7. Imprisoned

Nei giorni a seguire Steve continuò con le sue missioni 'suicide', o almeno così avevo cominciato a chiamarle. Grazie a Howard che mi informava di ogni suo passo, potei essergli sempre al suo fianco senza farmi notare. In quel modo potevo prendere due piccioni con una fava: tener d'occhio il Capitano come promesso a papà e recepire informazioni riguardanti l'Hydra in modo da poterla sterminare.

Quel giorno l'obiettivo era quello di assalire un treno blindato della famigerata organizzazione terroristica, e così seguii Rogers e la sua squadra.

Con la mappa impressa nella testa, mi nascosi tra le montagne innevate dal quale riuscivo a osservare il binario del treno. Ero certa passasse di lì, ogni mia mossa era precisamente calcolata finalizzando i miei scopi.

Il countdown continuava e i miei occhi erano fissi su quelle rotaie di ferro, con il vento che mi sferzava in faccia scompigliandomi i capelli. Si respirava aria di neve e mare.

Ero sempre rimasta incantata dalla forza della natura: così semplice e infinita, pura. L'inverno era la mia stagione preferita: ero costantemente controcorrente. Nonostante la gente mi ritenesse strana o praticamente fuori di testa, a me non importava. Sapevo distinguermi e per me questo contava molto. Amavo l'inverno, amavo tuffarmi nell'alta e soffice bianca neve, oppure avvolgermi in un cappotto caldo con la sciarpa che mi copre il volto fin sopra al naso, l'aria fresca e pulita, il Natale passato in famiglia tra buoni manicaretti e cioccolate calde.

Ma ora che sono rimasta sola, cosa ne resterà di tutto ciò?

Lo sferragliare del treno in lontananza mi ridestò dai pensieri e, dapprima accovacciata, mi misi subito sull'attenti, pronta a lanciarmi sulla tettoia.

Contai alla rovescia gli ultimi secondi "3...2...1" e mi tuffai.

Quei pochi centimetri di neve posatasi sulla locomotiva attutirono la caduta ammortizzando il suono.

Camminai in bilico nel tentativo di non perdere l'equilibrio e raggiunsi la cabina di guida a me più vicina. Prima di entrare, constatai essere il vagone in cui Steve e Bucky stavano combattendo contro due omoni armati fino ai denti.

Con le spalle alla parete laterale alla porta, sbirciai di tanto in tanto oltre la punta del mio naso per non farmi notare. Più volte dovetti scansare un attacco diretto verso me fin quando la porta non venne scaraventata all'aria e la mia copertura saltata.

Ero ugualmente irriconoscibile, coperta di tutto punto, e così mi decisi a entrare. Colsi di sorpresa uno di loro alle spalle e, sfilando il coltello dalla tasca laterale del pantalone, gli tagliai la gola lasciandolo morente al suolo.

- Dietro di te! - mi urlò Steve.

- Questo non l'avevo proprio visto né sentito arrivare - mormorai tra me e me e, abbassandomi, scansai un suo colpo di pistola che purtroppo andò a colpire uno sportello laterale al treno causandone la sua distruzione.

L'aria, con l'alta velocità a cui andavamo, sferzò all'interno portando fuori con se ogni cosa presente sul vagone, perfino... Bucky.

Dovetti mantenere il sangue freddo per non far diventare ogni sforzo vano, per non far saltare all'aria ogni cosa e per potermi difendere.

Per mia sfortuna, nonostante ciò che il siero era riuscito a fare con me, rimasi ugualmente non molto pratica nel combattimento corpo a corpo. Ero in svantaggio, ma dalla mia parte avevo la forza e l'adrenalina. E anche l'incapacità del tipo di fronte a me. Farlo fuori non fu poi così difficile e, proprio quando mi girai sperando che Steve avesse salvato James, vidi il mio vecchio amico perdere la presa al tubo che lo teneva letteralmente in vita e cadere giù dal precipizio.

Trattenere un urlo fu difficile, ancor di più le lacrime. Non ci pensai due volte e, guardando un'ultima volta Steve, - pur sapendo che non mi avrebbe riconosciuta - mi tuffai dal treno senza perdere di vista il punto di caduta di Bucky.

Lo ritrovai pochi metri più in là di quanto previsto, senza un braccio e con una ferita sanguinante alla testa.

Potranno anche considerarmi folle e diversa da tutti quanti, ma amavo l'inverno e la neve che, alta com'era, riuscì ad attutire - anche se di poco - la caduta di James.

Mi affrettai a strapparmi un pezzo di stoffa della maglia per stringerlo attorno al braccio come laccio emostatico e rallentare la fuoriuscita del sangue. Con un altro panno tamponai attentamente la ferita sulla fronte poi, portandomi il suo braccio sano attorno alla spalla, lo sollevai di peso e lo portai al sicuro.

Ma come può mai essere sicuro un posto simile, disperso nella foresta tra animali selvatici e... ancora attentatori.

Riuscivo a sentirli: udivo i loro passi felpati, i loro respiri ansimanti, le dita pronte a premere il grilletto di quelle dannate armi distruttive. Era impossibile contrastarli, da sola contro chissà quanti.

L'attacco arrivò quasi inaspettato, colpendomi con il rinculo della pistola dietro alla testa, riuscendo a farmi perdere i sensi.

Non seppi dopo quanto ripresi conoscenza, e fu altrettanto difficile identificare il luogo in cui mi trovavo. Era tutto distorto, buio, illuminato da una sola lucina esterna a quella che doveva essere una cella. Poco alla volta i ricordi tornarono portandomi alla luce il pensiero di Bucky.

Girai la testa di scatto provocandomi un ulteriore giramento che ignorai e, preoccupata, continuai a tastarmi attorno alla ricerca del corpo del mio compagno. Ricerca che non portò a nulla di buono.

Ero stranamente all'estremo delle mie forze, avevo visto troppo e perso tutto in giro di poco tempo. Una serie di domande mi affollava la mente: "dove mi trovo? Dov'è Bucky? E Steve? Che fine avrà fatto? Che fine farò io? Come faccio ad uscire di qui?"

Domande che non fecero altro che alimentare il forte mal di testa provocato dalla botta avuta chissà quanto tempo prima.

Udii dei passi pesanti ma sicuri procedere verso l'ingresso del cubo in cui mi trovavo, una stanza grigia che mi era difficile descrivere per via della scarsa luminosità.

Sentii delle catene essere aperte e cadere al suolo, un 'tic' costante di qualche aggeggio elettronico che monitorava chissà cosa.

La porta si spalancò con un gran stridio e quello che doveva essere l'ennesimo soldato sovietico con cui avevo a che fare, si piazzò di fronte a me con un sorriso malefico.

- Ben svegliata, miss Erskine.

- Come fai a sapere chi sono? - biascicai tra i denti.

Si chinò verso me e disse:

- Noi sappiamo tutto.

- Dove mi trovo? Cosa mi avete fatto? Dov'è Bucky?

- Una domanda alla volta, prigioniera - sottolineò l'ultima parola con quel dannato accento russo.

- Ti trovi nel Dipartimento X. Non ti abbiamo fatto nulla, per ora. Per quanto riguarda il tuo caro amico Bucky è al sicuro.

- In mani vostre niente è sicuro. Cosa gli state facendo? - dissi a denti stretti per la rabbia.

- Cambierai idea, come anche lui. Sappiamo chi sei, o meglio, cosa sei. Sappiamo chi era tuo padre e cos'ha fatto a Capitan America. In qualità di figlia del grande scienziato saprai senza dubbio duplicare il siero, non è così?

- No, non so farlo - mentii - ma in qualsiasi caso non otterrete nulla da me.

- Vedremo - ancora quel maledetto ghigno dipinse il suo volto.

- Siete troppo fiduciosi, Steve Rogers vi troverà e...

- Lo sei anche tu. - mi interruppe - In ogni caso: tagli una testa, spuntano due, ricordatelo - si raddrizzò e con lo sguardo fiero, dritto verso un punto davanti a se pronunciò "Hail Hydra" ed andò via lasciandomi sola al buio con ancor più domande e preoccupazioni.

Mi appoggiai al muro portandomi le ginocchia al petto e, con la testa china su di esse, pensai che mai più sarei uscita da lì dentro, mai più avrei rivisto Steve e non sarei riuscita a salvare Bucky. Ero un fallimento totale, incapace di far nulla nonostante fossi un super soldato. Ogni promessa fatta andava tristemente in frantumi.

Respirai a fatica tra un singhiozzo e l'altro.

Cercai di ripetermi più volte di non arrendermi, ma di lottare e non lasciarmi sconfiggere.

Con il dorso della mano pulii le ultime lacrime che mi rigarono il volto e con uno sguardo che avrebbe fatto paura anche al re della giungla, in quella cella dimenticata dal mondo, mi ripromisi di combattere e andare avanti, per la patria e per mio padre.



Nota Autrice

Hi guys :c
Perdonate se ci ho messo tanto a pubblicare ma sono stata davvero molto impegnata, cerco di fare il possibile ma ecco il risultato: un capitolo de m***a.
E' mai possibile che non riesco a essere soddisfatta di ogni singolo capitolo che scrivo? Uff. Tutto mi sembra così... ridicolo. Ma giuro che la storia nella mia testa è figa eh! Ahahaha
In ogni caso mi fa piacere ricevere vostri pareri o critiche costruttive, mi aiuterebbero davvero tanto.

AH! Ho cambiato la copertina, avete notato? Com'è? Vi piace oppure preferivate l'altra?
Eddaai, fatemi sentire piccoli lettori silenziosi! ç_ç

Vi aspetto alla prossima per un altro capitolo (si spera migliore ahah) ciau <3

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