6.

Daphne Greene aveva visto il Dipartimento di Polizia solo attraverso lo schermo della televisione e avrebbe voluto che così rimanesse. Soprattutto in una circostanza come quella. Si guardava attorno e non riusciva ad essere presente col cervello. Era come se il suo corpo fosse lì, ma osservava la scena dall'esterno.

Una ragazza era appena morta davanti ai loro occhi e l'unica cosa che riusciva a pensare era che avrebbe voluto dimenticarlo. Avrebbe voluto non essere mai passata di lì.

Seduto accanto a lei, Aaron la stava guardando di sottecchi, distratto soltanto da qualche poliziotto che entrava o usciva dalla centrale o dal suono metallico delle voci alla radio.

Haylee era stata la prima ad essere portata nella stanza degli interrogatori. Noah era rimasto fermo lì, oltre le porte a vetri che vietavano l'accesso a chiunque non fosse nella polizia o un avvocato. Era ironico, no? Mettere in mezzo la sua figura legale, comunque, non sarebbe stata una scelta saggia.

"Sapevi che aveva un fratello nella polizia?" Domandò Aaron a Daphne. Il suo intento era quello di distrarla ma era anche curioso: avere conoscenze alla polizia, per un avvocato, avrebbe potuto risultare comodo.

Daphne si limitò ad annuire. "So della sua esistenza ma so anche che non si parlano da anni."

"Come mai?"

Daphne si strinse nelle spalle: sapeva la storia ma non era di certo dell'umore per raccontarla. In più, nonostante la situazione scomoda, Aaron era l'ultima persona con la quale voleva parlare.

Haylee uscì qualche minuto dopo seguita da suo fratello Zach, il quale le aveva appoggiato la giacca a vento della polizia sulle spalle.

"Signorina Greene?"

Daphne sentì un tuffo al cuore – come quando ti interpellano in classe e devi parlare davanti a tutti ma molto, molto peggio.

Daphne si ripulì meccanicamente il tessuto del pantalone che non necessitava di essere pulito e superò Haylee – dopo aver condiviso con l'amica un'occhiata incoraggiante –, per seguire Zach oltre le porte a vetri.

Haylee si sedette al posto di Daphne, accanto ad Aaron. Noah la seguì quasi meccanicamente: Noah si sentiva come una falena attorno ad una lampada, quando era con lei.

Quando Noah si sedette accanto a lei, Haylee stava cercando invano di ripulirsi le ginocchia nude sporche di terra: la collisione col prato bagnato le aveva strappato i collant; così, le sue ginocchia erano adesso tutte sporche di fanghiglia nera.

"Sembra che non venga via..." Disse, sovrappensiero.

Noah prese un paio di salviette umidificate che stavano sulle gambe della ragazza e si inginocchiò davanti a lei, in un gesto che le fece avvampare le guance e battere talmente tanto forte il cuore che si ritrovò costretta a distogliere lo sguardo.

Haylee esitò sulle sue ciglia piegate verso il basso e sul disegno folto delle sue sopracciglia appena più scure dei suoi capelli, corrucciate in un'espressione concentrata. Le sue mani, grandi e con le dita lunghe, ripulirono con cura la pelle liscia delle ginocchia infreddolite di Haylee e lo fecero con così tanta attenzione e delicatezza che lei a malapena riuscì a sentire le sue mani addosso.

Intanto, Aaron osservava la scena con occhi stralunati: che Noah avesse un debole per quella Haylee, era piuttosto evidente. Ciò che non gli andava giù era come fosse possibile ridursi ad uno stupido pezzo di argilla che lei avrebbe potuto modellare con le sue stesse mani, per una ragazza ai suoi occhi così suscettibile e viziata.

"G-grazie..." Balbettò Haylee.

Noah rispose con una scrollata di spalle e tornò in piedi quando ebbe finito. Aprì poi la bocca per rispondere ma venne interrotto dalla voce di Steven che si era stranamente precipitato alla stazione di polizia.

Come se gli importasse davvero, pensò Haylee.

"Babe?"

"Ehi."

Steven la prese per le mani sollevandola dal suo posto e l'attirò a sé in un abbraccio. Haylee non ricambiò, lasciando le braccia lungo il suo corpo ma doveva ammettere che ne aveva bisogno, di essere stretta.

Noah li guardò per un secondo e distolse lo sguardo, incrociando per un attimo quello di Aaron per poi fingersi interessato alla punta delle sue scarpe sporche di terra.

Due anni prima

Daphne Greene faceva il compleanno durante lo Spring Break. Lei diceva che fosse una benedizione. Un dono che gli dèi le avevano fatto e che lei, ovviamente, meritava.

Noah Washington decise all'ultimo momento di andare da lei per festeggiare il suo compleanno ma non voleva rimanere al college né tantomeno fare qualcosa coi suoi compagni di corso che lo avevano invitato perché non li sopportava. Insomma, non erano male ma già ci passava ogni giorno; passarci anche lo Spring Break sarebbe stato veramente troppo.

Daphne aveva organizzato un tea party affittando un piccolo giardinetto a Central Park. Per Noah era tutto fin troppo Alice nel Paese delle Meraviglie e il fatto che l'aveva costretto ad indossare un colore pastello lo fece un po' alterare ma non disse nulla: Daphne aveva sempre fatto le cose a modo suo.

"Sei venuto."

"Ehi Duff." La salutò, porgendole una busta da lettera.

"Solito regalo?"

"Soldi, come da tradizione."

Daphne gli pizzicò la guancia. "Bravo ragazzo!"

La biondissima Daphne Greene aveva legato i capelli a... beh, secondo Noah, a nido di vespe e indossava un vestito bianco – non il massimo sulla sua pelle già lattea – merlettato con dei decori blu.

"Non importunare le mie invitate, mi raccomando."

Noah si guardò attorno, smanioso. Poi, i suoi occhi si fermarono – ancora una volta, purtroppo – su una stranamente familiare chioma corvina. I capelli di Haylee Darling erano più corti rispetto a come la ricordava – e la ricordava spesso –, adesso, infatti, le sfioravano le spalle.

Daphne seguì il suo sguardo e corrugò la fronte. "Non mi dire che ancora te la ricordi!" Esclamò, sorpresa. "Nemmeno lei hai rivolto la parola."

"Come se non sapessi che bisogna andarci a letto con le donne, per dimenticarsele."

"E sta cazzata, chi l'ha detta?"

Noah sorrise. "Io."

"Ma smettila."

Haylee indossava un vestito morbido color rosa pastello che le metteva in risalto la pelle un po' abbronzata. Noah fece un paio di passi nella sua direzione finché, suo malgrado, la giovane donna venne raggiunta da un tizio magro che gli ricordò un grissino o un albero secco, che le poggiò una mano alla base della schiena.

Lei gli sorrise cordiale e lui la baciò sulla nuca.

Noah Washington distolse lo sguardo: era ridicolo pensare che la cosa potesse avergli dato fastidio; eppure, era così. 

"Bella festa, hm?"

A parlare era stata una ragazza piuttosto alta, capelli castani e occhi dello stesso colore.

"Sai che cos'è più bello?" Le domandò, indossando il suo migliore sorriso.

Lei si inumidì le labbra. "Sono tutta orecchi."

Noah si fece più vicino, sfiorò il lobo della ragazza con la punta delle labbra e sussurrò su di essi. "La mia stanza d'albergo."

La mano della ragazza si strinse appena all'altezza del suo bicipite. "Ma non mi dire..."

"Ti va di vederla?"

"Hm-hm."

La voce scura di Steven interruppe il flusso dei ricordi di Noah che, stranamente, gliene fu grato.

Ricordare quanto fosse stato ridicolo e terrorizzato all'idea di impegnarsi qualche anno prima, lo faceva sentire un coglione. Si sentiva un coglione anche per non aver avuto mai il coraggio di parlare con Haylee – e senza nemmeno conoscerne il reale motivo – ma quello era un altro discorso.

In cuor suo aveva sempre sperato che Haylee avesse un brutto carattere, o un modo di fare che non gli piaceva, o che fosse... boh: una collezionista di inquietanti bambole di porcellana, così da non iniziare a provare qualcosa per lei. C'era sempre una vocina nella sua testa, poi, che gli diceva che se fosse riuscito ad andarci a letto una buona volta, tutte quelle seghe mentali sarebbero andate a farsi benedire una volta e per sempre.

Ed erano tutti buoni propositi, per carità... se solo avesse avuto il coraggio di metterli in pratica.

"Che è successo?"

Il caso aveva voluto che Steven chiamasse nell'esatto momento in cui Haylee si stava dirigendo verso la stanza degli interrogatori e lei fu costretta a dirgli tutto anche perché, di mentire non ne era capace. Inoltre, era fin troppo sconvolta dal trovare persino una scusa plausibile o le giuste parole da dire.

"Possiamo non parlarne?" Lo implorò lei.

Steven annuì e lasciò che lei si sciogliesse dal suo abbraccio.

L'abbracciò di Steven le sembrò quello di un estraneo: la sua mano destra era salda attorno alle sue spalle; con la sinistra, invece, teneva in mano il cellulare.

Quando Haylee si rese conto di quanto fosse imbarazzante quella situazione, si decise a svincolarsi con la scusa di bere un caffè. Con ogni probabilità sarebbe rimasta sveglia tutta la notte ma poco le importava.

"Penso che andrò a... prendere un caffè."

Noah, sentendola, fece per alzarsi ma si impose di rimanere seduto. La guardò allora allontanarsi a passetti incerti verso la sua meta.

"Che cosa è successo?" Domandò ancora Steven, rivolgendosi a Noah, "eravate insieme?"

"Qualcosa del genere, sì," rispose Aaron al posto di Noah "non eravamo con loro quando hanno... visto il corpo."

Steve strabuzzò gli occhi. "Il corpo? Di chi?"

Aaron rivolse al giovane uomo uno sguardo piuttosto confuso. "Perché pensi che siamo qui?"

"Pensavo che vi foste ubriacati e la polizia vi avesse arrestato. Non pensavo ci fosse scappato il morto." Disse, in tono piuttosto alto e attirando l'attenzione di un paio di presenti, nonché di Haylee che avrebbe voluto ingozzarsi e morire strozzata da quel caffè schifoso che stava bevendo.

Noah schiuse le labbra e si schiarì la gola, sentendosi in imbarazzo per quel poveretto che Haylee avrebbe mollato con molta probabilità di lì a poco – più che altro se lo augurava.

Nel frattempo, Haylee era tornata e si era schierata accanto a Steven, che la guardava con uno sguardo a dir poco confuso. In realtà, Steven aveva sempre lo sguardo un po' perso nel vuoto, come se non sapesse cosa stesse facendo o dicendo la maggior parte del tempo.

"Babe! Avete ucciso qualcuno?" Domandò, togliendosi le mani dalle tasche della giacca che indossava per agitarle all'aria con fare teatrale.

"Hm?" Haylee si massaggiò la tempia con la mano libera, "forse dovresti andare a casa, Steven."

"A casa! E perché? Non lascerò che la polizia ti arresti senza aver trovato nemmeno un avvocato."

"Non ho bisogno di un avvocato" rispose stancamente "il corpo lo abbiamo trovato, non abbiamo ucciso nessuno, Steven."

"Ma-"

Haylee lo interruppe poggiandogli una mano sulla spalla. "Steven, per favore, va' a casa. Ti chiamo io, hm?"

Lui le rivolse l'ennesimo sguardo confuso e poi tornò a guardare Noah ed Aaron, finché non gli venne in mente qualcosa, un'illuminazione. "Ti scopi questi due?"

Aaron si portò una mano alla fronte. "Oh mio dio."

"Per quanto pensavi di tenermelo nascosto?"

Haylee era sul punto di una crisi di nervi quando rispose alla sua domanda. "Tu vai a letto con altre persone, Steve, non io."

"Non pensavo che anche tu..."

Noah, che intanto si era alzato – tanto era il nervosismo che aveva addosso – si bloccò sui suoi passi e si mise accanto ad Haylee, sovrastandola in altezza di almeno una quindicina di centimetri. Una nota del suo profumo arrivò alle narici di Haylee e lei storse il naso: era buono.

"Man, va' a casa, ne riparlerete un altro giorno, hm?"

Steven fece un paio di passi in avanti verso Noah e lui non si mosse, limitandosi invece a dedicargli un'occhiata impassibile.

Haylee si mise tra i due, poggiando una mano sul petto di Steven per spingerlo un poco all'indietro.

"Non ho né il tempo né la voglia di avere a che fare con queste idiozie." Disse, arrabbiata, "va' a casa e ne riparleremo quando saremo tutti più calmi, ok?"

"Il tuo amichetto mi sta provocando, Haylee." Rispose lui, facendo ancora un paio di passi in avanti finché Haylee non finì contro il petto di Noah, che le portò istintivamente una mano sul fianco.

"Che sta succedendo qua?"

Haylee ringraziò, per la prima volta in vita sua, l'arrivo di suo fratello seguito da Daphne.

Zach guardò prima sua sorella e poi i due ragazzi, dicendosi che non era troppo difficile fare due più due.

Zachary Darling si rivolse a Steven. "Se non ha niente a che fare con le indagini, può andarsene. Ameno che non voglia che facciamo una piccola ricerca su di lei qui, nei database della polizia."

Steven si schiarì la gola e, sistemandosi la giacca di pelle sulle spalle, scosse piano la testa. Dopo aver salutato Haylee con un cenno, lasciò la stazione di polizia senza aggiungere altro.

Haylee si sciolse dall'appena percepibile presa di Noah attorno al suo fianco e lo guardò per una manciata di secondi: lei aveva il labbro inferiore che tremava e gli occhi lucidi. Nonostante ciò, gli puntò l'indice contro e parlò con la voce un po' rotta dal pianto.

"Non ho bisogno di un cavaliere senza macchia. Posso risolvere le mie questioni da sola."

Noah accennò quasi un sorriso ironico. "Fammi indovinare: avevi tutto sotto controllo."

Haylee serrò la mascella. "Sì."

Noah spostò il peso da una gamba all'altra: una lacrima sfuggì al controllo della giovane donna e lei se l'asciugò frettolosamente col dorso dell'indice.

"Ho notato."

"Dio!" Esclamò frustrata, rivolgendosi a Daphne, "ma cos'hanno che non va questi uomini?"

"Credimi Haylee, me lo chiedo da tutta una vita."

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