I provini


«Ilian...» dissi con la voce che mi tremava.

Non avrei mai immaginato di trovarmelo lì, non dopo tutto quello che era successo.

«Maestro» gli disse Paolo alle mie spalle. Mi girai a guardalo; lui e Ilian si fissavano quasi in cagnesco.

Ilian aprì la porta della scuola di danza e la tenne aperta mentre mi scrutava in silenzio, quel suo gesto stava a significare che mi stava concedendo "l'onore" di entrare per prima.

Lo sorpassai ed entrai, dietro di me lo sentì passare prima di Paolo, evidentemente quell'onore a lui non era riservato.

Paolo mi guardava titubante, in imbarazzo. Ilian metteva tutti in soggezione.

«Vado a cambiarmi,» disse dopo un po', poi mi scoccò un bacio sulla guancia e sparì nello spogliatoio maschile.

Diedi le spalle a Ilian intenzionata ad andarmene – non avevo nulla da dirgli, e nemmeno volevo sapere perché era lì –, ma lui mi trattenne prendendomi per il polso, un gesto che odiavo.

«È uno scherzo?» chiese.

Tirai il polso, ma lui non mollò la presa.

«Mi stai prendendo in giro?» continuò.

Tirai di nuovo e riuscii a farmi mollare. «Cosa?»

«Quello!» disse indicando un punto imprecisato riferendosi a Paolo.

«Che significa? Che cosa vuoi da me?»

«Non stai davvero con quello, vero?» Abbozzò un sorriso, come a voler prendere in giro Paolo.

«Sì, ci stiamo frequentando, e allora?»

L'espressione sul volto di Ilian cambiò quando sentì la mia frase.

«Non mi piace» disse quasi ringhiando.

«Beh, sai dove puoi ficcarti i tuoi commenti?» gli dissi avvicinandomi a lui e guardandolo con aria di sfida.

«Ilian!» esclamarono dietro di me.

Indietreggiai da lui e mi girai a guardare mio fratello Donato. Senza dire altro li lasciai da soli e andai nello spogliatoio a cambiarmi.

Quando entrai nello spogliatoio trovai alcune ragazze in piedi sopra le panche a osservare quello che accadeva fuori dalla finestra che avevamo lì dentro.

«Che ci fa qui?» chiese una di loro alle altre.

«Forse deve tenere una sua lezione» disse un'altra.

«Oh Dio! Non sono pronta a un'altra lezione di Ilian Sakiridov!»

Effettivamente...

«Certo che...» commentò una di loro, «che gnocco che è.»

«Ragazze,» disse Roberta, «è una finestra, e se il maestro Donato scopre che state origliando vi ammazza.»

Roberta non finì nemmeno la frase che bussarono alla porta.

«Chi è?» urlammo.

«Donato» sentimmo dire dall'altra parte della porta.

Le ragazze, che prima stavano guardando dalla finestra, si affrettarono a scendere dalla panca, mentre qualcun altro aprì la porta, io restai al mio posto: seduta sulla panca, non avevo nemmeno iniziato a spogliarmi.

«Ragazze, preparatevi per la lezione di danza classica» ci disse Donato. «E in fretta.»

Quando richiusero la porta, tutte le ragazze si lamentarono per la notizia appena avuta, e di nuovo ero d'accordo con loro.

Mi passai le mani tra i capelli sciolti, non volevo fare un'altra lezione con lui, non gli avrei permesso ancora di torturarmi: era finita l'epoca in cui lui era il maestro severo e io l'obbediente allieva.

Incrociai le braccia sopra al petto e sbuffai dando un calcio al mio borsone. Le mie compagne si stavano affaccendando a prepararsi il più velocemente possibile.

Decisi che io, invece, non avrei partecipato a quella lezione, nessuno poteva obbligarmi a farlo, così restai ferma, a osservare le altre mentre io restavo con i jeans e la maglietta. 

***

Entrai in aula in quel modo: con i jeans, le scarpe di ginnastica, la maglia e i capelli sciolti, un look decisamente non adatto a una lezione di danza classica.

I miei compagni di corso mi guardavano bisbigliando tra di loro, loro erano tutti vestiti adeguatamente, persino i miei fratelli si erano preparati per la lezione di danza classica, solo che, a differenza degli altri, non si stavano riscaldando, ma erano rimasti fermi in un angolo dell'aula con le braccia incrociate sul petto.

Mi avvicinai a loro e loro mi guardarono appena, avevano delle facce strane, quasi arrabbiate, persino Francesco sembrava incazzato.

«Perché hai i jeans?» mi chiese Andrea.

«Non ho intenzione di partecipare alla lezione» dissi semplicemente.

«Nemmeno noi» concordò Daniele. «Ma non abbiamo pensato a non cambiarci.»

«E come avete pensato di fare, invece?» domandai.

«Dicendo che Ilian ci sta sul cazzo» rispose Andrea.

Annuii lentamente. Non mi sembrava un gran piano il loro.

Anche Paolo si avvicinò a noi. «Va tutto bene?» mi bisbigliò all'orecchio.

Scossi la testa in segno di diniego. No, non andava tutto bene, andava tutto male. Avrei voluto rispondergli e chiarire la situazione, ma tutti i maestri entrarono nell'aula seguiti da Ilian.

Tutti noi ci zittimmo quando li vedemmo entrare. Alzai lo sguardo su Ilian: osservava con disgusto il mio abbigliamento, proprio quello che volevo!

Sorrisi soddisfatta di essere riuscita a dargli fastidio e mi avvicinai ai miei fratelli, scelsi che avrei detto a Donato che non avrei fatto lezione.

«Donato, io non mi sento tanto bene, non penso di riuscire a fare lezione» gli dissi.

Donato mi guardò aggrottando la fronte. «Non dovete fare lezione.»

«Ragazzi!» urlò Simone per avere l'attenzione di tutti. «Sedetevi un attimo, dobbiamo parlarvi.»

«Va' a sederti» mi disse Donato.

Ritornai al mio posto accanto a Paolo e mi accomodai accanto a lui.

I miei fratelli, schierati davanti a noi, ci osservavano attentamente.

«Oggi avete una grande opportunità,» iniziò Donato, «il maestro Ilian ha deciso di tenere nella nostra scuola di danza i provini per il suo prossimo spettacolo, a cui potete partecipare se volete.»

«Se passerete i provini,» continuò Ilian, «avrete un contratto e tutto il resto e potrete avere la possibilità di avere la vostra prima esperienza da ballerini, probabilmente gireremo i teatri italiani quindi i provini sono aperti ai maggiorenni, ma se vogliono partecipare anche i minorenni dovranno avere la firma dei genitori.» Ilian si fermò, guardò i miei fratelli accanto a lui. «O quella del tutore legale» concluse.

Nell'aula si diffuse un brusio sommesso, iniziammo a commentare tra di noi la notizia che avevamo appena avuto. Un provino per lavorare nel suo spettacolo? Ma nemmeno se fosse stata l'ultima opportunità di lavorare come ballerina!

«Ragazzi!» urlò Corrado per riprenderci. «Se avete domande, fatele, non parlate tra di voi.»

«Io ho una domanda» disse Daniele alzando la mano.

Lo guardai di sottecchi, dal tono con cui aveva parlato era evidente che voleva dire qualcosa di non gradito.

«Prego» acconsentì Ilian.

«Lavoreremo a stretto contatto con te?» chiese.

Ilian sembrò perplesso da quella domanda. «Certo» disse. «Sono il coreografo.»

«Oh» commentò Daniele abbassando la testa. «Allora io passo.»

«Anche io» disse subito Francesco.

«Neanche a me interessa» disse Andrea.

«Nemmeno a me» proseguì Paolo.

Vidi Giovanni trattenersi dal ridere mentre le nostre voci e quelle degli altri ragazzi si accavallarono velocemente quando i miei fratelli avevano lanciato quella bomba.

«Ragazzi!» ci riprese di nuovo Corrado.

«Forse non avete capito che grande opportunità avete» specificò Donato.

Se non avessi mai avuto niente a che fare con Ilian, probabilmente l'avrei pensata anche io così; Ilian era uno dei ballerini più famosi non solo in Russia, ma in tutto il mondo, e lavorare con lui era sicuramente un grande trampolino di lancio, ma io non volevo avere nulla a che fare con lui, non più.

«Facciamo così chi...» cominciò Ilian, ma fu interrotto da qualcuno che bussò alla porta dell'aula.

«David!» esclamò Ilian, allegramente. «Entra.»

Mi girai di scatto a guardare: era lui, era proprio lui!

Iniziai a tremare, letteralmente, e il cuore cominciò a battermi forte nel petto. Era tanto che non lo vedevo.

David farfugliò un "buonasera", poi si avvicinò a Ilian che gli disse qualcosa in russo al quale lui rispose con da, poi Ilian si rivolse di nuovo a noi.

«David mi aiuterà nei provini, vi farà vedere le coreografie. Come stavo per dire prima, chi vuole fare il provino resti pure, a chi non interessa è libero di andare via.»

David era lì, davanti ai miei occhi. Non mi aveva rivolto nemmeno uno sguardo e sarebbe rimasto lì ad aiutare Ilian per i provini, come potevo io restare ancora in quell'aula?

Accolsi l'invito di Ilian e uscì, Paolo mi seguì. 

***

La guardai uscire dall'aula seguita da Paolo.

Sembrava sconvolta di avermi visto e anche tanto, in realtà anche io lo ero, volevo parlarle, parlare faccia a faccia dopo tanto tempo.

Mi spostai deciso a seguirla, ma Ilian mi trattenne per il braccio.

«Non osare seguirla» mi disse.

«Pozhaluysta, pyat' minut» gli dissi, che tradotto voleva dire: "Ti prego, solo cinque minuti".

Lo stavo pregando, gli stavo chiedendo il permesso perché erano questi i patti. Mi aveva permesso di andare in Italia con lui a una condizione: obbedirgli. Ero sotto la sua responsabilità e gli avevo promesso che avrei fatto tutto quello che mi avrebbe detto. Volevo vedere Martina e lo avrei fatto a tutti i costi, anche a costo di sottomettermi a Ilian.

«Pozhaluysta» ripetei, sapevo che se gli avessi parlato in russo si sarebbe addolcito un po'.

«Net.»

Guardai la porta desiderando di fuggire e andare da Martina. L'amavo ancora, anche se le avevo detto il contrario, ma l'avevo fatto per il suo bene, per vederla felice.

«Abbiamo fatto un patto, ricordi?» mi disse Ilian, poi mi strinse una mano sul collo. Provai a liberarmi dalla sua presa, ma strinse più forte. «Vuoi ancora che lo rispetti?»

Annuii.

«Non ti ho sentito» mi bisbigliò all'orecchio.

«Sì» sibilai.

«Bravo» mi disse accarezzandomi il collo e io rabbrividii.

Ero diventato tutto ciò che non avrei mai voluto essere: il suo cagnolino. Quando mai mi ero fatto mettere i piedi in testa così? Eppure era stato l'unico modo per sopravvivere in quell'inferno che la mia famiglia chiamava "casa".

Ilian mi lasciò andare il collo e fu distratto da Donato che aveva da dirgli qualcosa, ne approfittai, allora, per andare da Daniele e dagli altri fratelli: sentivo un gran bisogno di abbracciarli.

Quando mi avvicinai a loro mi accolsero con un gran sorriso e io mi sentii finalmente a casa dopo tanto tempo. Abbracciai prima Daniele, poi Francesco e infine Andrea.

«Come stai?» mi chiese Francesco.

«Bene» risposi titubando.

«Tu e nostra sorella avete davvero rotto?» chiese Andrea.

Aprii la bocca sorpreso da quella domanda.

«David!» mi richiamò Ilian e io rabbrividii di nuovo.

«De-devo andare» farfugliai.

«Aspetta» mi trattenne Daniele. «David, anche se è finita tra te e Martina noi ti vogliamo sempre bene. Lo sai questo, vero?»

«David!»

Annuii. «Sì. Lo so.»

Ritornai da Ilian e mi beccai uno schiaffo dietro la testa per essermi "mosso senza il suo permesso". Odiavo il modo in cui mi trattava, odiavo il fatto che aveva il pieno controllo di me e delle mie azioni, ma almeno ero lì, ero in Italia e sarei riuscito prima o poi a parlare con Martina.

Ilian fece sistemare al centro dell'aula le sbarre e Donato mi diede un foglio tra le mani, era il foglio che i ragazzi dovevano compilare per partecipare al provino.

«Andresti a fare delle fotocopie?» mi disse. «Nel mio ufficio.»

Mi sorrise e io ricambiai il suo sorriso, perfino lui mi mancava.

Senza pensarci due volte mi mossi, ma Ilian mi ricordò di fare presto.

Sbuffai quando non mi vide e uscii dall'aula. Sospirai quando fui fuori.

Mi guardai intorno, alla ricerca di Martina. Andai nello spogliatoio femminile, ma non c'era; la cercai fuori, ma niente, non c'era da nessuna parte. Sconsolato, salii le scale che portavano all'ufficio di Donato, aprii la porta e la trovai lì, seduta dietro la scrivania.

Sobbalzò quando mi vide e si alzò dalla sedia. Anche da quella distanza riuscivo a vedere le lacrime che aveva agli occhi.

«Devo fare delle fotocopie» le dissi.

«Me ne vado subito» rispose.

Si mosse da dietro la scrivania e venne verso di me, verso la porta. «Stai bene?» le chiesi prima che potesse andare via.

Lei si fermò, poi si girò a guardarmi.

«Sì,» la sua voce tremava, «sto bene. Sto frequentando Paolo.»

Fu come se mi avessero dato un pugno nello stomaco. «Ah, sì?» chiesi.

«Sì» confermò lei facendomi ancora più male.

«Mi fa piacere per voi» dissi.

Lei scoppiò a ridere, ma era una risata nervosa. Aprì la porta. «Ciao, David» mi disse prima di andare via.

***

«Si può sapere che hanno i tuoi fratelli?» mi chiese Ilian.

Eravamo nella zona "segreteria" e stavo sistemando le carte per i provini.

«Ah?» gli chiesi alzando un sopracciglio, perplesso.

«Si può sapere perché mi trattano così? Eppure, Donato, pensavo che fossimo d'accordo sul lasciarci il passato alle spalle e invece i tuoi fratelli mi trattano come un reietto, tua sorella addirittura non si è nemmeno cambiata. Non pensi sia un tantino irrispettoso?»

Aveva ragione, avevo accettato di fargli fare i provini nella nostra scuola per mettere una pietra sopra a tutto quello che era successo, ma era stato prima che il nostro segreto fosse reso pubblico.

«Hai ragione» gli dissi, anche io avevo trovato esagerato il loro comportamento, ma era comunque giustificato. «Il fatto è che hanno saputo del bacio.»

Ilian si bloccò e lo vidi irrigidire i muscoli. «Oh» disse, «però... però sembra che tu l'abbia presa bene rispetto a loro.»

«In che senso?» gli chiesi. Che voleva dire? Come l'avrei dovuta prendere?

Ilian ridacchiò. «Voglio dire, ho sempre pensato che avresti reagito in modo diverso sapendo che ho baciato tua sorella.»

Le carte che avevo tra le mani mi caddero a terra quando sentii quello che aveva detto. «Cosa?» chiesi per avere conferma. Iniziai a vedere tutto nero davanti a me e a sentire la rabbia che cresceva. «Ri-ripeti quello che hai detto.»

Ilian indietreggiò mentre io aggiravo la scrivania per andare dal lato in cui si trovava lui, fu forse la prima volta che lo vidi impaurito. «Non-non stavamo parlando di questo?» balbettò. «Del bacio che ho dato a tua sorella?»

Strinsi i pugni lungo i fianchi. «No» sussurrai prima di colpirlo in pieno viso.




Eccomi qui, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento!

A giovedì!

Mary <3 

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