24 - Long Long Way
Erano ormai ore che camminavano in quel parco senza aver trovato nulla di sospetto, nulla che valesse la pena controllare con le luci delle torce degli smartphone, che avevano acceso quando il sole era calato del tutto su Belfast.
Si muovevano silenziosamente, tra gli alberi, come dei fantasmi, e continuavano a borbottare, a imporsi il silenzio a vicenda con degli squittii troppo alti ogni qualvolta che l'uno o l'altro sembrava alzare troppo la voce.
Darrell, di tanto in tanto, inciampava su una radice e storceva le labbra seccato, frustrato, mordendosi la lingua per non fiatare, ripreso dallo sguardo severo di Gabriel, il quale lo ammoniva con superiorità.
«Non c'è nulla» sbottò d'un tratto. Posò il palmo su un tronco vicino e, rischiarato dall'S9, lo guardò. Gli vide incrociare le braccia al petto con fare pensieroso, poi gli sentì dire:
«Sì, hai ragione. Sono ore che giriamo a vuoto, eppure non c'è traccia di quel tizio». Arricciò le labbra e trattenne uno sbuffo. «Hai detto che Randy è stato drogato, giusto? Non è possibile che il parco sia un altro? Che si sia sbagliato?»
Gabriel scosse la testa. «Anch'io ho pensato a quest'eventualità, però era così convinto...» Sospirò, passandosi una mano sul viso e tra i capelli per portarli all'indietro e allontanarli dalla fronte.
«Dobbiamo considerare l'ipotesi che si sia sbagliato» rimarcò serio. «Non era lucido, e, per quanto mi dispiaccia dirlo, è davvero plausibile che sia andata come penso.» Lo vide annuire, ma non fu certo che concordasse con lui. «Il fiume è lungo» gli fece notare, lasciando cadere la frase.
«Lo so, cosa credi» disse lui in un sussurro. «Ma pensi davvero che Il Grande Drago Rosso voglia ucciderlo perché ha deciso di lasciare la setta?» Corrugò appena la fronte, continuando a guardare nei suoi occhi. «E se il vero motivo fosse il Sacerdote? Se avessero già trovato il suo corpo?» Trattenne il respiro di fronte alla sua espressione, quasi certo di vederlo trasalire e impallidire nell'oscurità.
«Se così fosse, allora è davvero nella merda» si lasciò sfuggire in un grugnito. Lo sguardo torvo e i denti che scivolavano fuori dalle labbra per grattare con foga e nervosismo sul labbro inferiore. «Non riesco neanche a immaginare che tipo di vendetta possano tramare alle sue spalle.»
Gabriel chiuse gli occhi, poi li riaprì e, con voce strozzata, disse: «Non può restare a casa di Simon».
Fu allora che Darrell gli rivolse un'occhiata confusa. Sollevò un sopracciglio e chiese: «Di cosa stai parlando? Non è al sicuro? Fino a poco fa eri tranquillo». Mosse un passo nella sua direzione e incalzò: «Sei tu che hai lasciato che andasse a casa dello Stronzo, perché cazzo stai facendo questa faccia?». Gli vide storcere le labbra e distogliere lo sguardo, perciò perse un battito e sgranò gli occhi, certo che stesse nascondendo qualcosa. Trattenne un'imprecazione e inspirò a fondo, cercando di parlare quanto più possibile a bassa voce. «Cosa sta succedendo, Gabriel?» scandì.
«Simon abita a Short Strand» mormorò. Chinò la testa e si umettò le labbra, ma non ebbe il coraggio di aggiungere altro, né di guardarlo in viso, mentre il senso di colpa gli scivolava nelle vene e prendeva a gonfiarle.
«Dov'è che si trova?» gracchiò retorico. Lo fulminò, afferrandolo per una spalla e cercando di scrollarlo, di riscuoterlo. Gli puntò contro la torcia del proprio smartphone e lo vide ritrarsi, coprirsi gli occhi ferito. Allora, furioso, se lo strattonò contro e ringhiò un: «Dobbiamo andare da lui, dobbiamo riportarlo a casa!».
Gabriel socchiuse un occhio e posò una mano sul suo polso, invitandolo ad abbassare la luce. «Lo faremo domani. Sono certo che accetterà di tornare da noi non appena gli diremo del grosso buco nell'acqua che abbiamo fatto stanotte.»
Sentendo quelle parole, Darrell lo lasciò andare con uno sbuffo e borbottò: «Messa così pare che sia colpa nostra. In verità non c'è niente in questo fottuto bosco».
«Lo so, hai ragione» assentì e socchiuse le palpebre. Poi iniziò a incamminarsi lontano dalla riva del Lagan e si addentrò nella boscaglia. «Dobbiamo rientrare» aggiunse sottovoce. «È meglio sbrigarci.» Si voltò nella sua direzione, lanciandogli un'occhiata eloquente. «Non possiamo sapere se qualcuno ci stia seguendo o meno, perciò è meglio non dare nell'occhio.»
Lui scosse la testa, lasciandosi scappare un'esclamazione divertita. «Credi di non aver dato abbastanza nell'occhio?» chiese, sollevando entrambe le sopracciglia. «È un po' tardi per farti certe paranoie, Fratellino.»
A quel punto, Gabriel non rispose e si limitò ad avanzare con passo fermo. Scostò un paio di arbusti, soppesando le sue parole e dicendosi che, in fondo, aveva ragione. Poi, dopo qualche minuto di silenzio sentì Darrell uscirsene con un:
«Sei sicuro di voler aspettare domani mattina?».
Non si voltò, sospirò e basta, continuando a camminare e dicendo: «Ne sono sicuro. Se piombassimo a casa di Simon in questo momento, a quest'ora, non faremmo altro che indispettirlo».
«Parli di Randy?» Batté le palpebre perplesso, osservando le sue spalle, che subito si scossero.
«No, ovviamente no. Parlo di Simon. Sono stato da lui questa mattina per accompagnare Randy, perciò, se facessi un'azione tanto avventata, penserebbe che stia nascondendo qualcosa di grosso e ficcherebbe il naso.» Si bloccò, posando una mano su un tronco e arricciando le labbra. «L'ultima cosa che ci serve in questo momento è un Simon indignato.»
«Allora lo sai anche tu che quell'uomo è una maledetta pianta grassa.»
Gabriel scosse la testa, poi si massaggiò la sommità del naso e borbottò un: «Santo cielo, Darrell, sei davvero impossibile». Mosse un altro paio di passi nella boscaglia, pronto a replicare a qualunque sua strana uscita ironica, tuttavia non disse una parola e trattenne il fiato, perché udì un fruscio sospetto alla sua sinistra.
«Che succede? Perché ci siamo fermati?» domandò, crucciandosi leggermente e raggiungendolo con un paio di passi. Lo vide voltarsi con sguardo serio, poi spegnere la torcia dell'S9. Si umettò le labbra e, con la gola secca, non infierì oltre.
«Credo che ci sia qualcuno» sussurrò. «Ho sentito un rumore che veniva da quella parte» disse, mentre Darrell spegneva la luce a sua volta. Cercò di guardarlo negli occhi per risultare il più convincente possibile, dopodiché aggiunse: «Non so cosa stia succedendo, ma non fare cazzate».
Lui sorrise serafico, inclinando appena la testa da un lato. «Hai paura per me, Fratellino?»
«Ho paura e basta» lo liquidò alla svelta. I muscoli del viso contratti e la tensione che gli galoppava nelle vene, si morse l'interno di una guancia e subito pensò a Randy. Inspirò a fondo, chiedendosi come stesse e se davvero fosse in pericolo. Poi aggrottò le sopracciglia e chinò lo sguardo al suolo, sentendo l'odore delle conifere penetrargli nelle narici. «Dobbiamo andarcene, e dobbiamo farlo alla svelta.»
«Magari sono solo dei ragazzi che vogliono fare un tuffo nel Lagan» tentò Darrell con un'espressione ben poco convinta, abbozzando un sorriso.
Gabriel non rispose, si limitò a osservarlo in totale silenzio fin quando il rumore non si fece più vicino; allora il suo sguardo si spostò verso destra e lui mosse il capo in quella direzione, facendogli intendere che avrebbe dovuto seguirlo senza ulteriori indugi. Lo vide annuire, perciò lo precedette tra gli arbusti e cercò di fare il più piano possibile.
Il respiro lento e il cuore in gola, cominciò ad andare a tentoni e sentì sia i palmi che gli avambracci ferirsi con delle spine.
Così serrò i denti e arricciò il naso, mantenendo la presa sulle stesse affinché Darrell non facesse la sua stessa fine.
«Che succede?» domandò lui, passandogli accanto.
«Sta' zitto» borbottò vicino al suo orecchio. «Non dire una parola.» Lasciò andare il groviglio di rami, ma solo dopo essersi assicurato che fosse passato. E iniziò a camminare alle sue spalle, si pentì di avergli ceduto il passo, spronò lo sguardo dietro di sé.
In un moto d'ansia, pregò che Darrell si ricordasse la strada e deglutì a vuoto. Poi chiuse gli occhi e li riaprì, sperando di mettere a fuoco le proprie gambe nell'erba alta di Belvoir Park Forest. Sentì il panico scivolargli addosso, carezzargli le braccia, immobilizzargli le caviglie e annebbiargli il cervello; dopotutto, si disse, lui era solo un antropologo, uno scrittore, un uomo da scrivania.
Fu in quel momento che Darrell si voltò e, vedendolo distante, socchiuse le labbra. Avrebbe voluto chiamarlo, tuttavia sapeva di non poterlo fare. Così, trattenendo la voce in fondo alla gola, allungò una mano nella sua direzione e rimase in attesa.
E lui, guardandolo, ebbe come l'impressione di poter tornare indietro nel tempo. Tentennò per un istante, spalancando gli occhi, e si sentì di nuovo giovane, in esplorazione tra i rami di quello stesso parco.
«Grazie» soffiò tra i denti, abbozzando un sorriso sincero. Raggiunse le sue dita e le strinse forte, dopodiché si mosse lungo la strada che questi cercò d'intraprendere per uscire da Belvoir Park Forest e, senza quasi rendersene conto, si trovò fuori dalla boscaglia. Sconvolto, con i brividi lungo la schiena, tirò un sospiro di sollievo.
«Siamo quasi arrivati» mormorò Darrell. Le mani contro la balaustra in legno della salita panoramica di Belvoir Park Forest e lo sguardo rivolto alla parte opposta, verso il parcheggio. «Ricordo questo punto, prima ho quasi rischiato di rompermi l'osso del collo a causa del primo gradino...» Trascinò Gabriel lontano la scalinata, lungo la stradina asfaltata di sinistra, e, risalendola, annuì convinto a causa dello sforzo che stavano facendo i polpacci. «Sì, siamo arrivati.»
«Spero che sia davvero finita qui» borbottò Gabriel tra sé e sé. Fece stridere i denti gli uni contro gli altri in un moto di nervosismo, poi superò Darrell e s'incamminò verso il parcheggio. Le sopracciglia aggrottate e il cuore che non smetteva di pulsagli in gola come un dannatissimo tamburo. Era nervoso, decisamente su di giri, e a ogni passo che faceva continuava a chiedersi cosa avrebbe fatto se, raggiunto il piazzale, si fosse trovato di fronte un membro de Il Grande Drago Rosso.
«Rallenta, Fratellino» affannò Darrell. «Non c'è nessuno, dico davvero.» Sollevò una mano, mostrando il palmo verso l'alto e indicando la radura vuota, che, illuminata dal riverbero lunare, sembrava ancora più cupa e inquietante. «Non c'è nessuno» ripeté.
Lui si fermò un attimo, sostando a qualche metro dalla meta. La fronte corrugata e le labbra tese. Lasciò andare la mano di Darrell e si accese nervosamente una sigaretta, facendo scattare la rotella dello Zippo un paio di volte prima di riuscire a far brillare la fiamma.
Scosse la testa, poi sollevò lo sguardo verso le stelle e sputò una nuvola di fumo grigio. «Non voglio più fare una cosa come questa, Darrell» mormorò.
«L'idea è stata tua» gli fece notare.
«Vorresti dirmi che tu non lo avresti fatto?» Si voltò a guardarlo con un sopracciglio sollevato, lasciando che il lampione gl'illuminasse il profilo con una luce giallognola. Gli vide fare spallucce, poi sentì i suoi passi farsi vicini e continuò: «Sei stato tu a insistere tanto per venire con me. O eri totalmente sbronzo, o posseduto; ma non credo nelle possessioni diaboliche, spiacente».
«Mi ricordo cosa ho detto prima di uscire di casa» disse, chinando la testa. Si umettò le labbra con fare colpevole, poi si passò una mano dietro la nuca e chiuse gli occhi, calciando via un sasso. «Ho reagito d'istinto, Fratellino.»
«Il tuo istinto ti farà ammazzare, prima o poi.»
«Vorresti dirmi che tu sei qui per aver ponderato bene sulle tue azioni?» Sollevò il mento nella sua direzione e storse le labbra, trattenendo un'esclamazione divertita. «Non essere così bugiardo. Hai perso la testa non appena hai saputo del Sacerdote e hai pensato che Randy fosse in pericolo, che qualcuno avrebbe potuto portartelo via. Ecco perché sei corso qui ed ecco perché non volevi che io venissi con te...» Mosse un altro paio di passi verso il parcheggio, precedendolo. «Hai detto che pensavi ti avrei rallentato, no?»
«Tutta questa è una follia» borbottò Gabriel. Si portò la sigaretta alle labbra e aspirò a fondo, scuotendo la testa. «Non saremmo dovuti venire fin qui, non avremmo dovuto cercare quel corpo. Se fossero sulle nostre tracce, Darrell, sarebbe un guaio.»
«Lo credi davvero?» Si lasciò scappare una risata. «Avresti davvero dovuto pensarci prima, Fratellino. E non posso crederci che sia io a dirtelo, davvero.»
«Se lo avesse trovato la polizia?» mormorò di soppiatto. Lo raggiunse, fiancheggiandolo, e poi se lo strattonò vicino. «Se non fosse stato Il Grande Drago Rosso ad averlo spostato, ma la scientifica?»
«E credi che il caso non sarebbe finito in televisione?» lo contraddisse. «Non essere così ingenuo, suvvia.»
«È possibile che le indagini siano ancora in corso, che gli sviluppi siano confidenziali, che stiano cercando delle prove, non so...» iniziò a dire agitato.
«Adoro quando inizi a straparlare» ridacchiò. Lasciò che Gabriel lo conducesse verso l'auto parcheggiata e non si lamentò nemmeno di tutto il fumo che gli stava entrando nel naso; tuttavia distolse lo sguardo e, non appena ne ebbe l'occasione, sospirò. «Potrebbe essere tutto e niente, Fratellino, ma ne avremmo conferma solo nel momento in cui riusciremmo a parlare con Randy.» Gli lanciò un'occhiata eloquente, poi continuò: «Di certo sarebbe molto più congeniale se riuscissimo a comunicare con lui in questo momento...».
«È fuori discussione, te l'ho detto» scandì lapidario.
Lui alzò le mani in segno di resa, poi fece il giro dell'auto e attese che Gabriel disattivasse l'allarme. Le dita posate sulla maniglia, le labbra appena arricciate e la testa piegata di lato.
Gabriel si passò una mano sul viso, poi posò la schiena contro lo sportello e si sentì subito richiamare da un:
«Fratellino, che caspita hai intenzione di fare ancora qui?».
Sbuffò un'ennesima nuvola di fumo, mantenendo lo sguardo fisso sulla stradina da cui erano appena arrivati. Infilò le mani in tasca, lasciando che la sigaretta pendesse dalle sue labbra per qualche secondo. E non rispose, non subito, perché il groppo che aveva in gola continuava a tormentarlo. «Niente» disse piano. Restrinse lo sguardo, poi strinse il filtro tra indice e pollice e, dopo aver aspirato un'ultima, lunga boccata di fumo, lo lanciò via. Osservò in silenzio il piccolo arco rossastro che si delineò nella penombra, infine il tuffo della cicca sull'asfalto.
Darrell si umettò le labbra e lo vide voltarsi verso la BMW per premere sul pulsante che aveva in mano. Allora aprì lo sportello e fece per salire, ma si fermò e, gelato sul posto, sollevò entrambe le sopracciglia. Non aprì bocca, né riuscì a fiatare, ma sgranò gli occhi, mentre una figura oscura prese a risalire la stradina alle spalle di Gabriel. Così socchiuse le labbra e trattenne il fiato in un'espressione d'orrore.
«Cosa succede?» domandò crucciato. Si voltò automaticamente e per poco non si strozzò con ciò che restava del fumo nei suoi polmoni. Sospettava che qualcuno li stesse seguendo sin da quando erano sulla riva del Lagan, ma non poteva darlo per certo, non dopo aver gettato la spugna ed essersi dato palesemente dell'idiota a un passo dal parcheggio. Così strabuzzò gli occhi e rimase immobile di fronte al tale con la giacca di tweed, il quale, illuminato di sguincio dalla luce del primo lampione, sembrò quasi diventare un tutt'uno con la flora di Belvoir Park Forest.
«Sicuro che possiamo aspettare domani?» fece Darrell con una punta d'ironia.
«Magari è solo un caso» rispose lentamente. «Magari è qui per fare una passeggiata.»
«Non eri tu che pensavi ci stessero seguendo?»
Gabriel batté le palpebre una sola volta, non smettendo di tenere sotto tiro quel tale. Serrò i denti e sentì i propri muscoli della schiena tendersi nervosamente, mentre Darrell pronunciò le parole che mai avrebbe voluto sentire:
«L'ho già visto!» Prese una piccola pausa, poi si mosse veloce verso il portabagagli e, con il cuore in gola, lo spalancò. «È quello che è entrato in casa. Cazzo, non puoi davvero credere che sia qui per una passeggiata!»
«Aspetta, che stai facendo?» Si voltò nella sua direzione e, allarmato, cercò di fermarlo.
Lo raggiunse con un paio di passi e gli tolse la vanga dalle mani. Ma nel momento in cui spostò lo sguardo dall'uomo con la giacca di tweed, questi parve come volatilizzarsi nel nulla; montò su un'auto, una scura, che Gabriel non riuscì a identificare, e uscì dal parcheggio di Belvoir Park Forest con un paio di manovre.
«Idiota!» scattò. Colpì una spalla di Darrell, spingendolo lontano dalla BMW, e poi lo guardò negli occhi come per fulminarlo. «Che avevi intenzione di fare?» Gli vide distogliere lo sguardo, poi mordersi il labbro inferiore. «Sali in macchina, adesso!» sbraitò. Gettò la vanga nel portabagagli, poi lo chiuse con uno scatto e aggiunse: «Se davvero è lui, per quanto ne sappiamo, potrebbe anche essere diretto a casa nostra...»
Il cuore di Darrell mancò un battito, immaginando Judy che, da sola, cercava di difendersi contro quel pazzo. Così sgranò gli occhi, non riuscendo a fare a meno di pensare a Logan. In silenzio, con le labbra tese, corse verso la portiera e la spalancò. Poi si mise a sedere e incrociò le braccia. «Sbrigati» fece a denti stretti.
Quando la BMW di Gabriel partì, le ruote sgommarono sull'asfalto.
Note:
Ciao a tutti!
Non sono poi così cattiva a interrompere il capitolo in questo momento, dai. Voi che pensate possa succedere a questo punto? Insomma, c'era d'aspettarselo che non avrebbero trovato niente al Belvoir Park Forest. Erano passati davvero troppi giorni, in realtà mesi, perciò mi chiedo io stessa come Randy abbia solo pensato che quel corpo fosse rimasto lì nel bel mezzo della vegetazione senza essere scoperto. Ma, soprattutto, come ha potuto pensare che tanto accanimento potesse essere solo per la sua fuga? Insomma, certo, diciamo che l'accanimento ci sta, però il volerlo uccidere a ogni costo è un po' eccessivo - soprattutto se si arriva ad attentare alla sua vita in modo tanto plateale.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, nel caso fosse così, lasciatemi un commento e una stellina!
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