Confessioni e scelte difficili
Io e David rientrammo in casa il più presto possibile, erano quasi le quattro del pomeriggio e saremmo dovuti tornare comunque, visto che dovevamo andare e lezione di danza, ma saremmo tornati con più calma, se non fosse successo quello che è successo. Non riuscivo nemmeno a dirlo.
Appena varcammo la soglia della porta d'ingresso, Donato ci venne incontro: era incazzato, era evidente.
«Dove cavolo siete stati?» Non ci diede nemmeno il tempo di rispondere che continuò parlare: «David, tuo fratello mi ha chiamato quattro volte da stamattina, come ti è saltato in mente di marinare la scuola?» urlò.
Il mal di pancia e il mal di testa che sentivo aumentarono, appena Donato cominciò a parlare, in più sentivo la vista appannarsi lentamente.
David stava per aprire bocca, quando il cellulare di Donato squillò. Donato lo prese dalla tasca e guardò lo schermo sbuffando.
«È tuo fratello.» disse porgendo il cellulare a David. «Parlaci tu.»
David si scansò da Donato come se gli stesse passando qualcosa di schifoso.
«No, ti prego!» gli disse indietreggiando.
«Fai l'uomo e rispondi al telefono!» lo rimproverò Donato.
David prese titubante il telefono dalle mani di Donato, lo sbloccò per rispondere e lo portò lentamente all'orecchio.
«Ilian?» domandò all'altro capo del telefono.
David aveva pronunciato il nome del fratello come solo lui sapeva fare, con una perfetta pronuncia russa, così perfetta che Ilian capì subito con chi stava parlando.
Sentii Ilian urlare dall'altro capo del telefono, ovviamente non riuscivo a capire cosa gi stava dicendo; non riuscivo nemmeno a capire se era italiano o russo.
Mi portai una mano alla testa verso il dolore, provando a trovare sollievo, ma fu del tutto inutile. La vista continuava ad appannarsi.
«Dove siete stati?» mi chiese Donato.
Provai a guardarlo, ma riuscivo solo a vedere la sagoma di mio fratello.
«Oh, va tutto bene?» sentii dire.
Sbattei le palpebre cercando di mandare via quell'appannamento. Sentivo le forze venire meno, provai ad aggrapparmi alla prima cosa che trovai e trovai mio fratello.
Mi sentii prendere in braccio e mi fecero stendere sul divano del salone.
«Marty...»
Mi sentii scuotere per la spalla. «Marty?»
Mi girai verso la voce: riuscii finalmente a vedere qualcosa, anche se l'appannamento era sempre presente. Donato era inginocchiato accanto a me che ero stesa sul divano.
Mi mise una mano sulla fronte, credo per vedere se avessi la febbre.
«Che hai?» mi chiese, ancora.
«Mi fa male la testa e la pancia e...» Elaborai l'ultimo sintomo, all'improvviso avevo sentito un calore fastidioso invadermi il volto e il sudore aveva cominciato a scendere lentamente dalla fronte. «Ho caldo.»
«Prendi il ghiaccio.» disse Donato non so bene a chi, «Dove siete stati?»
«Al mare.» rispose David, quando aveva finito di parlare al telefono col fratello?
«Al mare?» chiese indignato Donato, mentre mi poneva il ghiaccio sulle tempie. Mi sentii all'istante molto meglio.
«Mi sa che ha preso un'insolazione. Quanto tempo siete stati al sole?»
«Non lo so... un paio d'ore... credo...»
«Mantieni.» disse Donato a David e David mantenne il ghiaccio fermo sulla mia fronte.
Dopo poco Donato tornò con in mano un bicchiere d'acqua. Mi fece alzare leggermente la schiena e mi aiutò a berlo, ma appena l'acqua scese nella mia gola qualche altra cosa ne uscì.
Non riuscii a trattenermi e vomitai proprio addosso a mio fratello.
Donato si allontanò da me e guardò la macchia giallognola che avevo provocato alla sua maglia nera.
«S-scusa.» farfugliai guardando l'orrore che avevo provocato.
Donato guardò la sua maglia cercando di dire qualcosa, ma non riuscì a fare altro che andare nel bagno a cambiarsi.
David si fece più vicino a me, mettendosi nella posizione in cui era prima Donato. Mi accarezzò i capelli e mi sorrise dolcemente. «Come ti senti?» mi chiese.
Gli sorrisi a mia volta, con il ghiaccio e, dopo aver vomitato, mi sentivo decisamente meglio. «Meglio.» gli dissi.
«E...?» David guardò il mio ventre, seguii il suo sguardo, ma non afferrai subito il concetto, appena capii però scattai: mi alzai con la schiena e mi misi a sedere.
«Devo andare a farmi una doccia.» sentenziai. Avevo completamente dimenticato il sangue che probabilmente stavo ancora perdendo.
Feci togliere il ghiaccio dalla fronte a David e lentamente mi alzai dal divano.
«Dove vai?» mi chiese Donato, che nel frattempo era tornato, non si era ancora cambiato ed era rimasto a torso nudo.
«Ho bisogno di una doccia.»
Donato storse la bocca, ma annuì comunque. «Va bene, ma non farla con acqua troppo calda.»
Annuii a mia volta.
«Finita la doccia, mettiti a letto, oggi non vieni alla scuola di danza: è meglio se ti riposi.»
Sorrisi a Donato. «Grazie.»
Donato non ricambiò il sorriso. «Aspetterei a ringraziarmi, siete in punizione per una settimana...» guardò David. «Tutti e due.»
Storsi la bocca a quelle parole e, senza replicare, mi diressi verso il bagno. Donato domandò a David cosa gli aveva detto Ilian, ma non volli sentire la risposta.
Entrai in bagno, mi spogliai e mi gettai sotto la doccia, scoprii con mia bruttissima sorpresa che il sangue continuava a scendere, sembrava quasi che mi fosse venuto il ciclo.
Appena uscii dalla doccia, infatti, siccome il sangue non la smetteva di scendere, mi misi un assorbente o avrei sporcato la mutandina.
Quando uscii dal bagno non trovai nessuno in casa, così mi misi nel letto e iniziai a cercare informazioni su Google.
Quasi tutte le testimonianze di ragazze dicevano che è normale che la prima volta esca del sangue, anche se quasi nessuna diceva così tanto. Nonostante quelle ricerche mi calmarono un po' avevo comunque un mucchio di dubbi e domande, domande che avrei voluto fare tanto alla mia mamma. Un senso di inquietudine e desolazione mi invase, non solo volevo la mia mamma, ma una figura femminile con cui confidarmi e confrontarmi sulle esperienze femminili, quelle che gli uomini non possono proprio capire, seppure si sforzino.
Una volta, pur di parlare con una donna dei miei problemi femminili, convinsi i miei fratelli a mandarmi da una psicologa, quando però seppero che non c'era motivo per cui io dovessi sottopormi a delle sedute di psicoterapia, cercarono di aiutarmi chiedendomi di aprirmi con loro. Io l'avevo fatto, ma loro non seppero darmi delle risposte, o comunque delle risposte convincenti, da allora ho smesso di confidarmi con loro.
Erano discorsi che imbarazzavano me e loro.
Avrei tanto voluto avere una migliore amica, ma non l'avevo. Alla scuola di danza mi odiavano tutte, al liceo le mie compagne di classe erano delle conoscenti per me, non le potevo considerare amiche.
Sbuffai rannicchiandomi meglio nel mio lettino, chiusi gli occhi cercando di non pensare al fatto che la mia prima volta era stata decisamente un disastro.
***
Fui svegliata da Corrado che mi diceva che Beatrice era venuta di nuovo a cena da noi. Mi lavai di nuovo – scoprendo con rabbia che il sangue continuava a scendere – e mi vestii, poi andai in salone per salutare Beatrice. I miei fratelli erano tutti già seduti a tavola e chiacchieravano animatamente.
La cena fu abbastanza tranquilla, nessuno di loro accennò alla tutela di Daniele, che era ancora un discorso aperto senza soluzione.
Quando finimmo di mangiare toccava a me sparecchiare e lavare i piatti, per cui mi alzai e li tolsi dalla tavola. Beatrice si alzò e, nonostante le mie proteste, mi aiutò a pulire tutto.
Quando asciugai l'ultimo bicchiere pulito, mi tolsi una goccia di sudore dalla fronte, mi appoggiai al lavabo e respirai a fondo.
«Va tutto bene?» mi chiese Beatrice.
Annuii. «Sì, devo aver preso un'insolazione stamattina, sono stata al mare.»
«Oh, hai messo qualcosa di freddo sulla testa? Hai bevuto molto?» mi domandò mettendo in moto tutta la sua conoscenza di infermiera, peccato che Donato aveva già provveduto a prendersi cura di me.
«Sì, fatto tutto.» le dissi sorridendo.
«Sicura che sia solo questo? Sembri un po' pallida, ti va di parlarne?»
Quelle parole furono una manna dal cielo, non aspettavo altro, sì che mi andava di parlarne!
«Sì.» bisbigliai girandomi a guardare i miei fratelli e David, che erano seduti a guardare il televisore. «Non qui però.»
«Certo.» bisbigliò a sua volta Beatrice, e la condussi in camera mia.
Appena entrammo, chiusi la porta alle nostre spalle e la invitai a sedersi sul mio letto.
«Dimmi tutto.» mi disse per spronarmi.
Deglutii, non era per niente facile quello che stavo per dire.
«Io e David abbiamo fatto... l'amore.» dissi liberandomi di quel peso che portavo da ore.
«Oh...» commentò lei sbattendo le palpebre, forse non si aspettava una cosa del genere. «È stata la prima volta? Avete preso precauzioni?»
Mi avvicinai di più a lei e mi andai a sedere sul letto. «Sì e sì.»
Lei annuì sollevata. «Bene.» disse.
«So che è normale se, beh, se esce del sangue, vero?» chiesi un po' titubante.
«Sì, è normalissimo.» mi rispose con un tono di professionalità nella voce.
«Okay.»
Avevo però un'altra domanda che mi assillava.
«È anche normale non provare... piacere?»
«Non ti è piaciuto?»
No, per niente, non era stato per niente come lo avevo immaginato.
«No, io non sono proprio...» Mi risultava difficile dire alla ragazza di mio fratello che non avevo raggiunto l'orgasmo con il mio fidanzato.
«Può capitare la prima volta.»
«Davvero?»
«Sì, stai tranquilla. Molte ragazze e anche i ragazzi, ripongono molte aspettative sulla prima volta, ma quasi mai è soddisfacente. Non è importante se non è stato molto bello o romantico o come te lo immaginavi, vedrai che trovando feeling con il tuo partner sarà ogni volta sempre più bello.»
Le parole di Beatrice mi fecero sentire meglio, mi sentivo quasi in colpa a non averlo trovato soddisfacente e non avevo pensato che le volte dopo sarebbero state sicuramente migliori, considerando che il dolore sarebbe sparito man mano.
L'abbracciai di slancio, ne avevo proprio bisogno. «Grazie, davvero.» le dissi.
«E di che?»
Quando ci sciogliemmo dall'abbraccio, le chiesi di non dire nulla né a Simone né agli altri, non era il caso che lo sapessero. Lei mi rassicurò, avrebbe mantenuto il "segreto professionale".
Tornai dai miei fratelli, ma solo per dare la buona notte, non era molto tardi, ma avevo un sonno tremendo.
David si congedò anche lui e, appena fummo da soli in corridoio, lo presi per la mano destra e lo trascinai nella mia stanza.
Lo baciai velocemente.
«Ti amo.» gli dissi. «E non vedo l'ora di rifare l'amore con te.»
David sorrise a trentadue denti e mi baciò ancora. «Anche io. Ero preoccupato, pensavo che non ti fosse piaciuto e che non avresti più voluto farlo.»
Gli allacciai le braccia al collo. «Beh, possiamo sempre provare ancora e ancora e ancora, in fondo dobbiamo fare esperienza.» gli dissi maliziosamente.
David ridacchio. Mi baciò e mi abbracciò forte a sé. «Ti amo.» mi disse.
***
Non so se era perché ero andata a dormire troppo presto, o perché avevo passato tutto il pomeriggio a dormire, ma a un certo punto della notte aprii gli occhi e non riuscii più a chiudergli.
Mi alzai dal letto e guardai la sveglia sul comodino. Erano quasi le tre.
Uscii dalla stanza, intenzionata ad andare in cucina a bere un sorso d'acqua.
Appena arrivai nel corridoio sentii delle voci e mi bloccai, restando dietro la porta nascosta a origliare.
«Ragazzi, devo parlarvi della tutela di Daniele.» esordì Corrado.
Volevo sbirciare per vedere chi c'era ancora in cucina, ma non volevo che mi scoprissero, così restai ferma.
«Hai parlato col giudice?» chiese Simone.
«Sì, e pare non ci sia niente da fare. Posso prendere la tutela di Daniele solo se Simone non è più in grado di prendersi cura di lui e, attualmente, non si può dimostrare il contrario. Dopo il matrimonio sarà ancora peggio, perché ci sarà anche il sostegno economico di Beatrice.»
«Non c'è proprio niente che possiamo fare?» chiese Donato.
«Forse una soluzione c'è.»
«Sarebbe?»
«Possiamo rendere Daniele indipendente.»
«Cioè?»
«Dopo che avrà compiuto diciotto anni lo facciamo lavorare come assistente o come maestro alla scuola di danza, così avrà uno stipendio e il giudice potrà togliere la tutela a Simone.»
«Ma non è nemmeno diplomato.» gli disse Donato.
«Beh, poco importa, è l'unica soluzione a mio parere.»
«Non lo so...» Era ancora Donato a parlare, sembrava che la soluzione trovata da Corrado non gli piacesse molto. «Daniele è già abbastanza incontrollabile, se lo rendiamo anche economicamente indipendente sarà la fine.»
«Dovremmo rifletterci.» disse Simone.
Già. Era proprio una situazione intricata.
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