Addio...?

David era seduto sullo sgabello accanto al bancone della cucina. Gli avevamo dato un plaid per coprirsi dal freddo, l'avevamo fatto asciugare dalla pioggia, ma non smetteva di tremare. Era evidente che non era freddo quello che sentiva, ma tanta paura.

Dopo essersi ripreso dal pianto isterico, era riuscito a dirci che i genitori avevano deciso di portarlo con loro in Russia, era ormai finito il periodo di vacanze che si erano presi dal lavoro in Russia e, siccome David non aveva tenuto fede alla promessa di migliorare a scuola, non vedevano altra soluzione che portarlo con loro.

Mia sorella ovviamente l'aveva presa malissimo, quando David aveva raccontato tutto si era bloccata a bocca aperta in mezzo alla stanza e, mentre Donato e gli altri si prendevano cura di David, io e Lucia l'avevamo fatta sedere sul divano e avevamo provato a farla parlare, ma non c'era stato verso.

L'unica cosa che era riuscita a dire era stata: è finita.

Come darle torto? Non stavamo parlando di un periodo di vacanza, stavamo parlando di un trasferimento a chilometri di distanza, senza sapere per quanto tempo sarebbe durato. Dio solo sapeva cosa sarebbe accaduto dopo quella bomba che era esplosa sulle nostre teste, la voglia di fuggire da quel casino e ritornarmene in America mi sfiorò.

«E poi sono scappato dalla finestra» disse David proseguendo il suo racconto.

«Dalla finestra?» urlò Daniele.

«Sì, dalla finestra, non so neppure se si sono resi conto che sono scappato» confermò David. «Posso dormire qui?»

Mirko non ci rifletté nemmeno per un secondo. «Cer...»

«No. David, devi tornare a casa» disse Donato interrompendo il suo fidanzato.

Tutti noi ci girammo a guardarlo interrogativo.

David scosse la testa. «No,» disse con la voce strozzata dal pianto che stava per ritornare, «non posso» singhiozzò. «Non ci voglio andare in Russia, la scuola di danza è terribile, è tutto orribile lì, e io non...»

«David, ascoltami» disse Donato avvicinandosi a lui e prendendogli i polsi per zittirlo. «Lo so che sei spaventato, ma avevi fatto un patto con loro.»

«Lo so, ma...»

«E so anche com'è avere un padre come il tuo e, credimi, la tua fuga non farà altro che peggiorare le cose.»

Donato alzò gli occhi su di me e sentii che quella frase era anche una frecciatina nei miei confronti, per essere scappato di casa.

«Adesso devi solo raccogliere il coraggio e tornare a casa, sperando che non sappiamo che sei fuggito.»

David deglutì. «Non ne ho il coraggio, non da solo. Ti prego, vieni con me, parlaci tu, ti prego. Ti supplico, Donato» piagnucolò David.

«Se hanno già deciso non sarò certo io a fargli cambiare idea.»

«Però... puoi-puoi provarci...»

Donato sospirò, poi ci guardò tutti, anche Martina che ancora in silenzio fissava il vuoto. Restò a guardarla per un po', se eravamo tutti così sconvolti in quel momento era solo perché eravamo tanto preoccupati per lei.

«D'accordo» disse alla fine Donato a David.

***

Parcheggiai la macchina di fronte casa di David e la spensi, tirai il freno a mano e poi mi girai a guardare David.

«Okay, adesso ascoltami» gli dissi. «Tu rientra dalla finestra e io nel frattempo busso alla porta d'ingresso.»

«E cosa gli dirai?» mi chiese lui preoccupato.

Non ci avevo ancora pensato. «Mi inventerò qualcosa» dissi.

David annuì, anche se non sembrava essere molto convinto del mio piano.

Lasciai che scendesse dalla macchina, aspettai qualche minuto e poi andai a bussare alla porta di casa sua.

Sospirai in attesa che mi venissero ad aprire.

«Donato?» chiese, aggrottando la fronte, il padre di David quando mi vide.

«Alexander, posso entrare un attimo? Ho bisogno di parlarvi.»

Alexander mi fece segno di entrare e quando fui dentro anche Katerina sembrò sconvolta dal vedermi lì.

«Cosa è successo?» chiesi fingendo di non sapere niente. «Martina ha ricevuto una chiamata da David e da allora ha smesso di parlare. È sconvolta. Va tutto bene?»

Alexander e Katerina si guardarono per un attimo, indecisi sul da farsi.

«Domani torniamo in Russia e portiamo David con noi» disse Alexander.

Allargai la bocca per lo stupore, cercando di essere il più convincente possibile. Sembrava, dal loro atteggiamento, che non si fossero accorti della fuga di David.

«Ah» commentai. «E come mai?»

Katerina sospirò scuotendo la testa un paio di volte. «Il rendimento scolastico di David è peggiorato tantissimo, rischia di perdere l'anno e io e mio marito non posso più seguirlo; Ilian ha da fare le sue cose e non ci resta altro da fare che portarlo con noi in Russia» disse.

«Non ci può essere un'altra soluzione?»

«No, non c'è. A noi dispiace fargli lasciare la scuola qui in Italia, la vostra scuola di danza... ma non troviamo alternative. Gli avevamo dato del tempo per farci ricredere, ma non ha mantenuto la promessa. Credo che tu capisca» mi disse ancora Katerina.

Sì, certo che capivo. Anche io mi sarei comportato nello stesso modo se uno dei miei fratelli si fosse comportato come aveva fatto David. Tuttavia, come potevo non provare almeno a fargli cambiare idea? Ciò che mi più mi interessava era quanto Martina ci avrebbe sofferto.

"Non vuoi sentire che tra due mesi David andrà in Russia e io ci soffrirò e tu lo sai bene." Quella frase mi rimbombava nella mente, così come l'immagine di mia sorella seduta sul divano con l'espressione persa nel vuoto.

«Se per voi va bene, posso riprendere David con me, non è un problema» provai a dire.

Alexander e Katerina si guardarono, complici. «Non mi sembra il caso» disse Alexander.

«Perché?»

«È vero che è negli ultimi mesi che David sta andando male a scuola, ma è da più tempo che il suo rendimento scolastico è peggiorato.»

Iniziai a capire dove volevano arrivare, ma volevo che fossero loro a dirmelo.

«Che cosa significa?»

«Noi non vogliamo accusare nessuno, l'amore è sempre una cosa bella, però a volte...»

«State dicendo che è colpa della relazione con mia sorella se David va male a scuola?» non riuscii a non alzare il tono di voce: mi stavo innervosendo.

«No, no, assolutamente. Crediamo, però, che David si sia lasciato distrarre.»

«Distrarre?» ripetei, poi buttai fuori l'aria dal naso: dovevo mantenere la calma. «Mia sorella non si è fatta distrarre invece, va benissimo a scuola nonostante la sua relazione con David.»

«Ogni persona è diversa, Donato» mi disse con calma Alexander. «E David si è fatto distrarre troppo.»

Ancora quella maledetta parola?

«Quindi è così? Pensate che portando David in Russia e allontanandolo da Martina andrà tutto bene?»

«Non possiamo non provare.»

Contenti loro. Io pensavo, invece, conoscendo benissimo David, che si sarebbe ribellato e avrebbe fatto peggio di come stava già facendo.

«Bene, allora sarà meglio che io vada» dissi.

«Donato, non la prendere come un'offesa.»

«No, certo che no.»

Figuriamoci se ritenevo quello che mi avevano detto un'offesa, ne avevo subite di peggio e di certo non mi sarei fatto offendere da loro. L'unica cosa che in quel momento mi premeva era trovare il modo di dire a Martina che non c'era nulla da fare, che non ero riuscito a far restare David in Italia.

***

Eravamo arrivati all'aeroporto tutti insieme, sembrava quasi che stessimo accompagnando David al patibolo, non a prendere un aereo per la Russia. Donato non era riuscito a fare niente, non era riuscito a far cambiare idea ai genitori di David.

Mi aggiustai gli occhiali sul naso e guardai i miei fratelli che salutavano a uno a uno David.

Daniele aveva gli occhi lucidi, si stava trattenendo dal piangere, ma era evidente che avrebbe voluto farlo: lui e David erano grandi amici, quasi fratelli, in realtà David era un fratello per tutti noi. Non solo per il fatto di aver vissuto con noi, ma anche perché l'avevamo visto crescere, e quando avevamo scoperto che stava insieme a nostra sorella era stato strano, certo, ma lo avevamo accettato soprattutto perché era David.

David aveva un carattere scostante, sembrava quasi che non gliene fregasse niente di nessuno, in realtà era un ragazzo d'oro, il ragazzo perfetto, e papà lo avrebbe adorato. Lo avrebbe adorato perché non era per niente simile a Ilian, Ilian rispondeva male e basta; David, invece, ti sapeva tenere testa e papà l'avrebbe adorato per questo.

Sbuffai quando vidi sul volto di Andrea scendere una lacrima mentre abbracciava David, non volevo fare la stessa fine anch'io, avevo sperato in un saluto più scherzoso e divertente, ma era diventato peggio dell'addio a Giovanni.

Era arrivato il mio turno. Sorrisi a David e lui sembrò quasi sollevato che non stessi piangendo, lo abbracciai forte e lui sospirò nel mio collo stringendomi a sua volta.

«Buon viaggio, amico» gli dissi. «Appena atterri ci devi chiamare e devi chiamare ogni giorno, su Skype ogni volta che ne hai la possibilità.»

David annuì, poi deglutì. «Va bene» disse.

Lo lasciai andare.

Era arrivato il momento di salutare mia sorella.

Li guardammo con il fiato sospeso, poi distogliemmo lo sguardo per lasciarli un po' di privacy.

Con la coda dell'occhio riuscii a vedere un lungo bacio appassionato, poi un abbraccio e per entrambi fu impossibile non scoppiare a piangere.

Voltai lo sguardo verso Corrado per non piangere e lui mi accarezzò la schiena come a consolarmi.

I loro saluti furono interrotti dalla madre di David che gli ricordava che l'aereo stava per partire.

David ci salutò di nuovo con un "Ciao" e poi lo vedemmo sparire.

Martina era distrutta, aveva gli occhi gonfi e respirava a scatti. Ci guardammo indecisi sul da farsi, poi Andrea la prese sulla schiena e lei si fece portare così fino alla macchina. 


Ciao a tutti!

Scusate il ritardo! Allora come vedete il capitolo non è raccontato da Martina ma da (nell'ordine) Giovanni, Donato e Francesco. Che ve ne pare? Come al solito aspetto i vostri commenti.

Ultima cosa: io ho davvero tante idee per il libro, ma vedo che siamo già arrivati a 64 parti quindi pensavo, che ne dite di concluderlo qui e fare tipo il secondo? Oppure secondo voi è meglio continuare sempre qui? Voi che fareste? Fatemi sapere, ci tengo sempre alla vostra opinione.

Al prossimo giovedì,

Mary <3

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