9 - Nightmare
Quando il Simon Burke aveva varcato la soglia di Casa Graham, Randy aveva avuto una terribile sensazione. Lo aveva guardato dall'alto della scalinata che affacciava sull'ingresso e lo aveva visto serio, imbronciato, con lo sguardo perso. Per un attimo si era chiesto se conoscesse davvero Gabriel, ma subito si era dato dello sciocco e aveva abbandonato quell'idea complottistica.
Tuttavia, il dubbio che fosse una pessima persona era rimasto saldo dentro di lui fino al momento in cui si era deciso ad abbandonarlo e aveva bussato alla porta chiusa dello studio per farsi avanti con un: «Gabriel, posso entrare?».
Solo allora l'interpellato si era riscosso dal suo torpore. Spostato lo sguardo dall'orologio che sostava placido sulla destra della scrivania, si era reso conto di aver passato più di dieci minuti in totale silenzio.
Deglutì, annuì e fece cenno al Siimon di aprire la porta per suo conto. «Entra pure» disse. E si alzò in piedi, camminando attorno alla scrivania per indicare Randy con un palmo aperto. «Lui è il ragazzo che sto intervistando» iniziò, presentandolo, gesticolando poi in direzione di Simon. «Mentre lui è Simon Burke, il mio agente letterario.»
Randy guardò alla sua destra con una punta di sospetto e, incrociato lo sguardo di Simon, serrò la mandibola. «Piacere» disse tra i denti. «Mi chiamo Randy Morgan.»
«Avrei preferito non saperlo» ridacchiò Simon. «Sai, per una quesitone di privacy.» Fece un gesto relativamente frivolo con la mano e poi si strinse nelle spalle. Scosse la testa, dicendo: «Gabriel mi ha raccontato la tua storia, a grandi linee, s'intende, ed è per questo che lo dico, Randy Morgan». Sollevò entrambe le sopracciglia e si avvicinò un poco con il capo. «Posso chiamarti così? Randy Morgan?»
«È il mio nome» borbottò inquieto.
«Sì, insomma, avrei preferito che rimanessi un personaggio di carta: misterioso, irraggiungibile...»
Arricciando il naso, Randy disse: «Scusa tanto se sono reale. Non avrei mai voluto distruggere i tuoi sogni di agente e lettore».
«Non ho ancora letto niente» ammise a malincuore. «Purtroppo, questo ritardatario non ha scritto una sola riga su di te. Ciononostante ho potuto ascoltare la tua voce, e devo ammettere che è dannatamente diversa dall'originale.» Ghignò al suo indirizzo e lo invitò a entrare con un cenno del capo. «Accomodati, avanti» disse. «Magari potrai spronare Gabriel per buttare giù l'incipit.»
Randy deglutì e, guardando Gabriel, mormorò: «Non avevo idea che fosse un tipo così pigro». Sentì ridere Simon, allora si rivolse a lui con un: «Non credo di poter essere io quello in grado di spronarlo, Signor Burke».
Questi lo guardo con un sopracciglio sollevato. «No? Perché mai dici così? Pensavo che aveste legato abbastanza in questi pochi giorni di convivenza. Dopotutto è stato proprio lui a dirmi che gli ricordi la cara, vecchia Lucia.»
Sentendo quelle parole, Randy socchiuse le labbra e aggrottò le sopracciglia, chiedendosi cosa sapesse Simon di lei. Il cuore in gola e la voglia di fare domande che saliva alle stelle, disse: «Lo immagino».
Si trattenne, non aggiunse altro e mordicchiò l'interno delle guance, indurendo perfino i muscoli della schiena fino a farsi male. Poi volse lo sguardo verso Simon e lo vide sorridere. Avanzò con passo deciso nella stanza e prese posizione sul divano, non volendo mancare alla sua provocazione silenziosa.
«Ora sono qui» iniziò placido. Le braccia incrociate al petto e gli occhi socchiusi. «Perciò puoi farmi tutte le domande che vuoi.»
«Io non ho alcuna domanda per te, Randy Morgan; non sono io che ho intenzione di scrivere un libro sulla tua storia» lo rimbeccò Simon, con un sorriso sornione, mentre chiudeva la porta.
Randy sollevò il mento e trattenne una risata. «Non stavo parlando con te, ma con Gabriel. Non è forse lui quello che starebbe battendo la fiacca?» chiese. Guardò Simon, poi Gabriel, e solo allora gli vide scuotere la testa.
«Mi arrendo» sbuffò questi. «Mi avete messo con le spalle al muro.» Storse le labbra e posò una mano sulla scrivania per sorreggersi. «Volete che ricominci con le domande proprio adesso?» Vide Simon annuire e Randy tentennare.
«Preferirei che i miei racconti fossero a tu per tu con Gabriel» sibilò infatti, incrociando le braccia al petto.
Le labbra di Simon si piegarono mefistofeliche e poi si schiusero per dire: «Davvero? Ma se il progetto di Gabriel andrà bene, la tua storia sarà sulla bocca di tutti. Non sarai più Randy Morgan, ma un R.M. qualsiasi, un ragazzino cacciato di casa e fuggito da una setta satanica. Perciò no, non hai alcun diritto di temere la mia presenza: sentiti libero di parlare».
Rabbrividì e digrignò i denti, serrò perfino i pugni sulle cosce, lottando contro la voglia di alzarsi e picchiarlo a sangue. «Hai ragione» sussurrò. La voce tremula, quasi balbettante. «Però devo ancora abituarmi all'idea.»
«È bene che tu lo faccia in fretta.»
Stava per rispondere, quando sentì Gabriel intervenire per prendere le sue parti con un:
«Ogni cosa al suo tempo».
Si voltò di nuovo nella sua direzione e percepì un lungo brivido dietro la schiena. Non riuscì a replicare, schiudendo solo le labbra come un pesce fuor d'acqua.
Simon fece spallucce. «Sei sempre il solito, Gabriel» ridacchiò. «Faresti di tutto pur di non lavorare, perfino prendere le parti di un R.M. qualsiasi.»
Randy allargò le narici, furioso come un toro. «Non sono un R.M. qualsiasi» sputò. «Gabriel mi conosce, sa come mi chiamo!» Guardò Simon negli occhi e scandì: «Sono Randy Morgan».
L'interpellato alzò le mani in segno di resa e borbottò un: «Che caratterino». Seguito da un: «Non mi stupisce che ti abbiano cacciato di casa».
Gli occhi di Randy s'infiammarono. «Cos'hai detto?» sputò.
Scattò in piedi senza più riuscire a contenersi. La vista quasi si appannò e, concentrata solo su Simon, quasi gli proibì di rendersi conto di tutto il resto. Caricò un pugno, che, suo malgrado, non arrivò al destinatario, perché venne fermato subito da Gabriel.
Tuttavia continuò a ringhiare furioso: «Non azzardarti a parlare in questo modo di me o del mio passato, stronzo!». Il sangue che rombava forte nelle orecchie, grugnì: «Giuro che la prossima volta ti spacco la faccia. E non ci sarà Gabriel a fermarmi».
Simon sollevò le sopracciglia e guardò Gabriel, il quale, stringendo il polso di Randy, disse:
«Adesso calmati. Simon può sembrare cattivo, ma in realtà non lo è affatto».
Sentendo quelle parole, il soggetto in questione annuì e confermò: «Vero. Alcune volte mi comporto da stronzo, però non ho nulla contro di te, anzi». Abbassò lentamente le mani e abbozzò un sorriso tirato per sembrare più credibile. «Ti chiedo scusa, va bene?» Gli vide mostrare i denti rabbioso, così insistette: «Non avrei dovuto dire quello che ho detto, non ti conosco: hai ragione».
Randy grugni e ritirò il braccio dalla presa di Gabriel con uno strattone. «È facile parlare così dopo essere stato messo con le spalle al muro» disse, massaggiandosi il polso con la mano illesa. «Se anche accettassi le tue scuse, non dimenticherei la tua faccia da culo, che pronuncia quelle parole di merda.» Lo vide ghignare e provò l'impulso di prenderlo a calci in bocca; tuttavia si morse la lingua e s'impose il silenzio, evitando così di continuare a insultarlo a vuoto.
Simon aggrottò appena le sopracciglia. Non gli era mai capitato di trovarsi di fronte a un giovane tanto volgare e problematico. «Mi dispiace, Gabriel, ma devo dirtelo: ti sei portato in casa un animale selvatico» mormorò. Lo sguardo fisso su di lui e l'ansia crescente. Scosse la testa e, sospirando, incrociò le braccia al petto. «Non ho il permesso d'insinuare nulla sul suo passato, perciò non posso nemmeno supporre che sia colpa degli anni trascorsi nella setta, ma credo proprio che sia lì che abbia imparato a comportarsi in questo modo terribile...»
E fu un attimo che Randy, scattando, si avventò su di lui con entrambe le mani per avvicinarlo a sé e, poi, spingerlo contro il muro. I denti serrati, un ruggito gutturale e gli occhi fiammanti. Lo guardò come mai aveva guardato nessuno, con la voglia di mangiarlo vivo, mentre Gabriel tentava di allontanarlo, prendendolo per le spalle. «Lasciami!» gridò. «Voglio fargli passare la voglia di stronzeggiare!»
«Lo ha capito!» disse Gabriel, alzando la voce per risultare più incisivo. Ma non fu certo di essere stato ascoltato, perciò non abbandonò la presa. Sentì Randy grugnire, poi lo vide scuotere le spalle e chiuse gli occhi per un attimo. «Davvero, non c'è bisogno che finiate alle mani» mormorò vicino al suo orecchio. «Non ne vale la pena, voleva solo provocarti e vedere come avresti reagito per farsi un'idea su di te, per sentirsi superiore. Lo ha detto lui stesso, no? È uno stronzo.»
Restrinse lo sguardo, fissando Simon negli occhi, dopodiché, soppesando le parole di Gabriel, sbuffò un: «Cazzo!». Batté i pugni sul muro, accanto al suo viso, e si lasciò allontanare velocemente. Poi, dopo aver spostato lo sguardo su Gabriel, disse: «Non c'è motivo per cui io rimanga oltre. Ero venuto a conoscere questa testa di cazzo, ma non immaginavo di dover sopportare tutto questo. Se solo ne avessi avuto anche il sentore, non avrei messo il culo fuori dalla mia stanza». Si tolse le mani di Gabriel dalle spalle e fece per andarsene, infine passò di fronte a Simon e lo sentì fischiare con scherno.
Solo allora, questi si azzardò a dire: «Se il libro di Gabriel conterrà anche solo la metà di tutto questo entusiasmo, allora potremmo provare a proporlo per mari e per monti».
Randy gli riservò un'occhiata di sottecchi e, schifato, scosse la testa. Nemmeno si sprecò a rispondere, certo che avrebbe potuto instaurare solo un'altra lite con lui.
Così, dopo aver aperto la porta, si sbrigò ad abbandonare lo studio per raggiungere la propria stanza. Lì si sedette. Di fronte alla scrivania, con i talloni posati sulla sedia e le ginocchia strette al petto, assunse una posa terribilmente scomposta per ricominciare a leggere i "Racconti del terrore" di Edgar Allan Poe.
Non si curò di chiudere la porta, sicuro che nessuno lo avrebbe disturbato. Dopotutto, si disse, Gabriel era ancora impegnato con Simon Burke, e ne avrebbe avuto per un bel po' dopo quella discussione; mentre Darrell, semplicemente, si trovava con suo figlio da quando lo aveva visto l'ultima volta.
«Di certo non verrà qui» borbottò tra sé e sé, di fronte alla prima pagina de "La maschera della morte rossa". Ma si sbagliava, e se ne accorse due righe più tardi, quando sentì la sua voce mormorare alle spalle un:
«Cosa leggi, Rondinella?».
Scattò d'istinto con le gambe in terra e posò il libro sulla scrivania. S'irrigidì, sentendo i muscoli della schiena contrarsi fastidiosamente, e non disse una parola. Deglutì, lo guardo fisso verso la finestra che aveva di fronte e il cuore che sembrava essersi spostato dalla cassa toracica per fermarsi in gola.
Allora, Darrell si allontanò. «Scusa, non volevo spaventarti» disse piano, prima di sedersi su un lato del letto ancora sfatto.
Si voltò nella sua direzione, poi schioccò un: «Chi ti ha dato il permesso di entrare?».
«Tecnicamente non ho bisogno del permesso: questa è casa mia» gli ricordò sornione. «Ma hai ragione, finché resterai nostro ospite, dovrei bussare anche di fronte alle porte aperte; per educazione, dico.» Fece spallucce con noncuranza. «Insomma, quel che è fatto è fatto. Piuttosto, dimmi: cosa leggi di bello?»
Randy batté una mano sulla copertina del libro e sbottò con voce greve: «Ne ho piene le palle di tutta questa mancanza di rispetto! Siete una massa di stronzi!».
«Piano con le parole, qualcuno potrebbe anche offendersi.»
«Prima Simon, adesso tu...»
«Simon Burke?» Trattenne una risata e si alzò in piedi. «Ovvio che sei così nervoso. Lui è davvero uno stronzo colossale: lo Stronzo.» Inclinò appena la testa da un lato, poi chiese: «Cosa ti ha detto?».
«Che importa?» Distolse lo sguardo con fare irritato e subito si sentì sormontato dal'ombra di Darrell.
Una mano accanto al libro e il viso vicino al suo, gli fece trattenere il fiato. E se ne accorse, per questo non obiettò quando si sentì dire:
«Cazzo, spostati!».
Tuttavia non lo fece e, anzi, continuò a parlargli da quella distanza. «Ero nella stanza di Logan e ti ho sentito alzare la voce» cominciò. «Mi stavo preoccupando, sai?» Accennò un piccolo sorriso. «Però non mi sembrava il caso di scendere per peggiorare la situazione; non volevo interferire.»
«Se sai già com'è andata, perché Diavolo fai finta di niente?»
«Perché vorrei che ti aprissi con me.»
Scosse la testa e trattenne una risata cinica. Si portò perfino una mano alla bocca e disse: «C'è un motivo se non lo faccio». Lo guardò dritto negli occhi e quasi lo sfidò. «È per quello che hai fatto in bagno.»
Darrell, sorpreso, sollevò entrambe le sopracciglia. «Pensavo che avresti continuato a fingere che non fosse mai successo.» E si ammorbidì in un sorriso.
Ma Randy non ebbe la sua stessa reazione e, tanto si sentiva in trappola, portò un palmo sul suo petto per allontanarlo. «Non posso fingere che non sia successo. Non ne parlo solo perché penso che tu abbia fatto una cazzata.»
«Una cazzata? E perché mai?» indagò.
«Non ti riguarda.» Il tono basso e tagliente, lo sguardo improvvisamente freddo.
Ci volle davvero poco affinché Darrell comprendesse quelle parole e il segreto che nascondevano; così, sorridendo amaramente, disse: «Qualunque cosa ti sia successa, io non sono il responsabile. Lo sai, vero?».
Si lasciò sfuggire un'esclamazione divertita. «Certo che lo so.» Poi si morse nervosamente l'interno di una guancia e, voltando la testa altrove, si ammutolì. Non voleva parlarne, non con lui e, soprattutto, non in quel momento.
«Sai che puoi parlarmene» gli ricordò. «Ti ho promesso che sarei stato un buon ascoltatore, no?»
Randy schioccò la lingua sul palato e quasi fece roteare gli occhi. Avrebbe pagato oro, potendo, per troncare quel discorso. «Sì, lo ricordo.»
«Allora perché tieni tutto dentro? E sappi che la scusa "Sono fatto così" non attacca.»
Lo guardò con la coda dell'occhio e, sbuffando, disse: «È solo che non voglio parlarne». Attese un istante, pregando che Darrell metabolizzasse quel rifiuto. «Non adesso, non con te» precisò.
«Non adesso, non con me» ripeté. Scosse la testa. «Dunque pensi che mio fratello possa andare bene. Oh, lui ti ascolterà di certo con attenzione e lo farà per quel libro del cazzo. E non preoccuparti, scriverà anche questo tra le pagine.»
A quel punto, Randy inspirò a fondo e soppesò l'idea di confidarsi con Darrell, di aprirsi davvero. Poi, però, sorrise e chinò lo sguardo, liquidando il tutto con un: «Ci sono state tante persone che hanno provato a baciarmi, quando stavo nella setta, tutto qui».
«Tante?» ripeté Darrell con un sopracciglio sollevato. «E "provato" in che senso, scusa? Te lo chiedo, perché parli di una moltitudine, e mi sembra strano che ci abbiano provato in tanti, per giunta senza riuscirci; senza offesa, eh.» Corrugò appena la fronte e, portando un indice vicino alle labbra, si soffermò a pensare. «Di solito si tenta in molti e si riesce in pochi nelle competizioni sportive, nei concorsi a premi, ai parchi giochi...» Poi si fermò di botto e scosse la testa. «Sto dicendo una stronzata, scusa.»
«No, in parte hai ragione.» Iniziò a tamburellare nervosamente con le dita sulla copertina del libro. «Ho detto che ci hanno provato in tanti, ma non ho detto che tutti ci sono riusciti, perché spesso succedeva durante i riti orgiastici.» Si bloccò di colpo. I polpastrelli stretti attorno alla costina e lo sguardo fisso. Aveva la gola secca. Arrossì e si sentì terribilmente a disagio, non riuscendo nemmeno a sostenere lo sguardo di Darrell. Gli occhi sgranati, appena offuscati da un velo di lacrime, si posarono sul pavimento. «Contento?» chiese in un filo di voce.
«No, affatto, mi dispiace che tu abbia passato tutto questo» ammise, infilando le mani in tasca. Anche lui provò una strana sensazione di disagio all'altezza dello stomaco, udendo quelle parole, e fece un passo indietro. «Non avrei dovuto baciarti così all'improvviso. Sono consapevole che le cose, per essere fatte bene, debbano avere il consenso di entrambe le parti.» Si portò due dita alle labbra e le sfiorò nel ricordo di quel contatto fugace. Gli occhi schiusi e il tono basso, disse: «Mi dispiace, ma devo ammettere che la tua vicinanza mi lascia addosso una strana sensazione».
«Non sei il primo a dirmelo» soffiò. «Credo che sia per via dei capelli rossi; sai, solo il due percento della popolazione mondiale ha questo tratto distintivo.»
Darrell rise appena e scosse la testa. «No, non credo che siano i capelli.» Gli vide sollevare il capo: le sopracciglia corrugate e le palpebre che si aprivano e chiudevano velocemente per lasciare spazio alla curiosità. Fece spallucce, si arrese, troncò il discorso prima che potesse diventare pericoloso. «O forse hai ragione tu, dopotutto anche Lucia aveva i capelli tendenti al rosso; tinti, ma di un bel mogano che brillava sotto il sole mattutino.»
«Allora è questo il punto: anche a te ricordo quella donna.»
«Gabriel lo ha ammesso?» Era preoccupato, forse anche allarmato.
«Che importa? Dopotutto è solo un vecchio ricordo.» Randy tornò a sedere composto, con la schiena ben aderente alla sedia. Un po' deluso, forse, prese il libro e lo aprì alla pagina cui era stato interrotto.
«Per lui è un vecchio ricordo, per me una colpa?» chiese Darrell in uno schiocco frustrato. Ma non ebbe risposta e, anzi, quando udì la voce di Randy per una domanda, si stupì:
«Posso chiederti perché mi chiami "Rondinella"?».
Lui non rispose subito. Rimase a osservarlo per qualche istante e ne studiò il contorno, la nuca, la flessuosità del collo, e provò l'impulso di avvicinarsi per abbracciarlo. Tuttavia non lo fece e, scrollando appena le spalle, disse: «Conosci la storia de "Il Principe Felice"?».
«No» ammise in un sussurro.
«Stasera, se vorrai, verrò a raccontartela.» Si fermò, prese un bel respiro, infine disse: «Ammesso e non concesso che tu sia solo e non con mio fratello». Detto questo, Darrell si voltò e uscì dalla stanza di Randy, lasciandolo con il cuore in gola e i dubbi che gli correvano sotto pelle.
Note:
Ciao a tutti!
Questo capitolo mi ha tenuta impegnata mentre scrivevo una tesina per l'Accademia, ma ammetto che è stato una bella distrazione nel periodo natalizio - sì, ho finito di scriverlo il giorno della Vigilia.
Siete curiosi di scoprire come reagirà Randy alla storia de "Il Principe Felice"?
Lasciate un commento o una stellina, mi raccomando!
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