, non avevo capito nulla di quello che Ilian aveva detto a David, ma dal tono con cui aveva parlato non erano certo stati complimenti.

David si alzò dal PC. «Vuole parlare con te.» disse a Donato. Mi avvicinai a lui e lo stesso fecero anche Andrea e Giovanni.

«Che ti ha detto?» gli chiedemmo in sincronia.

«Una serie di minacce.» rispose.

Mi portai entrambe le mani tra i capelli: l'espressione che aveva David non era per niente rassicurante. Ilian sarebbe venuto a prenderlo?

«Donato, mi dispiace per il fastidio che ti sta dando, tra una settimana dovrei scendere in Italia, se vuoi passo a prenderlo.»

«No, non ti preoccupare, nessun fastidio, ci tenevo solo a fartelo sapere.»

Cosa? Donato aveva detto no! Aveva detto di no alla richiesta di Ilian! No!

Il cuore iniziò a battermi di nuovo, ma stavolta per la felicità. Non so perché, non so come mai, ma Donato aveva cambiato idea. Non avevo detto nulla ad Ilian e David non sarebbe ritornato in Russia.

Donato concluse la sua conversione con Ilian e, quando abbassò il PC, urlai per la felicità, seguita dagli altri.

«Grazie!» gridai, andando ad abbracciare mio fratello. Lo sentì ridacchiare. Mi pose le mani sulla schiena e batté un paio di volte.

«Frena l'entusiasmo, per stavolta passi, ma adesso facciamo un bel discorsetto, solo io tu e David.»

Deglutii staccandomi da lui. Non sapevo cosa volesse dirci, l'importante era però che David non sarebbe andato via da me.

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