Arrivi e partenze

Io e Lucia camminavamo per la strada, appena uscite da scuola. Lei, come tutti i giorni da un mese, veniva a prendermi fuori scuola e pranzavamo insieme, spesso veniva anche Mirko, ma quel giorno ci aveva lasciate sole perché aveva troppo lavoro da sbrigare.

«Allora, che ti va di fare oggi?» mi chiese sorridendomi allegramente.

Guardai l'ora e sbuffai. «Non lo so, mi sa che devo tornare a casa, devo studiare per un compito, un'interrogazione e una verifica, e devo andare alla scuola di danza.»

«Oh...» commentò Lucia abbassando la testa dispiaciuta. «Quindi niente pranzo insieme?» si affrettò a chiedermi.

Scossi la testa in segno di diniego. «Mi sa di no.»

«E se venissi a pranzo da te? Potremmo studiare insieme! Che ne pensi?»

Il suo viso si rallegrò improvvisamente all'idea di studiare insieme. Contagiata dalla sua gioia le sorrisi a mia volta. «Va bene,» acconsentì, «avvisa casa che mangi da me.»

Lucia batté insieme le mani saltellando, poi prese il suo cellulare e mandò un SMS veloce al padre.

«Ecco, fatto!» esclamò. «Tu non avvisi casa?»

«Oh, no, non serve. Saranno contenti di averti a pranzo da noi, mi chiedono sempre: "Quando inviti Lucia a mangiare da noi?"»

«Sul serio?» chiese lei arrossendo un po'. «E... chi è che chiede di preciso?»

La guardai sogghignando, Lucia aveva una piccolissima cotta per Andrea, ma non sapevo se darle speranze o no, Andrea era indecifrabile quando si trattava di ragazze.

«Un po' tutti...» le dissi guardando altrove e fingendo nonchalance.

Annuì senza aggiungere altro, mentre sul suo volto il colorito roseo si affievolì sempre di più.

Continuammo a camminare per raggiungere casa mia.

Appena arrivammo fuori la porta di casa, vidi Lucia titubare.

«Sei sicura che non do fastidio?»

«Ma dai!» le dissi e la presi per mano, trascinandola mentre aprivo la porta di casa.

«Sono a casa!» urlai quando misi piede nel salone. Mi tolsi la giacca e invitai Lucia a fare lo stesso, sistemai le nostre cose in un angolino in basso e poi mi diressi, con Lucia dietro di me, in cucina.

«Ciao!» dissi a Donato e a Corrado che stavano cucinando. «Lucia resta a pranzo da noi se non è un problema.»

«Oh, ciao!» ci disse Donato. «Nessun problema, spero ti piacciano le lenticchie.»

Lucia andò a salutare Donato e Corrado con un bacio, poi guardò le pentole. «Sì, sono perfette, grazie!»

La guardai di traverso, non serviva che mostrasse tutto quell'entusiasmo per la pasta e lenticchie.

«Dove sono i tuoi fratelli?» mi chiese Donato riferendosi a Francesco e a Daniele. «Non avranno mica marinato la scuola? Avevano un'interrogazione oggi.»

Alzai le spalle. «Non lo so, mi sembra di averli visti entrare stamattina.»

«Ti sembra?» si allarmò Donato. Prese il suo cellulare dalla tasca e iniziò a chiamare Daniele e Francesco.

Guardai Lucia e le feci cenno di andarcene dalla stanza, lei mi seguì senza dire niente. Andammo in camera mia.

Era la prima volta che Lucia veniva a casa mia e quindi anche la prima volta che veniva in camera mia.

Si guardò intorno, curiosa, scrutando tutto intorno a lei.

«Chi dorme qui?» disse indicando il letto di Daniele.

«Daniele» le risposi, poi le indicai il letto di Francesco e il mio. «Qui dorme Francesco e qui io.»

«E il resto?»

«Vieni, ti faccio vedere il resto della casa.»

La condussi prima nel bagno della nostra stanza, poi in camera di Donato e Simone e poi le feci vedere la camera di Giovanni, Corrado e Andrea.

Spalancai la porta della loro stanza senza bussare, credendo che non ci fosse nessuno, ma ci trovammo Andrea a torso nudo.

«Martina!» mi rimproverò Andrea arrossendo e coprendosi con la maglia.

Arrossii per l'imbarazzo, non di aver visto mio fratello a torso nudo, ma di averlo fatto sentire in imbarazzo di fronte a Lucia.

«Scusa, scusa!» gli dissi richiudendo la porta.

Guardai Lucia: era arrossita anche lei, ma a un certo punto sorrise fino a scoppiare a ridere e scoppiai a ridere a mia volta. Poi ci tappammo la bocca con le mani quando ci rendemmo conto che stavamo urlando troppo.

Proseguimmo il nostro tour fino a che non ritornammo in cucina, ridacchiando ancora.

«Cosa avete da ridere?» mi chiese Simone venendomi a dare un bacio sulla guancia e salutando anche Lucia.

In quell'esatto momento entrò Andrea nella stanza. Aveva messo una felpa grigia. Cercai di trattenermi dal ridere ancora. «N-nulla.» balbettai cercando di contenere le risate.

Andrea ci passò accanto e andò diritto da Donato. «Mangio fuori» gli disse.

«Va bene» rispose Donato mentre ancora armeggiava con il cellulare cercando di chiamare Francesco e Daniele.

Andrea si girò e ci guardò prima di andare via. Lucia si era intristita di colpo, probabilmente a sapere che Andrea non avrebbe pranzato con noi.

«La prossima volta, bussa» mi disse aspramente.

Rimasi un po' spiazzata da quella reazione, si era arrabbiato? Mi ritrovai ad assumere la stessa espressione di Lucia, mentre Simone ci guardava interrogativo.

Andrea andò ad aprire la porta di casa e si trovò Francesco e Daniele di faccia che, finalmente, erano tornati a casa.

Li sorpassò senza dire niente e uscì.

Appena furono dentro, Donato posò il telefono sul tavolo e gli andò incontro.

«Dove siete stati?»

«A scuola, che domande fai?» rispose Francesco.

«Martina è a casa da venti minuti, avete marinato la scuola?»

«No!» risposero in sincronia.

«Abbiamo orari diversi, lei va al terzo anno, noi al quinto» gli fece notare Daniele.

«Già e noi frequentiamo lo scientifico, o te lo sei dimenticato?» continuò Francesco.

«No, non l'ho dimenticato, così come non dimenticherò di farvela pagare se vengo a sapere che avete marinato la scuola.»

«Non abbiamo marinato la scuola» ripeté Francesco.

«Ah, sì? E allora come è andata la vostra interrogazione?»

«Quale interrogazione?»

«Quella di biologia che avevate oggi...» Il tono di Donato era cambiato, si stava arrabbiando, quei due non riuscivano a stare fermi senza combinare casini.

«Ah. Quella. Ma non era oggi, era...» Daniele guardò Francesco, probabilmente in cerca di aiuto. «Dopo domani.» concluse alla fine.

«Dopo domani?» ripeté Donato alzando un sopracciglio.

«Sì.»

Donato si avvicinò minaccioso ai miei fratelli, i quali indietreggiarono in sincronia di un passo. «Se io...» cominciò.

«È pronto!» annunciò Corrado interrompendo il discorso di Donato.

Donato fu sorpreso, quasi come si fosse dimenticato di essere circondato da persone che lo stavano osservando. Guardò Lucia, che aveva assistito a tutta la scena con il fiato sospeso, e arrossì leggermente.

«Finalmente!» esclamai io conducendo Lucia a tavola e facendola sedere accanto a me.

Dietro di me sentii Donato bisbigliare qualcosa a Daniele e a Francesco che si sedettero a tavola guardandosi l'un l'altro preoccupati: era evidente che ne avevano combinate un'altra delle loro.

Mangiammo tranquillamente, senza drammi, e vidi Lucia sentirsi a proprio agio tra i miei fratelli.

Quando finimmo di mangiare andammo in camera mia per studiare, ci sedemmo alla scrivania e iniziammo a fare i compiti per il giorno dopo. Io avevo assolutamente bisogno di studiare bene per l'interrogazione di Storia, ho sempre odiato la storia e ogni volta che dovevo essere interrogata mi preoccupavo tantissimo, avevo sempre paura di dimenticare qualcosa di fondamentale. In particolare non ero molto brava con le date e i nomi.

Mentre studiavamo mi arrivò una chiamata sul cellulare: era David.

«Ehi?» risposi.

«Che fai?»

Guardai Lucia e le sorrisi. «Sono con Lucia, stiamo studiando.»

«Oh, allora non vi disturbo, ci vediamo dopo alla scuola di danza?»

«Sì, a dopo.»

«Ti amo.»

Arrossii. «Ti amo anch'io.» sussurrai.

Riagganciai.

Lucia mi guardava con gli occhi a cuoricino. Arrossii di nuovo.

«Che c'è?» le chiesi.

«Siete dolcissimi» mi disse ridacchiando un po'.

«Grazie» le risposi.

«Va tutto bene quindi tra voi?»

«Più o meno, ha parlato con i suoi genitori, gli ha detto di noi, loro hanno detto che lo lasceranno qui solo se i suoi voti a scuola miglioreranno.»

«Beh, è positiva la cosa, no?» mi fece notare.

«Sì, penso di sì.»

Tutto sommato la richiesta dei genitori di David era più che comprensibile, David andava malissimo a scuola da quando i genitori lo avevano lasciato vivere da solo. Doveva solo sforzarsi di prendere qualche sufficienza e sarebbe rimasto con me.

Continuammo a studiare e, anche se non avevo ancora studiato per la verifica di Italiano, dovetti lasciare tutto per prepararmi e andare alla scuola di danza. Io e Lucia fummo costrette a salutarci anche perché Daniele e Francesco entrarono prepotentemente nella stanza per cambiarsi. D'altronde, era anche la loro stanza.

Accompagnai Lucia alla porta e poi mi andai a preparare per andare alla scuola di danza.

***

Dopo la lezione di Simone, nel corridoio che portava allo spogliatoio femminile, David mi fermò.

Mi afferrò per una mano costringendomi a girarmi.

«Ehi» mi disse accarezzando piano la mia guancia.

«Ehi» risposi arrossendo un po'.

David si avvicinò meglio guardandosi attorno. Mi sfiorò il naso con la fronte e poi alzò la testa per baciarmi.

«Mi manchi» mi disse sussurrando.

«Anche tu» ammisi.

Mi baciò ancora, ma tenendomi ferma la testa. «Mi manca fare l'amore con te» bisbigliò al mio orecchio mentre mi baciava il collo.

Ebbi un fremito, in particolare al basso ventre. «David...» bisbigliai staccandolo leggermente da me, se avesse continuato così non saremmo riusciti a trattenerci, e non potevamo certo farlo lì in mezzo.

Lo presi per il polso e lo trascinai in un posto in cui sapevo che nessuno ci avrebbe disturbato.

David rise quando entrammo nel ripostiglio. Non era il massimo, ma almeno non ci avrebbero visto.

Mi fece indietreggiare fino a sbattere contro il muro, mi mise le mani sui fianchi e iniziò a baciarmi più appassionatamente. Mi mise le mani sotto la maglietta alla ricerca del mio seno, gemetti quando lo prese tra le sue mani. Era tantissimo tempo, troppo tempo, che non sentivo il contatto delle sue mani sulla mia pelle, non facevamo l'amore da quasi un mese.

David continuò a toccarmi il seno e a baciarmi ovunque, e io stavo impazzendo: volevo fare l'amore con lui.

Gli avvinghiai le gambe ai fianchi, sentendo la sua erezione e il suo respiro affannato non riuscii davvero più a trattenermi e lasciai che mi togliesse la maglietta; feci lo stesso con la sua. Le sue mani scesero fino ad arrivare al mio inguine, non vedevo l'ora che mi toccasse proprio lì.

Sentimmo un rumore fuori la porta che ci fece sobbalzare. Ci fermammo un attimo per sentire cosa stava succedendo e appena sentii la voce di Donato rabbrividii e mi staccai completamente da David.

Cercai la maglia e la rimisi.

«Che stai facendo?» mi chiese David.

«Non ce la faccio,» gli confessai, «non posso sapendo che ci sono i miei fratelli dall'altra parte della porta.»

Tutta la voglia che avevo era scomparsa lasciando il posto alla paura di essere scoperti.

David sospirò, affranto.

«Non riusciamo a ritagliarci un momento da soli da un po' di tempo.»

«Lo so» dissi abbassando la testa.

David restò in silenzio quasi come se stesse riflettendo, poi a un certo punto alzò la testa come se gli fosse venuta in mente un'idea geniale.

«Ilian è partito stamattina e i miei genitori saranno fuori per il weekend, perché non resti a dormire da me sabato?»

«A dormire da te?»

Non mi avrebbero mai dato il permesso.

David annuì.

«Non lo so, io...»

«Puoi dirgli che vai a dormire da Lucia» propose.

Certo, non era male come idea, di sicuro avrebbero detto più facilmente di sì, ma la cosa difficile era fargli credere che davvero andassi a dormire da lei.

«Dai...» sussurrò avvicinandosi a me e baciandomi sulla bocca.

«Va bene» dissi sospirando e cercando di trovare la forza per non ricadere nella passione di poco prima. «Ci proverò» promisi.

***

Quella sera, a tavola, ero molto tesa e in ansia, non sapevo come affrontare il discorso, non mi andava di dirlo così all'improvviso, perciò aspettavo che i miei fratelli parlassero di qualcosa inerente a Lucia per potermi inserire con nonchalance.

E infatti, ero lì lì per farcela quando Corrado mise in mezzo l'argomento.

«Devi invitare più spesso Lucia a pranzo da noi» disse.

Sorrisi a Corrado, pronta a dire che in realtà era stata lei a invitarmi.

Aprii la bocca, ma fui preceduta da Andrea. «Sì, ma la prossima volta evita di farmi fare certe figure di merda» disse acido.

Lo guardai tentando di reprimere una risata.

«Che figura di merda?» chiese Donato.

«Sono entrate mentre mi stavo cambiando, ero praticamente mezzo nudo» disse a mezza bocca Andrea.

«Ma dai!» esclamai scoppiando a ridere. «Non ha visto niente.»

«Dovevi bussare» continuò Andrea, sempre più alterato.

Non capivo perché se la stesse prendendo tanto, in fondo non era successo niente di che e gli avevo anche già chiesto scusa.

«Lo so, hai ragione, ma pensavo non ci fosse nessuno in camera. Corrado era in cucina, Giovanni è in America e io pensavo che... »

«Ah, certo, perché io non sono nessuno! »

«Non ho detto questo. »

«Andrea, la stai facendo più grande di quello che è » lo rimproverò Simone.

«Sto anche esagerando, adesso? Non posso chiudermi a chiave quando mi cambio e devo anche sopportare che entriate in camera mia senza bussare. »

«Non l'ho fatto a posta. Scusa. » gli dissi sentendomi terribilmente in colpa, non avevo capito che ci fosse rimasto così male.

Andrea mi guardò per un attimo. «Lasciamo stare. » disse.

«Scusa» ripetei ancora.

Restammo per un po' in silenzio, e io avevo perso tutto il coraggio di chiedere a loro il permesso per andare a dormire da Lucia.

Il silenzio fu interrotto dal campanello di casa.

Ci guardammo tutti perplessi, chi è che bussava a quell'ora?

Donato si alzò da tavola e andò ad aprire.

«Che ci fai tu qui? » disse a chi era dall'altra parte della porta.

Ci girammo tutti verso Donato e dopo poco vedemmo anche lui: Giovanni.


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