Night out
«Giovanni!» urlammo prima di correre ad abbracciarlo.
Non potevo credere ai miei occhi, non potevo credere che mio fratello fosse lì davanti a me.
Non lo vedevo da vicino da quasi due mesi e mezzo, avevo dimenticato quanto adorassi il suo profumo, che mi inebriò appena lo abbracciai. Lo strinsi forte e lui ricambiò il mio abbraccio, mi diede un bacio sulla testa e poi mi sorrise.
Mentre anche gli altri lo coccolavano, Donato restò fermo a guardarci, non aveva neanche chiuso la porta d'ingresso alle spalle di Giovanni.
«Che ci fai qui?» disse all'improvviso facendo calare il silenzio nella stanza.
Ci fermammo tutti, guardando Giovanni e Donato che si fissavano l'un l'altro.
«Sono tornato perché sentivo la vostra mancanza, sono quasi tre mesi che non ci vediamo, e per quanto possa essere meravigliosa l'America, sentivo la mancanza di casa.»
Il tono che aveva assunto Giovanni sembrava quasi quello di un cane bastonato che cerca di farsi perdonare. Nessuno di noi sapeva che sarebbe tornato, nemmeno Donato, evidentemente si aspettava di dare il permesso al fratello per tornare.
Le acque non erano ancora del tutto calme.
Donato respirò gettando l'aria dal naso. Guardò in basso, poi alzò la testa e sospirò di nuovo.
Si avvicinò a Giovanni e gli tese la mano. «Bentornato» gli disse. Giovanni guardò la mano testa di Donato, gli sorrise, poi si avvicinò a lui e lo abbracciò.
«Come stai?» gli chiese quando si sciolsero dall'abbraccio.
«Bene, bene, molto bene» rispose Giovanni girandosi a guardare anche noi.
«Hai mangiato?» domandò Simone.
Giovanni scosse la testa. «No, non ho avuto il tempo.»
«Vieni, allora,» gli disse Simone, «ti cucino qualcosa.»
Ritornammo a tavola a cenare, Giovanni andò a sedersi al suo posto, che era rimasto vuoto in quei due mesi. Inevitabilmente la discussione si spostò su di lui e io decisi che avrei rimandato la mia discussione con Donato, ma non di molto.
***
L'occasione per parlare con Donato la ebbi solo il sabato, giorno in cui sarei dovuta andare a dormire da David. Per tutta la settimana avevo rimandando perché Donato era stato impegnato a mettere insieme i pezzi da quando Giovanni era tornato.
Donato non voleva che alla scuola di danza sapessero già del suo ritorno, e stava cercando di preparare il tutto per quando sarebbe stato il momento di farlo tornare.
Era sabato mattina, e io avevo finito di eseguire le faccende di casa che mi competevano. Guardai l'orologio: era quasi l'ora di pranzo e io non volevo affrontare il discorso seduti a tavola, volevo farlo prima, senza troppi occhi a fissarmi.
Andai in cucina, dove Donato stava armeggiando il pranzo.
«Ehi» gli dissi appoggiandomi al frigo.
«Ehi» rispose senza distogliere lo sguardo dal sugo che stava preparando.
«Posso parlati un attimo?»
«Certo, assaggia» mi disse prima di ficcarmi il mestolo del sugo in bocca. Per poco non mi bruciai la lingua.
Deglutii mandando giù il sugo. Era buono.
«Com'è?» chiese.
«Buono» risposi velocemente. «Senti, Lucia...»
«Lucia?» chiesero alle mie spalle. Sbuffai, quanto sarebbe stato difficile chiedere il permesso per passare la notte fuori? «Chi è Lucia?»
Era Giovanni, non aveva ancora conosciuto né Lucia né Mirko.
«Lucia è la nipote di Mirko» risposi di nuovo velocemente, sperando che Giovanni mi facesse concludere il più in fretta possibile la frase che era rimasta a metà.
«Oh... Mirko...» disse Giovanni guardando Donato.
Donato arrossì leggermente, teneva ancora la testa china sul suo sugo. «Quando me lo fai conoscere?» chiese ancora Giovanni.
«Presto» farfugliò Donato.
Giovanni annuì e andò a prendere le posate dal cassetto per apparecchiare.
Lo guardai per qualche secondo, poi Donato mi svegliò.
«Dicevi?»
Sussultai e tossii per schiarirmi la voce.
«Lucia mi ha...»
«Che si mangia?» urlò Francesco entrando in cucina.
«Riso col sugo» rispose Donato.
Sbuffai ancora, sentivo l'ansia crescere dentro di me perché ancora non ero riuscita a chiedergli il permesso.
«Bleah» si lamentò Francesco.
«A Giovanni piace» rispose Donato.
«Oh, giusto, allora torna il figliol prodigo e si mangia solo quello che piace a lui? Devo andare via anche io per un paio di mesi se è così» ribatté Francesco.
«Al tuo ritorno non troveresti comunque la pasta con la Nutella» lo incalzò Donato.
«La pasta con la Nutella?» domandò perplesso Giovanni.
Non gli avevamo raccontato di quello che avevamo combinato con l'idea di Francesco.
«Sì, è una lunga storia» tirò corto Donato.
Li guardai speranzosa che la finissero di parlare di altro e di distrarre Donato da me. Ma non fu così, perché nel giro di neanche dieci minuti c'erano tutti i miei fratelli in cucina e diverse conversazioni si accavallarono.
Sbuffai ancora.
«Tra quanto è pronto?» chiese Daniele andando ad assaggiare il sugo, beccandosi uno schiaffo sulla mano da Donato.
«Tra poco» rispose Donato.
«Donato...» mi lamentai alla ricerca della sua attenzione.
«Che c'è?» disse lui mentre buttava la pasta nell'acqua bollente. «Ah, già, dovevi dirmi qualcosa? Ne parliamo dopo a tavola, no?»
«No!» esclamai quasi urlando.
Donato si immobilizzò, fissandomi a bocca aperta. Non si aspettava quella reazione.
«Volevo dire...» Tossii. «Non c'è bisogno di rimandare, volevo solo chiederti se posso andare a dormire a casa di Lucia stasera, tutto qui.»
«Oh» commentò, poi chiuse la bocca. «Lei ti ha invitato a dormire a casa sua?» chiese, ancora. E io iniziai a sentire il panico montare dentro di me, non sapevo se avrei retto all'ansia di dire una bugia.
Annuii semplicemente.
«E i genitori lo sanno?»
«Certo» mi limitai a dire, poi abbassai lo sguardo.
«Non lo so...»
Quasi persi le speranze che mi dicesse di sì.
Dopo poco, però, cominciò a parlare di nuovo. «Va bene, ma voglio parlare con i suoi genitori, stasera ti accompagno io a casa sua.»
«C-cosa?» Questo non l'avevo previsto.
«Voglio parlare con i suoi genitori» ribadì.
«Non serve» mi affrettai a dire.
«Serve se vuoi che ti dia il permesso per andare a dormire a casa sua.»
Serrai la mascella e mi morsi il labbro, non potevo dirgli di no o avrebbe capito che era una bugia.
«Va bene» acconsentii.
«È quasi pronto, vai a lavarti le mani» mi disse.
Andai in bagno per lavarmi le mani e ne approfittai per chiamare Lucia e metterla al corrente della situazione, dovevamo pianificare insieme un piano.
Rispose al primo squillo.
«Ehilà bella bionda!» mi disse.
«Non ho i capelli biondi» le risposi ridacchiando.
«Lo so» rispose lei ridendo a sua volta.
«Senti, Lucy, ho bisogno di un favore, un enorme favore» arrivai dritta al punto.
«Okay, spara.»
«David mi ha invitato ad andare a dormire a casa sua stasera, ma ho detto a Donato che dormirò da te, il problema è che vuole parlare con i tuoi genitori e accompagnarmi a casa tua stasera, che devo fare?»
«Oh... questo è un bel casino. Facciamo così: io adesso parlo con i miei genitori e organizzo il tutto, tu vieni a casa mia per ora di cena, okay?»
«Okay, ma...»
«Tranquilla, lascia fare a me.»
«Sei sicura?»
«Sicurissima, vedrai che andrà tutto bene.»
***
Quel pomeriggio preparai tutto l'occorrente per passare la notte da "Lucia", Donato non aveva cambiato idea sull'accompagnarmi a casa della mia amica e non l'avevo più sentita da quella chiamata nel bagno, non sapevo cosa stesse architettando per aiutarmi.
Appena si fece orario di cena, Donato mi accompagnò a casa di Lucia. Non ero mai stata a casa sua; da fuori sembrava una casa grande: davanti aveva un piccolo giardino, ma non era una villetta.
Quando ci trovammo davanti alla porta d'ingresso Donato bussò e ci aprì Lucia, che ci accolse con un gran sorriso.
«Ciao!» disse prima di venirmi vicino e di abbracciarmi.
La salutai calorosamente e poi lei andò ad abbracciare anche Donato. «Ciao Lucia» le disse.
Lucia sorrise e ci invitò a entrare.
«Dove sono i tuoi genitori?» chiese subito Donato, neanche avevamo messo piede in casa loro.
«Te li chiamo subito» rispose Lucia, poi mi guardò e mi fece l'occhiolino.
Iniziò a salirmi il panico, mi fidavo di Lucia ma la conoscevo così poco, non sapevo cosa stesse progettando la sua testolina rossa.
Lucia ci fece accomodare in quello che sembrava essere il salone, ci sedemmo su un comodo divano a tre posti, di fronte al quale c'era un caminetto acceso. Donato si guardava intorno mentre aspettavamo di conoscere i genitori di Lucia.
«Marty, Donato, loro sono i miei genitori» ritornò Lucia.
«Salve» dissi alzandomi e andando a porgere la mano ai suoi genitori. Erano due signori abbastanza giovani per avere una figlia adolescente. La madre di Lucia aveva i suoi stessi capelli rossi e gli occhi verdi; il padre, invece, aveva i capelli neri e gli occhi scuri. La madre somigliava tantissimo a Lucia, non solo per i capelli, ma anche il taglio degli occhi, l'espressione e qualche lineamento del viso.
«È un vero piacere conoscerti,» mi disse la madre di Lucia, «Lucia ci ha parlato tanto di te.»
Sorrisi educatamente mentre anche Donato si presentava.
«Volevo ringraziarvi per l'ospitalità che state dando a mia sorella» disse Donato.
«Figurati, è un piacere!» rispose la madre di Lucia.
«Vieni!» mi disse Lucia tirandomi per un braccio. «Ti faccio vedere la mia stanza.»
Mi tirò finché non raggiungemmo la sua camera da letto. Era enorme, con un letto a baldacchino bellissimo, una scrivania con grandi cassetti ai lati, un paio di librerie e una poltroncina rossa. Quasi tutta la stanza era decorata sui colori rosso/rosa, le pareti erano bianche con un motivo floreale rosa. Mi trovai a invidiarla per quella meraviglia di stanza che era sua e unicamente sua. Io la dovevo dividere da sempre con due ragazzi.
«È bellissima» le dissi d'istinto.
Lei si guardò intorno e ridacchiò. «Oh, grazie!» esclamò.
«Ascolta,» mi disse, «ho un paino. Noi ceniamo insieme, facciamo finta di andare a dormire e poi tu esci dalla finestra.» Andò ad aprire una finestra che dava sulla strada. Mi avvicinai e guardai anche io. «Ti fai venire a prendere da David e passate la notte insieme» continuò. «Poi domani mattina rientri dalla finestra ed è tutto perfetto, non ci scopriranno mai!»
Le sorrisi fino a ridacchiare contagiata dal suo entusiasmo. «Sei un genio!» le dissi abbracciandola.
«Lo so, lo so.»
«Lucia!» sentimmo chiamare da fuori la porta.
«Sì?» urlò lei a sua volta.
«Il fratello di Martina sta andando via!»
Uscimmo dalla stanza e io salutai Donato, il quale non mancò di fare le solite raccomandazioni e un po' mi sentii in colpa per quello che stavo facendo, ma al tempo stesso non mi avrebbe mai permesso di andare a dormire da David.
Appena lui andò via, io e Lucia mettemmo in atto i dettagli del piano di fuga, avvisai David della nostra idea e poi ci sedemmo a tavola a cenare.
***
Appena si fecero le undici di sera, sgattaiolai dalla finestra di Lucia, dall'altra parte della strada mi aspettava già David.
Lo salutai con un bacio e a piedi arrivammo a casa sua.
Passammo una serata magnifica, a ridere, a scherzare e a fare l'amore. Finché alle quattro di notte crollammo per il sonno. Prima di allora, non ero mai rimasta sveglia fino a tardi.
Prima di andare a dormire misi la sveglia alle undici per ricordami di alzarmi e andare a casa di Lucia.
Fui svegliata dall'assordate suono della mia suoneria e risposi senza nemmeno vedere chi fosse.
«Pronto?» dissi con la voce impastata.
«Dove cavolo sei?» urlò Lucia. «È mezzogiorno e tuo fratello è qui con mio zio!»
«Io... ehm... sto arrivando» farfugliai.
«Muoviti o ti scopriranno!»
Riagganciai e in fretta mi andai a vestire; provai a svegliare David, ma fu del tutto inutile.
«David, ti prego!» mi lamentai mentre per l'ennesima volta provavo a svegliarlo. «David!» David mugugnò qualcosa e poi si girò dall'altra parte a dormire.
Sbuffai rabbiosa e decisi che non potevo perdere altro tempo per colpa sua, mi finii di vestire e uscii di casa.
Corsi letteralmente con il cuore in gola fino ad arrivare a casa di Lucia, appena fuori la sua finestra saltai per entrare, ma se era stato così semplice scendere non lo fu altrettanto salire.
Mi aggrappai al pezzo di marmo con le mani e cercai di piantare i piedi sull'intonaco. «Lucia!» bisbigliai cercando aiuto. «Aiutami!»
Lei accorse alla finestra, si porse e provò a tirarmi su prendendomi per il giubbotto.
Fece forza sulla mia schiena mentre io cercavo di entrare sempre di più nella sua stanza con il busto.
«Non sei una ballerina?» mi disse a un certo punto. «Non sei agile per niente.»
Mi tirò di nuovo, ma stavolta con così tanta forza che fummo catapultate entrambe nella stanza; io caddi addosso a lei.
In quell'esatto momento Donato e Mirko spalancarono la porta.
«Che state facendo?» ci chiese Mirko guardandoci perplesso.
Guardai me e Lucia: Lucia era stesa a terra e io ero sopra di lei. Mi alzai.
«Siamo cadute» disse Lucia mentre la aiutavo ad alzarsi.
«Come?» chiese Donato.
«Lei è inciampata, io ho provato a prenderla, ma siamo cadute entrambe» spiegò ancora Lucia. Mi sorprese: le bugie le sapeva dire molto bene.
«Già» affermai poco convinta.
Mirko fece pressione sulle braccia come se volesse riscaldarsi. «Come fa freddo in questa stanza» disse.
Io e Lucia ci girammo di scatto verso la finestra ancora aperta. Lucia la andò a chiudere, poi si girò verso mio fratello e Mirko, gli sorrise. «Era per arieggiare la stanza...» borbottò.
Vidi Donato assumere un'espressione strana, interrogativa, e sperai vivamente che non stesse avendo dei dubbi sulla mia notte fuori casa.
Ciaoooo!!! Sono un pochino in ritardo rispetto al mio solito... Sorry! Ecco il nuovo capitolo, spero vi piaccia! Nel frattempo volevo ringraziarvi per il supporto che mi avete dato riguardo il libro... Vi voglio bene! <3
Mary <3
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