Le scarpette nuove
Guardai sconsolata le mie punte, non sapevo chi di quelle megere avesse potuto fare una cosa simile, mi odiavano tutte. Mi guardai intorno alla ricerca di una soluzione: dovevo cancellare quella scritta o non avrei potuto più usarle.
Guardai il lavandino alla mia destra, potevo riuscire a fare qualcosa con l'acqua? Probabilmente no, e in più le avrei anche rovinate. Non mi piaceva bagnare le punte con l'acqua, nonostante alcune ragazze lo facessero a me dava fastidio. Trovavo che in quel modo si rovinassero. Preferivo ammorbidirle in altri modi. Lasciai perdere l'idea dell'acqua e rimisi le punte nella borsa. Ci avrei pensato a casa a come togliere quella scritta. Mi spogliai velocemente e tornai a casa con i miei fratelli. Andai in macchina con Andrea, Giovanni, Simone e Daniele; gli altri erano andati via prima insieme a David. Appena arrivammo a casa mi fiondai nel bagno che c'era nella mia stanza, insieme alla borsa. Chiusi la porta a chiave e iniziai a fare quello che facevo sempre: svuotare la borsa. Quella volta, però, dovevo anche rimediare al danno che quelle streghe avevano fatto alle mie punte.
Aprii il cassetto del mobile in alto, quello sopra il lavandino. Di solito ci tenevamo i medicinali. Scavai alla ricerca dell'alcool, doveva essere da qualche parte. Lo trovai, lo presi e, con un pezzetto di carta igienica, provai a togliere quella scritta. Fu del tutto inutile, quello che ottenni fu solo una scritta un po' sbiadita, ma comunque leggibile.
Sbuffai rabbiosa, gettai di nuovo le scarpette nella borsa e mi buttai sotto la doccia per rilassarmi.
Mentre cercavo di non pensare all'accaduto, qualcuno bussò violentemente alla porta.
«Martina, ti muovi? Devo usare il bagno!» urlò Francesco da fuori la porta.
Sbuffai ancora, nemmeno sotto la doccia potevo stare tranquilla. Chiusi l'acqua e mi avvolsi nell'asciugamano. Francesco bussò ancora.
«Esco subito! Un attimo!» urlai a mia volta. Che palle, in questa casa non si può avere un po' di privacy nemmeno a pagarla, pensai.
Mi asciugai il più in fretta possibile, e uscii dal bagno. Incontrai lo sguardo di mio fratello che mi guardava incrociando le braccia sopra al petto. «Finalmente!» esclamò quando vide.
Lo guardai di traverso e lasciai che andasse in bagno a fare i comodi suoi. Francesco si chiuse dentro e io mi misi il pigiama. Quando stavo per lasciare la stanza, mi ricordai della borsa che avevo lasciato nel bagno, così aspettai che uscisse per riprenderla. Mi sedetti sul mio letto e aspettai con pazienza che finisse.
Quando uscì mi fiondai in bagno ignorando le sue parole di disapprovazione per il fatto che stavo andando in bagno di nuovo.
Mi guardai intorno nel bagno e vidi che dalla borsa le mie punte erano ben visibili. Deglutii sperando che Francesco non le avesse viste, anche se dubitavo che così fosse, visto che per fare la doccia aveva dovuto togliere gli occhiali e senza Francesco era praticamente cieco. Chiusi la borsa velocemente e la nascosi sotto il mio letto. Il mio tentativo di rimediare al danno che avevo subìto non era andato a buon fine, l'unica cosa che mi restava da fare era dire di aver perso le punte e sperare che i miei fratelli non si sarebbero arrabbiati troppo.
Mentre armeggiavo ancora con la borsa sentii che dal salone mi chiamavano per la cena. Diedi un veloce sguardo ancora alla borsa e poi uscii per andare a cena. Mi sedetti al mio solito posto. Quel giorno era il turno di Giovanni a cucinare, aveva preparato il pollo con le patate, patate al forno, ovviamente. Eravamo tutti ballerini e i cibi grassi e fritti erano aboliti. Nemmeno ricordavo l'ultima volta che avevo mangiato la Nutella. Il pollo preparato da Giovanni era davvero ottimo, e lo mangiai con gusto almeno fin quando Corrado non me lo fece andare di traverso.
«Hai trovato le punte?» mi chiese.
Scossi la testa in segno di diniego. «No. Temo di averle perse» dissi senza guardarlo negli occhi.
«Com'è possibile?» si inserì Simone. «Non è da te.»
Già. Non era proprio da me. Non era da me perdere le scarpette: ero sempre ordinata e precisa. Ma non potevo dire loro la verità, non volevo che sapessero cosa avevano fatto quelle stronze, volevo risolvere i miei problemi da sola.
Scrollai le spalle alle parole di Simone. «Non so che dirvi.» risposi.
«Hai cercato bene?» chiese Francesco.
«Sì»
«Ti direi: ti aiuto a cercarle, ma non penso che la mia vista possa esserti d'aiuto.» mi disse ancora Francesco.
Ridacchiai a quella frase.
«Grazie lo stesso.» Gli sorrisi.
«Devi ricomprarle.» mi fece notare Corrado.
Annuii, mordendomi il labbro. Per fortuna erano arrivati loro alla conclusione che volevo.
«Però stavolta te le paghi tu, con i tuoi soldi. Te le ho comprate nemmeno un mese fa e costano un occhio della testa.» mi disse Donato.
Devo essere sincera: questo non me l'aspettavo. Le scarpette che usavo io costavano almeno sessanta euro, ma di solito le usavo per tre, al massimo quattro mesi. Invece starei stata ero costretta a ricomprarle dopo nemmeno un mese di utilizzo, praticamente nuove. Sospirai. Non era giusto che dovessi spendere i soldi della paghetta per le punte, ma la reazione di Donato era assolutamente giustificabile.
«Va bene.» acconsentii. «Le voglio nere!» aggiunsi scherzando.
«No! Niente nere. Rosa, come sempre.» mi riprese Corrado, non capendo che stavo scherzando.
«Stavo scherzando.»
«Meglio per te.»
«Ma come sei pesante!» disse Giovanni a Corrado.
«Non sono pesante. La danza classica è disciplina e rigore. Ma di certo te lo ricorderai.» disse Corrado a Giovanni. Era chiaro che Corrado si riferisse alla severità con cui nostro padre era solito insegnare, in particolare con Giovanni.
Giovanni schioccò la lingua e si trattenne dal rispondere al fratello. Abbassò di nuovo la testa sul piatto e ricominciò a mangiare.
«Almeno tu hai avuto la decenza di presentarti con le stesse scarpette, non come qualcun altro che si presentò in sala con due scarpette diverse.» mi disse Corrado.
Lo guardai stranita, non capendo a cosa si riferisse.
«Non erano due scarpette diverse, erano uguali, avevano solo l'attaccatura diversa.» scattò Giovanni, sulla difensiva.
Di cosa stavano parlando? Era una storia che non avevo mai sentito.
«Se erano uguali, allora perché papà te le diede?» chiese Corrado ridacchiando.
«Me le diede perché tu...»
«Basta ragazzi.» li ammonì Simone.
«Cos'è 'sta storia?» provò a chiedere Andrea.
«Una storia vecchia e archiviata.» disse Donato. Poi guardò Corrado e Giovanni. «Finitela.»
Corrado e Giovanni si guardarono, poi in silenzio ritornarono a mangiare.
«Domani, comunque, le andiamo a comprare.» mi disse Corrado.
Annuii.
***
Il giorno dopo, io Corrado e Daniele andammo al negozio che vendeva articoli per la danza a comprare le scarpette. Daniele era voluto venire per comprare anche lui delle scarpette nuove.
Entrammo nel negozio e, quando ci vide Eleonora, la proprietaria del negozio, corse verso di noi per salutarci.
«Ciao!» esclamò, mentre salutava Corrado con un bacio sulla guancia, e me e Daniele con un abbraccio. Conoscevamo Eleonora ormai da anni: ci fornivamo sempre da lei.
«Che vi serve, cari?»
«Delle punte per Martina.» disse Corrado.
Eleonora mi guardò pensierosa. «Non le hai comprate da poco? Che c'è? Il maestro te le ha già fatte consumare?» disse sorridendo a Corrado.
«No. Le ha perse.» rispose ancora per me, Corrado.
«Oh. Capisco. Te le prendo subito.» mi disse Eleonora. Sapeva già quale scarpette utilizzavo. Me le prese e poi si occupò di quelle di Daniele.
Quando fu il momento di pagare mi girai verso la borsa, ma Corrado mi precedette: pagò lui per me e per Daniele.
Presi le mie scarpette nuove e lo ringraziai. «Che non capiti più.» ci tenne a precisare.
Tornammo a casa e, non appena misi piede nella stanza, mi trovai di fronte un Donato incazzatissimo con le mie punte in mano.
«Adesso mi spieghi.» tuonò.
Deglutii. Merda. Era giunto il momento di confessare.
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