23 - Bitter
Attenzione: In questo capitolo è contenuta una scena delicata, la quale si lega ovviamente alla trama della storia che state leggendo e che non è stata inserita per mio piacere o per spronare il prossimo a riprodurla nel mondo reale. Nello specifico, si tratta di una non-con (che, per chi non lo sapesse, è altresì detta "una violenza sessuale") riguardante il mondo che Randy Morgan si è lasciato alle spalle a Short Strand (ergo la setta de Il Grande Drago Rosso). Sono consapevole del fatto che un argomento del genere possa infastidire il lettore più sensibile, perciò invito coloro i quali si sentano di far parte di tale categoria a saltare questo capitolo e a leggere il piccolo riassunto presente nelle note finali, affinché sia possibile continuare a seguire la storia in modo tranquillo e pacifico. Grazie per l'attenzione e, a tutti gli altri, buona lettura.
Il suono ovattato della sua voce, che proveniva piano inferiore, lo aveva incuriosito per tutto il giorno, fin quando, all'ora di cena, non era sceso.
Allora l'aveva vista: i capelli biondi, raccolti in una crocca bassa dietro la nuca, e qualche ciuffo ribelle che le sfiorava il collo; era elegante, vestita di un semplice tailleur rosso sangue e una blusa color latte, e armeggiava con il pane tostato a un passo dal lavandino.
Guardandola, Randy non poté fare a meno di deglutire.
Ebbe un brivido e si fermò sulla soglia, seguendo la curva della sua schiena. Poi corrugò la fronte e scosse la testa. Si disse che fosse impossibile, che non avrebbe dovuto sospettare di tutti coloro che vedeva per la prima volta. Tuttavia non riuscì a trattenersi e si morse nervosamente l'interno di una guancia, tornando indietro nel tempo e ricordando automaticamente il posto da cui era fuggito.
«Abaigeal» la chiamò Simon, affacciandosi in cucina dopo aver posato una mano sul montante. «È pronto?»
Randy strabuzzò gli occhi e socchiuse le labbra. Non ci mise molto a ricordare il volto di quella donna, Abaigeal, quando lei si voltò con in mano un grosso vassoio di tartine. «Cazzo» si lasciò sfuggire, venendo subito punito con uno schiaffo dietro la nuca.
Simon lo fulminò. «Non adocchiare mia moglie» disse secco. Era certo che la sua esclamazione fosse dovuta a una sorta d'interesse, perciò lo guardò torvo e aggiunse: «Lei è già impegnata».
E Abaigeal ridacchiò, disse: «Simon, è solo un ragazzino». Scosse appena la testa e, sorridendo, si avvicinò a loro. Porse in avanti il vassoio con le tartine, poi inclinò di poco la testa. «Giusto?» Fece l'occhiolino a Randy, cercando di scovare in lui una sorta di complicità, tuttavia rimase sorpresa, osservandolo da vicino, e spalancò la bocca. «Cielo, ma noi ci conosciamo» disse, battendo le palpebre.
Lui annuì e, con la voce ridotta a un soffio, disse: «Miltown Cemetery». Non aggiunse altro e la vide annuire, sorridere, spostare lo sguardo su Simon per mormorare un:
«L'ho incontrato lì qualche giorno fa».
«Ma davvero?» Sospettoso, questi sollevò un sopracciglio e afferrò Randy per la giacca. Mosse un paio di passi indietro e lo allontanò dalla soglia della porta, facendo spazio ad Abeigeal. «Immagino non sapessi che fosse mia moglie» sibilò vicino al suo orecchio.
L'interpellato gli lanciò un'occhiata stizzita e schioccò la lingua sul palato. «Come se m'interessasse. Non pedino la gente nel tempo libero, Simon, meno che mai le persone che sono legate a te.»
Lo guardò dubbioso, infine lo lasciò andare e si allontanò in direzione del salone, raggiungendo Abeigeal con un sorriso ben costruito. «Hai cotto l'arrosto, vedo» disse, sbirciando sotto un coperchio di metallo.
Randy arricciò il naso con una punta di fastidio e si rassettò i vestiti. «Che razza di stronzo» borbottò tra sé e sé. Lo seguì in silenzio, poi si mise a sedere per primo. Gli occhi bassi, puntati sul piatto vuoto, e le mani educatamente posate sul bordo del tavolo.
Abeigeal ridacchiò. «Non prendertela» disse. «Simon è un po' geloso; lo è sempre stato.»
«Non mi sorprende» fece a mezza bocca. E fu certo che lui lo stesse guardando male senza neppure accertarsene. Sospirò, aderendo contro lo schienale della sedia, e poi vide Abeigeal posare il vassoio con le tartine a un palmo dal suo naso, togliere i coperchi dalle portate principali, mettersi a sedere dal lato opposto a quello di Simon.
«Non fare complimenti, fai come se fossi a casa tua» lo invitò gentilmente, spiegando il tovagliolo e posandolo sulle proprie gambe.
Allora, puntato dell'occhiata eloquente di Simon, ghignò divertito. Era decisamente conscio di quanto questi gli avesse detto quando ancora erano sulle scale, perciò sollevò lo sguardo su di lei e disse: «Volentieri, grazie».
Fu a quel punto che Simon indurì i muscoli del viso e contrasse la mandibola. Si sentì preso in giro e dovette lottare contro la voglia di prenderlo a schiaffi. Sorrise a fatica, poi allungò una mano per afferrare una tartina e se la vide sfilare da sotto le dita. Sgranò gli occhi, spostando lo sguardo su Randy e sui suoi denti bianchi, e trattenne un'imprecazione sulla punta della lingua.
«Scusa, non volevo rubartela» ridacchiò lui.
Rimase impietrito, gelato sul posto, con le parole strozzate in gola e il sorriso plastico ben stampato in volto.
«Prendine un'altra, Simon» mormorò Abeigeal, servendosi una porzione di piselli dopo essersi spronata in avanti. «Ce ne sono tante, in fondo. Le ho fatte appositamente per voi due, sai che a me non piacciono.»
Lui annuì, raggiunse il vassoio e ne prese una. La mangiò lentamente e non tolse gli occhi di dosso a Randy per i restanti venti minuti, tempo che Abeigeal cercò di utilizzare per conoscere un po' il suo ospite con piccole e sciocche domande sul quotidiano e che, paradossalmente, Randy apprezzò. Glielo leggeva negli occhi: era troppo contento di stare in sua compagnia. Per questo, d'un tratto, quando vide Abeigeal alzarsi per servire il dolce, lo fulminò con un: «Non azzardarti a guardare mia moglie in quel modo».
«Come la starei guardando?» chiese perplesso, battendo le palpebre un paio di volte. Si voltò nella sua direzione e aggrottò le sopracciglia.
«Come una manna scesa dal cielo.»
«La guardo come una persona normale» sputò. «Ed è raro trovarne, di questi tempi.» Puntò la forchetta sul piatto, fissandolo malamente, dopodiché la fece cadere di lato e allungò la mano verso il bicchiere di vino rosso che gli era stato servito da Abeigeal. «Sono scappato da una setta, ho vissuto a casa di due fratelli che mi rivedono in una donna morta e tu sei un vero stronzo, uno stronzo che mi è stato addosso tutto il giorno; perciò scusa tanto se per la prima volta inizio a sentirmi a mio agio con qualcuno.»
Simon arricciò il naso e schioccò la lingua sul palato, restringendo subito lo sguardo. «Ti avrei scusato se quel qualcuno non fosse mia moglie» disse. «Il fatto è che tendi a stringere un po' troppo i rapporti con chi ti sembra una persona decente...»
Quasi si strozzò. «Che vorresti dire con questo?»
«Non lo so, dimmelo tu, Randy» lo provocò. «Secondo te, qual è il motivo per cui ho insistito tanto affinché uscissi da quella casa?»
Lui allargò lo sguardo e trattenne il respiro, sentendo i passi di Abeigeal farsi vicini. Avrebbe voluto rispondere, ma non riuscì a farlo, conscio del fatto che Simon stesse insinuando una sua reale implicazione con Gabriel. Negare, lo sapeva, non sarebbe servito a niente, per questo poté solo corrugare la fronte in un moto di rabbia. Distolse lo sguardo, poi lo puntò sulla cheesecake ai frutti rossi che gli era appena stata servita.
«Spero ti piaccia» mormorò lei, in trepidante attesa di un responso. Congiunse le mani di fronte a sé e intrecciò le dita, sollevando gli angoli delle labbra tinte color corallo.
«Grazie.» Randy afferrò il cucchiaino e lo affondò nel dolce per poi assaporarlo lentamente. Lo sguardo vuoto, pensieroso, e il tono incolore, disse: «È davvero buona, complimenti».
E lei storse la bocca in una smorfia poco convinta, si strinse nelle spalle. «Sicuro? Se non ti piace, non devi mangiarla per forza» disse, avvicinandosi a lui di un passo. Gli vide scuotere la testa, così tornò a sorridere con poca convinzione e retrocesse verso la cucina per prendere un'altra, piccola cheesecake. «Torno subito» mormorò, rivolgendosi a Simon.
Questi si allungò verso Randy e lo afferrò per un polso, fulminandolo. «Trattala bene» scandì. «Non voglio che si offenda a causa di un tuo atteggiamento contorto.»
Lui sollevò un sopracciglio, guardandolo di sbieco, e continuò a masticare il dolce come niente fosse. Non rispose, batté solo le palpebre e si sentì libero poco dopo, quando Abeigeal tornò vittoriosa dalla cucina e trillò un:
«Eccomi!». Allora si mise a sedere a capotavola e, dopo aver servito a cheesecake a Simon, si versò un bicchiere di vino. «Voi due non andate molto d'accordo» disse, sulla tovaglia la bottiglia quasi vuota. «Chissà perché Simon ti ha invitato a casa nostra...» Ridacchiò e scosse la testa, sorseggiando dal proprio bicchiere.
Con un ghigno ben dipinto sul viso, Randy socchiuse le labbra e fece per rispondere. Tuttavia non ci riuscì e, facendo cadere il cucchiaio sulla cheesecake, imprecò con un: «Merda!». Imbestialito come un bufalo, allargò le narici per spostare lo sguardo su Simon, il quale lo aveva colpito con un calcio proprio in quel momento. Gli vide allargare le palpebre con le mani giunte di fronte al mento e fu certo di essere in qualche modo minacciato dal suo silenzio, così si alzò di scatto. «Sono stanco» disse. «È meglio che io vada a letto.»
Abeigeal lo seguì con lo sguardo in totale silenzio, fece ondeggiare il vino nel bicchiere e arricciò le labbra con una punta di rimprovero. «Che spreco» borbottò, lanciando un'occhiata al dolce che Randy aveva lasciato in tavola. «Mi ero impegnata tanto per fare la cheesecake ai frutti rossi.» Il tono basso, lamentoso, e le palpebre che calavano verso le guance. Chiuse gli occhi, poi avvicinò il bicchiere alle labbra e sorseggiò piano. «Lo lascerò in frigorifero. Magari ne avrà voglia più tardi, chissà.»
«È una buona idea» concordò Simon, continuando a mangiare.
Dal canto suo, Randy non avrebbe mai immaginato di scoprire un dialogo così vuoto, così insignificante, così normale.
Storse la bocca in una smorfia, allontanandosi dalla porta del salone, e scosse la testa. Poi si diresse a passo spedito verso le scale e sospirò, rimpiangendo di aver lasciato libri e portatile a Mountforde Gardens.
«Dovrò trovare qualcosa da fare qui» borbottò. «Magari chiedendo aiuto ad Abeigeal. Sì, son certo che lei non sia pesante come suo marito.»
Si avvicinò alla seconda porta sulla destra, quella dove sarebbe dovuto entrare, ma si fermò fuori dalla stessa e spostò lo sguardo su quella accanto. «Cosa Diavolo pensi che ci sia, Randy?» si rimproverò sottovoce, aggrottando le sopracciglia e frenando l'avanzare della mano. «Stando ai calcoli, la loro camera da letto.»
Si strinse nelle spalle e sbuffò. Infine, silenzioso come un'ombra allungò il passo verso la porta vicina. Entrò e si avvicinò al letto, gettandosi su di esso con un piccolo balzo. «Che palle. Questo posto è così noioso che preferirei tornare a Casa Graham...» commentò sottovoce. Si morse l'interno delle guance, poi rotolò su un fianco e decise di mettersi a dormire. Non voleva pensare a Darrell, meno che mai a Gabriel, eppure gli risultava impossibile.
«Tanto non c'è modo di parlare con quella donna» si disse. «Sta cenando con lo Stronzo, e se solo mi azzardassi a scendere una seconda volta, quello mi tirerebbe dietro un machete.»
Spostò le coperte con un gesto rapido, dopodiché si spogliò e si diede subito dell'idiota per non aver preso qualcosa con cui dormire fintanto che era a Mountforde Gardens.
«No, decisamente, non gli chiederò un cazzo» bofonchiò, riferendosi a Simon.
E rimpianse il bel pigiama di flanella di Gabriel, ricordando il suo profumo sulla pelle. Arrossì e socchiuse gli occhi, deciso a dormire con la sola camicia che aveva addosso per non sgualcire anche il completo.
Così accese l'abat-jour, spense la luce della stanza e s'infilò sotto le coperte. Rimase in silenzio, con gli occhi ben piantati sul soffitto pallido, per qualche minuto, che a lui parve interminabile.
Il suo cuore prese a battere veloce nel petto, forse più del normale, mentre l'ansia, stranamente incontrollata, iniziò a logorarlo, accompagnata dal fruscio delle lenzuola.
Provò l'impulso di prendere a pugni il cuscino, tant'era duro e fastidioso dietro il collo, eppure non lo fece: chiuse semplicemente gli occhi, allungò la mano verso il comodino di sinistra, e, a tentoni, spense anche la l'abat-jour.
D'un tratto, però, lo raggiunse uno scricchiolio.
Non sapeva quanto tempo fosse passato, sapeva solo che sollevare le palpebre gli risultava incredibilmente difficile. Inspirò profondamente e provò a voltare il capo in direzione della porta. Non ci riuscì. Solo allora si rese conto di essere sul ciglio di un profondo sonno e che non poteva in nessun modo controllare il proprio corpo.
«Oh, Randy, hai già sonno?» domandò Abeigeal melliflua. Si avvicinò al letto e, dopo averlo guardato dall'alto, gli carezzò la fronte sudata con la punta delle dita. Sorrise, infilando le unghie laccate tra i suoi riccioli ramati, e gli si avvicinò al viso per posargli un bacio sulla guancia. «Mi dispiace che Simon ti abbia spinto a lasciare il dolce a metà» soffiò nel suo orecchio, prima di leccarne il lobo. Lo sentì respirare a fatica, cercare di rispondere, e si ritirò giusto in tempo per vederlo lottare contro la rigidità delle fauci.
«Tu» balbettò a fatica, rischiando di mordersi la lingua.
Lei ridacchiò e scosse la testa. «Sei un tipo tosto, ecco perché piacevi tanto a mio padre.» Fu certa di vedergli sgranare gli occhi, tuttavia immaginò che si trattasse solo di un'impressione. Allora si sollevò la gonna, facendola scorrere sulle cosce fino a mostrare il bordo delle mutandine di seta bianca, e mosse appena un angolo delle labbra con fare mefistofelico. «Tu sai di averlo lasciato a morire come un cane a Belvoir Park Forest?»
Gli occhi di Randy si riempirono di lacrime, mentre, con la coda dell'occhio, vedeva Abeigeal spostare le coperte. Tremò, rigido come un tronco, riuscendo a rantolare un: «No...». E sulla pelle gli arrivò il sibilo rabbioso del suo gesto secco.
Lei non rispose, togliendosi lentamente la blusa e mostrando il sigillo che aveva disegnato sul ventre. Poi fece scorrere nuovamente le mani verso la gonna, le insinuò sotto di essa e si tolse le mutandine.
Lo sguardo fisso su Randy e le labbra appena arricciate. Non era granché convinta di volerlo fare, tuttavia desiderava sfruttare la sua presenza il più possibile.
«Spero che tu non sia totalmente inutile» mormorò, salendo sul letto e montando a cavalcioni su di lui.
Gli vide indurire i muscoli del viso, allargare le narici con astio e battere i denti gli uni contro gli altri. Così sorrise, terribilmente divertita dalla sua ostilità, limitandosi a stringere le cosce attorno al suo corpo per poi slacciarsi il reggiseno.
«Adesso è bene che tu sappia che cosa faremo» iniziò a dire, mostrando i seni nudi e facendo risalire un palmo verso il suo petto da sotto la camicia ancora abbottonata. «So che mio padre voleva entrare in contatto con Caacrinolaas e che ti aveva scelto come mezzo, perciò noi due continueremo ciò che avevi iniziato con lui qualche mese fa.»
Randy annaspò e chiuse gli occhi. Avrebbe preferito non saperlo, avere le orecchie sorde per un momento; non voleva essere complice di un rito di magia sessuale in casa di Simon, non con quella che sembrava essere la figlia del Sacerdote che aveva ucciso a Belvoir Park Forest. Perciò deglutì a fatica, sentendo la lingua diventare sempre più gonfia e rigida nella sua bocca, mentre le labbra di Abeigeal gli scivolavano sul collo. Grugnì, cercò di spostarsi e lamentò la sua immobilità con un singulto.
Eppure a lei non parve interessare di quella ritrosia; al contrario: gli abbassò la biancheria e si strusciò sul suo sesso già parzialmente eretto. «Strano come reagisca il corpo umano, non trovi?» lo provocò sommessamente. «Così diversamente dalle decisioni che prendiamo...» Batté le palpebre una sola volta e, osservando le lacrime che gli bagnavano le guance, sorrise. Lo afferrò alla base, sentendolo pulsare tra le dita, e lo indirizzò dentro di sé, scivolando su di esso senza troppi problemi.
Lui mugolò e sussultò, non riuscendo a trattenersi. Era conscio del fatto che quella violenza sarebbe stata più imbarazzante di qualsiasi altra avesse mai subito in tutta la sua vita, perciò rimase in silenzio, con gli occhi pieni di lacrime, e non provò neppure a dire una parola, sentendo i propri lamenti fondersi assieme a quelli di Abeigeal, mentre la gola, secca e gonfia, continuava a farlo annaspare. E, quando venne, quasi non se ne accorse. Sentì solo il fastidioso suono del cassetto che si apriva, il pungere di un ago sull'avambraccio, Abeigeal che gemeva forte, che e si muoveva convulsamente, iniziando a masturbarsi e invocando il nome di Caacrinolaas, fino a raggiungere l'orgasmo.
D'improvviso lo guardò negli occhi, poi scattò con le mani sulla sua bocca per essere certa che non fiatasse, e rimase in silenzio a sua vota. Il respiro affannoso e il ticchettio dell'orologio che le rimbombava nelle orecchie assieme al rombo del proprio sangue. Deglutì, sicura che l'adrenalina avrebbe presto fatto effetto.
E fu proprio così: il respiro di Randy divenne più leggero, quasi regolare, mentre la gola, sgonfiandosi appena, lasciò spazio alla lingua per muoversi di nuovo nella bocca. Così lui mugolò dietro le sue mani e, furibondo, restrinse lo sguardo. Digrignò i denti, si artigliò ai suoi fianchi e tentò di spostarla.
Ma lei scosse la testa e si trattenne in quella posizione per altri, interminabili minuti. Poi sospirò, reclinò la testa e sorrise. «Sii gentile con me, Randy» disse. «Non sono certo mio padre.» Allora spostò le mani e scese dal letto come nulla fosse.
Lanciò un'occhiata veloce nella sua direzione, vedendolo ancora intorpidito e steso tra le coperte, con lo sperma che gli macchiava l'addome. Scosse il capo e, dopo essersi pulita con un paio di fazzoletti presi dal cassetto, si rivestì.
«Devo ancora decidere cosa farne di te» iniziò sommessamente. «Perciò ti sarei grata se, per il momento, non abbandonassi questa stanza.»
Lui corrugò la fronte e rabbrividì, coprendosi a fatica, terrorizzato. Non disse una sola parola e, vedendola uscire, si strinse nelle spalle. La mandibola serrata e gli occhi sgranati, si chiese se Simon sapesse di lei, della sua identità e del suo legame con Il Grande Drago Rosso. Allora deglutì e, con il cuore in gola, si puntellò su un gomito. Poi inspirò a fondo, fissò il cuscino e si decise a colpirlo con la siringa dell'adrenalina. Voleva guardarci dentro, doveva guardarci dentro. Perciò digrignò i denti e arricciò il naso, convinto che Abeigeal avesse nascosto lì il feticcio per il rito di magia sessuale. Lo sgarrò, scovando subito svariati intrecci di piume e lana attorno a un amuleto in piombo. «Maledetta» sibilò.
Ma lei non sentì, né vide nulla, perché, appena uscita dalla sua stanza, si diresse al piano di sotto per raggiungere il salone e sedersi ancora una volta a capotavola. Un sorriso dipinto sul volto e lo sguardo rivolto a Simon. «A noi» soffio, portandosi il vino alle labbra. «E a te, caro Simon, che ti addormenti sempre nel momento giusto...»
Lui era svenuto, con un braccio disteso sul tavolo e il viso accanto alla coppa vuota della cheesecake.
Note:
Ciao a tutti!
Sì, lo so, sembrava troppo tipica l'implicazione di Simon in una cosa del genere. Anche Randy pensa che ci sia lui dietro a tutto questo - chi non lo penserebbe? Lui è lo Stronzo, quello che fa cose ambigue, quello che ti chiude in casa e che ti toglie la chiave della stanza... Ma, ehi, diffidare sempre dal tranquillo!
Per coloro i quali hanno saltato il capitolo, ecco il riassunto:
Simon ha fatto il geloso tutta la sera, pensando che Randy volesse provarci con Abeigeal, sua moglie, ma in realtà non era affatto così; questi, invece, ha pensato per tutto il tempo che Abeigeal fosse diversa dalla prima volta che l'aveva vista, perché indossava dei bellissimi abiti eleganti, cosa che gli ha riportato alla mente i laveyani. Ma si è dato dello scemo, dopotutto pensa troppo e a sproposito. Hanno cenato, battibeccando come cane e gatto, fin quando non è arrivato il momento del dolce, la cheesecake. Allora Randy l'ha assaggiata, poi ha abbandonato il tavolo a causa delle insinuazioni di Simon e, stufo di averlo tra le scatole, è tornato in stanza. Si è messo nel letto e ha cercato di riposare, seppur a fatica, visto che il cuscino era terribilmente scomodo. Poi ha iniziato a sentirsi male e si è reso conto di non riuscire a muoversi, mentre la porta si apriva e lasciava entrare Abeigeal. Quindi sì, se pensavate che fosse stato Simon ad abusare di lui, vi sbagliavate di grosso! Abeigeal è la figlia del Sacerdote che Randy ha ucciso e ha avvelenato le cheesecake; non a caso è l'unica che non le ha mangiate... E quindi sì, beh, ha abusato di Randy per fare ciò che suo padre voleva fare: evocare un demone, quantomeno invocarlo tramite magia sessuale. Ora potete benissimo fare l'espressione di Yao Ming (via col meme), ma quelli de Il Grande Drago Rosso ci credono davvero a 'sta roba. Quindi, finito il fattaccio, Randy stava morendo soffocato a causa dell'avvelenamento (ebbene sì, ripeto: Abeigeal ha avvelenato le cheesecake, ma scoprirete solo più avanti in che modo), ma per fortuna si è beccato una bella puntura di adrenalina, perché, a quanto pare, Abeigeal voleva riflettere su cosa fare di lui. Sì, è successo più o meno questo. Così, dopo che lei se ne è andata dalla stanza, Randy ha pensato bene di usare la puntura per distruggere il cuscino e cercare i feticci per il rito che, ovviamente, lei aveva nascosto lì. Inquietante.
Se il capitolo vi è piaciuto, lasciatemi una stellina! Un baciottolo!
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