Dire sempre la verità, sempre
In sala, alla lezione di Corrado, stavamo provando ancora Romeo e Giulietta per il saggio, ma quella volta dovevamo provare la variazione io e Paolo.
Paolo interpretava Paride, il promesso sposo di Giulietta e, nel passo a due che stavamo provando, il padre di Giulietta le presentava il ragazzo, e poi i due ballavano insieme, quasi come un corteggiamento. Nel frattempo, Romeo, che si era intrufolato al ballo e che indossava una maschera, notava Giulietta, che stava ballando con Paride e, folgorato dalla sua bellezza, la osservava.
Paolo mi teneva per mano e mi aiutava a salire sulle punte, mentre sulle note del passo a due eseguivamo i movimenti. La maggior parte del «lavoro sporco» toccava farlo a me, Paolo doveva solo accompagnare i miei movimenti reggendomi, soprattutto quando dovevo girare.
Eseguii il grand jeté fino ad arrivare alle spalle di Paolo, salii in arabesque e portai la gamba destra in passé, per poi eseguire mezzo giro e lasciare che Paolo mi trascinasse per un po' appoggiata al suo busto. Mi rimise sulle punte e poi di nuovo gli stessi movimenti per altre tre volte.
La terza volta, però, mentre Paolo mi trascinava, non vide David che era alle sue spalle e ci sbattete contro.
Corrado fermò la musica alterato. «David!» urlò. «In questa scena devi essere di contorno non ingombrante!»
«Stavo solo ammirando la bellezza di Giulietta.» si difese David ridacchiando.
«Da più lontano la prossima volta.» gli disse Paolo.
David incrociò le braccia sopra al petto e lo guardò con aria di sfida; portavano ancora entrambi rancore dopo l'ultima volta.
«Basta, Romeo, stai più dietro, tu puoi vedere dove vanno, Paolo no. Non costringetemi a cambiarvi i ruoli.» disse Corrado a David.
Paolo annuì, e David, mentre guardava Paolo, fece un piccolo passo indietro.
«Da capo.» disse Corrado prima di mettere di nuovo la musica e andarsi a sedere sulla sedia.
Respirai profondamente e, prima di riprendere la posizione, ammonì con lo sguardo David: non volevo che facesse ancora quelle sceneggiate.
La musica cominciò e io e Paolo eseguimmo ancora la variazione, quando dovetti eseguire il grand jetè, però, ci misi troppa forza e le mie punte sul pavimento fecero un rumore infernale.
Corrado spense la musica e mi fissò indignato. «Martina, non sei un elefante, cerca di fare dei movimenti più leggeri, e tu, Paolo, quando la prendi per trascinarla lo devi fare con eleganza, sembra che stai trasportando un carico pesante.»
«Non riesco a concentrarmi bene con lui che ci sta addosso come un avvoltoio.» rispose Paolo riferendosi a David.
David alzò le mani in segno di resa, quella volta era stato Paolo a provocare.
«Va bene, adesso basta, mi avete stancato» concluse Corrado. «Passiamo direttamente alla parte finale.» Corrado guardò anche tutti gli altri che erano seduti comodamente a terra a osservare.
Si alzarono tutti appena Corrado gli fece cenno e cominciarono a posizionarsi dietro me e Paolo.
La parte finale del passo a due prevedeva che, nel suo giro attorno a Paride e Giulietta, Romeo finiva per scontrarsi faccia a faccia con Giulietta. I due restavano a guardarsi per un po' e anche Giulietta restava folgorata dalla bellezza di Romeo.
Corrado fece partire di nuovo la musica, ma aspettammo che andasse avanti per iniziare. Appena arrivò il punto, io e Paolo eseguimmo gli ultimi passi insieme e poi il mio Romeo si posizionò davanti a me.
Come prevedeva il balletto mi bloccai appena lo guardai. Dovevo mostrarmi folgorata, o per lo meno sorpresa, ma ero un po' arrabbiata per il suo atteggiamento e, nonostante mi sforzassi, non riuscivo a guardarlo con gli occhi dell'amore.
«Va bene, va bene, per oggi basta.» ci disse Corrado.
Sbattei gli occhi e ritornai alla realtà, anche David lo fece.
Corrado si avvicinò a noi. «La prossima volta,» bisbigliò «un po' più di amore.» Sorrise quasi soddisfatto.
Uscimmo tutti dalla sala e, quando fummo nello spogliatoio, cercai di non pensare a quanto era accaduto prima, in quel momento dovevo pensare solo a trovare una soluzione per far tornare Giovanni.
«Laura, posso parlarti?» le chiesi.
Lei si girò, guardò le altre, poi ridacchiò. «Non abbiamo niente da dirci.» mi rispose.
La guardai stranita, era vero che dopo quella chiacchierata non eravamo diventate amiche per la pelle, ma credevo che almeno avesse smesso di odiarmi.
«Veramente sì.»
«E di cosa dovremmo parlare? Della tua ridicolaggine?»
«Di mio fratello, per esempio.»
Non volevo trattenermi, non me ne fregava niente se avevano sentito anche tutte le altre, il suo atteggiamento non mi piaceva per niente.
Laura finse che la cosa non la toccasse minimamente, alzò le spalle. «Intendi quello che mi sono scopata un paio di volte qui, nello spogliatoio? È stato solo una botta e via.»
Attorno a noi le altre ragazze scoppiarono a ridere.
«Una botta e via?» ripetei sconvolta «Ma se l'altra volta stavi piangendo per lui!»
«Non so di cosa tu stia parlando» disse guardando le altre, che avevano smesso di ridere e la stavano guardando serie. «Ma d'altronde si sa che sei famosa per raccontare frottole, scommetto che quel "puttana" sulle punte te lo sei scritta da sola, in fondo ti capisco: è davvero difficile attirare l'attenzione dei tuoi fratelli.»
Le altre ricominciarono a ridacchiare di nuovo mentre io stavo ribollendo di rabbia. Come osava parlami in quel modo?
Senza pensarci due volte mi avventai su di lei, volevo farle male, volevo picchiarla per tutto quello che aveva detto su di me, ma soprattutto per tutto quello che aveva detto su mio fratello.
L'afferrai per i capelli che teneva sciolti, lei provò a ricambiare, ma io li avevo ancora raccolti nello chignon, per cui mi afferrò prendendomi per il body, lo tirò e per poco non lo ruppe. Le lasciai i capelli e la tirai per un braccio, nel frattempo le ragazze attorno a noi urlavano e strepitavano cercando di dirci di smettere, ma nessuna di loro riuscì a dividerci. Laura mi mollò uno schiaffo in pieno viso facendo bruciare la mia guancia terribilmente. Mi avventai di nuovo su di lei per ricambiare, ma mi sentii prendere per i fianchi e alzare di peso per non permettermi di fare ancora del male a Laura.
«Martina!» urlarono.
Provai a divincolarmi da quella stretta e senza volerlo colpii la persona che mi stava impedendo di farle del male. A quel punto fermai la mia rabbia. Mi girai a guardare e, dietro di me, che si manteneva il naso con la mano, c'era Corrado.
Gli avevo fatto male, ma non era mia intenzione.
«Scusa» farfugliai debolmente.
Corrado alzò lo sguardo su di me, mi fulminò. Mi prese per mano, prese Laura e ci trascinò fuori dallo spogliatoio.
«Scusa, scusa, scusa. Corrado, non volevo» provai ancora a scusarmi con mio fratello.
Io volevo fare male a lei non a lui.
Corrado ci portò da Donato, che era seduto come al solito nella zona segreteria; ci fece sedere di forza.
Corrado raccontò tutto a Donato, il quale rimase sconcertato da quello che gli disse. Chiamò subito la madre di Laura, la quale venne dopo poco e, appena seppe della rissa tra me e la figlia, cominciò a prendere le difese di quest'ultima.
«Siete una famiglia di pazzi, di maniaci!» urlò la signora, «Prima vostro fratello prova a violentarla, poi vostra sorella la picchia... Povera la mia bambina.»
«Violentarla?» scattai io alzandomi dalla sedia. Donato mi riportò seduta prendendomi per le spalle, ma continuai ugualmente, incurante della sua reazione. «Sua figlia non è stata violentata, a lei Giovanni piaceva, anzi, forse le piace ancora!» Mi rivolsi a Laura: «Perché non dici a tua madre quello che mi hai detto nello spogliatoio?»
«Cosa devi dirmi?» chiese la madre alla figlia.
Guardavo Laura in attesa che dicesse tutta la verità alla madre, cercando di ignorare gli sguardi truci che mi lanciava Donato.
Laura ricambiò il mio sguardo, poi ritornò a guardare la madre. «Niente, mamma, ti ho già detto quello che avevo da dirti.»
«Cosa? Non è vero!» scattai ancora.
Corrado mi tappò la bocca impedendomi di aggiungere altro e mi costrinse ad alzarmi dalla sedia.
Donato si girò verso di noi. «Portala via prima che le faccia male.» bisbigliò, poi si rivolse a me: «A casa facciamo i conti.»
Provai a replicare, ma la mano di mio fratello sulla mia bocca me lo impedì. Corrado mi trascinò fino allo spogliatoio, mi tolse la mano dalla bocca e mi disse di andarmi a cambiare e che mi avrebbe accompagnato a casa. Nel frattempo, dall'altra parte della scuola di danza, Donato cercava in tutti i modi di scusarsi con la madre di Laura per il mio comportamento.
***
«Ti rendi conto di quello che hai fatto?» mi rimproverò Donato. Era in piedi accanto al tavolo, mentre io seduta dall'altra parte ascoltavo la sua ramanzina. «Vuoi che tuo fratello resti tutta la vita in America, eh? È questo che vuoi?»
«No» bisbigliai abbassando la testa.
«Allora come ti è saltato in mente?»
«Donato, tu mi hai insegnato a dire la verità sempre, e la verità è che Laura non solo era consenziente, ma ci tiene a Giovanni e anche tanto, io volevo solo che lei dicesse la verità alla madre, così che abbandonasse l'idea di denunciarlo.»
«E pensavi di farlo picchiando la figlia? Così adesso alle accuse per stupro può aggiungere quelle per violenza carnale.»
«No, non era mia intenzione.»
Donato sospirò. «Martina, io lo so che tuo fratello ti manca, manca a tutti, ma devi lasciare fare a noi, o rischi solo di peggiorare le cose.»
«Non volevo» ripetei mordendomi il labbro.
«Lo so.»
«Dammi quel telefono!» urlò qualcuno entrando in cucina.
Sobbalzai.
Francesco e Daniele erano appena entrati, Daniele correva per non farsi prendere da Francesco.
«No! Ti ho già detto cosa mi ha scritto!» esclamò Daniele.
«Cosa hai da urlare, Daniele?» chiese Donato.
«Flora mi ha contattato, ci sta palesemente provando con me e Francesco mi dà il tormento.»
«Sei un fratello di merda, te ne rendi conto?» gli chiese Francesco.
«Francesco, ti ho detto che ha fatto tutto lei, te lo giuro, a me non piace nemmeno! Non lo farei mai!»
«Come se fosse la prima volta.» replicò Francesco.
«Non è colpa mia se le ragazze preferiscono me, quattrocchi.»
«Come mi hai chiamato, scusa?» disse Francesco avvicinandosi col viso a Daniele.
«Basta voi due, smettetela!» disse Donato.
Francesco e Daniele si fissarono truci e in silenzio. Ad un certo punto il silenzio fu rotto da una chiamata che arrivò sul cellulare di Daniele. Francesco prese il cellulare dalle mani di Daniele e rispose al suo posto.
«Amore?» sentimmo dall'altro capo del telefono.
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