L'uscita

Io, David, Daniele e Francesco eravamo in macchina, diretti verso il luogo dell'incontro con Paolo. Francesco guidava, essendo l'unico patentato; Daniele era seduto accanto a lui e nei posti dietro c'eravamo io e David.

Nessuno dei due era molto contento all'idea di uscire con i miei fratelli, avremmo dovuto rimandare al giorno dopo, o addirittura alla settimana seguente la nostra uscita. Daniele e Francesco avevano organizzato un'uscita con Paolo e le sue amiche, neanche a farlo apposta, stavamo uscendo a "coppie". Non sapevo se i miei fratelli avessero intenzioni con una delle ragazze, ma conoscendoli non gli dispiaceva l'idea di conoscere nuove ragazze. Francesco aveva una vera ossessione per Flora, ma siccome Flora ancora non aveva accettato un invito a uscire con lui, lui si dava da fare anche con altre ragazze e su questo aveva il mio pieno appoggio. Per quanto riguarda Daniele, non sapevo bene se avesse qualche ragazza in mente, probabilmente no.

Durante il tragitto in macchina, David allungò la mano verso di me e, approfittando della distrazione momentanea dei miei fratelli, la strinsi. La mia mano era appoggiata sul sedile e la sua era sopra la mia; le nostre dita erano intrecciate. Con il pollice David descriveva dei cerchi sul dorso della mia mano, mandandomi brividi in tutto il corpo.

«Avete fame?» ci chiese Daniele, per farci entrare nella conversazione.

Di solito io e David non ci parlavamo molto in presenza dei miei fratelli, sembrava quasi che ci odiassimo, quando era esattamente l'opposto.

«Sì.» rispondemmo semplicemente.

«Dove andiamo?» chiesi io dopo un po'.

«In un pub in piazza» rispose Francesco.

Dopo qualche minuto arrivammo al luogo dell'appuntamento, Paolo e le tre amiche erano già lì. Ci avvicinammo a loro e ci presentammo, le tre ragazze si chiamavano Veronica, Luisa e Cristina. Veronica aveva i capelli neri, gli occhi verdi e indossava un vestitino azzurro; Luisa aveva i capelli biondi, gli occhi color nocciola e indossava dei jeans attillati e una camicetta rosa; Cristina, invece, aveva i capelli biondi con qualche riflesso castano, gli occhi chiari e indossava dei pantaloni neri e una maglietta bianca.

Appena ci sedemmo al tavolo del pub e loro iniziarono a parlare le trovai simpatiche, fino a quando non si fiondarono su David.

«Hai detto che ti chiami David?» chiese Cristina, accompagnando la domanda con un sorriso.

David annuì ricambiando il sorriso di Cristina. «Sì, ho origini russe.» rispose.

«Oh, che bello!» esclamò Luisa. «Ci dici qualcosa in russo?»

David arrossì leggermente, e io lo fulminai con lo sguardo. Eravamo seduti vicini, accanto a me c'era Paolo e di fronte a lui c'erano le tre ragazze, a capotavola i miei fratelli. Perché era così imbarazzato per quella domanda? Trovava attraente una delle due ragazze?

«Non saprei cosa dire.» farfugliò sempre più in imbarazzo.

«Di' la prima cosa che ti viene in mente.» gli suggerii io.

David si girò a guardarmi. «Ya lyublyu tebya» mi disse. Sapevo bene cosa significava, significava "Ti amo", David me l'aveva detto altre volte.

Arrossii, sperando che nessuno dei commensali lo notasse.

«Che significa? Che significa?» urlò Veronica.

David, che mi stava ancora fissando, sbatté un paio di volte le palpebre e rispose a Veronica: «Vuol dire "sei bellissima".» La sua risposta mandò ancora di più in pappa il mio sistema nervoso.

«Oooh...» andarono in estasi le tre ragazze. Avevano gli occhi a cuoricino, guardando il mio fidanzato.

«Ehi! Non ci provare con mia sorella!» intervenne Daniele.

David ridacchiò semplicemente senza rispondergli.

«Non è provarci dire la verità.» Questa frase mi fece sussultare leggermente perché provenne da Paolo. «Tua sorella è bellissima.» disse ancora.

Sentì David accanto a me irrigidirsi, mentre per l'imbarazzo avvampavo sempre di più, ci mancava anche Paolo!

«In effetti è così.» confermò Francesco. «Ma giù le mani da lei, vale per tutte e due.»

Al tavolo ridemmo tutti, quella di Francesco non sembrava una minaccia, anche se era il pensiero di tutti i miei fratelli. Per loro nessun ragazzo era alla mia altezza, chiunque mi si avvicinasse non piaceva mai. Non ho avuto molti ragazzi prima di David, ma ho sempre fatto l'errore di confessare loro la mia cotta, e loro facevano di tutto per infangare il poverino, per farmi passare la voglia di vederlo. Con David, per non rischiare che accadesse, non avevo detto niente e, viste le circostanze, avrei continuato a non farlo per molto tempo.

Il cameriere arrivò con le nostre ordinazioni: io avevo ordinato un panino con hamburger, provola, insalata e pomodori, avrebbero dovuto esserci anche delle patatine fritte, ma non c'erano.

Storsi la bocca e sbuffai quando vidi che non c'erano, avrei dovuto mandare il piatto indietro per averle, ma non mi andava, avevo troppa fame.

«Che c'è che non va?» mi chiese Paolo quando si accorse della mia espressione affranta.

«Non ho le patatine.» risposi.

Prontamente Paolo mi versò metà della sua porzione di patatine nel piatto. «Oh, grazie.» borbottai. «Sei gentilissimo.»

«Figurati, è un piacere.» mi disse, poi mi fece l'occhiolino e i suoi verdissimi occhi brillarono. Paolo era un ragazzo di bell'aspetto: alto, magro, con i capelli chiari e gli occhi verde smeraldo.

Per tutto il resto della serata non fece altro che darmi a parlare, di qualsiasi argomento, io rispondevo non solo per cortesia, ma anche perché lo trovavo un ragazzo simpatico ed educato; mi faceva piacere parlare con lui.

David provava in tutti i modi a inserirsi nella nostra conversazione, ma le tre ragazze lo distraevano continuamente con domande stupidissime sulla Russia. Immaginavo che gli desse fastidio il fatto che io stessi parlando con un altro ragazzo, ma non c'era niente di male, stavamo solo chiacchierando, niente di che.

Quando uscimmo dal pub decidemmo di andare a fare una passeggiata. David si posizionò subito accanto a me, ma lo stesso fecero anche Cristina e Paolo. Paolo camminava alla mia destra e Cristina alla sinistra di David.

«E così...» iniziò Cristina rivolgendosi a David. «Hai sempre vissuto qui in Italia?»

«Sì, sono nato qui.»

«Lo trovo terribilmente affascinante, così come il fatto che sei un ballerino.»

Alzai gli occhi al cielo, anche i miei fratelli erano dei ballerini, perché non andava a scocciare uno di loro?

«Grazie. E tu cosa fai nella vita?» chiese David a Cristina.

Cristina iniziò a raccontare della sua vita "entusiasmante", che si riassumeva in scuola e la passione per il disegno e la moda.

David annuiva di tanto in tanto sorridendo appena.

Sbuffai. Quanto odiavo vederlo parlare con un'altra ragazza, soprattutto considerando che la ragazza non nascondeva l'interesse per lui.

D'improvviso mi arrivò un SMS. Lo lessi: era Andrea. "Dove siete? Donato è incazzatissimo." Recitava il messaggio. Incazzatissimo? Perché Donato è incazzato?, pensai.

Guardai l'orologio e ne capii il motivo: era passata la mezzanotte ormai da un pezzo e io avevo il coprifuoco a mezzanotte. Risposi ad Andrea dicendogli che stavamo per andarcene.

«Chi è?» mi chiese Paolo.

«Mio fratello.» risposi senza pensarci troppo.

Paolo ridacchiò. «Quale?» domandò, mentre mi avvicinavo ai miei fratelli.

«Oh, Andrea.» risposi.

Appena arrivai da loro andai subito al punto senza girarci troppo attorno. «Ragazzi, dobbiamo andare, è tardi. Donato è già incazzato.» dissi.

Daniele e Francesco sbuffarono.

«Chi è Donato?» chiese Veronica.

Stavo per risponderle, quando Daniele mi precedette. «Sì, adesso andiamo.» mi disse.

«Oh, no, di già? Ma è presto!» si lamentò Luisa.

Effettivamente per qualsiasi altro ragazzo della nostra età il coprifuoco a mezzanotte era molto presto, ma Donato aveva fissato delle regole ferree per quanto riguardava gli orari delle uscite, soprattutto per noi più piccoli. Io e Daniele dovevamo tornare rigorosamente a mezzanotte, Francesco poteva sforare anche un po' di più, ma non troppo.

«Già, restiamo un altro po'.» ci disse Francesco.

«Ragazzi non lo so...» L'idea di far arrabbiare Donato e finire di nuovo in punizione non mi piaceva per niente.

«Se vuoi tornare a casa posso accompagnarti io, poi ritorno da loro.» mi disse gentilmente Paolo.

Scossi la testa in segno di diniego, non era necessario che Paolo mi accompagnasse a casa.

«Non è una brutta idea, quella di Paolo.» mi disse Daniele. Che? Cosa? Ma cosa avevano in mente i miei fratelli? Non ero l'unica ad avere il coprifuoco, lo avevano anche loro, o forse a loro non interessava pararsi il sedere?

«Dai, ti accompagno, così stai più tranquilla, i tuoi fratelli torneranno quando ne avranno voglia.» ripeté Paolo.

«Vengo anch'io con voi.» si inserì David nella conversazione.

Ci guardammo per un attimo: non sembrava essere felice della proposta di Paolo. Nemmeno io ero così entusiasta, ma almeno in quel modo avremmo evitato di far arrabbiare ancora di più Donato.

«Nooo.» si lamentò anche Cristina attaccandosi al braccio di David «Resta un altro po'.» gli disse.

Ribollii di rabbia davanti a quella scena. Come osava toccare il mio fidanzato? Aveva passato tutta la serata a stargli vicino, a fargli domande, battutine e si permetteva anche di toccarlo! Non ne potevo più di quella serata, me ne dovevo andare e subito!

«Allora mi accompagni?» chiesi a Paolo.

Paolo annuì sorridendo. Ci muovemmo senza dare il tempo a David di dire altro, per me poteva anche restare con quella sgallettata, ero troppo arrabbiata.

Durante il tragitto di ritorno, io e Paolo parlammo della danza, delle lezioni che gli piacevano di più, e mi confessò di trovare divertenti quelle di Giovanni, ma le più belle in assoluto, a suo parere, erano quelle di Simone.

Quando fummo fuori casa mia lui parcheggiò la macchina e la spense.

«Mi ha fatto piacere che ci sia stata anche tu stasera, esci più spesso con noi.» mi disse.

«Anche a me ha fatto piacere.» mentii. Tutto sommato non era stata male come serata, ma non avrei mai voluto ripeterla, l'unica nota positiva era stata proprio lui.

Guardai l'ora: era l'una meno un quarto di notte, dovevo muovermi.

«È tardi?» mi chiese Paolo.

«Abbastanza.» confermai.

«Beh, allora non voglio farti perdere altro tempo. Ci vediamo lunedì.» mi disse, prima di scoccarmi un bacio sulla guancia.

Lo salutai, poi scesi dalla macchina ed entrai in casa.

Le luci del salone erano accese. Donato era sveglio, seduto sul divano con le gambe accavallate; con una mano reggeva il telecomando facendo zapping e aveva lo sguardo puntato sul televisore.

Deglutii quando lo vidi, sapevo che avrei dovuto dire qualcosa, ma non ne ebbi il coraggio. Chiusi la porta alle mie spalle e lui alzò lo sguardo su di me; spense il televisore.

«È tardi.» esordì. Aveva sul volto un'espressione strana, quasi annoiata.

«Lo so. Scusa.»

«Dove sono i tuoi fratelli?»

«Ancora in giro, suppongo.»

«Cosa?» scattò lui, alzandosi dal divano. «E tu come sei tornata a casa?»

«Mi ha accompagnata Paolo.»

«Paolo?» chiese, alzando un sopracciglio.

«Sì, Paolo. Il ragazzo che viene alla nostra scuola di danza.» gli spiegai.

Donato annuì, acquetandosi quando capì di chi stavo parlando. «È tardissimo, vai a dormire.» mi disse.

Tirai un respiro di sollievo, sollievo che, però, durò pochissimo. «Non credere di averla passata liscia, aspetterò che tornino i tuoi fratelli e poi vedrò cosa fare con tutti e tre.»

Deglutii e annuii per rispondergli.

Andai in camera mia, mi spogliai e struccai velocemente, poi presi il cellulare. Trovai tre messaggi di David.

"Sei a casa?"

"Cosa ha fatto quell'imbecille? Ci ha provato?"

"Mi fai incazzare quando fai così."

Io? Io lo facevo incazzare? E lui che si era fatto mettere le mani addosso da quella?

Ignorai i suoi messaggi e poggiai il cellulare sul comodino, prima di lasciarmi andare ad un sonno profondo.

Durante la notte mi svegliai di soprassalto, a causa di rumori provenienti dal bagno. Mi passai le mani sugli occhi sbadigliando e scrutai la situazione attorno a me: Daniele e Francesco erano nei loro letti, David no. Guardai la sveglia sul comodino: erano le 04.03 di notte. Dov'è? Mi chiesi.

Decisi di alzarmi dal letto: dovevo sapere dov'era.

Appena uscii dalla stanza, andai a sbattere contro di lui che stava rientrando. Era buio e non l'avevo visto.

«Ehi!» borbottai.

«Ehi.» rispose lui. «Non hai risposto ai miei messaggi, spero tu ti sia divertita con quello.»

«Mai quanto te con quella» replicai. Come osava dirmi una cosa del genere?

«Non è successo niente» precisò.

«Nemmeno tra noi.»

«Sul serio?»

«Mi stai prendendo in giro?» esclamai, quasi urlavo.

David mi zittì ponendomi una mano sulla bocca. «Sh.» bisbigliò. «Non urlare. Mi ha dato troppo fastidio vedere che te ne andavi con quello.»

«E a me ha dato fastidio vederti con quella.» Era chiaro che fossimo entrambi molto arrabbiati l'uno con l'altra, ed era ancora più chiaro che nessuno dei due avrebbe ceduto, chiedendo scusa per primo.

«Non è stata colpa mia.» si difese.

«Potevi rifiutare l'invito dei miei fratelli.»

«E tu che ti sei autoinvitata?!» esclamò, incredulo.

Sbuffai, non ne potevo più di sopportare quella situazione.

«Ho pensato che sarebbe stata la cosa migliore.» disse lui.

«Beh, anche io!»

«Bene.» ringhiò.

«Bene.» ringhiai a mia volta.

Era la nostra prima litigata e non volevo cedere e chiedergli scusa, avrebbe potuto dire di no ai miei fratelli ed evitare tutto quel casino, invece in quel momento eravamo arrabbiati e nessuno dei due avrebbe ceduto.

Ci guardammo per un po' in cagnesco, poi andammo a dormire nel silenzio imbarazzante di quella serata orribile. 

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