Coming out

Diciassette anni prima...

Donato era attacco alla sbarra posta al centro della sala e, insieme agli altri allievi, stava eseguendo l'esercizio che il padre gli aveva assegnato. Quel giorno Donato si sentiva particolarmente stanco, non aveva dormito bene perché Daniele, suo fratello minore, aveva pianto per tutta la notte a causa di forti dolori allo stomaco; la mattina era ovviamente andato a scuola e a metà giornata era già terribilmente stanco.

Sospirò mentre eseguiva il pordebras, cercando di concentrarsi il più possibile, anche se era abbastanza difficile non vagare con la mente.

Donato scese in pliè e si distrasse a fissare il compagno che era davanti a lui: Mirko. Per Donato, Mirko era uno degli allievi più bravi della scuola, più bravo anche di lui. Si rese conto di essersi distratto troppo quando se lo ritrovò di faccia, Mirko gli sorrise leggermente imbarazzato e Donato scattò, girandosi dall'altra parte. Con la coda dell'occhio, però, fissò – attraverso lo specchio – Mirko. Mirko era un bel ragazzo: alto, biondo, con gli occhi scuri e penetranti e un sorriso da togliere il fiato. Lo stesso sorriso che, in quel momento, Mirko stava rivolgendo a Donato.

«Donato!» urlò il padre del ragazzo per riprenderlo.

Donato sbatté le palpebre un paio di volte come se si stesse appena svegliando. Guardò il padre e aggrottò le sopracciglia, perplesso.

«Che cosa stai facendo?» gli chiese il padre puntandogli un dito contro.

Donato si guardò e solo allora si rese conto di essersi fermato dall'eseguire l'esercizio. Troppo distratto.

Stese meglio la schiena e iniziò a eseguire di nuovo l'esercizio. «Scusa» farfugliò. «Mi ero distratto.»

«Che cosa ti passa per la testa?» chiese il padre al figlio, ma Donato sapeva che quella era una di quelle domande retoriche che poneva il padre: una domanda che non ha bisogno di risposte. «Stendi le braccia e tira su quella testa» lo corresse, poi si avvicinò meglio a lui. Donato era tentato dal distogliere lo sguardo dal punto per guardare il padre, ma tentò di non distarsi. «Devi tagliarti questi capelli, sono troppo lunghi» lo rimproverò.

Donato non rispose, ma appena l'uomo si girò gli fece una smorfia, e quando si accorse che il padre lo stava fissando dallo specchio, fece finta di togliersi dal viso un insetto inesistente per camuffare quella smorfia.

Alle sue spalle, Mirko ridacchiò leggermente.

Quando il padre decise che poteva bastare, fece staccare tutti i suoi allievi dalla sbarra e li fece mettere in fila per due per provare le piroette.

I primi a eseguire i giri furono Simone e Alessandro; il maestro teneva il tempo battendo con le mani. «Simone, più veloce lo scatto della testa» urlò al figlio. «Su quella gamba, Alessandro.»

Fu la volta di Tania e Dalila, anche a loro il maestro trovò qualche difetto. Poi toccò a Mirko e Nicola.

«Bravo, Mirko, esatto... così» si complimentò il maestro con lui.

Anche Donato pensava che Mirko avesse eseguito le piroette in modo perfetto. Lo osservò mentre cercava di mantenere il sorriso sulle labbra per non mostrare lo sforzo, ma appena finì la sua diagonale ritornò serio, sospirò e si passò una mano tra i capelli dorati, alzò lo sguardo e incrociò quello di Donato. Donato spostò velocemente lo sguardo: era quasi il suo turno.

Guardò davanti a sé, sospirò e iniziò a eseguire i giri, ma perse lo slancio e si schiantò contro il suo compagno.

«Donato!» urlò il padre. «Ma che cavolo fai?»

Donato farfugliò un «mi dispiace», ma il padre non gliela fece passare.

«Fermi» disse ai ragazzi che stavano per partire con la loro diagonale. «Donato, rifalla.» Donato respirò profondamente e andò a posizionarsi di nuovo nell'angolo di partenza, sospirò ancora e iniziò a eseguire le piroette, ma anche stavolta si perse.

«Di nuovo» ordinò il padre.

Donato eseguì quella diagonale altre cinque volte.

«Ancora» gli disse il padre dopo la sesta volta.

Donato avrebbe voluto mettersi a piangere e implorare il padre affinché la smettesse di fargli ripetere quelle maledette piroette, ma si rimise comunque in posizione, sperando che quelle sarebbero state le ultime. Prima che partisse di nuovo, il padre gli disse: «Te le farò ripetere fino alla nausea se non le esegui bene.»

Quel pensiero fece tremare Donato leggermente, così si impose mentalmente di eseguire al meglio quella diagonale; quando suo padre si metteva una cosa in testa difficilmente desisteva.

Finalmente riuscì ad arrivare alla fine della diagonale senza correzioni e il padre non gliela fece più ripetere.

Espirò liberandosi dalla stanchezza quando si sedette sulla panchina dello spogliatoio maschile. Si tolse la canotta e si asciugò il sudore con l'asciugamano. Tirò la testa indietro e la appoggiò al muro, chiuse gli occhi. La testa gli doleva terribilmente, quella conclusione di giornata non ci voleva proprio. Era così stanco che decise di farsi la doccia per ultimo, non aveva voglia di fare in fretta per tornare a casa e finire i compiti.

Quando quasi tutti furono usciti, andò a farsi la doccia, c'era una sola persona che era rimasta nello spogliatoio con lui, ma Donato non ci fece caso. Si fece la doccia e poi uscì per cambiarsi. Uscì avvolto dall'asciugamano e lì, davanti a lui, trovò Mirko, con l'asciugamano in vita che si sfregava i capelli per asciugarli.

Mirko si girò a guardarlo e gli sorrise. «Tuo padre ti ha proprio spremuto come un limone oggi» gli disse.

Donato annuì. «Già» rispose. Come sempre. «Oggi non riuscivo a concentrarmi, ero troppo stanco, e poi quelle piroette mi creano sempre problemi, non riesco mai a capire dove sbaglio.»

«Se vuoi posso insegnarti il mio metodo.»

Donato sorrise raggiante.

«Davvero?» chiese.

«Certo.»

Mirko si infilò la maglia e i jeans. «Se ti va ci vediamo domani, un quarto d'ora prima della lezione.»

«Sì, magari, grazie» rispose.

Mirko gli sorrise. «Ciao Donà» lo salutò prima di andarsene.

Il giorno dopo, Donato arrivò alla scuola di danza mezz'ora prima e emozionatissimo. Come promesso, Mirko si presentò dopo un po' e lo aiutò a esercitarsi con i giri.

«Quello che sbagli,» disse Mirko, «è che a un certo punto è come se perdessi la bussola, devi cercare di non distarti, guarda un punto fisso e non staccare mai lo sguardo.»

Donato annuì.

«Dai, fammi vedere» lo spronò Mirko.

Donato fece la preparazione e poi iniziò con la diagonale. Mirko teneva il tempo schioccando le dita e urlando "scatto" per ricordargli di girare la testa. Dopo un paio di volte, e altrettante correzioni, Donato riuscì a eseguire la diagonale alla perfezione.

«Urrà, ce l'ho fatta!» esclamò andando ad abbracciare Mirko. Mirko ricambiò l'abbraccio di Donato e quando si staccarono Mirko gli accarezzò la guancia con il dorso della mano. «Sei un bravissimo ballerino.» gli disse.

Donato scosse la testa e arrossì imbarazzato. «No, è tutto merito tuo» rispose.

Mirko sorrise a Donato che ricambiò il suo sorriso, si fece più vicino con il volto e lo baciò dolcemente sulle labbra. Donato restò immobile, chiuse gli occhi e ricambiò il suo bacio, prima lentamente e poi sempre con più passione. Mirko gli prese la testa tra le mani e passò le dita tra i suoi capelli mossi, un brivido percorse la schiena di Donato quando sentì il contatto delle mani di Mirko sul suo corpo. Donato aprì le labbra lasciandosi andare un gemito e Mirko ne approfittò per infilargli la lingua in bocca e giocare con la sua. Mirko lo tirò più a sé, facendolo sbattere contro i suoi fianchi, Donato arrossì leggermente per quel contatto inaspettato e aprì gli occhi, ma solo un attimo per godersi la bellezza del volto di Mirko, poi li richiuse per assaporare meglio quel momento.

«Che succede qui dentro?» urlarono all'improvviso.

Mirko si staccò da Donato, il quale aprì gli occhi, trovandosi di fronte il padre.

«Pa...» riuscì solo a dire prima che il padre si scaraventasse su di lui mandandolo al tappeto con una sberla. Donato sbatté la testa sul parquet della sala da ballo. Quel colpo lo stordì e iniziò a vedere tutto nero. «Donato!» sentì gridare alle sue spalle.

«Sta' lontano da mio figlio!» sentì dire dalla severa voce del padre. E poi più niente.

***

Io e Donato eravamo seduti dietro la scrivania alla scuola di danza, e stavamo studiando insieme greco, il giorno dopo avrei avuto il compito in classe e non mi sentivo per niente preparata.

Donato aveva decisamente la testa da un'altra parte e questo di certo non mi aiutava a concentrarmi. I miei fratelli avevano ragione: Donato ultimamente era nervoso, intrattabile. L'idea di Simone e Corrado era che fosse innamorato di una ragazza, ma che non riuscisse a combinare niente con lei; in realtà i miei fratelli avevano azzardato anche l'ipotesi che la ragazza in questione potesse essere Chiara, la ragazza che veniva alla scuola di danza per aiutarci con le pulizie. Simone aveva sentito Donato e Chiara discutere e pensava che fosse lei la ragazza che attanagliava l'animo di nostro fratello, ma quando i miei fratelli l'avevano chiesto a Donato lui aveva reagito malissimo, dicendo che Chiara non c'entrava niente, che lui era solo molto stressato perché era un periodo difficile, e di certo noi non gli rendevamo le cose facili.

Donato fissava la mia versione di greco ormai da tantissimo tempo, con la mano sinistra si torturava la fronte e aveva l'espressione decisamente disgustata; dovevo aver sbagliato tutto.

«Allora?» chiesi facendolo sobbalzare.

«Allora che?» rispose senza staccare gli occhi dal foglio.

«Ho sbagliato tutto, vero?»

Donato si girò a guardarmi. «Ah?» Mi guardò perplesso come se non capisse cosa intendessi. Avrei voluto alzare gli occhi al cielo per sottolineare la mia esasperazione, ma mi trattenni: non sapevo come l'avrebbe potuta prendere. «Ah, la versione. Sì, sì, va bene» mi disse ritornando sulla Terra.

Mi porse il foglio e io lo guardai stranita. «Sei sicuro che va bene?» Di solito trovava sempre mille errori.

«Sì, va bene» rispose distrattamente, per poi ritornare ad armeggiare col PC.

Lo guardai truce, anche se non se ne accorse. «Se prendo un voto basso poi si incazza» farfugliai tra me e me.

«Come?» chiese.

«Niente, niente» mi affrettai a dire. «Parlavo da sola.»

Donato annuì, per niente sorpreso da quello che gli avevo appena detto.

Ritornai alla mia versione, Donato mi aveva sequestrato il cellulare – in realtà lo aveva sequestrato a tutti noi che eravamo in punizione per farci capire meglio il concetto – e io non potevo nemmeno controllare su internet se l'avevo fatta davvero bene.

Sbuffai.

Qualcuno bussò alla porta della scuola di danza e Donato aprì distrattamente. Dopo qualche secondo ci ritrovammo un ragazzo alto, che ci fissava dall'altra parte della scrivania.

«Ciao» ci disse.

«Salve» rispose Donato senza staccare gli occhi dal PC. «Mirko...» sussurrò quando finalmente alzò lo sguardo sul ragazzo che ci fissava sorridendo. «Che ci fai qui?»

«Sono passato per un saluto» rispose Mirko.

Mirko era decisamente un bel ragazzo, anzi, un bell'uomo, credo avesse più o meno l'età di Donato.

«Ciao.» Mirko si rivolse a me, poi mi porse la mano. «Piacere, sono Mirko» si presentò.

«Ciao» ricambiai porgendogli la mano, che strinse. «Martina. Sei un amico di Donato?»

Mirko ridacchiò leggermente abbassando la testa. «Sì, io e Donato siamo amici» rispose guardando meglio Donato, il quale deglutì e mi parve che la presenza di Mirko lo stesse mettendo in agitazione.

«Siete due gocce d'acqua, è incredibile» continuò Mirko spostando lo sguardo da me a Donato.

Sentivo, anche se avevo scambiato solo un paio di parole con quel ragazzo, che lui sapesse già molte cose di me, come il fatto che io e Donato eravamo fratelli, cosa che di certo non gli avevo detto io. Lui e Donato dovevano conoscersi da un po' di tempo, ma perché Donato non ne aveva mai fatto parola? Era la prima volta che sentivo nominare Mirko.

Donato fissava Mirko con lo sguardo che di solito riservava a me quando stava per mettermi in punizione, non avrei voluto essere nei suoi panni.

«Martina, per favore, lasciaci soli» mi disse Donato.

Annuii debolmente. «È stato un piacere.» Sorrisi a Mirko.

Mirko ricambiò il sorriso. «Anche per me» confermò facendomi l'occhiolino.

Mi allontanai lasciando soli Donato e Mirko. Restai però a origliare la loro conversazione, ma giusto qualche secondo per sentire Donato che chiedeva a Mirko cosa ci facesse lì e Mirko che rispondeva: «Devi dirglielo, se non lo fai tu lo faccio io.» Poi sentii dei passi e mi affrettai a togliermi da quella posizione, non volevo essere beccata di nuovo ad origliare, ero sicura che Donato non me l'avrebbe fatta passare liscia. Così, anche se la curiosità di sapere cosa volesse quel Mirko era tanta, andai nello spogliatoio a prepararmi per la lezione di danza moderna.

***

«E fatti più in là!» urlò Daniele a Francesco mentre eravamo seduti a tavola. Ci girammo tutti a guardare cosa stava accadendo: come al solito Daniele e Francesco bisticciavano per il poco spazio a tavola.

«Dove devo andare? È questo lo spazio che c'è» si lamentò Francesco.

«Più lontano da me, e protesti mangiare con i gomiti bassi? Non fai altro che tirarmi gomitate.»

«Io ti tiro gomitate? Ma se sei tu che mangi come un animale!»

«Ragazzi...»

«Animale ci sarai tu, coglione.»

«Ragazzi...»

«Coglione sei tu.»

«Ragazzi!» urlò Donato esasperato, dopo la terza volta che aveva provato a fermarli.

Daniele e Francesco sobbalzarono a quell'urlo.

«La volete finire sì o no?»

«Scusa» risposero in sincronia.

«Ha cominciato lui» sussurrò Francesco. Donato lo fulminò con lo sguardo e Francesco ritirò quello che aveva detto.

Guardai Donato: forse non aveva tutti i torti, non facevamo altro che esasperarlo, come poteva non essere nervoso?

«Va-va tutto bene?» mi venne spontaneo chiedergli.

Donato alzò lo sguardo su di me e mi osservò come se non si aspettasse quella domanda. Scosse la testa in segno di diniego. «No» disse. Deglutì. «Vi devo parlare.»

«Cos'è successo?» chiese Corrado.

Donato tirò un respiro profondo. «Nulla,» disse, «ho solo bisogno che voi mi ascoltiate in silenzio e senza interrompermi, perché è davvero importante.»

Posammo tutti la forchetta sul piatto, sembrava davvero che stesse iniziando un discorso serio.

«Okay, mi sto spaventando» ironizzò Daniele.

Donato ignorò il commento di Daniele e cominciò a parlare. «Oggi alla scuola di danza è venuto a trovarmi un amico: Mirko.»

Allora avevo capito bene, quel Mirko aveva in quel modo turbato Donato se ce ne stava parlando.

«Mirko?» chiese Simone. «Quel ragazzo che veniva alla nostra scuola di danza?»

Donato annuì. «Sì, lui.»

«Oh, è come mai è venuto? Mi ricordo che a un certo punto non venne più alla scuola di danza, dissero che si era trasferito, o una cosa del genere» continuò Simone.

«Non è esattamente così» spiegò Donato. «Il motivo per cui Mirko non è venuto più alla scuola di danza è perché papà lo cacciò.»

Restammo tutti in silenzio, senza chiedere: perché? Aspettavamo che fosse Donato a spiegarci il motivo.

Donato prese fiato e con difficoltà ricominciò a parlare. «Papà lo cacciò perché un giorno io e Mirko eravamo soli in sala e...» Donato strinse gli occhi e tirò un altro respiro profondo. «E ci beccò mentre ci baciavamo.»

Aprii la bocca per lo stupore, in realtà avevamo tutti la stessa espressione, mi sarei aspettata di sentire qualcosa di diverso.

Donato teneva gli occhi bassi, era evidente che non riusciva a guardarci negli occhi, quello che stava facendo era una cosa per cui ci voleva davvero un gran coraggio.

«E quando papà ci ha scoperti,» continuò con la voce che gli tremava, «picchiò me e cacciò Mirko. Per un po' io e Mirko non ci siamo visti né sentiti, poi quando morirono i nostri genitori è ritornato nella mia e da allora noi...» Donato si fermò, alzò gli occhi su di noi, poi si passò la lingua sulle labbra per inumidirle. «Ragazzi, quello che sto cercando di dirvi con estrema difficoltà è che io sono gay e sto con Mirko ormai da tantissimo tempo.»

Donato si fermò e chiuse gli occhi sospirando. Si era tolto un grande peso.

«Tutto qui?» chiese Andrea tagliando il silenzio.

Donato annuì. «Sì, è un problema per voi?»

Rispondemmo tutti negativamente. Per nessuno di noi era un problema se Donato era gay, personalmente non mi cambiava niente, era sempre il mio fratellone.

«Solo, non capisco... perché non ce l'hai detto prima?» chiese Simone.

Donato si grattò la fronte. «Io avevo paura che voi potesse reagire come...»

«Come papà?» lo anticipò Corrado.

Donato annuì. Nostro padre all'epoca non aveva preso per niente bene l'omosessualità di Donato, ma nostro padre era un uomo particolare, all'antica e molto tradizionalista.

«Vi prego dite qualcosa» disse Donato dopo qualche momento di silenzio.

«Donato, te l'abbiamo detto: per noi non c'è nessun problema, non cambia niente. Sei pur sempre nostro fratello» disse Francesco.

Francesco non avrebbe potuto usare parole migliori.

Donato sorrise, quasi commosso. «Grazie» disse.

«Adesso capisco perché ti sei arrabbiato tanto quando Corrado ha insinuato che ti piacesse Chiara» asserii io.

«A proposito, visto che non ti piace, ci provo io» scherzò Corrado.

Ridemmo tutti, compreso Donato, e la serata continuò tranquilla. Qualcosa era cambiato, ma eravamo sempre noi.



Eccoci qui, con il nuovo capitolo! 

Spero vi piaccia e vi faccio la stessa domanda che Donato ha fatto ai fratelli: è un problema per voi? Io assolutamente NON ho niente contro gli omosessuali/gay/lesbiche/bisex/trans etc, penso che l'amore sia bello in ogni forma, e voi? 

Un bacio a tutti, al prossimo capitolo! 

Mary <3 

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