La rissa

Paolo si scansò, facendo lasciare la presa a David.

«Lasciami, che vuoi?» urlò spingendolo con entrambe le mani.

David rispose spingendolo a sua volta e, prima che potessi formulare un pensiero, cominciarono a fare a botte. David sferzò un pugno a Paolo diritto sulla guancia, il quale restò fermo per qualche secondo a massaggiarsi la mascella dolorante, ma poi rispose con pugno nello stomaco. David gli afferrò il polso destro, si spinsero ancora e poi finirono tutti e due a terra. David era sopra Paolo.

Giovanni si mosse andando verso di loro; io non riuscivo a fare niente: paralizzata da quello che stavo vedendo. Giovanni arrivò da loro seguito da Laura, che li guardava sconvolta, prese David per le spalle e lo fece alzare dalla sua posizione sopra Paolo, prima che potesse sferrare un altro pugno. Mio fratello lottò per un po' con David, che non ne voleva sapere di stare fermo.

«Smettila!» urlò. «Basta, David!»

Sobbalzai: era raro vedere Giovanni urlare in quel modo.

Mio fratello aveva lo sguardo fermo e incazzato, fissava David in cagnesco, il quale respirava e aveva anche lui lo sguardo arrabbiato.

Che cosa gli era passato per la testa? Come aveva potuto fare una cosa del genere? Quasi non lo riconoscevo e tutto perché? Perché era geloso di Paolo?

«Che cavolo vuoi da me?» chiese Paolo a David.

David lo guardò per un attimo: sul suo volto passò un'espressione quasi di disgusto. Si passò una mano sulla bocca, poche gocce di sangue gli scendevano dal labbro inferiore.

Paolo aspettava ancora la risposta, che ovviamente non ottenne: non poteva certo confessare tutto in quel momento.

Giovanni disse loro di andarsi a cambiare e, per accettarsi che non continuassero a discutere nello spogliatoio, li seguì. Prima di andare via, David mi rivolse un veloce sguardo, capii subito che era arrabbiato anche con me.

Mi morsi il labbro furiosamente, non volevo certo che succedesse una cosa del genere, ma nemmeno lui si era comportato bene durante l'uscita con i miei fratelli e poi aveva fatto tutto Paolo, di certo non avevo scelto io di ballare con lui. Se fosse stato per me sarei rimasta con il mio solito partner.

Dopo essersi cambiati, Giovanni li portò a rapporto da Donato: entrambi dovevano dare una spiegazione riguardo quello che avevano combinato.

Giovanni spiegò velocemente la situazione a Donato, poi Donato li fece sedere dietro la scrivania e lui rimase in piedi, con le braccia sopra al petto a osservarli.

David aveva il labbro inferiore gonfio, mentre Paolo aveva lo zigomo che stava già lividendo. Presi per tutti e due delle sacche con il giacchio e Paolo mi sorrise quando gliela porsi, ma feci finta di niente e non ricambiai il suo sorriso.

«Allora?» cominciò Donato. «Cosa è successo?»

Paolo e David si guardarono, poi guardarono in basso. «Ha iniziato David.» disse Paolo.

Provai una fitta di rabbia per quell'accusa. Era vero, certo, ma comportarsi così non era certo da persona matura da parte di Paolo.

«David perché l'hai aggredito?»

«Ho i miei motivi.»

«E io ho i miei motivi per informare tuo fratello e rispedirti in Russia.» lo minacciò Donato.

«Ti prego non dirglielo.» gli disse David, e io lessi nella sua voce quasi una supplica.

Donato ignorò la supplica di David. Speravo davvero che non informasse Ilian dell'accaduto o Ilian sarebbe venuto a prendersi il fratello.

«Cosa ti è saltato in mente?»

David aprì la bocca e un brivido mi attraversò la schiena: temevo che da un momento all'altro potesse raccontare tutto su di noi, per fortuna però non lo fece. Richiuse la bocca e continuò a fissare Donato che aspettava una risposta da lui.

Donato sbuffò spazientito.

«Potrei cacciarvi entrambi dalla scuola.» disse. «Sapete bene che non si accettano certi comportamenti.»

«Donato, davvero, non lo so cosa gli è preso.» disse Paolo.

«È impazzito? All'improvviso?» Era chiaro che Donato non credeva che David avesse aggredito Paolo senza un motivo.

«Non lo so, non l'ho nemmeno guardato durante la lezione.»

Donato guardò di nuovo David, che abbassò lo sguardo sulle sue ginocchia. Donato si passò entrambe le mani sul volto.

«Giovanni, ti prego, raccontami cosa è successo a lezione.» disse da dietro le mani.

«Niente di che.» Giovanni scrollò le spalle. «Abbiamo provato una nuova coreografia a coppia, Paolo ha ballato con Martina e David con Roberta.»

Appena sentii il mio nome pronunciato da Giovanni mi venne voglia di sparire, non potevo però andare via senza dare nell'occhio. Avevo troppa paura che mio fratello potesse fare due più due e arrivare alla terribile conclusione.

«Ti ha dato fastidio?» chiese Donato a David.

«Cosa?»

«Che Paolo ha ballato con Martina?»

David sembrò prendere la palla al balzo. «Un po', è la mia partner.» disse prima di abbassare di nuovo la testa.

«Non sapevo che Martina fosse di tua proprietà.» si inserì Paolo.

«Non lo è, infatti.»

Cercavo di ignorarli, ma sentivo gli sguardi dei miei fratelli su di me.

«Così sei scattato solo perché Paolo ha ballato con Martina?» chiese Donato a David guardandomi.

David annuì.

«Un po' strana come reazione.»

«Esagerata.» confermò Giovanni.

Deglutii. Donato si avvicinò a me e mi squadrò da capo a piedi. «Hai qualcosa da dirmi?» chiese.

Scossi la testa in segno di diniego e, nonostante sentissi il viso in fiamme, sperai che mio fratello la smettesse di guardarmi in quel modo e di insinuare che tra me e David ci fosse qualcosa.

«Mi dispiace, Paolo.» disse David all'improvviso. Donato si girò verso di lui. «Non mi è piaciuto ballare con Roberta, sono abituato a farlo con Martina.»

«Nella tua vita avrai anche altri partner.» gli fece notare Giovanni.

«Lo so, ma per un attimo ho pensato che l'avesse fatto apposta.»

«Hai pensato che l'avessi fatto apposta a ballare con lei?» chiese Paolo.

«Sì, ho pensato che volessi farmi arrabbiare.»

«E perché avrei dovuto?»

David alzò le spalle e non rispose.

Donato sospirò spazientito. «Paolo, accetti le scuse di David?» disse.

Paolo annuì. «Sì.»

«Andate, fuori dalla mia vista.»

Paolo e David si alzarono, ma Donato trattenne ancora David.

«David, io non chiamo tuo fratello perché non voglio metterti nei guai, ma comportati così un'altra volta e ti spedisco io in Russia, mi hai capito?»

«Sì.» rispose David sicuro.

Quella sera a cena avrei voluto sprofondare per l'imbarazzo, ogni volta che uno dei miei fratelli chiedeva perché David era ridotto in quello stato Donato raccontava della rissa e del mio coinvolgimento. Tutti sembravano alquanto spiazzati dal sentire che David era scattato perché Paolo aveva ballato con me, ma nessuno di loro, per fortuna, ebbe il coraggio di chiederci se stavamo insieme.

Non so davvero che cosa avremmo fatto quando ciò fosse accaduto.

Mi alzai dal tavolo e mi diressi in camera mia a studiare. David rimase un bel po' a tavola con i miei fratelli, poi venne in stanza anche lui.

Appena mise piedi nella stanza mi alzai di scatto e mi fiondai letteralmente sulle sue labbra. David si ritrasse leggermente per il dolore.

«Scusa.» borbottai. «David, io ti amo, e non pensare che potrei mai tradirti, non farei mai una cosa del genere, te lo giuro, tra me e Paolo non c'è niente.»

David mi prese le mani e le baciò. «Lo so.» disse. «Mi dispiace per come mi sono comportato, sono stato uno stupido, ma ero arrabbiato e non ci ho visto più quando ti ha preso per ballare con lui... io...»

Frenai le sue parole affondando ancora sulle sue labbra, lo sentii lamentarsi nella mia bocca, ma non sapevo se per il dolore o per piacere. Mi fece aprire la bocca e le nostre lingue si intrecciarono; non servivano altre parole: lo avevo perdonato e lui aveva perdonato me.

Ci spostammo leggermente nella stanza e continuammo a baciarci sempre più intensamente. Avevo la mente annebbiata, desideravo quel contatto con lui da tantissimo tempo. Gli strinsi le mani nei capelli e lui mi prese per i fianchi. Sentii il rigonfiamento nei pantaloni e non potei fare a meno di sorridere.

Lo abbracciai e lui respirò sul mio collo. «Dio, Marty.» disse. «Sei bellissima.»

Gli sorrisi e lui ricambiò il mio sorriso, per fortuna l'espressione incazzata era sparita dal suo bellissimo volto.

Incominciammo di nuovo a baciarci.

«Marty, per caso hai visto il mio...» quelle parole ci fecero sobbalzare.

Ci staccammo, ma era troppo tardi: Giovanni era entrato in stanza e aveva visto tutto. 

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