Il trasferimento

«Che stavi facendo?» ripeté Simone, visto che non gli rispondevo.

Era evidente cosa stavo facendo: stavo origliando la conversazione tra Ilian, Donato e David, ma non potevo dirlo, non potevo ammettere la mia colpa, sarei finita nei guai. Il cuore iniziò a battere forte nel petto, cosa dovevo fare? Confessare o inventare una bugia? Alla fine optai per la seconda opzione.

«Io stavo solo...» mi bloccai. Simone mi guardava con uno sguardo truce, mi chiesi cosa avrebbe fatto se avesse capito che gli stavo mentendo. «Stavo solo cercando Donato.» dissi con un filo di voce, in parte era vero.

«E l'hai trovato?» Dal tono con cui mi parlò Simone era chiaro che non mi credeva minimamente, ma decisi comunque di non cedere, non volevo essere punita, non di nuovo.

«Sì, è lì fuori.»

«E allora perché non vai da lui?»

«Io... no, non posso...»

Iniziai a pensare che la bugia che avevo inventato non mi stava aiutando per niente, anzi, mi stava affossando sempre di più.

«E perché?» Simone incrociò le braccia sopra al petto e mi guardò meglio.

Ingoiai la mia stessa saliva, sentendo il sudore scendere dalla fronte. Non mi piaceva per niente il tono che aveva assunto Simone e io non ero brava a dire le bugie, perché avevo iniziato?

«Beh... perché lui, cioè io...» farneticai.

«Stavi origliando.» disse. Aveva capito. Merda.

«No, no, non lo stavo facendo, davvero!» cercai di giustificarmi scuotendo velocemente la testa.

«Ah, no?» chiese lui alzando un sopracciglio. «Allora vediamo Donato che ne pensa di questa storia»

Mi prese il braccio con la sua possente mano e mi trascinò via da lì. Mi fece camminare per qualche metro trascinandomi fin quando non uscimmo da lì e ci ritrovammo dove stava avvenendo la conversazione tra Donato, Ilian e David.

«Dona...» cominciò Simone, ma per fortuna si bloccò alla vista di Ilian.

Tutti e tre si girano di scatto a guardarci, a Donato non sfuggì la mano di Simone sul mio braccio. «Che succede?» chiese.

Simone non rispose, mi lasciò andare e andò a salutare Ilian. Quando finirono con i convenevoli, Donato chiese ancora il perché di quell'entrata improvvisa, ma sorprendentemente Simone non gli disse la verità.

«Niente, volevo solo dirti che accompagno Martina a casa.» disse per poi venire di nuovo verso di me. Ci guardammo per qualche istante, poi abbassai gli occhi imbarazzata: lui conosceva la verità, ma mi sta difendendo.

Mi prese per la mano e mi trascinò di nuovo, ma stavolta riuscimmo ad arrivare fino alla porta d'ingresso della scuola di danza.

«Simone sei sicuro che va tutto bene?» gli chiese, ancora, Donato.

Rabbrividii, avevo paura che Simone potesse dirgli la verità.

«Sicurissimo» disse e poi uscimmo dalla scuola.

Per tutto il tragitto in macchina Simone non proferì parola, era arrabbiato con me per quello che avevo fatto, ma non mi aveva punita, sapevo che non ne aveva il coraggio. Raramente e solo quando gli avevo fatto saltare i nervi, era riuscito a infliggermi qualche punizione.

Il silenzio in macchina, comunque, mi diede il tempo per pensare alla proposta di Ilian. Da una parte speravo che Donato dicesse di sì, vivere in casa con David sarebbe stato meraviglioso, ma al tempo stesso un grande problema. Non ero ancora pronta a dire ai miei fratelli di noi e, con quest'idea di Ilian, pensai che, se si fosse realizzata, sarebbe stato meglio che non l'avessero saputo. O, almeno, non nel futuro immediato. Per questo motivo avremmo dovuto stare attenti alle nostre reazioni, a non sfiorarci, a non guardarci e così via. E, soprattutto, come avremmo fatto con le uscite? Quelle sì che sarebbero state un problema.

***

Quella sera, a cena, quasi tutti i miei fratelli erano di buon umore. Tutti, tranne Simone. Non capivo davvero perché ce l'avesse ancora con me, avevo origliato, era vero, ma lui stesso aveva deciso di difendermi con Donato e di non punirmi, perché continuava a tenermi il broncio?

«Ragazzi io devo parlarvi» disse Donato interrompendo Francesco, il cui racconto stava facendo ridere di gusto i miei fratelli. Io non l'avevo nemmeno sentito, presa com'ero a pensare ad altro.

Tutti si zittirono all'istante vedendo il tono serio di Donato.

«Che hanno fatto stavolta?» chiese Giovanni ridacchiando, si riferiva a noi "piccoli".

«Niente.» Donato scosse la testa. «Non è di loro che devo parlavi. Oggi Ilian è venuto alla scuola di danza. Mi ha detto che lui e i genitori a breve partiranno per la Russia.»

Quella parte la conoscevo già, sperai che mio fratello arrivasse subito al dunque, volevo sapere cosa aveva risposto a Ilian.

«E David?» chiese Corrado.

«Ecco, è proprio di questo che volevo parlarvi. Ilian mi chiesto di ospitare David per un po'...»

Anche questo lo sapevo già. Oh, andiamo vai avanti!

«E tu che cosa gli hai detto?» chiese Francesco.

«Beh, io gli ho detto che...» Donato si fermò, quasi come se stesse riflettendo bene sulle parole da dire. «Che avrei chiesto anche il vostro parere, ovviamente.»

Dopo quell'affermazione di Donato, ci fu un silenzio che mi spaventò. Mi spavento perché temevo che da un momento all'altro uno dei miei fratelli potesse dire che l'idea di Ilian era assurda e che non era d'accordo a ospitare David. In realtà – almeno era quello che speravo – stavano riflettendo sui pro e sui contro, non sapendo che la loro sorellina era nettamente di parte.

Quella sera, il mio parere in realtà non fu chiesto. Furono i "grandi" a dire l'ultima parola, sebbene anche noi "piccoli" fossimo d'accordo. Tuttavia, mi vidi bene dal mostrare troppo entusiasmo all'idea di avere David in casa con me. Fingere indifferenza mi riusciva abbastanza bene e, durante quella cena, finsi molto bene.

Alla fine la decisione fu presa all'unanimità: avremmo ospitato David Sakiridov, il mio fidanzato.

***

Qualche giorno dopo, David si trasferì da noi. Non solo venne a vivere in casa nostra, ma avremmo diviso anche la camera, insieme a Daniele e a Francesco, ovviamente. Mi chiesi sogghignando cosa ne avrebbe pensato Ilian di questa decisione dei miei fratelli: nessuno di loro si era preoccupato di far dormire David in camera con una ragazza, perché nessuno di loro voleva un ospite in più nelle proprie camere. Per una volta, l'egoismo dei miei fratelli era una benedizione.

Ero sul divano quando bussarono alla porta e andò Andrea ad aprire: erano David e Ilian. Mi alzai, mentre Andrea li invitava a entrare. David aveva una valigia in mano, che posò a terra.

Donato si affrettò ad andare a parlare con Ilian; restarono a chiacchierare per qualche minuto. Ilian non faceva altro che ringraziare mio fratello per l'ospitalità che stavamo offrendo a David.

«Grazie ancora, davvero.» disse sulla soglia di casa, poi chiamò David per fargli le solite raccomandazioni: "Fai il bravo, non farli arrabbiare, non farmi pentire di averti lasciato qui e bla bla bla".

Ancora un saluto e poi finalmente Ilian lasciò casa nostra. Tirai un respiro di sollievo, finalmente il trasferimento di David era definitivo.

«Ragazzi, perché non fate vedere a David dov'è il bagno? E magari gli date degli asciugami puliti? Immagino che voglia lavarsi prima di cena» ci disse Donato.

«Sì, grazie» rispose David sorridendo imbarazzato.

I miei fratelli cominciarono a litigare su chi doveva accompagnare David, ma non perché volessero farlo tutti, ma perché nessuno di loro aveva voglia di alzarsi dal divano... Che ospitalità!

«Lo accompagno io.» dissi con un filo di voce. E, prima di arrossire violentemente allo sguardo attonito dei miei fratelli, diedi loro le spalle e condussi David nel bagno.

Entrammo e, quando fummo dentro, David mi prese per i fianchi, appoggiandomi delicatamente al muro.

«Ehi» gli dissi.

«Ciao.» mi disse lui.

Mi guardò con i suoi occhi castani, i suoi dolci occhi castani. Si avvicinò alla mia bocca per baciarmi, ma si staccò velocemente sentendo dei passi provenire dal corridoio. Avvampai per l'imbarazzo e mi staccai a mia volta dal muro, poi mi mossi a cercare nel mobile del bagno degli asciugamani da dargli. Con la coda dell'occhio vidi passare Corrado per andare in camera sua.

Tiro un respiro profondo, se non volevamo farci beccare avremmo dovuto stare attenti.

Consegnai gli asciugami a David, il quale mi sorrise dolcemente, e poi uscii lasciando che si facesse la doccia.

A cena David si accomodò accanto a me; profumava del mio shampoo e io mi inebriai del suo odore. Il mio shampoo era proibito ai miei fratelli, ci avevo piazzato sopra una bella etichetta con scritto "Proprietà di Martina", e nessuno di loro si era mai azzardato a usarlo, ma a lui era concesso. Sorrisi al pensiero di quel piccolo segreto che conoscevamo solo io e lui.

Giovanni aveva cucinato le cotolette con le patatine e si vantava di saper fare la miglior cotoletta del Mondo. Ridemmo tutti quando Francesco lo prese in giro dicendogli di aver visto un video su YouTube di una scimmia che cucina piatti ben più complicati.

«Non ho capito, mi stai paragonando a una scimmia?» lo rimbeccò Giovanni.

«Beh... no, povera scimmia!» esclamò Francesco.

Ridemmo ancora. I miei fratelli stavano dando il meglio di sé.

Guardai David: stava ridendo; era felice e anche io lo ero. Mi fece l'occhiolino e io arrossii leggermente.

Continuammo a mangiare e, mentre stavo bevendo, David mi posò la mano sinistra sulla coscia. Tossii e per poco non mi strozzai con l'acqua. I miei fratelli si girarono tutti verso di me, preoccupati del fatto che potessi affogarmi. Avvampai per l'imbarazzo e cercai di tranquillizzarli dicendo loro che avevo bevuto troppo in fretta. Quando fui certa che avessero smesso di guardarmi, fulminai David e lui tolse la mano da lì. Non doveva comportarsi così, io ero debole, cedevo facilmente alle sue carezze e ogni emozione mi si leggeva in faccia, non poteva sfiorarmi o fare il carino con me davanti ai miei fratelli o avrebbero capito. E quel modo di farglielo sapere non mi piaceva per niente.

Finito di cenere aiutai i miei fratelli a pulire la cucina e, dopo aver studiato, andammo tutti a dormire.

Durante la notte, sentii il letto affossarsi, sotto il peso di un altro corpo che vi entrava. Mi girai di scatto, David mi pose una mano sulla bocca per non farmi parlare. Mi baciò, prima dolcemente, poi sempre più appassionatamente. Le nostre lingue si intrecciarono e danzarono per un po', poi lui si staccò da me ed entrambi riprendemmo fiato.

«Era tanto che desideravo farlo» mi disse bisbigliando.

Capivo il suo stato d'animo e lo condividevo, anche a me erano mancati i nostri baci; il contatto con la sua pelle.

«Come stai?» gli chiesi. Con tutto il trambusto non avevamo avuto tempo per parlare di come quella situazione lo facesse sentire.

«Ora bene.» mi disse per poi affondare di nuovo la lingua nella mia bocca.

Mi tenne stretta a sé e mi accarezzò la schiena fino a scendere sul mio sedere. Dalla bocca mi uscii un gemito di piacere, che non riuscii a controllare.

«Mmmh» farfugliai nella sua bocca. «No, David, no.» lo fermai giusto in tempo: la sua mano stava per insinuarsi nelle mie mutandine.

«Perché no?»

La risposta era semplice: io e David non avevamo ancora fatto l'amore e di certo non era il caso di farlo in quel momento, nella stanza con Daniele e Francesco che dormivano.

«Ho paura.» confessai.

«Paura di che?»

«Che ci scoprano.»

«Primo o poi lo capiranno.»

«Sì, ma non mi sembra il caso di farglielo sapere in questo modo! O vuoi morire?»

«No, non ci tengo per niente.»

Gli sorrisi. Lui ricambiò il mio sorriso.

«Allora è meglio che ritorni nel mio letto. Proverò a dormire, cercando di non pensare che sei nel letto accanto a me.»

«Buonanotte David.»

«Buonanotte Amore.»


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