Non ho mai...


Prima di lasciarvi al capitolo volevo dirvi che, come avete richiesto, ci saranno due capitoli questa settimana! Un piccolo regalo per voi, ma non abituatevi!


Non so perché avevamo cominciato a giocare a quel gioco e nemmeno perché Donato aveva accettato di farmi giocare, ma l'avevamo fatto. E sapevo che sarebbe finita male.

"Non ho mai..." era questo il gioco.

Ci eravamo seduti attorno al tavolo in cucina a casa di Mirko, c'erano tutti i miei sette fratelli maggiori, Mirko, Lucia e Beatrice.

Il gioco era semplice: a turno dovevamo dire qualcosa che non avevamo mai fatto cominciando la frase con "non ho mai" e se c'era tra di noi qualcuno che invece aveva fatto quella cosa doveva bere. Un gioco alcolico insomma.

Di solito, almeno così avevamo letto su internet, si doveva bere la birra, ma noi avevamo scelto di bere qualcosa di più pesante: i cocktail preparati da Giovanni.

Giovanni, nel suo periodo in America, aveva anche lavorato come barman e avevamo deciso di fargli fare dei cocktail anche perché a noi donne la birra non piaceva.

Il gioco era iniziato da poco, ma per fortuna non avevo ancora bevuto.

Giovanni aveva detto di aver creato i cocktail tutti con la stessa gradazione alcolica e se i miei fratelli avevano storto il naso buttando giù i primi sorsi, non immaginavo cosa sarebbe accaduto a me che ero quasi astemia.

«Tocca a te» mi disse Andrea.

Riflettei guardandoli bene a uno a uno, stavamo tutti puntando a far uscire i segreti l'uno dell'altro, ci conoscevamo troppo bene e sapevamo come colpirci.

Sorrisi quando mi venne in mente come colpirli tutti.

«Non ho mai fumato una canna» dissi.

Tutti i miei fratelli si portarono il cocktail alla bocca, ma anche sorprendentemente Lucia, Mirko e Beatrice. A quanto pareva ero l'unica a non aver mai fumato una canna.

«Vi ho stesi tutti!» esclamai, soddisfatta.

«Bel lavoro, sorellina» mi disse Daniele. «Tocca a me.»

Si guardò introno alla ricerca della sua vittima e decise di far cadere Donato.

«Non ho mai fatto sesso con un uomo» disse, poi sorrise a nostro fratello.

Donato lo guardò, poi bevve dal bicchiere di Mirko per poi dargli un appassionato bacio in bocca. Bevve anche Mirko, ma toccò bere anche a me e a Beatrice.

I miei fratelli fecero finta di non aver visto che avevo bevuto anch'io, ma a Francesco non sfuggì che Lucia non aveva bevuto.

«Tu non bevi?» le disse.

Lucia si limitò a scuotere il capo, imbarazzata; Lucia, infatti, era ancora vergine.

«Ma come? Vuoi dire che...»

«Francesco!» lo richiamò Corrado. «I cavoli tuoi? Gioca, piuttosto.»

«Ah, perché tocca a me? Vediamo...» disse Francesco continuando a guardare Lucia, evidentemente aveva deciso di mettere lei in difficoltà.

Daniele gli disse qualcosa nell'orecchio e lui acconsentì.

«Non ho mai avuto una cotta per Andrea» disse prima di scoppiare sonoramente a ridere insieme a Daniele.

«Francesco!» lo richiamò di nuovo Corrado.

«Che c'è? Dai, stiamo giocando!» si difese mentre ridacchiando si godeva Lucia che, rossa come un peperone, beveva il suo cocktail.

«Ci vuole qualcosa di più piccante...» disse Giovanni quando fu il suo turno. «Ah!» esclamò folgorato da un'improvvisa illuminazione. «Non ho mai fatto lo streap tease per la mia ragazza.»

Corrado bevve. Scoppiammo tutti a ridere e lui ci spiegò che era un regalo che aveva voluto fare a una sua vecchia fiamma per San Valentino e che lo aveva confessato solo a Giovanni.

«Tocca a Lucia!»

«Vendicati» le suggerì suo zio.

La guardai incoraggiandola, le avevo raccontato qualcosa su Daniele e Francesco e volendo avrebbe potuto vendicarsi adeguatamente.

«Non ho mai mandato foto in cui ero nuda.»

Mi misi una mano sulla bocca per trattenermi dalle risate, avevo raccontato a Lucia che sia Francesco che Daniele l'avevano fatto una volta.

Prima di bere mi trucidarono con lo sguardo.

«Preferiamo non spiegare, grazie» disse Francesco.

«A chi tocca?» chiese Andrea.

«A me!» urlò Beatrice alzando la mano. «Allora... non ho mai... baciato Ilian.»

Calò il silenzio nella stanza quando Beatrice pronunciò quella frase.

Che stronza. Come aveva potuto? Le avevo raccontato quel segreto in confidenza, e adesso lo avrebbero saputo anche i miei fratelli.

Deglutii, sperando che non mi dessero troppo addosso. Feci un respiro profondo, ma prima che potessi avvicinare la bocca al cocktail, Donato aveva già bevuto.

Ci girammo tutti verso di lui, sconvolti. Che vuol dire?

«È stato moltissimo tempo fa,» cominciò a dire Donato, «avevo appena capito di essere gay e papà mi aveva impedito di vedere Mirko, e in quel periodo ero molto triste, confuso, e Ilian era molto... dolce.»

Tutti i miei fratelli iniziarono a emettere versi di disapprovazione e io iniziavo a non sentirmi tanto bene.

«Non serve che continui, no?»

Donato concluse il suo discorso guardando male Beatrice e lei abbassò la testa, imbarazzata. Era chiaro che Donato non voleva far uscire quel segreto, ma quello che mio fratello non sapeva era che Beatrice lo aveva fatto per mettere in difficoltà me, non lui.

Una strana sensazione cominciò a farsi strada nel mio stomaco.

«Ma perché Ilian è gay?» chiese Simone in cerca di spiegazioni.

«Non lo so,» rispose Donato, «non ho mai capito i suoi orientamenti sessuali e sinceramente nemmeno mi interessano, è stata una cosa successa tanto tempo e fa e solo una volta, e avrei preferito che restasse tra noi due.»

«Ma tu eri...» chiese con titubanza Mirko.

«No.» Donato scosse la testa, abbassandola. «Non ero consenziente, ma nemmeno l'ho fermato.»

Daniele si mise le mani nei capelli, sconvolto; Andrea si mise le mani sulle orecchie quasi a non voler sentire, e io mi sentivo sempre di più male.

«Il solo pensiero di quello che ha fatto Ilian, mi fa...» iniziò a dire Corrado.

«Vomitare» dissi io.

«No, non volevo dire questo, volevo dire rabbia, ma...»

«No, io.» Mi alzai velocemente e mi misi una mano sulla bocca. «Devo vomitare» riuscii a dire prima di correre in bagno.

Mi sentii seguire da Donato e riuscii ad arrivare al gabinetto prima di espellere tutto quello che avevo nello stomaco.

Mi appoggiai al muro e mi lasciai cadere seduta a terra, alzai lo sguardo incontrando quello di Donato che, preoccupato, si abbassava sulle ginocchia per sapere come stavo.

«Male» riuscii a dirgli.

Avrei voluto rannicchiarmi e piangere fino all'eternità al pensiero di quello che quell'uomo aveva fatto a me, a mio fratello, alla mia relazione, alla mia famiglia.

Non avrei mai voluto sapere quello che Donato aveva così coraggiosamente confessato, e sapevo che era lo stesso anche per gli altri fratelli.

Mi sentii ancora più male quando pensai che l'unica soluzione possibile per non creare altri danni sarebbe stata continuare a mantenere il segreto. Perché era un segreto che mi stava logorando, che mi stava facendo male, ed era la causa del fatto che David mi aveva lasciato.

Ma non potevo dirlo a loro, proprio non potevo. 

***

 Ero sul motorino con Paolo, con il vento tra i capelli e il sole che risplendeva su di noi. Era una bella giornata e io avevo deciso di uscire ancora con lui, visto che all'ultimo messaggio inviato a David non avevo ricevuto nessuna risposta.

Era pronta a lasciarmi i fratelli Sakiridov alle spalle.

In casa, dopo quella sera, non avevamo più parlato di quello che ci aveva confessato Donato, a nessuno di noi interessava sapere dettagli in più.

«Ehi, rallenta!» urlai a Paolo per farlo andare più lentamente. Stava correndo troppo, la velocità in fondo non mi dispiaceva, ma non mi fidavo ancora pienamente della guida di Paolo.

«Stai tranquilla, è tutto sotto controllo!» mi disse.

«Se i miei fratelli sapessero dove sono in questo momento saresti un uomo morto!» gli dissi ridacchiando.

«Ma non lo sapranno mai!» esclamò lui guardandomi dallo specchietto.

«Mai!» ripetei.

Non avevo idea di dove mi stesse portando Paolo, avevo fatto organizzare tutto a lui e lui aveva detto che era una sorpresa.

Paolo uscì dalla strada di città e proseguì per quella di campagna, il suo motorino rallentò fino a fermarsi del tutto.

Paolo lo parcheggiò sulla destra e scese.

«Siamo arrivati?» chiesi entusiasta.

«No» mi disse aiutandomi a scendere e togliendomi il casco. «È finita la benzina.»

«Sul serio?»

«Già.»

Paolo portò il motorino fuori strada, tra l'erba, e lo fece poggiare al cavalletto.

Sbuffò, poi si portò le mani tra i capelli. «Che palle» disse senza guardarmi negli occhi, era evidente che era dispiaciuto per quello che era successo.

Mi guardai intorno e notai che ci eravamo fermati in una bella zona, attorno a noi c'erano dei prati, così decisi che non avrei permesso alla sfiga di rovinarci di nuovo l'appuntamento.

«È bellissimo qui» dissi entrando sul prato, Paolo mi seguì in silenzio. Camminai fino a raggiungere dei fiorellini di campo viola, mi accovacciai e poi mi sedetti sull'erba fresca.

Paolo imitò i miei movimenti: si stese sull'erba e portò le mani dietro la testa.

«Il primo appuntamento è stato boicottato dai tuoi fratelli, li adoro, ma a volte sono dei rompi palle incredibili; il secondo è stato boicottato dal mio vecchio motorino che ci ha lasciati in mezzo alla campagna...» disse Paolo guardando il cielo azzurro.

«Qual era il tuo piano segreto?»

«Volevo portati a fare un pic nic al parco qui vicino.»

«Ma non vedo nessun cestino o...»

«Lo so, dovevamo comprare tutto lungo la strada, altrimenti che sorpresa sarebbe stata?»

«Oh...» L'idea di Paolo era davvero carina, peccato che non fu possibile attuarla. «Ciò non vuol dire che dobbiamo rovinarci l'appuntamento, siamo qui, no?» gli feci notare. «Potremmo fare altro.»

Paolo si avvicinò pericolosamente al mio volto per darmi un bacio, ma lo fermai ponendogli una mano sul busto.

«Non-non intendevo questo» gli dissi leggermente imbarazzata.

«Oh» disse sbattendo le ciglia e arrossendo. «Scusa, io...»

Gli sorrisi. «Non ti preoccupare, pensavo che potremmo conoscerci un po' meglio.»

«Va bene,» acconsentì, «ma iniziamo da te.»

«Da me?» urlai, sorpresa. Non volevo iniziare a parlare io per prima. «Ma se sai già tutto di me!»

«Non è vero, non so nulla, per esempio non mi hai mai raccontato dei tuoi genitori» mi fece notare.

Alzai le spalle. «È che non saprei cosa dirti, nemmeno me li ricordo.»

«I tuoi fratelli te ne avranno parlato, no?»

«Sì, beh, mi hanno raccontato che nostro padre era molto severo, è tutto quello che so.»

«E tua madre?»

«Mia madre era una donna molto dolce, e a quanto mi hanno detto ai suoi tempi era anche una meravigliosa ballerina.»

«Come te.»

Scossi la testa. «Io non sono così meravigliosa» dissi.

Paolo mi grattò la pancia facendomi il solletico e io scoppiai a ridere dimenandomi sotto le sue mani.

«Sei una ragazza meravigliosa, non parlare di te stessa così» mi disse.

Si spostò mettendosi di lato e, appoggiando il gomito sull'erba, iniziò a fissarmi sorridendo.

Gli sorrisi, lui mi spostò i capelli dal viso e si avvicinò di nuovo a me, ma stavolta lo lasciai fare, lasciai che le sue labbra si unissero alle mie in un dolce bacio.

Quel bacio mi fece sentire bene, tremendamente bene.

Le sue labbra erano soffici e il suo respiro sul mio viso mi faceva rilassare, era proprio quello di cui avevo bisogno in quel momento: stare serena, rilassarmi e godermi i momenti.

E così feci, decisi che dovevo godermi il momento.

Iniziai più seriamente a ricambiare il suo bacio, mi alzai dalla posizione per ribaltare la situazione, gli andai addosso e lui sorrise di sbieco quando mi vide così sicura di me, mi prese per i fianchi e mi mise le mani sotto la maglia.

Mi accarezzò la schiena fino a salire all'allacciatura del mio reggiseno e io lo lasciai fare, era da tanto che desideravo essere toccata così. Me lo slacciò con estrema facilità e iniziò a palparmi il seno. Mi calai su di lui e cominciai a lasciargli baci su tutto il collo, lui mi prese per i capelli e mi fece alzare la testa facendomi gemere, poi ribaltò di nuovo la situazione, mettendosi a cavalcioni su di me. Si tolse la maglietta e io trattenni il respiro quando vidi il suo torso nudo, lo stavo davvero facendo? Ero pronta a fare l'amore con un altro uomo?

Paolo iniziò a slacciarmi i jeans e io l'osservai senza sapere esattamente cosa fare, ero indecisa se lasciarlo fare o fermarlo.

Tirò giù la cerniera dei jeans e io chiusi gli occhi istintivamente.

«Lasciati andare» mi suggerì bisbigliandomi all'orecchio.

Aprii gli occhi e tentai di nuovo di rilassarmi. Paolo infilò le mani nei jeans per sfiorare la mia intimità, ma mi ritrassi e iniziai a sudare freddo quando sembrava intenzionato ad andare oltre.

Si fermò, mi accarezzo il viso e mi baciò di nuovo.

«Stiamo andando troppo veloce?» mi chiese.

Restò per qualche secondo a sfiorare il mio naso con il suo. «Sì» confermai. Capii di non essere pronta ancora a lasciarmi andare così con un altro uomo.

Mi sorrise e si alzò da me, mi aiutò a ricompormi e decidemmo di andare a cercare a piedi un benzinaio per andare a mangiare qualcosa.

Dopo aver pranzato con un panino, ritornammo alla scuola di danza, visto che avevamo lezione.

Paolo parcheggiò il motorino più lontano dall'entrata della scuola di danza. Scendemmo e lui mi prese le mani tra le sue.

«Spero ti sia divertita lo stesso, anche senza la sorpresa che avevo progettato.»

Annuii. «Molto.»

Paolo si guardò intorno prima di baciarmi di nuovo, gli gettai le braccia al collo e lui si lamentò nella mia bocca. «Dobbiamo proprio andare alla scuola di danza?» disse con voce lamentosa.

«Sì, dobbiamo» gli dissi ridacchiando.

Lo presi per mano e ci incamminammo lentamente. Mentre camminavamo, verso di noi vidi arrivare una figura che a tratti mi sembrò familiare, ma che non riconobbi subito.

Fu solo quando me lo trovai di faccia che capii che era lui: Ilian.

Ci squadrò fino a soffermarsi sulle nostre mani intrecciate, mi venne così istintivo lascare la mano di Paolo e abbassare lo sguardo, imbarazzata.

Lasciarmi i fratelli Sakiridov alle spalle? No, non ci ero riuscita.

Eccomi di nuovo qui... Vi è piaciuto? Spero proprio di sì. 

Capitolo bomba tra 3...2...1... A giovedì! 

Mary <3 

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