Primo appuntamento


Io e Lucia eravamo fuori scuola, era appena suonata la campanella dell'ultima ora e lei, puntualissima come sempre, era venuta a prendermi. C'era solo un problema: quella mattina avevo deciso di andare a prendere qualcosa da mangiare con Paolo. Lo avevo detto a Lucia e lei aveva deciso di restare a farmi compagnia mentre lo aspettavo.

«E chi sarebbe questo Paolo?» mi chiese Lucia guardandosi attorno.

«Un mio amico.»

«Mh, e come l'hai conosciuto?» Il tono che aveva Lucia era strano, quasi geloso.

«Viene alla scuola di danza.»

«Ah, già, è un ballerino, come David.»

La guardai di traverso, perché mi stava parlando del mio ex fidanzato? Soprattutto dopo quello che mi aveva detto, non avevo per nulla voglia di sentir parlare di lui.

«Già. Come David» ripetei guardandola ancora di traverso.

«E cos'ha di diverso da David?»

«Ah?»

«Voglio dire... è un ballerino, cos'ha di diverso? È più carino? È più simpatico?»

Aprii la bocca per risponderle, ma decisi di lasciar perdere. Da che parte stava? Non dalla mia sicuramente.

Incrociai le braccia sopra al petto e lei fece lo stesso, restammo in silenzio, fin quando dall'altra parte della strada non vidi arrivare Paolo.

Gli sorrisi e gli feci cenno di attraversare la strada.

«Allora io me ne vado» mi disse Lucia.

«Aspetta, te lo presento» le dissi prendendola per il braccio per fermarla.

«Ciao!» mi disse Paolo avvicinandosi a me e scoccandomi un bacio sulla guancia.

«Ciao» risposi sorridendo. «Ti presento Lucia.»

Paolo si girò verso la mia amica e le sorrise. «Piacere, Paolo» disse porgendole la mano. Lucia guardò la mano tesa di Paolo, ma non la strinse. «Piacere» si limitò a dire. «Beh, io vado. Ciao.»

Paolo la seguì con lo sguardo restando perplesso dal comportamento di Lucia e sinceramente lo ero anch'io, non riuscivo proprio a capire cosa avesse contro Paolo.

«Pizza?» urlai per richiamare l'attenzione di Paolo, il quale si girò verso di me e annuì.

«Sì, ho una fame incredibile!»

Scoppiai a ridere per il suo entusiasmo e lo condussi in una pizzeria non troppo lontana dalla mia scuola.

Ci sedemmo a un tavolo per due, appena vicino la vetrata che dava sulla strada. Non so per quale motivo, ma ci fu del leggero imbarazzo tra noi. Restammo in silenzio a scrutare i nostri menù e di tanto in tanto Paolo alzava gli occhi su di me e mi sorrideva e io ricambiavo il suo sorriso.

«Che cosa prendete, ragazzi?» La voce del cameriere ci fece saltare entrambi.

«Una margherita» farfugliò Paolo.

«Anche per me» acconsentii.

Da bere prendemmo solo dell'acqua naturale, dopo qualche ora saremmo dovuti andare entrambi alla scuola di danza, ed era meglio non gonfiarci troppo.

Quando il cameriere andò via non potevamo più nasconderci dietro i menù.

«Allora...» iniziò a dire lui per rompere il ghiaccio. «Come va a scuola?»

Cercai di trattenermi dal ridergli in faccia, sembrava quasi una domanda di Donato.

«Bene, domani abbiamo il compito di matematica» lo informai.

«E sei preparata?»

«Abbastanza.»

«Io sono andato allo scientifico,» Paolo era già diplomato, era più grande di me di un paio di anni, «se vuoi posso darti una mano, se serve.»

«Non ho mai avuto problemi in matematica, l'unico mio problema è il greco, ma per fortuna c'è Donato che mi aiuta.»

«Perché Donato ha fatto il liceo classico?»

«Sì.»

Paolo annuì a sua volta. «A proposito, non ho avuto modo di chiedertelo: com'è la nuova casa? Ti trovi bene?»

«Sì, molto.»

Paolo annuì di nuovo. «È bello quello che hai fatto per lui.» Si riferiva al fatto che avevo accettato di vivere con Donato e con il suo fidanzato.

Alzai le spalle, indifferente. «Farei di tutto per i miei fratelli...»

Non finii nemmeno la frase che dal vetro della pizzeria vedemmo Daniele e Francesco, che ci osservavano ridacchiando. Bussarono un paio di volte e poi ci salutarono con la mano.

Pensai, o forse per un po' lo speravo, che sarebbero andati via, e quando li vidi proseguire e sparire dalla mia vista, mi acquetai, ma poi li vidi entrare in pizzeria.

«Cazzo...» borbottai abbassando lo sguardo e girando il viso dall'altra parte.

«Ehi!» sentii urlare dietro di Paolo, era Daniele a parlare. «Che ci fate qui? Ci uniamo a voi, ho una fame!»

Prima che potessi rendermene conto Daniele si sedette accanto a me e Francesco dall'altra parte del tavolo.

«Cameriere!» urlò Francesco, dopo poco il cameriere si avvicinò al nostro tavolo. «Ci può portare due pizze margherite? E anche il coperto, grazie!»

«Avete già ordinato?» mi chiese Daniele.

«Sì, in realtà sì...»

«Ma perché non ci hai aspettati?» mi chiese Francesco.

«Beh, ecco...» provò a dire Paolo.

«Devo andare in bagno!» feci per zittire Paolo. «Daniele, mi accompagni?»

Daniele scoppiò a ridere. «Perché dovrei? Devo mantenerti la porta?» rise ancora più forte.

Lo guardai di traverso e lo tirai per il braccio costringendolo ad alzarsi. Lo trascinai mentre si lamentava fino al bagno, ma non entrai.

«Ma che cavolo state facendo?!» dissi non appena ci ritrovammo da soli.

«Ci siamo uniti a voi per una pizza.»

«Doveva essere una specie di appuntamento...» sussurrai.

«Ah?»

Mi grattai la testa. Mi imbarazzava dire a Daniele che quello tra me e Paolo doveva essere una specie di primo appuntamento, ma non potevo permettere che con la loro invadenza rovinassero tutto.

«Doveva essere un appuntamento» ripetei, ma stavolta alzando la voce. «Tra me e Paolo.»

Daniele restò serio e con la fronte corrugata per un po', poi scoppiò di nuovo a ridere. «Un appuntamento tra te e Paolo? Figuriamoci!» disse e poi sempre ridacchiando iniziò a camminare per ritornare al tavolo.

«Dany!» lo richiamai inseguendolo.

Arrivammo di nuovo al tavolo e notai un leggero imbarazzo da parte di Paolo, mi sorrise comprensivo e io ricambiai, poi mi lasciai cadere seduta sulla sedia mentre i miei rumorosi fratelli ridevano e si raccontavano cose assurde. 

***

L'appuntamento era stato allegramente boicottato dai miei fratelli, inutili erano stati i tentavi di far capire loro che volevamo stare da soli per conoscerci e, devo ammetterlo, la cosa non mi era dispiaciuta più di tanto.

Avevo accettato l'invito di Paolo per distrarmi, per non pensare a David, ma di certo Paolo non mi piaceva a tal punto da starci così male per l'appuntamento boicottato.

Per quanto provassi a dimenticarlo, amavo ancora David e anche tanto.

Sospirai cercando di liberare la mia mente da quel pensiero e concentrarmi sulla lezione di Corrado, che era in atto.

Corrado ci aveva attaccato alla sbarra e costretto a fare almeno un'ora di tecnica, ma non so per quale motivo: avremmo dovuto provare per il saggio.

Io ero stata spodestata, non ero più Giulietta, ma una semplice ballerina di contorno, Corrado, infatti, aveva scelto Roberta per il ruolo e per Romeo aveva scelto Daniele.

Ero contenta che Daniele sostituisse David, non ero contenta del fatto che fosse stato sostituito.

Sospirai di nuovo e alzai gli occhi al cielo imprecando con me stessa, dovevo concentrarmi.

Scesi in plié e portai le braccia sopra la testa cercando di non perdere l'equilibrio, risalendo incrociai lo sguardo di Paolo: si era sistemato proprio dall'altra parte della sbarra, mi sorrise e io ricambiai debolmente.

Quando riscesi di nuovo in plié mi bisbigliò: «Ci hanno rovinato l'appuntamento.»

Aprii la bocca per rispondergli, ma non trovai subito le parole. Mi accorsi che stavo perdendo troppo tempo in plié, così mi affrettai ad alzarmi e andai con lo sguardo alla ricerca di Corrado: per fortuna era girato di spalle.

«Già» bisbigliai a mia volta.

«Spero potremmo replicare» ribatté.

Gli sorrisi solo, non sapevo cosa rispondergli, avrei voluto conoscere meglio Paolo? O era meglio lasciar perdere?

Paolo controllò dov'era Corrado, poi appena si fu accertato che non potesse vederci, posò la sua mano sulla mia. La mia mano sinistra era attaccata alla sbarra, così la strinsi ancora più forte quando sentii il contatto con la sua. Mi sentii strana e il mio cuore cominciò a battere all'impazzata, da tantissimo tempo non mi sentivo così emozionata e allo stesso tempo impaurita.

Quando Paolo fu costretto a girarsi dall'altra parte per eseguire l'esercizio con l'altra gamba, tolse la sua mano dalla mia.

Respirai a fondo, scaricandomi dalla tensione che sentivo.

Dopo poco, Corrado ci fece staccare dalla sbarra e iniziare le prove per il saggio. Decise che era il caso, visto il poco tempo, di concentrarsi su Romeo e Giulietta, così noi tutti ci accomodammo a terra ad aspettare in silenzio il nostro turno.

Mi andai a sedere sotto la sbarra a muro e guardai, cercando di non mettermi a piangere, Daniele e Roberta che provavano le parti che una volta erano mie e di David.

Paolo si accomodò accanto a me e io lo guardai con la coda dell'occhio.

«Come primo appuntamento non è stato il massimo» mi disse.

Mi trattenni dallo scoppiare a ridere.

«Possiamo riprovarci?» chiese.

Lo guardai, stavolta girandomi verso di lui, e incrociai il suo sguardo, i suoi meravigliosi occhi verdi. Mi sentivo in colpa. La storia con David era ancora fresca e in realtà non sapevo se potevo definirla davvero chiusa, ma al tempo stesso volevo dare una possibilità a Paolo.

Ero tremendamente confusa.

«Sempre se ti va» continuò ancora in attesa di una mia risposta.

«D'accordo» gli dissi alla fine e gli sorrisi per rassicurarlo. 

***

Sobbalzai quando davanti ai miei occhi Donato schioccò le dita. «Oh» disse schioccandole di nuovo e io sbattei gli occhi un paio di volte. «Hai sentito che ho detto?»

Eravamo a tavola a cena e io mi ero distratta a guardare il cellulare, Paolo mi stava scrivendo e non volevo aspettare per rispondere.

Scossi la testa. «No, non ho sentito» gli risposi per riabbassare la testa sul mio cellulare.

Donato sbuffò e dopo poco mi strappò il cellulare dalle mani, alzai la testa per dirgli qualcosa, ma mi anticipò.

«Ascolta, sono stato più che paziente, lo sai che non mi piace quando usi il cellulare a tavola e io e Mirko stiamo parlando anche con te.» Il suo tono era piuttosto alterato.

«Scusa» borbottai.

Donato si alzò e andò a poggiare il mio cellulare sul bancone della cucina. «Consideralo sequestrato» disse.

Lo guardai male cercando di inghiottire le cattiverie che avrei voluto dirgli. Che esagerazione! Per aver usato un attimo il cellulare a tavola!

La conversazione per fortuna non durò molto, Mirko raccontò di un nuovo progetto che stavano mettendo in atto nella loro azienda cosmetica e Donato mi chiese per l'ennesima volta se avevo studiato per il compito in classe.

Quando fu l'ora di andare a letto, Donato portò con sé il mio cellulare, decisi che sarei andata a riprenderlo durante la notte.

Mi alzai dopo qualche ora e prima di entrare nella loro stanza mi accertai che stessero davvero dormendo. Feci entrare solo la testa e vidi che Mirko dormiva beatamente sul petto di Donato. Mi guardai intorno: il mio cellulare era sul comodino mio fratello.

Mi avvicinai lentamente e silenziosamente, ma non feci in tempo a prenderlo che Donato si svegliò: era sempre vigile, anche quando dormiva.

«Martina, che stai facendo?» borbottò con la voce impastata dal sonno e con occhio aperto e l'altro chiuso.

«Non riuscivo a dormire» mentii.

Senza dire nulla, Donato alzò il lembo della coperta per invitarmi a entrare e dormire con lui e per un attimo ritornai con la mente a quando ero piccola e mi rifugiavo nel suo letto quando non riuscivo a dormire.

Sorrisi per quell'invito e lo accettai. Mi rannicchiai accanto a lui e lui mi strinse a sé, mentre dall'altra parte Mirko borbottava qualcosa per il fatto che Donato si era mosso dalla sua posizione.

Chiusi gli occhi pensando che avrei recuperato il cellulare la mattina dopo.

Quando mi svegliai, il sole illuminava la stanza di Donato e Mirko. Mi girai nel letto: non sentivo più il peso di Donato su di me, ma lui e Mirko erano ancora a letto con me. Restai a guardarli, a guardare soprattutto le loro mani intrecciate. Pensai alle rare volte che avevo dormito con David e a quanto mi mancava, avrei voluto scrivergli e dirglielo.

Presi il mio cellulare e, senza far troppo rumore, lo accesi; mi ritrovai alcuni messaggi dolcissimi di Paolo. Ero indecisa: non sapevo se rispondere a Paolo e vedere come le cose tra noi due sarebbero procedute o mandare un messaggio a David.

Da una parte c'era Paolo che mi scriveva spesso, e dall'altra David che, dopo avermi detto quelle cattiverie, non si era fatto più sentire.

Tenevo la conversazione aperta di David e quando lo vidi online il mio cuore cominciò a battere all'impazzata.

«Sei sveglio?» gli scrissi, poi restai a fissare la nostra conversazione sperando che mi rispondesse. 



Heyyyyyyyyyy.....eccomi, finalmente!!! Come state? Io male, sono alla ricerca disperata di un lavoro! ahahaha era meglio quando mi toccava solo studiare! Comunque... spero che il capitolo vi piaccia e vi prego non mi ammazzate, ho in serbo per voi tante belle cosine! 

Al prossimo giovedì! 

Mary <3 

p.s.: stiamo per arrivare alle 80.000 mila visualizzazioni e pensavo di farvi un regalino, cosa vi piacerebbe? Fatemelo sapere! 

pps: ho creato una pagina facebook si chiama "Marianna Coccorese Autrice" mettereste "mi piace"?!? Se non lo fate cancello la storia! No, scherzo! Però fatelo daiii! <3 

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