Il saggio di Fine anno
"Ho il mantello della notte per nascondermi ai loro occhi. Se tu mi ami non mi importa che essi mi scoprano. Meglio perdere la vita per mezzo del loro odio, che sopravvivere senza poter godere del tuo amore".
Romeo e Giulietta, William Shakespeare.
«Buongiorno, famiglia!» esclamò Donato entrando in cucina e per poco io e Mirko non ci strozzammo con il caffè latte. Donato aveva solo un asciugamano in vita a coprirgli le parti basse e ancora i capelli bagnati per la doccia.
Si avvicinò a Mirko e gli scoccò un bacio sulla guancia, poi venne verso di me e fece lo stesso; i suoi capelli bagnati sbatterono sul mio viso, schizzandomi gocce d'acqua su metà faccia.
Mi asciugai con un fazzoletto e lo guardai muoversi verso la cucina canticchiando e ballando. Fui quasi spaventata dal vederlo così allegro.
«Sei di buon umore» gli fece notare Mirko.
Donato aprì il frigorifero ed estrasse la torta al cioccolato che gli avevano regalato il giorno prima Corrado e Giovanni, l'avevano regalata a lui perché io non potevo mangiarla, ero a dieta per il saggio, e a Mirko non piaceva.
«Sì, sì» rispose Donato cercando un coltello per tagliarsi una fetta.
«Lo sai che giorno è oggi, Donato?» gli chiesi. Doveva aver dimenticato che giorno fosse, perché di solito in quel giorno non era mai così allegro, anzi.
Donato tagliò la fetta di torta, poi mi guardò pensieroso, si leccò le dita per togliere le briciole e andò verso il calendario. «Uh, è il giorno del saggio!» esclamò puntando il dito sul foglio. «Il saggio!» disse girandosi verso di me con un sorriso a trentadue denti.
Deglutii e cominciai seriamente ad avere paura del suo atteggiamento.
Scosse la testa ridacchiando e poi ritornò a mangiare la sua torta.
«È strano» sussurrai a Mirko lanciando occhiate a Donato, anche Mirko lo stava guardando aggrottando la fronte. «Di solito il giorno del saggio è sempre teso, nervoso, agitato...» Mirko si girò e mi guardò con più attenzione. «Pensa che l'anno scorso Corrado ha detto: "L'anno prossimo lo..."» mi bloccai quando ricordai la frase di Corrado.
Merda.
«Lo?» chiese Mirko per farmi continuare la frase.
Guardai di nuovo Donato e quella torta che stava mangiando così con piacere e spalancai la bocca, cominciando a capire.
«Lo?» ripeté Mirko in cerca della mia attenzione.
«Ha detto che l'avrebbero drogato, ma pensavo che stessero scherzando!» sussurrai ancora a Mirko per non farmi sentire da Donato, ma dubitavo che gliene fregasse qualcosa di quello che stava succedendo nell'ambiente circostante, preso com'era dalla sua colazione a base di chissà che cosa.
Mirko si passò una mano sul viso e respirò a fondo come a volersi calmare, non avevo mai visto Mirko arrabbiato prima di allora. Si alzò e andò da Donato. «Com'è la torta?» gli chiese. Donato gli sorrise mostrando una dentatura sporca di cioccolata, mi trattenni dal ridere perché Mirko mi fulminò.
«Buonissima» farfugliò Donato, poi avvicinò la torta alla bocca di Mirko, che prontamente si scansò. «Vuoi?»
Mirko prese la torta dalle mani di Donato e prima che potesse fermarlo Donato si avventò sulla sua bocca baciandolo con passione, con troppa passione. Arrossii e voltai la testa dall'altra parte per l'imbarazzo: era troppo intimo quel bacio.
«Don...» farfugliò Mirko cercando aria e staccandosi da Donato. «Donato, c'è... c'è tua sorella» gli ricordò staccandolo dal suo petto.
Mi sentii il viso in fiamme dopo le parole di Mirko.
Donato sghignazzò come un ragazzino colpevole. «Ops. Io volevo solo farti sentire il sapore della torta» affermò con aria innocente e accarezzando il volto di Mirko.
Mirko tolse delicatamente la mano di Donato dal suo viso, si vedeva che era in seria difficoltà. «E ci... ci sei riuscito benissimo» balbettò. «Perché non ti vai a vestire?» Donato mise il broncio, ma subito dopo scoccò un altro bacio a Mirko per muoversi e seguire il suo consiglio. Prima di andare in camera sua a vestirsi scoccò anche a me un altro bacio sulla guancia, stavolta mi sporcò l'altra parte del viso con la cioccolata.
Mi pulii, disgustata, e quando mi girai a guardare Mirko lui aveva l'espressione sempre più incazzata. Gettò la torta nell'immondizia. «Adesso glielo vado a dire» disse.
Mi alzai di scatto dalla sedia, con l'intenzione di fermalo. «No, no, aspetta» dissi e lui mi guardò male. «Lo so, lo so. Corrado e Giovanni hanno fatto una cosa orribile, ma tu non sai com'è Donato il giorno del saggio! È intrattabile, nervoso, abbaia ordini in continuazione...» Mirko mi guardò con uno sguardo di sufficienza. «Sì, beh, più del solito» rettificai e Mirko sbuffò. «Potresti aspettare di dirglielo almeno fino a stasera?»
Mirko sbuffò, rabbioso. «Andiamo?» urlò Donato entrando di nuovo in cucina, stavolta vestito per fortuna.
Io annuii, mentre ancora guardavo Mirko titubante. «Buona giornata» disse, prima di uscire dalla stanza.
Era davvero incazzato. Come dargli torto? I miei fratelli avevano drogato il suo fidanzato!
«Sì, andiamo» risposi a Donato.
Donato prese le chiavi della macchina e uscimmo di casa, lo presi per mano e lo tirai dal lato opposto alla sua macchina. «Perché non andiamo a piedi?» gli dissi. Non avevo intenzione di salire in macchina o di farlo guidare in quelle condizioni.
«A piedi?» domandò lui, stranito.
«Sì, a piedi.»
«Andiamo! Saranno almeno...» Donato guardò in alto per ricordarsi quanti metri di distanza c'era tra casa di Mirko e la scuola di danza. «Venti chilometri...» disse alla fine.
«Venti chilometri?» ripetei e non riuscii a trattenermi dal ridere. «Donato, saranno circa due chilometri al massimo...»
«Non mi va di andare a piedi. Dai, andiamo in macchina.»
Lo trattenni di nuovo prendendolo per il braccio. «Di che hai paura?» disse. «Lo sai che non farei mai nulla che ti metta in pericolo.»
Sospirai. A quel punto mi sentii in colpa e non potevo non dirglielo.
***
Donato entrò nella scuola di danza in preda alla rabbia, era passato dal ridere e scherzare all'incazzatura in un battito di ciglia, e io mi ero già pentita di avergli confessato che avevano combinato Corrado e Giovanni. Aveva intenzione di fargliela pagare a quei due, e non dovette aspettare tanto, visto che se li trovò di faccia una volta messo piede nella stanza.
Corrado e Giovanni lo salutarono sorridendo, ma quando videro l'espressione sul volto di Donato girarono i tacchi intenzionati a scappare da lui. In tutta risposta Donato li afferrò entrambi per il colletto della maglia e li sbatté contro il muro, schiacciò il loro volto nel cemento: con la mano destra teneva il viso di Corrado e con la sinistra quello di Giovanni.
«Mi avete drogato!» urlò a pochi centimetri dalle loro orecchie. Entrambi serrarono gli occhi in una smorfia di dolore.
«No, no, non è vero» si agitò Corrado. «È stata un'idea di Corrado» confessò Giovanni.
«Cosa?» urlò Corrado. «Traditore!» disse cercando di colpire Giovanni, ma Donato lasciò andare la testa a entrambi per bloccargli il braccio dietro la schiena. Tirò con più forza facendoli mugugnare per il dolore.
«Ti-ti prego» si lamentò Giovanni. «Non respiro.»
«Noi volevamo soltanto aiutarti,» disse Corrado, «sei sempre così teso per il saggio, abbiamo pensato che avrebbe aiutato a rilassarti.»
«Rilassarmi?» urlò Donato stringendo più forte il polso di Corrado, che si lamentò ancora.
«Sì,» confermò la sua idea, «sei peggio di papà a volte.»
Donato fu colpito da quell'affermazione. Si staccò da loro e lentamente lasciò andare la presa sui loro polsi. Corrado e Giovanni, una volta liberi, si girarono con cautela e lo guardarono preoccupati.
Donato sembrò sul punto di piangere, abbassò lo sguardo, deglutì e poi si mosse.
«Aspetta, dove vai?» gli chiese Corrado.
«Devo... devo riposare cinque minuti» disse Donato, mentre saliva le scale che portavano all'ufficio di nostro padre.
Salii le scale dell'ufficio dopo qualche minuto: volevo vedere come si sentiva Donato. La frase di Corrado l'aveva fatto stare male, ne ero sicura. Sei peggio di papà. Proprio quello che Donato non avrebbe mai voluto sentirsi dire.
Aprii la porta dell'ufficio e lo trovai seduto dietro la scrivania con la testa bassa.
«Stai bene?» gli chiesi entrando e richiudendo la porta alle mie spalle.
Donato alzò lo sguardo su di me e mi pentii di nuovo di avergli detto la verità. «È stato bello vederti ridere almeno per un po'» mi scappò di dirgli.
«Il saggio era importante per papà» mi disse. Mi andai a sedere sulla scrivania, con le gambe verso di lui per trovarci faccia a faccia. «Voleva che tutto fosse perfetto, ci stressava a tal punto che lo odiavamo tutti quel maledetto giorno.»
Lo ascoltai senza rispondere, non sapevo che dirgli in realtà.
«Dovrebbe essere divertente, no?» mi chiese.
Annuii. Sì, la danza è rigore, sacrificio ma è anche divertimento.
Si alzò e mi diede un bacio sulla fronte, sorrisi pensando a quanti baci mi aveva dato in una sola giornata. «Allora è il momento di cambiare le cose» disse.
Restai per un attimo interdetta, poi lo seguii. Scese le scale e entrò in sala, scavò tra i CD che avevamo accanto allo stereo e ne prese uno, uscì dalla sala e si fermò davanti a Corrado e a Giovanni, che erano dietro la zona segreteria insieme a Simone.
«Facciamolo» disse loro agitando il CD tra le sue mani.
«Cosa?» chiese preoccupato Giovanni.
«Quel benedetto balletto, facciamolo.»
Donato si riferiva al balletto finale di tutti i maestri, quello che Donato si era sempre rifiutato di fare e al quale anche gli altri avevano rinunciato a causa sua.
«Sul serio?» chiese Corrado sorridendo da un orecchio all'altro.
Donato annuì.
«Ma il saggio è tra poche ore, come facciamo?» domandò Simone.
«Ci impegniamo» rispose Donato.
«Non-non è che sei ancora sotto l'effetto della droga, vero?» chiese Giovanni.
Donato lo fulminò con lo sguardo. «Lo volete fare o no?» chiese.
«Certo!» esclamarono in sincronica Simone, Corrado e Giovanni.
***
Mi passai il phard sugli zigomi e poi mi guardai allo specchio. Avevo qualche capello sfuggito allo chignon, così tirai i miei capelli e misi ancora un po' di lacca. Mancavano pochi minuti al saggio ed ero quasi pronta, dovevo solo aggiustare i lacci delle punte.
Osservai ancora l'immagine di me stessa: avevo fatto sui miei occhi un trucco sui toni dell'oro e l'avevo completato stendendo una linea di matita abbastanza calcata. Adoravo il saggio e tutti gli spettacoli vari, perché potevo truccarmi più pesantemente e nessuno poteva dirmi niente: era trucco di scena in fondo.
«Martina?» mi chiamarono distogliendomi dai miei pensieri.
Era Roberta, aveva in mano la sua trousse dei trucchi. «Posso chiederti una cosa?» mi chiese.
«Certo.»
Lei sembrò titubante, si guardò intorno a osservare le altre che si preparavano, poi ritornò a fissarmi. «Com'è il trucco di Giulietta? Non so cosa mettere» disse, affranta.
Sentii qualche ragazza ridere all'affermazione di Roberta e in quel momento capii. Roberta era rimasta sola, nessuna l'aveva aiutata in quella scelta e io capii che l'ostilità di quelle megere si era spostata su di lei perché era lei la protagonista del balletto, come lo ero stata io negli ultimi anni.
«Ti trucco io» le dissi. Capivo come si sentiva in quel momento, non ricordavo se in passato si fosse comportata male nei miei confronti, ma sentii di doverle dare una mano e non di vendicarmi per tutto quello che avevo subìto io.
La feci sedere su una sedia e cominciai a truccarla con i suoi trucchi. «Giulietta ha un trucco molto leggero di solito,» la informai mentre le stendevo un ombretto nude sugli occhi, «ha pur sempre tredici anni.»
Lei rise. «Giusto» ne convenne.
Finii di truccarla giusto in tempo, prima che Corrado ci venisse a chiamare: lo spettacolo stava per cominciare.
Le luci erano spente sul palco, il sipario chiuso. Ci sistemammo tutti sul palco mentre sentivo il pubblico dall'altra parte tossire e borbottare. Non avevo idea di chi ci fosse per me quella sera, probabilmente Mirko e Lucia, ma non sapevo se ci fosse anche David.
Dopo aver preso quell'importante decisione, i miei fratelli lo avevano ospitato di nuovo, come avevano fatto in passato, ma non erano serviti a nulla i miei tentativi di far dormire David da noi mentre cercava un posto dove stare. La prima riposta che mi aveva dato mio fratello era stata che non c'era posto in casa di Mirko, allora gli avevo ricordato che in passato avevamo ospitato più di un fratello nel divano letto nel salone, lui mi aveva detto che non gli andava di far dormire David nel salone e alla mia proposta di farlo dormire in camera mia mi aveva semplicemente riso in faccia.
Avevo lasciato perdere, perché sapevo che avrebbe trovato altri modi per affossare le mie idee, non voleva farci dormire nella stessa casa, era chiaro. In fondo, avevo riavuto David, dove dormiva la notte non aveva importanza, purché restasse per sempre con me.
Avevo temuto che tutto mi fosse portato via di nuovo quando i genitori avevano rintracciato David, ma lui era stato fermo nella sua decisione, aveva detto di non volerli escludere dalla sua vita, ma che aveva bisogno di libertà, di scegliere dove vivere, dove andare a scuola, chi amare. Ovviamente non l'avevano presa bene, avrebbero preferito che David restasse con loro in Russia, ma suppongo che si sentissero impotenti, David era ormai maggiorenne e indipendente anche economicamente grazie ai soldi di Ilian.
Il sipario si aprì e io trattenni il fiato. Per la prima volta, dopo tanto tempo, avrei avuto un ruolo marginale nello spettacolo, tra le ballerine di contorno, vestita come le altre, con la stessa acconciatura e tutto il resto.
Mi trovai a guardare lo spettacolo da una prospettiva diversa e mi godei ogni piccolo dettaglio.
La danza dei cavalieri fu perfetta, sul palco c'era molto più spazio di quanto ce n'era in sala e per fortuna nessuno dei ballerini si scontrò con gli altri come era successo nelle prove.
Daniele mi passò dietro e camminò lentamente attorno a tutti gli altri ballerini. Indossava una maschera bianca, era l'unico ad averla così, tutti gli altri ragazzi l'avevano nera, era fatto ovviamente per distinguerlo, perché fosse chiaro che era lui Romeo.
Roberta era impegnata nel passo a due con Paolo e io ritornai alla mente ai momenti delle prove, di quando David era geloso di Paolo. Sorrisi tra me e me e con lo sguardo cercai David tra il pubblico, ma non lo vidi.
La musica si fece sempre più possente quando Romeo e Giulietta si scontrarono per la prima volta. Daniele e Roberta rimasero a fissarsi per un po', come gli era stato spiegato. Daniele alzò la mano sfiorando delicatamente il braccio di Roberta e lei fece lo stesso, poi la danza dei cavalieri riprese e loro due si staccarono.
A me e alle altre ragazze toccava eseguire dei piccoli intermezzi, cercai di fare il mio meglio ballando in sincronia con le altre. La musica cessò e il pubblico ci applaudì. Mi schierai con le altre e feci l'inchino al pubblico, poi uscimmo di scena.
Dietro le quinte osservammo Daniele e Roberta eseguire il passo a due. «Vai Dany!» urlò Francesco accanto a me, incitandolo. Era una prassi quella di incitarci a vicenda da dietro le quinte, prassi che ovviamente Corrado odiava. Mi guardai intorno e vidi che le altre ragazze non erano per nulla intenzionate a incitare Roberta, così decisi di farlo io. «Vai Robby!» urlai a mia volta, ma non finii nemmeno la frase che io e Francesco ci sentimmo tirare per il collo.
«Urlate ancora e dopo vi faccio urlare io» ci disse Corrado alle nostre spalle.
«Ma non stavamo urlando!» si difese Francesco. «Sul serio, forse senti delle voci nella tua testa, Corrado?»
Mi trattenni dal ridere mordendomi il labbro inferiore. Corrado trucidò Francesco con lo sguardo e poi gli diede una sberla dietro il collo. «State zitti» disse.
Ridacchiai quando Corrado andò via contrariato, e continuai a guardare mio fratello e Roberta. Continuai a incitarla, ma stavolta più silenziosamente e mimandole: «Vai!» quando si girava verso le quinte.
Uscirono tutti dal palco dopo la fine del passo a due, avevamo qualche minuto per riposarci prima della scena del balcone.
Andai in un angolo dietro le quinte a riscaldare i muscoli: avrei dovuto aspettare ancora un po' per rientrare in scena e non volevo che si raffreddassero nel frattempo.
«Martina?» mi chiamò qualcuno. Mi girai e dietro di me, trafelata, c'era Roberta.
«Va tutto bene?» le chiesi, sembrava sconvolta.
«Sì, tutto bene. Spogliati.»
Sbattei gli occhi, sconcertata. «Eh?»
«Spogliati, su» mi disse mentre si toglieva il suo costume di scena, che era una specie di camicia da notte.
«Spogliarmi? Roberta, che ti prende?»
«La fai tu,» disse, poi mi porse il suo costume, «la scena del balcone, la fai tu.»
«Cosa? No! Come ti viene in mente una cosa del genere?»
«Su, dai, muoviti.»
«Sei ancora così?» mi chiese Daniele correndo verso di noi. Aveva cambiato anche lui i vestiti, ma non erano quelli di Romeo.
«Non voglio farla io la scena del balcone e tu perché non hai i vestiti di Romeo?» chiesi a mio fratello.
«Li ha il tuo Romeo» mi rispose.
«David?»
«Sì, esatto. Ascolta, Martina, ho convinto gli altri a tenere a bada i nostri fratelli, non si accorgeranno di niente, almeno fin quando non sarete sul palco e allora sarà troppo tardi.»
Ballare la scena del balcone con David, era questo che mi stavano proponendo. Sarebbe stato un sogno ballare ancora con David, ma non mi sentivo in grado, almeno non ancora.
«Io, non so se...»
«Ascolta, sto rinunciando alla possibilità di baciare questa ragazza sul palco,» disse Daniele indicando Roberta, «sto facendo un sacrificio enorme per te.»
«Vedrai che andrà bene» mi disse Roberta accarezzandomi il braccio.
Annuii e respirai a fondo, mi avevano convinto. Presi il costume dalle sue mani e facemmo cambio.
«Non sarebbe stato un vero bacio» sentii dire da Roberta a Daniele mentre mi cambiavo.
«Oh, questo lo dici tu» rispose Daniele ridacchiando.
«Sono pronta» annunciai quando finii di vestirmi.
Roberta mi sorrise, poi mi condusse dietro il palco dove erano state sistemate delle scale per rendere più reale la scena del balcone.
Mi sistemai lo chignon e stiracchiai braccia e gambe, non mi sentivo pronta per niente.
«Ti ricordi i passi?» mi chiese Roberta.
Scossi la testa. «No.»
«Siamo fritti» borbottò Daniele.
«Non ti preoccupare, vedrai che appena sarai lì con lui sarà tutto perfetto» mi disse Roberta per rassicurarmi.
Annuii, anche se poco convinta. Il cuore mi batteva forte nel petto e le mani erano sudate. Mi girai a guardarla. «Perché lo stai facendo?» le chiesi. Davvero non capivo perché Roberta stesse rinunciando a eseguire la scena più importante dell'intero balletto e perché? Per far ballare me e David? Non ci trovavo il senso.
Lei mi sorrise. «Tu sei sempre stata gentile, con tutte, e te lo meriti» mi disse. «È il tuo momento, è il tuo ruolo.»
Respirai profondamente cercando di non piangere. «Grazie» le dissi prima di abbracciarla.
«Tanta merda» mi disse per augurarmi buona fortuna.
Sorrisi. «Grazie.»
Lei e Daniele si allontanarono di qualche passo, il sipario si stava aprendo, potevo sentirlo, il balletto stava per riprendere.
Mi passai la lingua sulle labbra per inumidirle. Mi sentivo male, quasi come se stessi per svenire, e poi, senza che potessi controllarle, le mie gambe salirono le scale e in un attimo mi ritrovai sul balcone, sul palco, sotto gli occhi di tutti. Sentii un leggero brusio provenire dal pubblico, evidentemente avevano notato la differenza: Roberta aveva i capelli biondi io neri, dovevamo averli mandati in confusione. Cercai di non guardare verso le quinte: non volevo incrociare lo sguardo dei miei fratelli o non ce l'avrei fatta. Il mio sguardo, invece, cadde in basso, su David.
Sorrisi e, come prevedeva la scena, allungai la mano verso di lui. David indossava gli abiti di Daniele, ma aveva in più un mantello nero ed era senza maschera. Lui ricambiò il mio gesto e le nostre mani si sfiorarono, poi si mise una mano sul cuore e a gesti mi disse di scendere. Scesi le scale ed entrai dalla parte bassa sul palco. Non potei fare a meno di sorridere spontaneamente quando lo vidi, aveva tolto il mantello e lo aveva gettato lateralmente, era bellissimo. Corsi verso di lui e, come aveva predetto Roberta, cominciammo a ballare insieme e neanche ci riflettei più di tanto sui passi; ci facemmo trasportare dalla musica e dall'amore che sentivamo l'uno per l'altra.
Gli sguardi che ci lanciavamo, il modo in cui ci sfioravamo, era reale, era tutto reale, e mi venne da pensare che invece il pubblico stesse pensando a che attori bravi eravamo.
Salii in arabesque e lui mi tenne ben salda prendendomi per la mano sinistra. La sua muscolatura non era perfetta come una volta, ma la sua presa era forte e decisa, e io mi sentivo al sicuro con lui, mi sarei sempre sentita al sicuro con lui.
Lui abbassò la gamba destra appoggiandola a terra, così da trovarsi in ginocchio. Mi abbassai lentamente su di lui facendo salire la mia gamba sempre più in alto, fino a stenderla in spaccata. I nostri volti erano così vicini che potevo sentire il suo respiro caldo sul mio viso. Pensai per un attimo di baciarlo, ma non lo feci: non era quello il momento.
David mi aiutò a scendere da quella posizione e lentamente scesi dalle punte. Lo osservai eseguire il suo assolo sorridendo, era meraviglioso. Lui allungò la mano verso di me e eseguii il mio di assolo. Salii sulle punte e prima di lanciarmi in una serie di giri lo guardai, mi fece l'occhiolino.
Mi prese per mano quando conclusi il mio assolo e continuammo a ballare insieme fino a quella fatidica scena: la scena del bacio.
Eravamo in piedi, uno di fronte all'altro. Vedevo il suo petto alzarsi e abbassarsi mentre respirava piano e sentivo il mio fare lo stesso. Mi avvicinai lentamente al suo viso, chiusi gli occhi continuando a muovermi finché non sentii il tocco delle sue labbra. Un brivido mi attraversò la schiena, David mi prese la testa tra le mani e cominciammo a baciarci con più passione. A un certo punto sentii il pubblico esplodere, aprii gli occhi e di sottecchi vidi che erano in piedi per noi e che stavano applaudendo forte. Girai piano lo sguardo sulla platea e non c'era una persona che era rimasta seduta. Quando guardai verso le quinte fu ancora più bello quello che vidi. Applaudivano tutti: i miei fratelli, le megere, gli altri ballerini...
Cercai di trattenermi dal piangere e ritornai al mio Romeo, al mio David. Mi sorrise e poi continuammo a ballare, esattamente come tutto era cominciato: io e lui, la danza, un palco, il nostro amore, per sempre.
Fine.
Eh sì ragazze, è la fine della storia, stavolta non è uno scherzo come quello di Carnevale, stavolta è per davvero. So che nelle vostre testoline stanno frullando tante domande come: e Ilian? E Andrea e Lucia? E la tutela di Daniele? E tante altre... tranquille, la storia avrà un meraviglioso (almeno spero) epilogo in cui tutte le vostre domande troveranno sicuramente risposta. Penso che non potevo dare una conclusione migliore a questa storia che mi ha dato e vi ha dato tanto. Vi prego di ricordarvi che dall'altra parte dello schermo dei vostri cellulari c'è una persona, una persona umana, che sta male quanto voi per la fine della storia, perciò non accetto minacce, né parolacce o quant'altro, rispettate la mia decisione, vi prego.
Spero di avervi fatto compagnia con la mia storia e con i miei personaggi, nel frattempo ci sentiamo giovedì con l'epilogo.
Mary <3
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