Give me love
Fui svegliata dalle grida dei miei fratelli che provenivano dal salone. Sobbalzai quando uno di loro lanciò un urletto a cui seguirono delle risate che mi infastidirono. Tastai con la mano sul comodino alla ricerca del telefono: erano alle le otto del mattino ed era Sabato, cosa avevano da urlare tanto di sabato mattina?
Mi alzai dal letto, ormai ero sveglia, non avevo senso restare a letto. Cercai le pantofole, mi legai i capelli con un elastico in uno chignon scomposto e andai in bagno a sciacquarmi la faccia.
Appena misi piede in salone qualcuno disse: «Allora, raccontatemi qualcosa, ci sono novità?»
Drizzai bene le orecchie quando sentii quella voce, non la sentivo da parecchio, ma non potevo non riconoscerla.
«Vogliono rendermi indipendente, ma Donato non vuole darmi il mio stipendio!»
«Stasera esco con Flora.»
Dissero simultaneamente Daniele e Francesco. Nel frattempo io mi avvicinai sempre di più a loro. Erano seduti sulle sedie del tavolo e guardavano di fronte a loro, riuscii a vedere solo un po' dello schermo del PC. Gli altri erano in piedi sistemati attorno a Daniele e Francesco.
«Uno alla volta.» dissero dall'altra parte del PC.
Avvicinandomi meglio riuscii a vedere il volto del mio bellissimo fratello: Giovanni.
«Stasera esco con Flora» ripeté entusiasta Francesco anticipando Daniele.
«Oh, è magnifico, dove la porterai?» chiese Giovanni.
«Non lo so, pensavo a mangiare qualcosa e poi boh...»
«Certo, certo, tutto questo è magnifico. Giovanni, ti rendi conto? Non voglio darmi il mio stipendio!» si inserì Daniele nella conversazione tra Francesco e Giovanni.
«Non mi è molto chiara questa cosa, che vuol dire?» chiese Giovanni.
«Vuol dire che per rendere indipendente Daniele agli occhi del giudice quando avrà compiuto diciotto anni gli daremo un lavoro alla scuola di danza, ma non uno stipendio» spiegò con calma Donato anticipando Daniele.
Daniele si girò a guardare Donato che era dietro di lui, poi ritornò a guardare Giovanni. «Già! Ti sembra giusto?» gli chiese.
Giovanni tentennò per un attimo. «Non voglio inserirmi in questa faccenda, ma se hanno deciso così avranno avuto le loro ragioni.» disse.
«Oh, per favore!» esclamò Daniele irritato.
«Ehi, ciao! Ben svegliata!» disse Giovanni alzando lo sguardo e incrociando i miei occhi.
«Buongiorno.» borbottai e tutti i miei fratelli si girarono a guardami, notando finalmente la mia presenza.
«Come stai?» chiese. «David ti tratta bene?»
Guardai David ridacchiando: era arrossito e cercava di non guardare i miei fratelli. «Sì, benissimo.» risposi.
«Vi ho lasciato un pacchetto nel cassetto della biancheria nel caso...»
«Sì, li ho trovati, grazie.» disse velocemente David. «Sto scherzando!» si difese quando i miei fratelli lo trucidarono.
«E a te? Come va?» chiese Simone, cambiando per fortuna discorso.
«Bene, ho conosciuto una persona.»
«Ooooh!» urlò Francesco.
«Una ragazza?» chiesero in sincronia Andrea e Corrado.
«No.» Giovanni scosse il capo. «Non esattamente. Ho conosciuto Yanis Marshall.»
«Aspetta...» disse Simone, «il ballerino che balla sui tacchi?»
«Esattamente» confermò Giovanni con un sorriso smagliante sulle labbra.
«Lo sai che è gay, vero?» chiese quasi in tono preoccupato Andrea.
«Sì, lo so.» annuì Giovanni. «Ma non è interessato a me... o almeno non in quel senso.»
Ridemmo.
«Comunque è davvero strepitoso, sto seguendo le sue lezioni, sono fantastiche, sto imparando un sacco di nuovi passi e...»
«Giovanni, io non ci salgo sui tacchi. Ti avviso. Non ti far venire niente in mente.» lo interruppe Francesco.
«Ah, se per questo nemmeno io.» asserì David.
Giovanni scosse la testa alzando gli occhi al cielo. «Quanto siete scemi.» borbottò.
Ridemmo ancora. I miei fratelli continuarono a bombardare di domande Giovanni, che cercava di rispondere esaurientemente un po' a tutti.
«Ragazzi, devo lasciarvi, sto morendo di sonno.» disse Giovanni dopo un po'.
«Oh, no, di già!» si lamentò Daniele.
«Vai a rimetterti a letto? Ormai sei sveglio, che senso ha andare a dormire alle otto del mattino?» chiese Francesco.
Corrado diede uno schiaffo dietro la testa a Francesco. «Non sono le otto del mattino in America, lo sapresti se ogni tanto mettessi la testa sui libri.» lo rimproverò.
Francesco si lamentò per il dolore e guardò Corrado mettendo il broncio. «Lo so che non è mattina, me ne ero dimenticato.»
«Sì, come no.» rispose Corrado sarcasticamente.
Giovanni rise da dietro il PC.
«Ciao ragazzi, ci sentiamo presto.» disse. «Ah, Marty! Ti chiamo più tardi, devo parlati...»
Parlarmi? E di cosa?
«Va-va bene» gli dissi sorridendo. «Ciao!»
«Ciao!»
«Buona notte!»
Daniele staccò il collegamento su Skype con Giovanni e ognuno ritornò a fare le proprie cose.
Io mi concessi un'abbondante colazione e poi andai a cambiarmi, avevo intenzione di rilassarmi un po' ballando nella nostra saletta privata.
***
Mi ero messa i pantaloncini neri per stare più comoda, la canotta bianca e mi ero fasciata i piedi: non volevo mettere le scarpette, volevo sentire il contatto col parquet. Sciolsi i capelli e gettai l'elastico da qualche parte nella sala. Mi piaceva ballare con i capelli sciolti, ma in sala i miei fratelli non lo permettevano, era permesso solo durante il saggio, per fare "scena".
Iniziai a riscaldare i muscoli: stesi in alto le braccia e le stiracchiai ben bene, poi le portai dietro di me giungendo le mani, tirai indietro la schiena e feci rotolare il collo a destra e a sinistra. Sciolsi le braccia da dietro la schiena e mi chinai sulle punte dei piedi; ispirai a fondo. Allargai le gambe e iniziai a molleggiare prima sulla gamba destra e poi sulla sinistra. Allargai sempre di più le gambe fino a scendere in spaccata frontale. Distesi le braccia fino a che non toccai il parquet con la pancia, schiacciai il viso sul legno e restai un po' così, a godermi il calore del pavimento.
Quando finii di riscaldarmi andai ad accendere la musica, volevo semplicemente ballare e lasciarmi trasportare dalla essa. Lo stereo mi regalò "Give me love" di Ed Sheeran, non so perché era in quel CD o chi ce l'aveva messa, ma mi piaceva.
Camminai in tondo ascoltando le note iniziali della canzone. Quando Ed Sheeran cominciò a cantare feci un giro e da lì si susseguirono una serie di movimenti e passi che il mio corpo eseguì lasciandosi trasportare dalla musica.
Mi sentivo così libera e spensierata, mi piaceva poter ballare senza stare a contare, o senza stare attenta a eseguire i movimenti giusti e a non sbagliare posizione.
Salii in arabesque guardandomi allo specchio, i miei muscoli erano tesissimi, le punte ben stese, le braccia dure; mi piacque quello che vidi, mi piacque anche quello che vidi dietro di me: David.
Mi sorrise e si sfilò la maglietta, rimanendo solo con i jeans. Mi prese per mano e quell'assolo si trasformò in un passo a due. Da quanto tempo non ballavamo insieme? Forse da troppo.
Mi tirò a sé facendomi sbattere sul suo petto nudo, alzai lo sguardo dai suoi pettorali incrociando i suoi occhi marroni, poi mi fece girare di schiena e istintivamente mi diedi la spinta per eseguire la nostra presa preferita. Inarcai la schiena e alzai la gamba sinistra mentre lui stendeva sempre di più le braccia. Abbassai la gamba e lui mi fece scendere lentamente sfiorando il suo corpo. Gli passai dietro, soffermandomi sulla sua schiena, poi sfiorai con le dita le scapole passando da una all'altra. Lo sentii rabbrividire leggermente. Con la punta delle dita continuai a seguire il contorno del suo corpo, fino a passare sul braccio e quando arrivai alla sua mano lui strinse la mia e mi tirò di nuovo a sé. Ballammo ancora finché la canzone non finì e noi ci stendemmo sul parquet, esausti.
Respirai affannosamente, mentre guardando il soffitto, cercavo la mano di David. David se la portò alla bocca e scoccò un bacio sul dorso, poi la rimise a terra sempre ben stretta alla mia.
Restammo in silenzio a fissare il nulla sopra di noi, mentre riprendevamo fiato. In quel frangente di tempo pensai alla nostra relazione: ormai eravamo usciti allo scoperto quasi del tutto. L'unico che non sapeva ancora niente era Ilian. Fino a qualche giorno ero d'accordo che non lo sapesse, ma la storia di Giovanni e Laura mi aveva fatto capire che nella vita la sincerità è tutto, anche se può metterti nei guai. Chissà, pensai, forse se Ilian avesse saputo dal fratello della nostra relazione, magari l'avrebbe presa bene.
«David, dovresti dire a Ilian di noi.» dissi senza guardarlo negli occhi. Sentii David girarsi a guardami. «Perché? Cioè, voglio dire, perché ci hai pensato proprio adesso?»
«Penso che dovremmo dirglielo, non possiamo continuare a nascondere la nostra relazione, non c'è nulla di male.»
«Ha minacciato di riportarmi in Russia se avesse scoperto una cosa simile...»
«Beh...» Alzai le spalle. «Forse potrebbe accettarlo se fossi tu a dirglielo. I miei fratelli hanno sempre premiato la sincerità, all'inizio anche io avevo paura di dirgli di noi, ma guarda adesso: non è tutto rose fiori, ma direi che va abbastanza bene.»
«Martina, non è importante che lui lo sappia, lui non è importante.»
«È così poco importante, ma può decidere cosa fare della tua vita» gli feci notare.
«Lui agisce solo in funzione dei miei genitori, loro sono importanti.»
«David, è tuo fratello.»
«Ilian non è mai stato mio fratello, non come lo sono i tuoi fratelli per te.»
Restai in silenzio, basita da quell'affermazione. Sapevo che David provava dei sentimenti contrastanti verso il fratello, e sapevo che non avevano un ottimo rapporto, ma non mi aspettavo che pensasse quello di lui, era pur sempre la sua famiglia.
«Quando sono nato,» iniziò a raccontarmi, «Ilian viveva già in Russia e tornava raramente. I miei genitori avevano deciso di comunicare con me in italiano, ma quando lui tornava sapeva pochissimo di italiano ed era difficile per me parlare con lui. Ho deciso di imparare meglio il russo solo per poter avere un dialogo con lui, ma a lui non gliene è mai fregato molto. Non è mai stato un gran comunicatore.»
«Forse potreste iniziare a stabilire quel rapporto che non avete mai avuto» azzardai.
David mi lasciò andare la mano e si alzò, mettendosi a sedere. «Non c'è modo di stabilire un rapporto con lui, io speravo di avere un fratello maggiore, una persona con cui condividere le mie paure, le mie gioie, una persona su cui contare, una spalla sulla quale piangere. E invece quello che mi sono ritrovato è stato un secondo padre, tra l'altro più noioso e pesante del mio.»
«Dovresti provare a essere più sincero con lui, gli hai mai detto quello che senti? Quello che provi per lui?»
David scosse la testa in segno di diniego. «Una volta mi ha chiesto se avevo paura di lui, gli ho risposto di no, ma era una bugia.»
Abbassai lo sguardo. David aveva paura di Ilian. Come si può basare un rapporto sul terrore? Io non avevo paura dei miei fratelli. Quando combinavo qualcosa di sbagliato potevo aver temuto la loro reazione, ma non ho mai veramente provato paura nei loro confronti. Pensai che dovesse essere una sensazione orribile.
«Ma, forse, se tu...» continuai.
«No, Martina, ti prego: non insistere, non voglio dirlo a Ilian» mi disse serio.
Annuii in imbarazzo, non volevo farlo arrabbiare.
David si alzò da terra e uscì dalla sala lasciandomi sola con i miei pensieri.
***
Il pomeriggio trascorse lento, troppo lento dopo quella chiacchierata con David, e io non smettevo di pensare a quanto sarebbe stato liberatorio poter dire tutta la verità su di noi a Ilian.
Sospirai mentre accendevo il PC, riflettendo sul fatto che David conosceva Ilian meglio di me e se riteneva giusto proseguire in quel modo, potevo solo assecondarlo.
Da Skype mi arrivò la chiama di Giovanni, come promesso.
Aprii la finestra e accesi la webcam.
Sorrisi quando vidi il volto di mio fratello dall'altra parte dello schermo.
«Ciao» gli dissi agitando la mano.
«Ciao» mi disse senza sorridere.
«Va tutto bene?» chiesi preoccupata, sembrava diverso dalla chiamata della mattina.
«No» disse scuotendo piano la testa. «Che cosa hai combinato?» chiese.
Deglutii, non avevo mai avuto una chiacchierata così seria con Giovanni, eppure stava per arrivare.
Ciao a tutti!
Spero che il capitolo vi piaccia, al prossimo giovedì!
Mary <3
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top