La Resa Dei Conti
Daniele, Francesco e Giovanni ci guardarono sconvolti. Giovanni era quello meno sconvolto: era la seconda volta che ci beccava a baciarci, ma era sconvolto quanto i miei fratelli di averci trovati mezzi nudi nel salone.
Gli ci vollero meno di dieci secondi per mettere insieme i pezzi, quando volevano i miei fratelli sapevano essere davvero perspicaci.
«Tu! Brutto bastardo!» urlò Daniele, per poi fiondarsi su David.
David provò a indietreggiare, ma il tavolo lo bloccò, permettendo a Daniele di sferrargli un pugno in pieno volto, colpendolo appena sotto l'occhio. Era evidente che David non volesse reagire, poneva solo le mani avanti per difendersi. «Come hai potuto?» urlò ancora Daniele, prima di dargli un altro pugno, ma stavolta nello stomaco. David abbassò la schiena e pose entrambe le mani sullo stomaco; Daniele era pronto a colpirlo di nuovo quando Giovanni gli venne dietro e lo bloccò prendendolo per le spalle.
Daniele provò a divincolarsi dalla presa di Giovanni e per un attimo riuscì a farlo, dando un altro cazzotto a David, colpendolo dritto sul naso. Il sangue iniziò a uscire velocemente dal naso di David, il quale si portò una mano su di esso per fermarlo, ma la vidi diventare velocemente rossa. Iniziai a sentire la vista appannarsi, così mi sedetti sul divano, mentre Francesco mi porgeva la mia maglietta. Mi accorsi di essere ancora in reggiseno. Rimisi la maglietta e ritornai a fissare la scena davanti a me: Giovanni aveva lasciato Daniele ed era andato ad aiutare David con il sangue. Lo aiutò a pulirsi e a fermare il sangue.
Il petto nudo di David era ricoperto del sangue che era sceso dal naso, che probabilmente Daniele gli aveva rotto.
«Sei uno stronzo!» continuò a urlare Daniele da dietro Giovanni, che si era messo davanti a lui per aiutare David.
«Daniele, smettila!» gli intimò Giovanni.
Non riuscii a capire più niente; mi rannicchiai meglio sul divano per trovare sollievo, ma fu del tutto inutile. La testa mi doleva terribilmente, la vista si appannava sempre di più a causa delle lacrime che erano lì pronte a uscire. Cercai di ispirare profondamente, ma anche questo tentativo di calmarmi fu inutile.
«Smetterla? Come puoi chiedermi di smetterla?» urlò ancora Daniele. Le sue grida erano terribili da sentire per me. Daniele era il mio fratello preferito, era il mio migliore amico, ma nemmeno a lui avevo potuto raccontare della nostra storia, immaginavo che nemmeno a lui sarebbe andato a genio, ma non mi aspettavo quella reazione. David era suo amico, ed era ferito per il tradimento che entrambi gli avevamo inflitto.
«Si stava scopando nostra sorella e io dovrei smetterla?»
«Non stavamo scopando.» lo corresse David «Avremmo voluto, ma ci avete interrotto.»
Daniele scattò di nuovo, ma Giovanni lo bloccò ancora per impedirgli di picchiare David.
«Basta, basta!» urlò Giovanni.
«L'hai sentito?»
«Si, l'ho sentito.» rispose, poi Giovanni si rivolse a David: «Smettila anche tu o nemmeno io riuscirò a fermarmi dal riempirti di botte.»
Giovanni aveva ragione, la reazione di Daniele era stata esagerata, ma lui poteva anche evitare di dire quella cosa.
Guardai Francesco: era l'unico che era rimasto fermo nella sua posizione senza dire una parola. Mi chiedevo cosa gli passasse per la testa, ma in quel momento non volevo saperlo, immaginavo che fosse arrabbiato anche lui. Avrei solo voluto sparire. Avevo mantenuto il segreto per molto, troppo tempo, e ne avrei pagato le conseguenze.
«Calmatevi adesso.» disse Giovanni. «Dobbiamo pensare a come dirlo agli altri.»
Quelle parole di Giovanni mi fecero sussultare. Avevo dimenticato di avere altri quattro fratelli che andavano informati della situazione.
«No...» bisbigliai debolmente, se Daniele aveva reagito così non immaginavo come avrebbe potuto reagire Corrado o Simone o Donato. «Vi prego, no...» farfugliai ancora, prima di scoppiare a piangere: avevo trattenuto le lacrime anche più del dovuto. Rifugiai il viso tra le mani e singhiozzai forte, così forte che per poco i singhiozzi non mi tolsero il respiro.
Sentii qualcuno sedersi sul divano accanto a me e una mano accarezzarmi i capelli. «Dobbiamo dirlo.» Alzai il viso di scatto a quelle parole: era Francesco ad aver parlato. Mi guardava da dietro gli occhiali con lo sguardo triste.
«Io...» provai a dire, poi un singhiozzo mi strozzò le altre parole.
«Martina, non possiamo nasconderlo, hai visto David come è combinato?» mi disse Giovanni.
La guancia di David stava iniziando a lividire e aveva dei pezzi di fazzoletti nelle narici del naso per tamponare il sangue. Ci scambiammo qualche sguardo fin quando non sentii che Daniele mi stava fulminando. Distolsi lo sguardo e tirai su col naso.
«D'accordo.» acconsentii. «Ma voglio dirlo io.»
Vidi tutti nella stanza irrigidirsi. Gli ignorai. Era giusto così, se eravamo in quella situazione era solo per colpa mia, dovevo dirlo io agli altri. Avrei dovuto affrontare la situazione, qualunque fosse stata.
Giovanni e Francesco si scambiarono degli sguardi furtivi, Daniele continuava a fulminarmi facendomi sentire terribilmente sporca. Mi portai le mani sulle spalle come a volermi coprire. Lo vidi aprire la bocca, immaginai che volesse insultarmi, ma si bloccò quando sentì la porta di casa aprirsi. Francesco si mosse veloce, alzandosi dalla sua posizione accanto a me, Daniele si spostò a sua volta, andando più vicino al frigo e Giovanni lo seguì. Si era creato il vuoto attorno a me: mi stavano lasciando sola.
Deglutii provando a non scoppiare a piangere di nuovo.
Andrea entrò per primo, seguito da Simone, Donato e Corrado.
«Ehi.» ci salutarono.
Li guardammo senza dire una parola.
«Ragazzi, che è successo?» ci chiese subito Andrea.
Tirai su col naso e abbassai lo sguardo per nascondere il viso: non volevo che vedessero che avevo pianto.
«Che è successo?» Era Donato a parlare, lo capii dal suo tono di voce imperioso. Lo sentii avvicinarsi, e quando alzai il viso vidi che era vicino a David. «Che è successo?» ripeté, ma stavolta urlando.
Sobbalzai e mi posi entrambe le mani sulle orecchie. Respirai profondamente e poi parlai, il più velocemente possibile. «Io e David stiamo insieme.» dissi.
Ecco, l'avevo fatto, avevo detto la verità ai miei fratelli, adesso dovevo solo aspettare la loro reazione.
«COSA?» sentii urlare a qualcuno di loro, non so a chi: avevo ancora il viso abbassato e le mani sulle orecchie.
«Chi è stato?» La voce di Donato era inconfondibile. Abbassai le mani dalle orecchie e lo fissai: stava scrutando i miei fratelli indicando David. «Chi di voi l'ha ridotto così?»
Ci fu qualche momento di silenzio. «Donato hai...» gli disse Simone.
«Sì, ho sentito. Ho chiesto chi di voi è stato.»
Di sottecchi vidi Daniele nascondere la mano con cui aveva picchiato David dietro la schiena: aveva le nocche sporche di sangue.
«Allora?» tuonò Donato. «Mi rispondete, cazzo?»
Sussultai rannicchiandomi ancora un po' sul divano.
«Io...» sussurrò Daniele.
Donato si girò fulmineo verso Daniele. «Tu?» gli chiese per essere sicuro di aver sentito bene.
Daniele annuì.
Donato si avvicinò a passi lenti a Daniele. «Chiedigli scusa.»
Daniele alzò la testa in segno di sfida. «Mai!»
«Chiedi immediatamente scusa.» disse Donato scandendo bene ogni parola.
«No.»
Donato si fece più avanti incastrando Daniele tra il muro e il frigorifero. Pose una mano sul muro, bloccando ogni possibile via di fuga. «Ti ho insegnato questo, eh? Ti ho insegnato ad usare la violenza?»
«Donato, li abbiamo trovati a baciarsi mezzi nudi.» si difese Daniele, mentre cercava con lo sguardo il modo di scappare da quella situazione.
«Non mi interessa! Ti ho educato così? Eh? Rispondi!»
Daniele scosse la testa. Donato odiava la violenza.
«No.» bisbigliò abbassando la testa.
«Chiedi scusa.» ripeté.
«S-scusa, David.»
Donato lasciò libero Daniele, poi venne di nuovo verso David, gli prese il viso tra le mani e lo scrutò per un po'.
«Prendi il ghiaccio.» disse a Daniele. Daniele aprì il freezer ed estrasse i sacchetti del ghiaccio, lo porse a Donato, ma lui si scansò. Guardò Daniele facendogli capire che doveva essere lui a porgere il ghiaccio a David.
Daniele si avvicinò a David e obbedì a Donato, David prese il ghiaccio dalle sue mani e se lo mise sulla guancia gonfia.
«Donato?» lo chiamò Simone.
In tutto quel casino Donato non aveva ancora detto nulla.
«Ti prego, di' qualcosa.» lo implorai io.
«Non rivolgermi la parola.» mi disse senza guardarmi negli occhi. Quelle parole mi colpirono come un macigno sul petto.
«Cos'è 'sta storia?» chiese Corrado. «State davvero insieme?»
Annuii a Corrado.
«Donato che facciamo?» gli chiese Simone.
«È ovvio: David se ne torna in Russia.»
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