29.


Noah Washington si sentiva estremamente in imbarazzo. Mai e poi mai nella sua vita avrebbe pensato di piangere pubblicamente e men che meno, di piangere davanti alla donna che amava. Aveva pianto con lei e lei lo aveva stretto a sé, sussurrandogli che sarebbe andato tutto bene. In quel momento, comunque, Noah non pensava che le cose sarebbero andate bene e si chiese se, col tempo, l'avrebbe pensata diversamente.

Bussò alla porta d'ingresso di casa di Daphne ed Haylee e schiuse le labbra sorpreso, quando ad aprirgli fu un ragazzo piuttosto giovane - secondo Noah non aveva più di ventiquattro anni -, con nient'altro addosso se non un asciugamano avvolto attorno alla vita e i capelli ancora umidi da una presunta doccia.

Haylee comparve dietro di lui, anche lei in accappatoio - Noah si sentì sprofondare - guardò prima il ragazzo e poi Noah, strabuzzando gli occhi quando si rese conto di quello che poteva sembrare.

"Noah." Disse, stringendosi meglio la cintura attorno all'accappatoio.

"Haylee." Rispose lui, con la voce lievemente incrinata.

"Kurt, dove sei?" La voce di Daphne trillò dal fondo del corridoio e alla voce seguì la sua figura longilinea subito dopo, anche lei con addosso l'accappatoio.

Noah boccheggiò alla ricerca di aria.

"Ehi Wash! Ti presento Kurt." Disse, imbarazzata e ravvivandosi i capelli biondi sulle spalle.

Haylee si mise le mani ai fianchi, ammonendola con lo sguardo "ma tu non uscivi con mio fratello?"

Daphne schiuse le labbra, come se avesse realizzato la cosa in quel momento.

"Siamo usciti tre volte..." buttò lì, in un tono che avrebbe dovuto essere esplicativo.

"Lui mi ha detto che vi frequentate!" Esclamò "che cavolo ti è saltato in mente?"

Daphne arricciò le labbra, iniziando a fare un piccolo click con la sua lingua, sintomo che ci stava pensando su. Quando finalmente si rese conto di ciò che aveva fatto, strabuzzò gli occhi, sconvolta.

"Kurt, per favore, te ne devi andare." Disse alla fine, spingendolo leggermente per la spalla.

Noah entrò in soggiorno e si sistemò accanto ad Haylee, che stava osservando la scena con gli occhi stralunati.

"Posso almeno andare a vestirmi?" Domandò "ho lezione tra un'ora."

Daphne si portò entrambe le mani davanti al viso.

"Dimmi che sta parlando del college, ti prego..." La implorò Haylee.

"Ohhhhhh..." mormorò lei, "non ne sono sicura, Lee!" Esclamò, portandosi entrambe le mani alle guance, in una posizione che ad Haylee ricordò l'Urlo.

Haylee si portò le mani alle tempie "io non voglio sapere niente. Vado a vestirmi."

"Non glielo dirai, vero?"

Haylee scosse la testa "io non ho visto nulla, Daphne" disse, iniziando a salire le scale "ma penso che dovresti comportarti da donna e affrontare la cosa."

Haylee sparì su per le scale, richiudendosi la porta della sua camera alle spalle. Noah pensò di raggiungerla in un attimo.

Daphne e Noah si lanciarono uno sguardo pieno di sottintesi: i dialoghi e le conversazioni a cuore aperto non erano mai state il loro forte. Avevano solo questa innata capacità di capirsi anche solo con uno sguardo.

"Ehi, Duff."

"Ehi, Wash..." Sospirò lei "come stai?"

"Bene, immagino." Disse lui, mettendosi le mani nelle tasche dei pantaloni.

"Dove vai così vestito?" Chiese poi, quando si rese conto che aveva addosso un pantalone elegante nero, camicia e cravatta.

Noah guardò il suo abbigliamento, come se sei fosse dimenticato cosa aveva addosso.

"Oh. Ho una... cosa con mia madre." Disse, in tono casuale. Poi, si ricordò perché era salito al piano di sotto: doveva chiedere ad Haylee di andare con lui. "Vado di sopra." Terminò, facendo per salire le scale.

"Ehi, Duff?" La richiamò, quando arrivò a metà.

"Hm?"

"Zach è una brava persona." Le disse, senza intendere altro oltre quello che stava dicendo.

"Lo so."

Noah annuì e salì a grandi passi le scale, entrando in camera di Haylee senza bussare.

Haylee sobbalzò e a lui si strinsero immediatamente i pantaloni quando si accorse che aveva addosso solo una canottiera e un paio di mutande a brasiliana.

Non sapeva esattamente in che termini fossero, visto e considerato che lui l'aveva 'lasciata' e poi aveva pianto come un bambino.

"Hai da fare?" Le chiese poi, cercando di rimanere il più neutro possibile.

"Adesso? No" inclinò la testa di lato guardando il suo abbigliamento "tu invece, dove stai andando?"

"Devo... ti va di venire con me?"

Haylee gli rivolse un'occhiata confusa "sì? Ma dove?"

Noah non voleva dirglielo perché aveva paura che non volesse andare: quanto era stupido?

"Devo andare da mia madre." Disse semplicemente.

"Con la cravatta?"

"Ti va di venire?" Ripeté ancora.

Lei rimase in silenzio per un attimo certo." Disse alla fine, con un sorriso confortevole. "Posso almeno sapere cosa devo mettere?"

"Niente di troppo colorato" si limitò a dire lui "ti aspetto giù."

Senza aggiungere altro, Noah uscì dalla camera di Haylee e scese giù per le scale, raggiungendo Daphne in cucina.

Daphne stava salutando Kurt e non appena si richiuse la porta alle spalle si poggiò contro di essa, continuando a tenere le mani sul viso: le piaceva Zach, e anche tanto! Maledizione! Perché cavolo lo aveva fatto? Sicuramente quello che era successo con Aaron e Michael li aveva sconvolti tutti e non poco. Poi, c'era stata la morte del papà di Noah...

Noah scese le scale e si poggiò contro la ringhiera in ferro battuto, sospirando.

"Wash?"

"Cosa?" Noah sobbalzò al suono della sua voce.

"Haylee viene?"

Noah annuì "la sto aspettando."

Daphne guardò Noah per un lungo istante: all'apparenza era il Noah di sempre: ben vestito e coi capelli spettinati. Ma agli occhi di chi sapeva guardare – cioè lei ed Haylee – Noah era il fantasma di sé stesso.

"Wash..." cominciò lei, non sapendo esattamente che cosa dire e sperando che le parole le venissero fuori man mano, "il mondo ci è caduto addosso, nell'ultimo mese... a te più che a noi..." proseguì, con un nodo a stringerle la gola, "ci siamo rimasti solo noi quindi... non chiuderti in te stesso..."

"Ho pianto davanti ad Haylee" confessò, senza guardarla "è stato deprimente."

Daphne si avvicinò a lui e lo strinse in un abbraccio, lui si lasciò abbracciare "Haylee ti ama, lo sai?"

"Non ne sono sicuro." Rispose lui, con la voce ovattata a causa della sua posizione che lo vedeva schiacciato contro di lei.

"Solo perché hai pianto per la morte di tuo padre?" Domandò, in un sospiro "smettila di dire idiozie, per cortesia" lo afferrò per le spalle e si fece guardare "sarebbe strano se non lo avessi fatot, Wash!" Esclamò, dandogli un lievissimo schiaffetto sulla faccia che quasi lo fece sorridere.

"Tu ed Haylee avete deciso di stare insieme, giusto?"

Lui scosse la testa "l'ho lasciata con un messaggio..."

"E lei ti ha ignorato quindi state insieme! Il punto è... come dicevo... che avete deciso di stare insieme e lei ha deciso di starti vicino. Smettila di fare la parte dell'uomo maturo e lascia che lei stia al tuo fianco." Sorrise, trasformando lo schiaffetto in una carezza "siamo o non siamo le donne della tua vita, hm?"

Noah annuì, distogliendo lo sguardo.

La porta della camera di Haylee si aprì, seguita dal click dei suoi tacchi. Noah la guardò dal fondo delle scale: quel tubino nero con la scollatura a cuore se lo ricordava: lo aveva indossato una delle prime sere dopo che l'ebbe conosciuta ufficialmente. Aveva poi tinto le labbra con un rossetto scuro e lisciato i capelli che le ricadevano a cascata sulle spalle.

Lui sospirò guardandola.

"Andiamo?" Disse lei, scendendo le scale con quegli stupidi tacchi di vernice nera che le facevano un gran male ma erano gli unici che aveva.

Noah la raggiunse a metà strada prendendole la mano e lei gli sorrise, facendosi aiutare.

Daphne li guardò con un sorriso intenerito.

"Hai chiamato mio fratello?" Domandò, poi Haylee in tono inquisitorio.

"No mamma," rispose lei, prendendola in giro, "credo che andrò a trovarlo in centrale. Mi dai un'in bocca al lupo?"

"Solo se mi presti il tuo cappotto grigio."

Daphne sbuffò "bene. Prendilo."

Daphne salutò Noah ed Haylee. Quando i due si richiusero la porta alle spalle, prese un respiro profondo: era arrivato il momento di diventare grande ed assumersi le sue responsabilità. Kurt non sarebbe stato la nuova Violetta.

*

La cosa a cui Noah aveva invitato Haylee, era una sorta di commemorazione per la morte di suo padre organizzata dalla mamma di Noah.

Una cosa da nulla...

La casa di Noah era maestosa: un appartamento di dimensioni ridicole per sole tre persone e che occupava gli ultimi tre piani di un palazzo antico. Haylee si guardava attorno con gli occhi sbarrati. Per non parlare poi della quantità di persone che c'era.

Haylee cercò la mano di Noah e lui la strinse nella sua.

"Ci sono così tante persone" sussurrò al suo orecchio, facendolo sorridere "tuo padre conosceva davvero tutta questa gente?"

Noah scosse la testa "naaa... saranno un mucchio di conoscenti che lo avranno visto si e no mezza volta ad una conferenza un milione di anni fa..."

"Noah!"

Haylee non si era resa conto che quella sarebbe stata la prima volta in cui avrebbe ufficialmente incontrato la mamma di Noah. Lei l'aveva già vista al funerale di suo marito, perché Noah gliela aveva indicata ma non aveva voluto presentargliela. Adesso, stranamente, si era finalmente deciso a portarla con sé.

La mamma di Noah era magra e slanciata, con i capelli lunghi legati in uno chignon con nemmeno un capello fuori posto e gli occhi color nocciola vispi e attenti.

"Ehi, mamma." La salutò lui.

"Ciao, Haylee" la salutò la donna, afferrandole la mano libera per stringerla nella sua "sono così felice di conoscerti e ti ringrazio per essere venuta."

Haylee le rivolse uno dei suoi migliori sorrisi "grazie a lei per avermi accolta in casa sua."

"Non essere sciocca," disse civettuola, "ormai sei di famiglia. Vero, Noah?"

Noah annuì "se Haylee ne ha voglia, sì."

"Certo che ne ha voglia! Perché altrimenti sarebbe qui?" Katherine Washington avvolse il braccio attorno alle spalle di Haylee "vieni, Haylee cara, ti presento ad un paio di amiche mentre Noah va a salutare i vecchi colleghi di papà."

Haylee venne inghiottita dalla folla prima che Noah dicesse a sua madre che l'aveva portata lì per stare con lui e non per mostrarla come un trofeo a tutte le sue amiche del fottuto club di tennis.

"Noah!"

Noah chiuse gli occhi e prese un respiro profondo quando riconobbe la voce del socio di suo padre: Wilson Conrad.

"Conrad."

Lui gli poggiò una mano sulla spalla – gesto che a quanto pareva era gettonato quando c'era un lutto di mezzo – e gli rivolse un sorriso affettuoso e sincero.

"Vieni, parliamo con gli altri."

Conrad lo invitò a seguirlo fino a quando raggiunse una cricca di vecchi colleghi di suo padre, che erano stati con lui fin dall'inizio e che conosceva da quando era in fasce.

Il gruppo interruppe qualsiasi cosa stava facendo quando si accorse della presenza di Noah, che salutarono – stranamente – con pacche sulle spalle e parole di conforto che Noah però non trovò di circostanza ma sincere. Del resto, difficilmente suo padre non era apprezzato nel suo campo o da qualsiasi altra parte.

"Allora: sei pronto a unirti alla vecchia guardia, Noah?" Domandò uno di cui non ricordava il nome.

Lui gli rivolse un'occhiata confusa.

Conrad si schiarì la gola "credo che ancora non sappia niente."

Noah spostò il peso da una gamba all'altra, impaziente "di che cosa?"

"Tuo padre ti ha lasciato l'intero studio legale, Noah," spiegò Conrad, "ovviamente noi cercheremo di darti una mano il più possibile soprattutto io che... gestivo tutto assieme a tuo padre, ma..." guardò tutti i presenti, prendendo un respiro profondo.

"Sei il nostro capo adesso" disse un altro, in un tono lievemente orgoglioso "tuo padre voleva solo te."

Noah sentì improvvisamente una serie di vampate di calore, il cuore iniziò a pompargli furiosamente nel petto, e... la cravatta era così stretta anche prima? Si guardò attorno cercando la sua Haylee con lo sguardo. Quando finalmente la vide parlottare con una signora, si sentì come se stesse riprendendo aria dopo essere stato sott'acqua.

"Vogliate scusarmi un secondo" mormorò poi e, senza aspettare una risposta, raggiunse Haylee a grandi passi.

"Ha bisogno di tempo." Sentì dire in tono paterno a Conrad, che non se la sentì di dirgli niente.

Noah comparve alle spalle di Haylee, poggiandole una mano sul fianco per attirare la sua attenzione.

"Ehi, Pat," salutò la segretaria di suo padre, "ti spiace se te la rubo per un secondo?"

"Figurati Noah..." si sporse per accarezzargli il viso con le dita cicciottelle, "ricordati che ci sono sempre, hm?"

Noah accennò un sorriso "lo so, grazie."

Noah afferrò poi Haylee per la mano e, dopo aver superato la calca di gente, riuscì a portarla nel piccolo balconcino della cucina che dava sul cortile interno del palazzo.

"Scusa," le disse, "avevo bisogno di aria."

Anche lei gli accarezzò il viso, sfiorandolo con estrema delicatezza e lui chiuse gli occhi, beandosi di quella carezza fresca contro la sua pelle accaldata.

"Stai bene?" Chiese lei, sentendosi subito dopo una stupida per aver posto quella domanda "che stupida, non dovevo..."

Noah poggiò la mano sulla sua "mio padre mi ha lasciato l'intero studio legale." Buttò fuori e quando lo disse, quella consapevolezza lo sconvolse ancora di più.

Haylee schiuse le labbra, poi schioccò la lingua "tutto... intendi..."

"Tutto, Hay..." si guardò attorno, "sono il... capo di tutte queste persone..."

Haylee annuì, pensierosa. Noah rimase in attesa che Haylee dicesse qualcosa... qualunque cosa.

Haylee si mosse ed ebbe una fitta di dolore al piede, imprecando sottovoce.

"Che hai?" Chiese lui, non riuscendo a capire il motivo del dolore.

"Mi fanno male le scarpe" spiegò lei "mi stanno distruggendo i piedi."

"Perché le hai messe, allora?" Domandò lui, appuntandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

"Perché non volevo mettere le scarpe chiare, non potevo farti fare brutta figura..." rispose lei, continuando a cercare qualcosa di non ben identificato nell'enorme cucina.

Noah osservò il suo profilo delicato con occhi innamorati "ti amo, Haylee." Soffiò, in una delicata carezza contro l'orecchio della giovane donna.

Haylee si voltò di scatto verso di lui e gli afferrò il viso con entrambe le mani, sentendo i suoi occhi diventare lucidi "ti amo anche io, Noah." Sussurrò.

"Stai piangendo per questo o perché ti fanno male i piedi?" Rise lui, stringendola a sé.

"Vuoi che sia sincera?" Chiese lei, con un filo di voce.

Noah scoppiò a ridere: Haylee era l'unica persona che poteva farlo ridere ad un funerale.

Haylee trovò finalmente ciò che i suoi occhi stavano bramando da quando Noah le aveva dato la notizia.

"Ecco!" Esclamò, raggiungendo a grandi passi una solitaria bottiglia di alcol non ben identificato che stava sopra al frigorifero.

"Coprimi."

"Cosa?" Domandò stranito. Ma Haylee era già partita in direzione del frigorifero.

Noah la raggiunse a grandi passi cercando di capire che cosa diavolo stesse facendo.

"Stasera beviamo" disse lei, mostrandogli la bottiglia "ne abbiamo bisogno, non credi?"

Noah sorrise ancora "ti ho già detto che ti amo, sì?"

Haylee arricciò le labbra "non saprei... puoi ripetermelo ancora se vuoi..."

Noah l'afferrò per i fianchi e la strinse a sé "ti amo."

Noah fu costretto a presentare Haylee ad un paio di altre persone indicategli da sua madre finché non riuscirono ad abbandonare la gigantesca sala da pranzo con il lampadario di cristallo penzolante dal soffitto, per tornarsene finalmente a casa e in santa pace, con la promessa che sarebbero tornati per pranzo il venerdì successivo.

La prima cosa che fece Haylee quando rientrò a casa fu scalciarsi quelle maledette scarpe con la promessa che non le avrebbe mai più rimesse e si sedette sul divano, aspettando che Noah tornasse con un paio di bicchierini e la bottiglia che avevano infilato di nascosto nella borsetta di Haylee.

Haylee legò i corposi capelli in una coda bassa e si sedette a gambe incrociate accanto a Noah che, con la cravatta slacciata e la camicia arrotolata fino ai gomiti, le porse un bicchierino.

"Cin." Disse lei, prima di mandare giù il primo bicchierino.

Noah si sedette a terra vicino a lei e lei scivolò al suo fianco, mettendosi più vicina alla bottiglia.

"Guarda il lato positivo," cominciò lei sbiascicando, dopo il secondo bicchierino, "farai un mucchio di soldi."

"Ho già un mucchio di soldi, Hay," rispose lui, buttando giù un altro bicchierino che gli bruciò la gola, "ma questo mucchio dipenderà dal fatto che le mie cause vengano vinte oppure no."

Haylee gli strinse le guance con la mano libera e lo guardò dritto negli occhi "sei troppo bello per non vincere le cause."

"Lo sono?" Domandò lui.

Haylee si sedette a cavalcioni su di lui, inondandolo con il suo profumo (e un po' di odore di alcol). Noah sollevò il mento per guardarla e portò entrambe le mani appena sopra il suo sedere, attirandola a sé fino a farla sedere sul cavallo dei suoi pantaloni.

Noah passò le dita tra le sue ciocche scure e le sciolse la coda, facendo ricadere le onde morbide dei suoi capelli a circondarle il viso e a cascata sul suo vestito nero che le metteva in risalto il seno rotondo.

"Lo sei." Soffiò lei, scendendo a cercare le sue labbra in un bacio lento e umido, che le fece quasi tremare le gambe.

Haylee poggiò entrambe le mani a circondargli il viso intensificando il bacio finché non si decise a scendere al cavallo dei suoi pantaloni, che sbottonò con mani impazienti.

"Siamo entrambi ubriachi," biascicò lei, "quindi possiamo fare sesso." Concluse, con l'orgoglio del Presidente che aveva fatto il discorso di fine anno. Poggiò poi entrambe le mani sul suo ampio petto per sbottonargli la camicia, graffiandogli appena la carne del torace.

Noah gemette piano ed annuì "ma domani saremo a pezzi."

Le abbassò le bretelle del vestito, rivelandone il seno nudo su cui poggiò le labbra, iniziando a succhiare la carne tenera e facendola gemere sommessamente. Haylee intrecciò le dita ai suoi capelli, assecondando i suoi movimenti.

Nel frattempo, le sollevò la gonna del vestito, rivelandone le mutande a brasiliana che aveva visto qualche ora prima e ci infilò le dita, strappandole un gemito di gola. Noah infilò due dita, iniziando a muoverle ritmicamente dentro di lei e lei gemette ancora contro di lui, cercando le sue labbra ancora immerse sul suo seno. Haylee lo attirò a sé prendendolo per il viso e gemendo silenziosamente contro la sua bocca.

"Noah..." Soffiò, in un sussurro talmente basso che a malapena riuscì a sentire, facendogli capire che stava per venire.

Haylee venne tremando contro il suo corpo e Noah cercò le sue labbra; uscì piano da lei e l'attirò di nuovo a sé, continuando a baciarla.

Haylee cercò la sua erezione oltre l'elastico dei suoi boxer e lui bloccò la sua mano, guadagnandosi un'occhiata confusa.

"Non lo facciamo da settimane," sussurrò lui, facendola sorridere, "ti voglio dentro."

Haylee non se lo fece ripetere due volte e si sedette sulla sua erezione, strappandogli un gemito di gola e iniziando a spingersi piano contro di lui, che le strinse la carne dei fianchi ancora mezzi coperti dal vestito.

"Dio, Hay..." Sussurrò, stringendole i capelli in un pugno delicato, facendola sussultare.

Cercò ancora la carne morbida del suo seno, continuando a stringerla a sé e respirando il suo profumo, continuando a dirsi che non avrebbe voluto nessun'altra donna oltre a lei.

"Noah sono- sono-"

"Di nuovo?" Sussurrò lui in un sorriso.

Lei gli schiaffeggiò piano la spalla e lui l'afferrò per le cosce, accennando un sorriso e facendola finire sotto di lui avendo cura di non farle male alla testa.

Haylee atterrò sul tappeto davanti al divano e lui la sovrastò portando entrambe le mani ai lati della sua testa e guardandola dritta negli occhi mentre si spingeva dentro di lei.

Noah sentì il suo stesso respiro intensificarsi finché non venne assieme a lei, che gli artigliò la schiena tremando appena contro il suo corpo. Cadde poi con tutto il suo peso sul corpo della ragazza e lei prese ad accarezzargli lievemente la schiena sudata, mentre fissava il soffitto bianco in uno stato di totale pace.

Noah le diede un bacio sul collo ma non aveva la benché minima intenzione di muoversi dalla sua posizione. Stava troppo bene: col profumo di Haylee addosso e con lei accanto, non aveva bisogno di nient'altro.

"Ehi, Noah?" Lo richiamò lei, rompendo il silenzio.

"Dimmi." Biascicò lui, che ancora era un poco ubriaco e un poco troppo su di giri.

"Sarai un bravo avvocato." Disse, baciandogli delicatamente la tempia.

Noah sollevò una mano per accarezzarle il viso senza muoversi dalla sua posizione, che lo vedeva immerso nel collo di Haylee.

"Sono così fortunato ad averti, Haylee."

*

Daphne Greene non era mai stata così tante volte alla polizia in vita sua. Ormai persino l'ossuta signora che stava dietro la reception si ricordava di lei. Del resto, come poteva dimenticare una bionda che sembrava appena uscita da una sfilata di Victoria's Secrets?

Tutti invidiarono l'Agente Darling quando scoprirono che la suddetta bionda andava lì per vedere lui.

Quel giorno lei gli portò un caffè ed un incarto con una quantità decisamente eccessiva di ciambelle glassate.

"Sono tutte per me?" Domandò lui, guardando prima l'incarto e poi la giovane donna.

"Mi sono fatta prendere la mano, hm..."

Zach aveva un ottimo spirito di osservazione – sicuramente anche dovuto al lavoro che faceva – perciò riusciva a fiutare a chilometri il senso di colpa assieme a coloro che stavano nascondendo qualcosa.

"Tutto ok, Daphne?"

Lui la chiamava sempre con il suo nome per intero e pronunciato con quella voce profonda era come se stesse recitando una poesia, alle orecchie di Daphne.

Lei accavallò le gambe "no, non è tutto ok."

"Si tratta di... Michael? Aaron..."

Lei scosse la testa "prima che ti dica questa cosa voglio che tu sappia che mi piaci, da matti..." ammise, senza guardarlo e passandosi nervosamente entrambe le mani tra i capelli per poi incastrarle sul retro del collo. "E... è tutto una merda e non so cosa mi sia preso..." adesso stava piangendo e la sua voce si incrinò a causa di un singhiozzo "se tornassi indietro non lo rifarei, te lo giuro..."

Zach si inginocchiò davanti a lei e le prese entrambe le mani, stringendole tra le sue "qualsiasi cosa tu abbia fatto non importa, ok?"

Zach non era stupido e non gli ci volle molto a fare due più due: gli avrebbe fatto sicuramente male se lei lo avesse ammesso ad alta voce ma non poteva farci molto visto che alle spalle avevano appena tre uscite. Se doveva trovare un lato positivo – e gli venne molto difficile trovarlo – era che nonostante fossero usciti solo tre volte Daphne ci stava così male da volerglielo confessare.

"Non stavamo assieme," le disse, portandosi le sue mani al petto "ma adesso sarò molto chiaro su una cosa: voglio stare con te."

Lei sollevò gli occhi increduli nei suoi, continuando a piangere ma di felicità, quella volta.

"Perciò, la scelta è tua, Daphne Greene: esci da quella porta con me o senza di me?"

Daphne gli si lanciò tra le braccia facendogli quasi perdere l'equilibrio: "posso uscire con te?"

Zach le sorrise tra i capelli: "Sì, puoi uscire con me."


Spazio autrice

Buongiornoo buona domenica ❤ siamo ufficialmente a -2 capitoli dalla fine della storia! Emozionati\e? Spero che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio come sempre chi passa a leggere e commentare la storia ❤

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